pensioni anticipate termini

Pensioni anticipate: i nuovi termini di decorrenza Pensioni anticipate 2024: alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio, l'Inps comunica i nuovi termini di decorrenza

Pensioni anticipate: le novità della legge di bilancio 2024

Pensioni anticipate e nuovi termini di decorrenza. E’ quanto comunica l’Inps con apposita circolare illustrando le novità della legge di bilancio 2024 che ha introdotto modifiche significative alle pensioni anticipate degli statali, con l’introduzione di nuove aliquote di rendimento, un meccanismo di rivalutazione per alcune categorie di lavoratori e nuove regole per le decorrenze.

La circolare INPS n. 78 del 3 luglio 2024 premette innanzitutto che la manovra (l. n. 213/2023) ha introdotto importanti novità per le pensioni anticipate 2024 in Italia, in particolare per quelle erogate dalle Casse pensioni per gli enti locali (CPDEL), per il personale sanitario (CPS), per gli insegnanti dell’asilo e delle scuole elementari (CPI) e per gli ufficiali giudiziari (CPUG).

In sostanza si tratta degli iscritti alle casse della ex INPDAP, ossia l’istituto nazionale per la previdenza dei dipendenti della pubblica amministrazione.

Nuove aliquote di rendimento per il sistema retributivo

Alle pensioni anticipate calcolate con il sistema retributivo e con anzianità contributiva inferiore a 15 anni al 31.12.1995, si applica l’aliquota prevista nella tabella dell’allegato II della legge di bilancio 2024.

Alle quote di pensione liquidate invece in base al sistema retributivo che si riferiscono ad anzianità pari o superiori a 15 anni al 31.12.1995 si applicano invece le aliquote di rendimento contenute nell’allegato a) della legge n. 965/1965 e le aliquote di cui alla tabella a) allegata alla legge n. 16/1986 solo per gli iscritti CPUG.

Le nuove aliquote di rendimento previste dalla legge di bilancio 2024 si applicano per la liquidazione della pensione anticipata art. 24 comma 10 del decreto legge n. 201/2011 e a quella dei lavoratori precoci art. 17 comma 1 del decreto legge n. 4/2019.

Le nuove regole non possono determinare un aumento del trattamento pensionistico rispetto a quello vigente prima della entrata in vigore della legge di bilancio 2024.

Riduzione per infermieri e personale CPDEL

Per gli infermieri iscritti alla CPS e per il personale che cessa dal servizio come infermiere iscritto alla CPDEL, la riduzione della pensione anticipata derivante dalle nuove aliquote è mitigata da un meccanismo di rivalutazione: la pensione diminuisce di un trentesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima data utile.

Esclusioni dalla nuova disciplina

Le nuove aliquote di rendimento previste dalla legge di bilancio 2024 non si applicano:

  • a coloro che maturano i requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2023;
  • a chi cessa dal servizio per raggiunti limiti di età o di servizio;
  • a chi è collocato a riposo d’ufficio per raggiunta anzianità massima di servizio.

Effetti sul riscatto dei periodi contributivi

Per le domande di riscatto presentate a partire dal 1° gennaio 2024, l’onere di riscatto dei periodi da valutare nel sistema retributivo è determinato utilizzando le nuove aliquote di rendimento.

Modifiche alle decorrenze della pensione anticipata

Per le pensioni anticipate di cui all’articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201/2011 e per le pensioni per lavoratori precoci di cui all’articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 4/2019, sono introdotte nuove decorrenze, con periodi di attesa che variano da 3 a 9 mesi a seconda dell’anno di maturazione dei requisiti contributivi ossia se il diritto è maturato entro il 31 dicembre del 2024, 2025, 2026, 2027 o 2028.

Le nuove decorrenze non si applicano alle pensioni anticipate e ai lavoratori precoci con il cumulo dei periodi assicurativi.

 

Leggi anche la guida alla Pensione integrativa

bonus asilo nido

Bonus asilo nido Il bonus asilo nido è un contributo per pagare le rette degli asili e avere un supporto per l'assistenza di minori affetti da patologie croniche certificate

Bonus asilo nido: cos’è

Il bonus asilo nido è una misura di sostegno al reddito che si traduce nell’erogazione di un contributo da parte dell’INPS in favore dei genitori che sostengono il costo della retta dell’asilo.

Riferimenti normativi

Il bonus asilo nido è stato introdotto dalla legge di bilancio per il 2017 n. 232/2016, che ne contiene la disciplina base nel comma 355. L’INPS nel tempo ha chiarito il funzionamento della misura con le seguenti circolari e messaggi:

Vai alla scheda Bonus asilo nido sul sito INPS

A chi spetta il bonus asilo nido

Il bonus silo nido spetta alle famiglie che hanno figli:

  • che non abbiano ancora compiuto i tre anni di età o che li devono compiere nell’anno solare;
  • che frequentano un asilo nido pubblico o privato o che siano affetti da una patologia cronica purché certificata e che necessitano quindi di cure presso la residenza.

Per la concessione del bonus sono richieste inoltre le seguenti condizioni:

  • il genitore richiedente deve essere quello che paga la retta dell’assolo nido.
  • chi richiede invece l’assistenza domiciliare per il figlio deve essere il genitore convivente.

Per i soggetti che abbiano adottato un minore o lo abbiano in affido temporaneo viene presa in considerazione la data più favorevole tra quella del provvedimento di adozione e quella in cui il minore ha fatto ingresso in famiglia.

Requisiti soggettivi per fare domanda

Possono presentare domanda per il bonus quindi anche i genitori adottivi o affidatari di minori in affido temporaneo che siano residenti in Italia e che siano:

  • apolidi, rifugiati politici o soggetti a protezione internazionale equiparati ai cittadini italiani;
  • titolari della Carta blu in quanto “lavoratori altamente qualificati”;
  • lavoratori ordinari del Marocco, Algeria e Tunisia che in virtù di accordi tra l’UE e i paesi mediterranei abbiano diritto alla parità di trattamento con i cittadini UE;
  • lavoratori autonomi titolari di permesso perché non discriminati rispetto ai lavoratori subordinati.

A questi soggetti si sommano i titolari dei seguenti permessi di soggiorno:

  • per lavoro subordinato o stagionale per almeno 6 mesi;
  • per assistere minori presenti sul territorio italiano per motivi legati al loro sviluppo psicofisico;
  • per protezione speciale dettata da motivi di persecuzione o tortura;
  • per la tutela di soggetti che siano vittime accertate di situazioni di violenza o grave sfruttamento.

Requisiti ISEE e importo del bonus

L’entità della misura varia al variare del valore dell’ISEE minorenni:

  • 3.000 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni fino a 25.000,00 euro (per 10 mesi l’importo mensile è di Euro 272,73, per l’undicesima mensilità è di Euro 272,70);
  • 2.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni compreso tra i 25.0001,00 e i 40.000,00 (per 10 mesi l’importo mensile è di 227,27 euro, per l’undicesima mensilità è 227,20 euro);
  • 1.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni che parte da 40.0001,00 euro (per 10 mensilità l’importo è di 136,70 euro, per l’undicesima è di 136,30 euro).

La legge di bilancio per il  2024 n. 213/2023 ha previsto che per i nati a partire dal 1° gennaio 2024, i cui nuclei familiari siano titolari di una valore ISEE minorenni fino a 40.000 euro e in cui sia presente almeno un figlio minore che non abbia ancora compiuto 10 anni, l’incremento della misura sale di 2.100 euro. 

In base a questa novità i soggetti che sono in possesso di questi ultimi requisiti familiari e reddituali hanno diritto ai seguenti importi:

  • 3.600 euro (10 mensilità da 327,27 euro 1 una da 327,30 euro) per i nuclei con ISEE minorenni in corso di validità fino a 40.000,00 euro;
  • 1.500 euro (10 mensilità da 136,37 e una da 136,30 euro) per chi ha un ISEE minorenni in corso di validità superiore a 40.000,00 euro.

Bonus per le forme di supporto presso l’abitazione

Per i nuclei familiari che hanno bambini affetti da una patologia cronica certificata attestante l’impossibilità di frequentare un asilo nido, gli importi sono diversi e vengono erogati in una soluzione unica in base ai seguenti ISEE minorenni:

  • 3.000 euro per i titolari di ISEE minorenni fino a 25.000,00 euro;
  • 2.500 euro per chi ha un ISEE minorenni fino a 40.000,00 euro;
  • 1.500 euro per chi ha un ISEE minorenni a partire da 40.001,00 euro.

Se l’ISEE non è valido l’importo massimo erogabile è di 1.500 euro.

I bonus sono soggetti a due limiti: gli importi stanziati dalla legge di bilancio e l’ordine di presentazione delle domande. La presentazione della domanda quindi non comporta il riconoscimento automatico del bonus asilo nido.

Quando e come presentare domanda

Il termine ultimo per fare domanda è il 31 dicembre 2024. Per presentarla è possibile provvedere in autonomia tramite il servizio dedicato presente sul sito INPS o rivolgendosi ai patronati che offrono i loro servizi telematici ai cittadini.

La domanda deve contenere tutta una serie di requisiti:

  • la precisazione del tipo di domanda: “Contributo asilo nido per il pagamento di rette di frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati o “Contributo per introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione, per il pagamento delle forme assistenza domiciliare per i bambini di età inferiore a tre anni affetti da gravi patologie croniche”;
  • l’asilo nido frequentato dal figlio, specificando se è pubblico o privato e indicando la denominazione, il codice fiscale, gli estremi del provvedimento di autorizzazione se si tratta di una struttura privata; le mensilità dei periodi di frequenza per le quali si chiede il beneficio (gennaio 2024- dicembre 2024);
  • l’avvenuta iscrizione del bambino o l’inserimento nella graduatoria se il nido è pubblico;
  • la ricevuta di pagamento di almeno una retta per un mese di frequenza o delle rette relative ai mesi di frequenza non oltre il 31 luglio 2025.

Il termine ordinario di lavorazione della richiesta è di 30 giorni, ma l’istituto con regolamento ha stabilito termini superiori.

Pagamento del bonus asilo nido

Il riconoscimento della misura comporta la sua erogazione nei modi che il richiedente ha indicato di preferire nella domanda: a mezzo bonifico domiciliato, con accredito su conto corrente bancario; su conto corrente postale, sul libretto postale, su carta prepagata con IBAN o su conto corrente estero Area SEPA (in questo caso è necessario allegare il documento di identità del beneficiario e il modulo per l ‘identificazione finanziaria).

bonus psicologo inps

Bonus psicologo: cos’è e come funziona L'INPS ha pubblicato le graduatorie per il Bonus psicologo 2024. Scopri a chi si rivolge, come funziona e i requisiti per accedere al beneficio

Cos’è il Bonus psicologo

Il Bonus psicologo è un contributo economico introdotto per aiutare le persone che soffrono di ansia, stress, depressione o fragilità psicologica a causa della pandemia e della crisi socio-economica. Il bonus copre fino a 50 euro a seduta di psicoterapia, per un importo massimo variabile in base al reddito ISEE.

A chi è rivolto

Il Bonus Psicologo è rivolto a tutti i cittadini italiani o residenti in Italia che:

  • hanno un ISEE inferiore a 50.000 euro;
  • hanno avuto gravi conseguenze di natura psicologica a causa della pandemia;
  • vogliono intraprendere un percorso psicoterapeutico.

Come fare domanda

Le domande per il bonus psicologo 2024 sono aperte dal 18 marzo al 31 maggio 2024. La domanda può essere presentata esclusivamente online tramite il sito web dell’INPS utilizzando SPID, CIE o CNS.

Cosa serve per fare domanda

Per fare domanda per il Bonus Psicologo è necessario avere:

  • un ISEE in corso di validità inferiore a 50.000 euro;
  • SPID, CIE o CNS per accedere al portale INPS.

La domanda può essere presentata anche tramite il Contact Center INPS. Basta contattare il numero verde 803.164, gratuito da tutte le reti fisse o il numero 06 164.164 da rete mobile a pagamento con costo variabile al variare della tariffa del gestore.

Bonus psicologo come funziona

Una volta presentata la domanda e ricevuta l’approvazione, l’INPS eroga un codice univoco al beneficiario. Il codice deve essere consegnato allo psicologo per usufruire delle sessioni di terapia. Il bonus copre fino a 50 euro  a seduta, per un importo massimo che varia in base al reddito ISEE:

  • ISEE inferiore a 15.000 euro: massimo 1.500 euro;
  • ISEE tra 15.000 euro e 30.000 euro: massimo 1.000,00 euro;
  • ISEE tra 30.000 euro e 50.000 euro: massimo 500,00 euro.

Tempi del bonus psicologo

  • 31 maggio 2024: scadenza per la presentazione delle domande;
  • 270 giorni per utilizzarlo dall’approvazione: tempo limite per utilizzare il codice univoco e usufruire delle sessioni di terapia.

Bonus psicologo: i chiarimenti dell’INPS

Sulla misura, nel corso del 2024, l’INPS è intervenuto con diversi provvedimenti per fornire i dettagli necessari:

  • presentando una nuova Dichiarazione Unica corretta e completa;
  • presentando documenti idonei a provare che i dati inviati sono corretti e completi;
  • rettificando la DSU con efficacia retroattiva, se presentata tramite CAF, qualora sia stato commesso un errore materiale.

Il messaggio ricorda inoltre che il riconoscimento del bonus psicologo è subordinato al trasferimento dei fondi dalle Regioni all’INPS.

Graduatorie 2024

Con il messaggio 2584/2024 l’INPS ha comunicato la pubblicazione delle graduatorie per l’erogazione del bonus psicologo, distinte per Regioni e Province autonome di residenza.

I beneficiari sono stati individuati tenendo conto del valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) più basso e, a parità del valore ISEE, dell’ordine cronologico di presentazione delle domande, nei limiti dell’ammontare delle risorse.

Ultime sul bonus psicologo

I beneficiari accedendo dalla home page del portale Inps alla pagina dedicata alla prestazione, troveranno il link di accesso al servizio (“Utilizza il servizio”), per il quale è richiesta l’autenticazione con la propria identità digitale, SPID di livello 2 o superiore, Carta di identità elettronica (CIE) 3.0 o Carta Nazionale dei servizi (CNS); una volta autenticati, i soggetti richiedenti possono visionare l’esito della richiesta e, in caso di esito positivo, l’importo del contributo riconosciuto e il codice univoco assegnato per usufruire delle sedute di psicoterapia.

L’istituto ricorda che il beneficiario ha 270 giorni di tempo dalla data di pubblicazione del messaggio dell’11 luglio per usufruire del contributo per sostenere le sessioni di psicoterapia; decorso tale termine il codice univoco assegnato è automaticamente annullato d’ufficio.

pensione integrativa vantaggi

Pensione integrativa: cos’è, come funziona e quali vantaggi La pensione integrativa si ottiene aderendo a una delle varie forme di previdenza complementare disciplinate dal decreto legislativo n. 252/2005

Pensione integrativa: cos’è?

La pensione integrativa è una forma di previdenza complementare privata che si va ad aggiungere a quella obbligatoria. La caratteristica principale della previdenza complementare è che l’adesione è del tutto libera e volontaria.

Normativa di riferimento

La normativa di riferimento per comprendere le regole e il funzionamento della pensione integrativa è il decreto legislativo n. 252 del 5 dicembre 2005, contenente la disciplina delle forme pensionistiche complementari.

A cosa serve?

La pensione integrativa consente di aumentare il proprio trattamento pensionistico per fare fronte ai problemi e alle necessità future con maggiore tranquillità La pensione integrativa serve infatti a garantire un tenore di vita adeguato anche nel momento in cui si smette di lavorare e che il solo trattamento pensionistico obbligatorio potrebbe non garantire.

Il comma 1 dell’articolo 1 del Decreto legislativo n. 252/2005 stabilisce che la previdenza complementare eroga trattamenti pensionistici che vanno a integrare quello obbligatorio per assicurare dei livelli di copertura previdenziali più elevati.

I fondi pensione

Le forme pensionistiche complementari si attuano attraverso la costituzione di fondi o patrimoni distinti separati, che nella denominazione devono contenere il termine “fondo pensione” e che non possono essere utilizzati da altri soggetti.

Le forme pensionistiche possono essere istituite tramite contratti e accordi collettivi, accordi tra lavoratori autonomi o tra liberi professionisti, regolamenti di enti o aziende, accordi tra i soci lavoratori di cooperative, da enti di diritto privato, dalle regioni, ecc.

Le fonti che istituiscono le forme pensionistiche complementari devono disciplinare le modalità di partecipazione, senza obbligare tuttavia nessuno ad aderirvi.

Chi può aderire alla previdenza complementare?

I soggetti che possono aderire e quindi beneficare dei frutti dei fondi pensione sono i lavoratori dipendenti del settore pubblico e di quello privato, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i soci lavoratori delle società cooperative di produzione e lavoro, i soggetti che svolgono attività non retribuite a causa di responsabilità familiari, ma anche lavoratori occasionali o i lavoratori a progetto.

Ai fondi pensione possono aderire inoltre gli studenti e i soggetti che risultano fiscalmente a carico di qualcun altro, siano essi maggiorenni o minorenni.

Come si finanzia la pensione integrativa

Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari, come specificato dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 252/2005, può essere attuato in modi diversi:

  • con il versamento dei contributi che sono a carico del lavoratore;
  • con il versamento dei contributi che devono essere sostenuti dal datore di lavoro o dal committente;
  • tramite il conferimento del TFR

L’integrazione pensionistica dei lavoratori e dei liberi professionisti è invece totalmente a loro carico.

Pensione integrativa: come funziona?

Da quanto detto emerge che la pensione integrativa si snoda attraverso tre fasi ben distinte anche dal punto di vista temporale:

  • adesione: in questa prima fase il lavoratore decide di aderire a una forma di previdenza complementare;
  • contribuzione: quando il lavoratore ha deciso a quale forma di previdenza integrativa o complementare aderire l’istituto che la gestisce apre una posizione individuale a suo nome che viene alimentata dai contributi versati (o anche dal TFR) e dai rendimenti maturati dalla gestione stessa;
  • acquisizione del diritto alla pensione integrativa: l’ultima fase, che si verifica quando il soggetto matura i requisiti contributivi e anagrafici per la pensione pubblica e quando partecipa da almeno 5 anni a una forma pensionistica complementare consiste nella “riscossione” della rendita maturata. Del diritto alla pensione integrativa il titolare può richiederne la liquidazione sotto forma di capitale nella percentuale massima del 50%.

Pensione integrativa: vantaggi

I vantaggi derivanti dall’adesione a una forma di previdenza complementare per ottenere una pensione integrativa sono molteplici, anche perché, a causa delle ultime riforme, i trattamenti pensionistici saranno comunque inferiori alle retribuzioni percepite durante l’attività lavorativa.

Diverse le ragioni per le quali conviene crearsi una pensione integrativa.

  • Agevolazioni fiscali: come previsto dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 252/2005 “I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili, ai sensi dell’articolo 10 TUIR dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57”. L’articolo 17 del dlgs n. 252/2005 che disciplina il regime tributario prevede che i fondi pensione siano soggetti “ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura dell’20 per cento, che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta” che è una percentuale più favorevole rispetto a quelle applicate alla maggior parte del risparmio finanziario. Se poi una parte del rendimento è frutto di un investimento in titoli di Stato la tassazione scende al 12,5%. La posizione non è soggetta al pagamento dell’imposta di successione. I prodotti sono esentati dal pagamento dell’imposta di bollo.
  • Impignorabilità: l’art. 11 del decreto legislativo n. 252/2005 al comma 10 dispone che “Ferma restando l’intangibilità delle posizioni individuali costituite presso le forme pensionistiche complementari nella fase di accumulo, le prestazioni pensionistiche in capitale e rendita, e le anticipazioni (…), sono sottoposti agli stessi limiti di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità in vigore per le pensioni a carico degli istituti di previdenza obbligatoria”.
  • Flessibilità: le forme di previdenza complementare sono molto elastiche, perché è possibile modificare l’entità delle somme da versare, così come la loro frequenza. E’ consentito inoltre sospendere i versamenti e poi riattivarli senza subire conseguenze negative. E’ possibile inoltre chiedere un’anticipazione della propria posizione nei casi e nei tempi stabiliti dal comma 7 dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 252/2005.
carta dedicata a te inps

Carta dedicata a te: pagamenti da settembre 2024 L'INPS fornisce le indicazioni per l'erogazione della "Carta Dedicata a te", la misura di sostegno ai nuclei familiari in stato di bisogno

Carta dedicata a te: le istruzioni INPS

La “Carta Dedicata a te“, la misura di sostegno ai nuclei familiari in stato di bisogno per l’acquisto di beni di prima necessità, carburanti o in alternativa di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, introdotta dalla legge di bilancio 2023, diventa pienamente operativa.

Vedi anche la guida Social Card: chi ne ha diritto e come ottenerla

Dopo la pubblicazione del decreto interministeriale del 4 giugno 2024, l’INPS, infatti, con il messaggio n. 2575 del 10 luglio 2024 ha fornito le indicazioni operative per l’accesso alla misura.

Requisiti di accesso alla social card

I beneficiari della carta Dedicata a te, che non devono presentare domanda, sono i cittadini appartenenti ai nuclei familiari, residenti nel territorio italiano, in possesso dei seguenti requisiti alla data della pubblicazione del medesimo decreto interministeriale (24 giugno 2024):

  • iscrizione di tutti i componenti del nucleo familiare nell’Anagrafe della Popolazione Residente (Anagrafe comunale);
  • titolarità di una certificazione ISEE ordinario, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159, in corso di validità, con indicatore non superiore ai 15.000,00 euro annui.

Il contributo non spetta ai nuclei familiari che alla data di entrata in vigore del decreto 4 giugno 2024 includano percettori di: Assegno di inclusione, Reddito di cittadinanza, Carta acquisti o di qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà che preveda l’erogazione di un sussidio economico di livello nazionale, regionale o locale.

Non spetta, inoltre, ai nuclei familiari nei quali almeno un componente risulti percettore di: NASPI, DIS-COLL, Indennità di mobilità, Fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito, (CIG) o qualsivoglia differente forma di integrazione salariale o di sostegno nel caso di disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato.

Importo della carta e modalità di erogazione

La misura, ricorda l’istituto, consiste in un contributo economico per nucleo familiare di importo complessivo pari a 500,00 euro, erogato attraverso carte elettroniche di pagamento, prepagate e ricaricabili, messe a disposizione da Poste Italiane S.p.A. per il tramite della società controllata Postepay.

Erogazione da settembre 2024

Le carte, assegnabili in numero complessivo pari a 1.330.000, vengono consegnate agli aventi diritto presso gli uffici postali abilitati al servizio, sono nominative e rese operative con l’accredito del contributo erogato a partire dal mese di settembre 2024.

Il primo pagamento deve essere effettuato entro il 16 dicembre 2024, pena la decadenza dal beneficio (cfr. l’art. 5, comma 4, del D.I.). Le somme, inoltre, devono essere interamente utilizzate entro e non oltre il 28 febbraio 2025 (cfr. l’art. 8, comma 1, del D.I.).

Cosa si può acquistare

Il contributo è destinato all’acquisto di beni alimentari di prima necessità, con esclusione di qualsiasi tipologia di bevanda alcolica, e all’acquisto di carburanti, nonché, in alternativa a questi ultimi, di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale.

Tale contributo può essere speso presso gli esercizi commerciali che vendono generi alimentari e, per i carburanti, presso le imprese autorizzate alla vendita, individuati con apposita convenzione sottoscritta dalla competente Direzione generale del Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

reddito di emergenza rem

Reddito di emergenza: la guida Il Reddito di emergenza (REM) concesso in piena pandemia ha rappresentato un sostegno economico importante per le famiglie in maggiore difficoltà

Reddito di emergenza: cos’è

Il Reddito di emergenza (REM), ad oggi non più in vigore,  ha rappresentato un’importante forma di sostegno economico in epoca Covid per aiutare i nuclei familiari in difficoltà a causa della pandemia. Il REM è stato introdotto dal decreto legge n. 34/2020. Il decreto legge n. 104/2020 ha previsto poi la possibilità di poter richiedere una mensilità ulteriore di REM. Il successivo decreto n. 137/2020 ha previsto infine la possibilità di ottenere due quote ulteriori di REM per le mensilità di novembre e dicembre 2020.

Quest’ultima tranche di reddito di emergenza è stata riconosciuta:

  • d’ufficio ai nuclei familiari che avevano già beneficiato della misura in base al decreto legge n. 104/2020;
  • su domanda di parte per quei nuclei familiari che non avevano mai ottenuto il REM o che lo avevano ottenuto solo in virtù del primo decreto legge n. 34/2020.

La misura del beneficio prevista dai decreti n. 134/2020 e n. 137/2020 è stata riconosciuta in favore di quei nuclei familiari titolari di un reddito inferiore all’ammontare del beneficio.

Requisiti soggettivi ed economici dei beneficiari

Il reddito di emergenza è stato riconosciuto a quei nuclei familiari che, nel momento di presentazione  della domanda, presentavano i seguenti requisiti soggettivi, reddituali e patrimoniali:

  • residenza in Italia verificata in relazione al soggetto richiedente;
  • reddito familiare nei mesi di aprile, maggio e settembre 2020 inferiore all’importo del beneficio potenziale riconosciuto;
  • patrimonio immobiliare familiare riferito al 2019 inferiore a 10.000 euro, soglia che saliva di 5000 euro in presenza di un componente aggiuntivo rispetto al primo (fino a un massimo di 20.000 euro) o in presenza di un componente familiare affetto da disabilità grave o non autosufficiente;
  • ISEE documentato da DSU valida inferiore a 15.000 euro.

I primi tre requisiti potevano essere autocertificati all’interno della domanda, la veridicità di quanto dichiarato comportava la revoca del REM o la restituzione di quanto già percepito. Il requisito dell’ISEE era invece oggetto di verifica da parte dell’INPS nella DSU.

REM: modalità di presentazione della domanda

La domanda per la prima tranche di REM, prevista dal decreto legge n. 34/2020, poteva essere presentata entro il 30 giugno 2020, termine poi prorogato al 31 luglio 2020. La domanda per la mensilità prevista dal decreto legge 104/2020 poteva essere presentata dal 15 settembre al 15 ottobre 2020. La domanda per il REM prevista dal decreto legge n. 137/2020 poteva essere presentata infine dal 10 al 30 novembre 2020.

Le modalità di presentazione della domanda erano le seguenti:

  • in modalità telematica dal sito ufficiale dell’INPS, dopo essersi autenticati con il Pin, lo SPID almeno di livello 2, la Carta Nazionale dei Servizi o la Carta d’Identità Elettronica,
  • avvalendosi dei servizi offerti dai CAF e dai Patronati.

Importo del Reddito di emergenza

Per il calcolo del reddito di emergenza mensile si doveva moltiplicare l’importo di 400 euro per il valore della scala di equivalenza. La scala di equivalenza presentava i seguenti valori di riferimento:

  • 1 per il primo componente del nucleo familiare, con un incremento:
  • di 0,4 per ogni altro componente oltre il primo purché maggiore di anni 18;
  • di 0,2 per ogni componente minore di età, fino a un massimo di 2, o di 2,1 in presenza di componenti familiari gravemente disabili o non autosufficienti.

L’importo massimo in ogni caso non poteva superare gli 800,00 euro mensili, che potevano salire a 840 euro, solo se nel nucleo familiare erano presenti disabili gravi o non autosufficienti.

Facciamo un esempio per comprendere meglio il funzionamento. In presenza di un nucleo familiare composto da due adulti e da un minore la scala di equivalenza è pari a 1,6, risultato che si ottiene sommando al primo componente familiare di valore 1, il secondo componente maggiorenne di valore 0,4 e il terzo componente familiare minorenne di valore 0,2. Moltiplicando l’importo base di 400 euro per il valore della scala di equivalenza di 1,6 l’importo  del REM era pari a 640 euro.

Durata del reddito di emergenza

Il reddito di emergenza, come anticipato, ha rappresentato una misura straordinaria prevista durante il periodo della pandemia in favore delle famiglie in difficoltà. Il decreto n. 34/2020 e il decreto n. 137/2020 hanno previsto l’erogazione di due mensilità. Il decreto legge n. 104/2020 ha previsto invece il riconoscimento di tre mensilità.

Aiuti incompatibili con il REM

Il R.E.M. era incompatibile con altre forme di aiuti previsti in epoca COVID, come l’indennità per i lavoratori che erano stati danneggiati dalla dall’emergenza epidemiologica. Pertanto, se all’interno del nucleo familiare, un soggetto era già percettore della suddetta indennità, il reddito di emergenza non poteva essere concesso.

La misura inoltre era incompatibile con la titolarità di una pensione diretta o indiretta, con la titolarità di un rapporto di lavoro subordinato con retribuzione lorda superiore alla soglia massima del reddito familiare e infine con la titolarità del reddito o della pensione di cittadinanza.

ape social domanda

Ape social: la guida Cos’è l’Ape social, quali sono i requisiti per ottenerla, i limiti, le modalità e i termini da rispettare per fare domanda

Cos’è l’Ape social

L’Ape social consiste in una indennità che viene erogata dall’INPS e pagata dallo Stato, a cui possono accedere solo determinate categorie di lavoratori che si trovano in situazioni meritevoli di particolare tutela per accompagnarli alla pensione di vecchiaia.

La misura ha subito alcune restrizioni in virtù della legge di bilancio n. 213/2023 per il 2024, anche se al momento l’Esecutivo sta pensando di riproporre la misura anche per il 2025 ed estenderne l’applicazione.

Ape sociale: i destinatari della misura

Il primo requisito che la legge richiede per poter accedere alla misura è quello anagrafico. Per beneficiare dell’Ape social 2024 il richiedente deve aver compiuto 63 anni e 5 mesi.

I richiedenti devono appartenere inoltre alle seguenti categorie di lavoratori:

  • invalidi civili con una percentuale minima di invalidità del 74%;
  • lavoratori subordinati, che da almeno 7 anni, nel corso degli ultimi 10, o che negli ultimi 6 durante gli ultimi 7, svolgono attività definite “gravose”;
  • i caregiver che negli ultimi 6 mesi e al momento della richiesta si occupano dell’assistenza del coniuge o di un parente di primo grado che presenti un handicap “grave” o che si prendono cura di un parente di secondo grado che abbia i genitori o il coniuge di età superiore a 70 anni o che siano invalidi o deceduti;
  • soggetti disoccupati a seguito di licenziamento, dimissioni, risoluzione consensuale del contratto, scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato purché abbiano lavorato almeno 18 mesi negli ultimi 3 anni e non beneficino più dell’indennità di disoccupazione.

A questi requisiti si deve accompagnare quello contributivo che è di 36 anni per la categoria dei lavoratori impiegati in attività “gravose”, mentre per gli altri è di 30 anni. Il requisito contributivo per le madri lavoratrici viene ridotto almeno di 12 mesi per ogni figlio, fino a uno sconto massimo di 2 anni.

Compatibilità con redditi da lavoro

Nel 2024 l’Ape social può essere riconosciuto anche a coloro che percepiscano redditi da lavoro autonomo purché svolto in modalità occasionale e purché l’importo non superi i 5000 euro annui.

La misura invece è del tutto incompatibile con la titolarità della pensione diretta.

Domanda Ape social 2024

Per quanto riguarda la domanda è bene ricordare che chi è in possesso dei requisiti richiesti deve presentarla entro e non oltre la scadenza del 15 luglio 2024 o entro il termine ulteriore del 30 novembre 2024, anche se in questo caso l’accoglimento dell’istanza dipende dalla disponibilità delle risorse.

Occorre inoltre precisare che la domanda per ottenere l’Ape social deve essere effettuata in due tempi distinti.

La prima domanda è quella necessaria al riconoscimento del diritto all’Ape social da parte dell’INPS. Se la risposta è positiva l’Istituto provvede a comunicare la decorrenza o il rinvio della decorrenza della misura se risulta che i fondi non sono sufficienti a finanziare la misura, fornendo in ogni caso le necessarie motivazioni.

In caso di risposta negativa l’INPS fornisce comunque le adeguate motivazioni del rigetto.

La seconda domanda viene inoltrata invece se l’INPS ha fornito un riscontro positivo al riconoscimento della misura. Questa domanda, relativa alla liquidazione, può essere presentata anche contestualmente alla prima se il richiedente possiede tutti i requisiti richiesti dalla legge.

Erogazione Ape social

Una volta presentata la domanda la misura, che non può comunque superare l’importo massimo di 1.500,00 euro, viene erogata, in genere, a partire dal mese successivo. E’ bene precisare altresì che l’Ape social non prevede il riconoscimento di tredicesima o rivalutazione dell’importo, la stessa inoltre fa reddito, per cui è sottoposta a imposizione fiscale, infine nel periodo in cui la stessa viene fruita non vengono accreditati contributi.

esonero contributi reddito cittadinanza

Niente contributi per chi assume beneficiari reddito di cittadinanza L'INPS ha pubblicato le istruzioni per le aziende che intendono fruire dell'esonero contributivo del 100% per l'assunzione di beneficiari del reddito di cittadinanza

Assunzione beneficiari reddito di cittadinanza

Via libera all’esonero contributivo per chi assume i beneficiari del reddito di cittadinanza. L’INPS ha infatti pubblicato le istruzioni per le aziende che intendono fruire dell’agevolazione con la circolare n. 75/2024 del 28 giugno scorso.

Esonero contributi: come funziona

E’ stata la legge di bilancio 2023 a prevedere un esonero del 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro privati che assumono i beneficiari del reddito di cittadinanza.

L’esonero contributivo è riconosciuto – al massimo per 12 mesi e nel limite di 8.000 euro annui – ai datori di lavoro privati che, dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, assumano i percettori del RdC con contratto a tempo indeterminato o trasformino i contratti da tempo determinato a indeterminato.

L’esonero, spiega l’INPS, non si applica ai rapporti di lavoro domestico.

Le istruzioni INPS

La circolare INPS 28 giugno 2024, n. 75 illustra l’esonero contributivo e fornisce le indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali.

In particolare, la circolare definisce:

  • i datori di lavoro che possono accedere al beneficio;
  • i rapporti di lavoro incentivati;
  • l’assetto e la misura dell’incentivo;
  • le condizioni di spettanza dell’incentivo;
  • le compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato;
  • il coordinamento con altri incentivi;
  • le modalità di esposizione dei dati relativi alla fruizione dell’esonero nel flusso UNIEMENS.
quattordicesima pensionati

Quattordicesima pensionati: pagamenti dal 1° luglio L'INPS comunica il pagamento della quattordicesima per i pensionati con redditi bassi, indicando i limiti di reddito validi e gli importi dovuti (tra i 336 e i 655 euro)

Quattordicesima pensionati

Da oggi primo luglio, al via il pagamento della quattordicesima per i pensionati con redditi bassi. La somma aggiuntiva si aggira tra i 336 e i 655 euro. Lo ricorda l’INPS con il messaggio n. 2362/2024, indicando i limiti di reddito validi per quest’anno, gli importi dovuti in base ai redditi e agli anni di contribuzione e la platea degli interessi al pagamento.

La corresponsione della quattordicesima, spiega l’INPS, è effettuata d’ufficio ai pensionati “per i quali nelle banche dati dell’Istituto sono disponibili i dati reddituali utili per effettuare la lavorazione”.

Cosa deve fare chi non la riceve

Coloro che non ricevono la quattordicesima, ma ritengono comunque di averne diritto, chiarisce l’istituto, devono presentare l’apposita domanda di ricostituzione online, attraverso il servizio dedicato.

Reddito annuo inferiore ai limiti

Inoltre, l’INPS precisa che il diritto al beneficio viene preso in considerazione anche in base al reddito annuo del richiedente; tale reddito, in relazione agli anni di contribuzione, deve essere inferiore ai limiti indicati nella tabella allegata al messaggio.

Leggi anche la guida alla Quattordicesima

pensione reversibilità matrimonio tardivo

Reversibilità per matrimonio contratto dopo i 50 anni La Cassazione si pronuncia sul diritto alla pensione di reversibilità nel caso di matrimonio contratto dopo i 50 anni di età

Pensione di reversibilità

Il diritto alla reversibilità non sussiste quando il matrimonio sia stato contratto dall’iscritto dopo aver compiuto l’età di 50 anni. Così la sezione lavoro della Cassazione con ordinanza n. Cass-17193-2024.

La questione sottesa e il ricorso in Cassazione

Nella vicenda, la Corte d’appello di Bologna ha accolto il ricorso dell’INPS rigettando la domanda di riconoscimento della reversibilità della pensione contributiva nella Gestione Giocatori Calcio, già erogata al coniuge in base alla convenzione dell’istituto con le due Leghe dei giocatori professionisti e semiprofessionisti.

In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto che “vertendosi nel campo dell’assistenza privata, che a norma dell’art. 38 Cost. è libera di stipulare le condizioni di assicurazione e di regolare il sinallagma tra finanziamento e prestazioni, non sussistevano profili di incostituzionalità che potevano riflettersi sulla disposizione convenzionale dell’art. 12 che esclude dalla reversibilità il coniuge il cui matrimonio sia stato contratto, come nella specie, dopo che l’assicurato aveva compiuto cinquanta anni non ravvisando limiti all’autonomia privata nella definizione delle condizioni del regime convenzionale di assicurazione al quale le parti scelgono liberamente di iscriversi”.
La coniuge ricorre innanzi al Palazzaccio dolendosi di un’interpretazione sbagliata della convenzione in violazione delle deroghe previste, ossia che il matrimonio fosse stato celebrato almeno due anni prima del giorno della morte e che dallo stesso fosse nata prole, anche se postuma. Pertanto, ricorrendo entrambe le circostanze, la donna deduceva che la pensione per superstiti non poteva essere esclusa nella specie.

Interpretazione errata: spetta la reversibilità

Per gli Ermellini, il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto restandone assorbito l’esame delle altre censure.
Nell’interpretazione del contratto, ricordano preliminarmente, “il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate. Soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall’art. 1362 all’art. 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall’art. 1366 c.c. all’art. 1371 c.c.”.

Per cui, nel caso in esame, “la Corte territoriale è incorsa nella denunciata violazione delle norme di interpretazione dettate dall’art 1362 primo comma c.p.c. avendo del tutto trascurato di esaminare la disposizione dettata dall’art. 12 della Convenzione stipulata fra l’INPS e le due Leghe dei giocatori professionisti e semiprofessionisti nella sua interezza”.

Tale disposizione, infatti, “nell’indicare i casi in cui la vedova non ha diritto alla pensione di reversibilità alla lettera c) dispone che il diritto non sussiste quando il matrimonio sia stato contratto dall’iscritto dopo compiuta l’età di 50 anni o dopo conseguita la pensione di invalidità, salvo che esso sia di due
anni almeno anteriore al giorno della morte, ovvero sia nata prole, anche se postuma”.
Ne consegue che “nel valutare l’esistenza del diritto della vedova alla prestazione di reversibilità occorre tenere presente oltre all’età del coniuge al momento del matrimonio anche del tempo trascorso in costanza di matrimonio prima della morte e dell’esistenza di prole, anche postuma”.
Per tale ragione la sentenza è cassata e la parola passa al giudice del rinvio.

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