fermo amministrativo

Fermo amministrativo Fermo amministrativo: cos'è,  normativa di riferimento, iscrizione, effetti, cancellazione, veicoli esclusi, impugnazione e giurisprudenza 

Cos’è il fermo amministrativo

Il fermo amministrativo è una misura cautelare imposta dalla Pubblica Amministrazione, per mezzo dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione, per obbligare il cittadino a saldare un debito fiscale o amministrativo non pagato. Il fermo colpisce beni mobili registrati, in primis veicoli a motore, e impedisce al destinatario del provvedimento di circolare legalmente.

Normativa di riferimento

La disciplina del fermo amministrativo si fonda:

  • sull’art. 214 del Codice della Strada che vieta la circolazione dei veicoli sottoposti a fermo e art. 214 bis che disciplina l’alienazione dei veicoli in caso di fermo;
  • sul Codice civile, per le norme generali in materia di esecuzione forzata.

Procedura di iscrizione

  1. notifica della cartella esattoriale per il pagamento del debito (es. tassa auto, multe, tributi);
  2. in caso di mancato pagamento, l’ente può procedere, dopo 60 giorni, all’iscrizione del fermo;
  3. l’intimazione avviene tramite un preavviso di fermo;
  4. trascorsi ulteriori 30 giorni senza adempimenti, si iscrive il fermo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

Effetti del fermo amministrativo

Il fermo produce le seguenti conseguenze:

  • il veicolo non può circolare su strada pubblica;
  • il veicolo non può essere venduto, demolito o esportato fino alla cancellazione del fermo;
  • il mezzo può essere custodito in area privata, ma non può essere utilizzato;
  • se il mezzo viene posto in circolazione, in violazione del fermo, è prevista una sanzione pecuniaria e confisca del mezzo.

Cancellazione del fermo: come si ottiene

Per rimuovere il fermo amministrativo bisogna:

  • pagare integralmente il debito o presentare un piano di rateizzazione approvato;
  • ottenere la revoca del fermo dall’agente della riscossione;
  • presentare formale ricorso contro il fermo amministrativo;
  • presentare la documentazione all’ACI – PRA per ottenere la cancellazione formale.

Il pagamento può essere anche spontaneo, ma serve la quietanza dell’Agenzia per cancellare il vincolo.

Veicoli esclusi dal fermo amministrativo

Non tutti i veicoli possono essere sottoposti a fermo. Sono esenti:

  • veicoli strumentali all’attività di impresa o professione;
  • mezzi usati da persone con disabilità, iscritti nei registri sanitari;
  • veicoli destinati a uso pubblico o di emergenza.

Per ottenere l’esclusione è necessario documentare l’uso funzionale e richiederla prima dell’iscrizione del fermo.

Impugnazione e ricorsi

Il destinatario del fermo può:

  • presentare istanza in autotutela all’Agenzia delle Entrate;
  • proporre ricorso al Giudice di Pace, alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado o al Tribunale ordinario, a seconda del tipo di credito.

Il ricorso deve essere tempestivo e fondato principalmente su vizi di notifica e prescrizione del debito.

Giurisprudenza sul fermo amministrativo

Danno da fermo amministrativo

Cassazione n. 13173/2023: il danno derivante da un fermo amministrativo illegittimo si configura con la concreta indisponibilità del bene, e può comportare il risarcimento di diverse tipologie di pregiudizio. Tuttavia, a differenza di un “danno in re ipsa” (che si presume esista per il solo verificarsi di un evento dannoso), l’esistenza e l’ammontare di questo danno non sono automatici, ma devono essere provati da chi lo richiede. Tale prova è soggetta agli ordinari oneri probatori, che possono essere soddisfatti anche tramite il ricorso a presunzioni. Queste presunzioni possono, ad esempio, confermare l’intenzione del proprietario di utilizzare il proprio bene secondo la sua destinazione normale, dimostrando così il reale pregiudizio subito.

Fermo amministrativo e competenza territoriale riscossione Tributi

Cassazione n. 23889/2024: un provvedimento di fermo amministrativo è da considerarsi illegittimo se emesso da un ufficio provinciale del concessionario che opera in un ambito territoriale diverso dal domicilio fiscale del contribuente. La ragione risiede nel fatto che, nell’attività di riscossione dei tributi, l’Agenzia delle Entrate deve seguire precisi criteri di competenza territoriale. Da un lato, ogni atto impositivo deve essere emesso dall’ufficio che ha la competenza territoriale sul domicilio fiscale del contribuente, come stabilito dall’articolo 31, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973. Dall’altro, l’ufficio competente consegna il ruolo (ovvero l’elenco dei crediti da riscuotere) al concessionario che opera nello specifico ambito territoriale a cui tale ruolo si riferisce, in conformità all’articolo 24 del d.P.R. n. 602 del 1973.

Fermo amministrativo e valore del bene

Cassazione n. 32062/2024: in materia di fermo amministrativo, la giurisprudenza ha stabilito che non è rilevante la sproporzione tra il valore del debito o della sanzione e il valore del bene su cui viene applicato il fermo. Questo perché l’articolo 86 del D.P.R. n. 602 del 1973, che disciplina il fermo amministrativo, non prevede alcun limite di proporzionalità o di valore del credito come requisito per l’applicazione di questa misura.

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sorpassometro

Sorpassometro: funzionamento, sanzioni e ricorso Sorpassometro: definizione, normativa di riferimento, funzionamento, regole di installazione, sanzioni e contestazione

Sorpassometro: cos’è?

Il sorpassometro è un sistema di rilevazione elettronico, che viene impiegato soprattutto su strade considerate a rischio e che accerta le infrazioni legate al divieto di sorpasso. Esso si concentra infatti sul movimento dei veicoli e sull’attraversamento della linea continua.

Il sorpassometro è uno strumento tecnologico efficace per la sicurezza stradale, ma la sua validità giuridica rimane parzialmente vulnerabile a causa dell’ambiguità normativa che circonda la differenza tra approvazione e omologazione.

Normativa di riferimento

L’uso dei sorpassometri è regolato da diversi decreti ministeriali.

Il primo decreto del 2008 è stato aggiornato nel 2011 (modello SV2) e, più di recente, dal Decreto n. 603 dell’11 dicembre 2024. Quest’ultimo ha approvato i dispositivi di ultima generazione (modello SV3) e ha esteso la loro installazione su strade con un limite di velocità fino a 90 km/h, ampliandone così l’ambito di applicazione.

Come funziona il soprassometro

Il funzionamento del sorpassometro si basa su una combinazione di tecnologie.

  • Dei sensori posizionati nel manto stradale rilevano il passaggio di un veicolo sulla corsia opposta, attivando un sistema di telecamere ad alta risoluzione.
  • Queste telecamere registrano un breve filmato (di circa 15 secondi) che documenta l’intera manovra di sorpasso.
  • I dati, inclusa la targa, vengono trasmessi in tempo reale al comando della Polizia Locale.
  • Un operatore esamina il filmato per convalidare l’infrazione prima di emettere la multa.
  • Non è prevista la contestazione immediata. L’articolo 201 del Codice della Strada prevede infatti la possibilità di elevare l’infrazione in modalità differita.

Regole di installazione per il sorpassometro

L’installazione di questi dispositivi richiedono l”autorizzazione formale del Prefetto, la quale deve fondarsi su dati oggettivi in grado di dimostrare un’elevata incidentalità nel tratto stradale interessato. I sorpassometri infatti sono presenti soprattutto in zone pericolose (curve cieche, dossi e rettilinei caratterizzati da segnaletica insufficiente).

Sanzioni previste

Le sanzioni per il sorpasso vietato, sono regolamentate dall’articolo 148 del Codice della Strada:

  • multa da 167 a 665 euro e decurtazione di 10 punti dalla patente;
  • la sanzione può arrivare a 327-1.308 euro se l’infrazione avviene in curve, dossi o incroci;
  • i neopatentati rischiano anche la sospensione della patente da 1 a 3 mesi in caso di recidiva;
  • le multe infine vengono aumentate di un terzo qualora l’infrazione venga commessa tra le 22:00 e le 7:00.

L’attraversamento della striscia continua senza l’esecuzione di un sorpasso effettivo prevede invece una sanzione minore e la decurtazione di 2 punti dalla patente.

Quando e come fare ricorso

Come per tutte le sanzioni amministrative, anche le multe elevate per la violazione del divieto di sorpasso rilevate con il soprassometro possono essere contestate entro 60 giorni al Prefetto o entro 30 giorni al Giudice di Pace. Oltre ai vizi formali classici, un ricorso può essere fondato su due elementi chiave:

  • assenza di segnaletica: la presenza del sorpassometro deve essere annunciata da un cartello ben visibile. In assenza la multa può essere annullata;
  • mancata omologazione: la legge distingue tra “approvazione” (autorizzazione ministeriale generica) e “omologazione” (certificazione tecnica rigorosa). Sebbene il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti tenda a equiparare i due concetti, la Corte di Cassazione ha stabilito che per la validità delle multe è necessaria l’omologazione. Questo punto, ancora oggetto di dibattito, rappresenta una via efficace per contestare la sanzione.

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guida troppo piano

Multa anche per chi guida troppo piano Chi guida troppo piano rischia la multa se non rispetta i limiti minimi di velocità presenti in alcuni tipi di strade o intralcia il traffico

Anche chi guida troppo piano rischia la multa

Potrà sembrare strano, ma anche chi guida piano rischia la multa. Quante volte capita di avere fretta e di trovarsi davanti un conducente fin troppo prudente che blocca il traffico. Ecco, anche questa situazione per il Codice della Strada rappresenta una possibile fonte di pericolo. Andare troppo piano infatti impedisce al traffico di scorre in modo fluido, perché crea rallentamenti e inutili ingorghi.

Chi guida troppo piano intralcia il traffico

Lo dice anche il Codice della Strada nell’articolo 141 dedicato alla velocità di circolazione. Il comma 6 di questa norma stabilisce infatti che: “Il conducente non deve circolare a velocità talmente ridotta da costituire intralcio o pericolo per il normale flusso della circolazione.”

Chi non rispetta questa regola pertanto è soggetto a una sanzione minima di 42 euro, che può arrivare fino a un massimo di 173, come previsto dal comma 11 dello stesso articolo 141.

In casi come questi quindi le forze di polizia hanno il potere di fermare e sanzionare il conducente troppo prudente se:

  • nel tratto stradale è imposta una velocità minima che non viene rispettata;
  • la velocità minima di circolazione non viene rispettata in autostrada, destinata notoriamente allo scorrimento veloce;
  • il veicolo crea intralcio alla circolazione rallentando l’andamento regolare anche degli altri mezzi.

Regole generali sulla velocità di guida

Se guidare oltre i limiti di velocità è pericoloso, lo è altrettanto quindi anche guidare troppo piano. Del resto il comma 1 dell’articolo 141 del Codice della Strada stabilisce che il conducente è obbligato ad adeguare la velocità di marcia, nel rispetto delle seguenti variabili:

  • caratteristiche, stato e carico del veicolo;
  • caratteristiche e condizioni della strada;
  • caratteristiche e condizioni e del traffico;
  • ogni altra circostanza di qualsiasi natura;
  • visibilità e condizioni meteo.

Limiti di velocità minimi

A parte le regole generali sulla velocità di guida che impongono di non guidare troppo piano per non creare ingorghi e impedire il flusso della circolazione stradale, ci sono anche veri e propri limiti minimi di velocità da rispettare in certi tipi di strada.

  • In autostrada ad esempio, chi guida sulla corsia di destra deve rispettare i limiti generali appena visti e prescritti dall’articolo 141.
  • Chi guida invece nella corsia centrale dell’autostrada non può circolare a una velocità inferiore ai 60 chilometri orari.
  • Chi poi decide di compiere un sorpasso in autostrada e quindi di percorrere la corsia di sinistra non può tenere una velocità inferiore ai 90 chilometri orari.
  • In altri tipi di strada invece i limiti minimi di velocità da rispettare sono indicati all’interno di specifici cartelli con sfondo blu e numero bianco.

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multa strisce blu

Multa strisce blu Multa strisce blu: definizione, normativa di riferimento, quando scatta, la multa, come contestarla, ricorsi possibili e giurisprudenza

Cos’è la multa per le strisce blu?

La multa strisce blu è conseguenza della presenza delle strisce blu che delimitano le aree di sosta a pagamento nei centri urbani. Il mancato pagamento o il superamento del tempo consentito può comportare infatti l’emissione di una multa per sosta non autorizzata.

La multa per le strisce blu è una sanzione amministrativa inflitta quando un veicolo sosta quindi in un’area di parcheggio a pagamento senza aver corrisposto la tariffa prevista o avendo superato il tempo per cui si è pagato.

Normativa di riferimento

Il riferimento normativo principale è l’articolo 7 del Codice della Strada (D.lgs. 285/1992), che attribuisce ai Comuni la facoltà di regolamentare la sosta a pagamento, stabilendo tariffe, esenzioni e modalità di controllo.

Quando scatta la multa?

Le multe per la violazione della disciplina sulle strisce blu scattano nei seguenti casi:

  • mancato pagamento del ticket di sosta;
  • superamento del tempo di sosta pagato;
  • esposizione del ticket in modo non visibile;
  • utilizzo improprio dei permessi per residenti o disabili.

Tuttavia, il verbale di accertamento e di contestazione per la violazione delle regole sulle strisce blu  è nullo se non vi sono parcheggi gratuiti nelle vicinanze, come stabilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 116/2007.

A quanto ammonta la multa strisce blu?

L’importo della multa per strisce blu è stabilito dall’articolo 7, comma 15 del Codice della Strada e varia a seconda del regolamento comunale.

Se la multa non viene pagata entro 60 giorni, l’importo può aumentare e all’importo si vanno ad aggiungere le spese di notifica e di mora.

In base al nuovo comma 15 dell’art 7 le violazioni della sosta tariffata di cui al comma 1 lettera f) sono punite con le sanzioni base di cui al comma 14 primo periodo che varia da 42 a 173 euro. Per permettere il recupero della somma non corrisposta, se la violazione consiste nel mancato pagamento dell’intera somma dovuta la sanzione sopraindicata è maggiorata “di un importo pari alla tariffa corrispondente all’intero periodo tariffato nel giorno di calendario in cui avviene l’accertamento.” Se invece il mancato pagamento è parziale occorre fare riferimento a quanto precisato nelle lettere a, b e c sempre del comma 15 dell’art. 7 e la sanzione varia al variare del tempo in più in cui il conducente occupa il parcheggio rispetto a quello per il quale è stata corrisposta la tariffa. Regole ulteriori per il recupero delle somme non corrisposte sono contenute nel comma 15. 1 dell’articolo 7 del Codice della Strada.

Quando e come contestare la multa?

Esistono diverse circostanze in cui è possibile contestare una multa per strisce blu:

Assenza di parcheggi gratuiti nelle vicinanze

Secondo la Cassazione, sentenza n. 116/2007, le amministrazioni comunali devono prevedere anche parcheggi gratuiti nelle vicinanze. Se non ci sono, la multa può essere contestata.

Assenza di segnaletica chiara

Se i cartelli che indicano la sosta a pagamento sono mancanti, danneggiati o non visibili, la multa può essere impugnata.

Guasto del parcometro

Se il parchimetro non è funzionante e non esiste un’alternativa di pagamento elettronico, è possibile contestare la multa allegando una prova (foto, testimoni, segnalazione al Comune).

Veicolo rubato o venduto

Se la multa è stata emessa su un veicolo rubato o venduto prima della data della sanzione, è sufficiente fornire copia della denuncia o del passaggio di proprietà.

Sanzione errata

Errori nell’indicazione della targa, della data o del luogo possono rendere la multa nulla.

Modalità di ricorso per la multa strisce blu

Se si ritiene che la multa sia ingiusta, si può contestare in due modi:

Ricorso al Prefetto

  • Deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica della multa;
  • Si può inviare tramite raccomandata A/R o PEC al Prefetto della provincia in cui è stata emessa la multa;
  • Il Prefetto decide entro 120 giorni: se accoglie il ricorso, la multa viene annullata, altrimenti l’importo può raddoppiare.

Ricorso al Giudice di Pace

  • Va presentato entro 30 giorni dalla notifica della multa;
  • Prevede un costo di €43 a titolo di contributo unificato per multe fino a €100;
  • È consigliabile presentare prove documentali e, se possibile, farsi assistere da un avvocato.

Giurisprudenza rilevante

  • Cassazione Civile, sentenza n. 116/2007: i Comuni devono garantire la presenza di parcheggi gratuiti nelle vicinanze delle strisce blu.
  • Cassazione Civile, sentenza n. 20293/2024: il Comune, quando gestisce direttamente un parcheggio custodito, ha l’obbligo di garantire nelle vicinanze un’area di parcheggio senza custodia o senza dispositivi di controllo della durata della sosta.Tale obbligo non si applica nelle zone pedonali, nelle aree a traffico limitato e nelle zone classificate come categoria A” dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444. Quest’ultima categoria include aree con edifici di particolare valore storico-culturale e zone di rilevanza urbanistica individuate dalla giunta, caratterizzate da specifiche esigenze di traffico.
  • Cassazione Civile, sentenza n. 16258/2016: la sosta nei parcheggi delimitati dalle strisce blu con un ticket scaduto comporta l’applicazione della sanzione prevista dall’ 7, comma 15, per ogni frazione di ora, analogamente a quanto avviene nel caso in cui il conducente non abbia acquistato alcun biglietto.

 

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passo carrabile

Passo carrabile Passo carrabile: guida completa sulla normativa, la richiesta, le voci di costo da sostenere e le sanzioni per chi trasgredisce

Cos’è il passo carrabile

Il passo carrabile, detto anche passo carraio, è un elemento fondamentale della viabilità urbana e privata. La sua regolamentazione è contenuta negli articoli 3 e 22 del Codice della Strada (Decreto legislativo n. 285/1992).

Articoli 3 e 22 del Codice della Strada

Il passo carrabile è l’accesso a un’area privata destinata alla sosta o al transito di veicoli dalla pubblica via. Si tratta di un’area che interrompe il marciapiede o la carreggiata e che richiede un’autorizzazione specifica per impedire la sosta dei veicoli davanti all’accesso.

L’articolo 3 del Codice della Strada lo definisce come “un accesso ad area laterale idonea al transito di veicoli” e l’articolo 22 stabilisce che la sua installazione è soggetta a specifica autorizzazione del Comune.

Come si richiede il passo carrabile e quanto costa

Per ottenerlo è necessario presentare una domanda al Comune di competenza, allegando:

  • modulo di richiesta fornito dal Comune;
  • planimetria dell’area privata con la posizione dell’accesso;
  • documentazione fotografica dello stato attuale;
  • dichiarazione di proprietà o consenso del proprietario.

L’autorizzazione è soggetta a valutazione tecnica da parte degli uffici comunali, che verificano la conformità urbanistica e la viabilistica dell’accesso.

Costi per l’autorizzazione

I costi variano in base al Comune e alla tipologia del passo carrabile. Le principali voci di spesa sono rappresentate:

  • dai diritti di segreteria, bolli, spese di istruttoria e sopralluogo;
  • dagli oneri per loccupazione di suolo pubblico (TOSAP o COSAP): il costo annuo dipende dalla metratura e dal regolamento comunale, anche se è bene sapere che alcuni Comuni hanno abolito questa tassa;
  • dal costo del cartello segnaletico;
  • dal costo eventualmente richiesto per la tassa di rinnovo annuale. 

Come deve essere il segnale di passo carrabile?

Il cartello è obbligatorio e deve rispettare le seguenti caratteristiche:

  • deve essere di forma rettangolare;
  • deve avere lo sfondo bianco con il bordo nero;
  • deve contenere la scritta “Passo carrabile” in nero, il numero dell’autorizzazione comunale, il Comune di rilascio e il simbolo del divieto di sosta (circolare con sfondo blu e barra rossa).

Il cartello deve essere ben visibile e posizionato frontalmente all’accesso. La mancanza del segnale rende inefficace il divieto di sosta.

Quali sono le multe per i trasgressori?

Il Codice della Strada all’art. 158, comma 5 prevede per chi parcheggia allo sbocco del passo carrabile;

  • multe da 41 a 168 euro (art. 158 CdS) per i ciclomotori e da 87 a 344 per i restanti veicoli;

Se il proprietario di un passo carrabile trova un veicolo in sosta irregolare, può chiamare la Polizia Municipale, che procederà all’irrogazione della sanzione e alla rimozione del mezzo.

 

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divieto di sosta

Divieto di sosta: cos’è e come funziona Il divieto di sosta: definizione, normativa di riferimento, funzionamento, differenze con la fermata e sanzioni  per la sua violazione

Cos’è il divieto di sosta

Il divieto di sosta è una prescrizione normativa prevista dall’art. 158 del Codice della Strada. La norma vieta la sosta dei veicoli in determinate aree e spazi per garantire la sicurezza stradale e il regolare flusso del traffico. La sosta consiste nell’‘interruzione della marcia di un veicolo, protratta nel tempo e senza la presenza del conducente.

Più precisamente, l’art. 157 del Codice della Strada definisce la sosta come la “sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente.”

Come funziona

Il divieto di sosta può essere segnalato tramite:

  • segnaletica verticale, ovvero cartelli stradali con il simbolo di divieto;
  • segnaletica orizzontale, rappresentata da linee gialle o zebrature sul manto stradale;
  • norme generali, che vietano la sosta in specifiche situazioni anche in assenza di segnaletica (ad esempio in prossimità di incroci, fermate di mezzi pubblici, passi carrabili o dossi artificiali).

Differenza tra divieto di sosta e fermata

Il divieto di sosta non deve essere confuso con la fermata, che consiste nell’arresto temporaneo del veicolo per consentire la salita o la discesa di passeggeri o per esigenze momentanee del traffico. La differenza principale è la durata: la fermata è breve e il conducente deve rimanere al volante, mentre la sosta è più prolungata e può avvenire anche in assenza del conducente.

La multa per divieto di sosta

Le sanzioni per il divieto di sosta variano in base alla gravità dell’infrazione:

  • sanzione amministrativa pecuniaria, che può variare da 42 a 173 euro per le auto e da 25 a 100 euro per i ciclomotori e motocicli (art. 158 CdS). Sanzioni più elevate sono previste invece per chi sosta sui passaggi e attraversamenti pedonali, e sui passaggi per ciclisti, sulle piste ciclabili e agli sbocchi delle medesime, così come per chi sosta negli spazi riservati alle donne in gravidanza, agli invalidi, sulle banchine e nelle corsie o carreggiate riservate ai mezzi pubblici;
  • decurtazione punti patente, in caso, ad esempio, di sosta in aree per disabili senza autorizzazione o negli spazi riservati allo stazionamento e alla fermata degli autobus, dei filobus e dei mezzi circolanti sulle rotaie,
  • rimozione forzata del veicolo, nei casi più gravi o quando il mezzo rappresenta un ostacolo alla circolazione.

Come contestare la multa

Chi riceve una multa per divieto di sosta può contestarla presentando:

  1. ricorso al Prefetto (entro 60 giorni dalla notifica del verbale di contestazione dell’infrazione), allegando eventuali prove o motivazioni valide;
  2. ricorso al Giudice di Pace (entro 30 giorni dalla notifica del verbale di contestazione dell’infrazione), pagando il contributo unificato obbligatorio.

Le motivazioni per l’annullamento possono includere anche errori nella compilazione del verbale, assenza di segnaletica chiara o cause di forza maggiore.

 

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animali abbandonati

Abbandono di animali per strada: carcere fino a 7 anni Abbandono di animali: se avviene per strada e causa un incidente stradale, la riforma del Codice della Strada prevede il carcere fino a 7 anni

Abbandono di animali: pene più severe

Il nuovo Codice della Strada, in vigore dal 14 dicembre 2024, segna un importante passo avanti nella lotta contro l’abbandono degli animali. La riforma, approvata dopo un iter complesso e sostenuta da varie forze politiche, introduce pene più severe per chi si macchia di un reato tanto crudele quanto pericoloso. La tutela degli animali e la sicurezza stradale sono al centro delle nuove disposizioni.

Abbandono di animali: sicurezza e civiltà

L’abbandono degli animali non è solo un atto incivile, ma rappresenta anche un grave rischio per la sicurezza stradale. Secondo i dati ENPA, ogni anno in Italia vengono abbandonati oltre 130.000 animali, con picchi significativi durante il periodo estivo. Questo fenomeno causa spesso incidenti stradali, mettendo a rischio sia la vita degli animali sia quella degli automobilisti. La riforma del Codice della Strada punta a contrastare questa piaga con misure severe e un forte effetto deterrente. L’inasprimento delle pene invia un messaggio chiaro: l’abbandono non sarà più considerato una semplice leggerezza, ma un crimine con gravi conseguenze legali.

Nuove sanzioni per chi abbandona animali

L’articolo 727 del Codice penale già punisce l’abbandono di animali domestici con l’arresto fino a un anno o un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Tuttavia, la nuova normativa prevede un significativo inasprimento delle pene:

  • aumento della pena di un terzo se l’abbandono avviene su strada o nelle sue pertinenze;
  • sospensione della patente da sei mesi a un anno se l’abbandono avviene con un veicolo;
  • revoca della patente nei casi più gravi o in presenza di una recidiva

Queste sanzioni mirano a punire comportamenti irresponsabili e a scoraggiare atti che mettono a rischio la collettività. La sospensione o la revoca della patente rappresentano un ulteriore strumento dissuasivo, soprattutto per chi abbandona gli animali utilizzando un veicolo.

Pene aggravate in caso di incidenti stradali

Se l’abbandono di un animale causa un incidente stradale da cui derivino lesioni personali o la morte di una persona, le conseguenze diventano ancora più gravi. La nuova normativa applica le pene previste per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali:

  • lesioni gravi: reclusione da 3 mesi a 1 anno;
  • lesioni gravissime: reclusione da 1 anno a 3 anni;
  • omicidio stradale: reclusione da 2 a 7 anni.

Queste disposizioni riconoscono la gravissima responsabilità di chi, abbandonando un animale, causa tragedie su strada. Non si tratta più di un comportamento marginale, ma di un crimine con effetti devastanti.

Numeri sull’abbandono degli animali

Secondo Legambiente, nel 2023 sono stati abbandonati oltre 85.000 cani, con un aumento dell’8,6% rispetto all’anno precedente. Ogni giorno vengono abbandonati più di 127 animali, numeri che testimoniano la necessità di interventi immediati e concreti. Molti Comuni non dispongono di servizi adeguati, come spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, aggravando ulteriormente la situazione. La riforma del Codice della Strada mira a ridurre questi numeri con sanzioni più severe e misure preventive. Tuttavia, sarà fondamentale anche un cambio culturale che promuova la responsabilità e il rispetto verso gli animali.

Lotta all’inciviltà e a favore della sicurezza

La nuova normativa rappresenta un segnale forte nella lotta contro l’abbandono degli animali. Le istituzioni hanno riconosciuto la gravità del fenomeno e hanno deciso di intervenire con misure severe. La riforma mira a dissuadere comportamenti barbarici e pericolosi, soprattutto nei mesi estivi, quando i numeri raggiungono livelli inaccettabili. L’auspicio è che queste nuove regole non restino solo sulla carta. Le pene severe e le sanzioni accessorie devono tradursi in un effettivo calo degli abbandoni. La sensibilizzazione è altrettanto fondamentale: ogni cittadino deve comprendere che abbandonare un animale è un crimine, con conseguenze pesanti per tutti.

La riforma del Codice della Strada è un progresso significativo per chi ama gli animali e per chi crede nella convivenza civile. L’inasprimento delle pene per l’abbandono punta a tutelare la vita degli animali, ma anche a garantire la sicurezza delle strade italiane.

Ogni atto di abbandono rappresenta una scelta irresponsabile, capace di provocare dolore e tragedie. Con questa normativa, l’Italia invia un messaggio chiaro: l’abbandono degli animali non sarà più tollerato. Questa battaglia è un impegno di civiltà e responsabilità, che coinvolge istituzioni e cittadini.

 

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guida in stato di ebbrezza

Guida in stato di ebbrezza: tolleranza zero Guida in stato di ebbrezza: come cambiano le regole del Codice della Strada dal 14 dicembre 2024, quando entra in vigore la riforma

Guida in stato di ebbrezza: nuove regole dal 14 dicembre

Cambiano le regole per chi guida in stato di ebbrezza. Il 14 dicembre 2024 entrerà in vigore la legge 25 novembre 2024, n. 177, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre. Questa legge introduce misure incisive per migliorare la sicurezza stradale e assegna al Governo una delega per la revisione completa del Codice della Strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285).

Le nuove norme facilitano anche la sospensione della patente per chi guida sotto l’effetto di alcol, una punizione che si aggiunge a un quadro sanzionatorio già severo per infrazioni legate alla distrazione. L’obiettivo è ridurre l’incidentalità stradale e uniformare il sistema normativo alle esigenze moderne.

Tolleranza zero per chi guida in stato di ebbrezza

Tra le principali modifiche spicca l’inasprimento delle sanzioni per la guida in stato di ebbrezza. Le conseguenze legali diventano più severe.

Le nuove disposizioni prevedono le seguenti sanzioni, graduate in base al tasso alcolemico rilevato:

  • tasso alcolemico 0,5-0,8 g/l: sanzione amministrativa tra 573 e 2.170 euro e sospensione della patente da 3 a 6 mesi;
  • tasso alcolemico 0,8-1,5 g/l: arresto fino a 6 mesi, pecuniaria (800-3.200 euro) e sospensione della patente da 6 mesi a 1 anno;
  • tasso alcolemico oltre 1,5 g/l: arresto da 6 mesi a 1 anno, ammenda tra 1.500 e 6.000 euro e sospensione della patente da 1 a 2 anni.

Ogni violazione comporta anche la decurtazione, fino a 10, dei punti dalla patente di guida.

Introduzione dell’alcolock

La riforma introduce nel Codice della strada l’alcolock, un sistema che impedisce l’avviamento del motore se rileva un tasso alcolemico superiore a zero. Il conducente deve soffiare in un dispositivo collegato alla centralina del veicolo: se il tasso è superiore al limite infatti l’auto non parte. Questo strumento è pensato come deterrente per ridurre la recidiva nella guida in stato di ebbrezza.

Secondo il nuovo art. 186 del Codice della Strada, i giudici, quando la violazione consiste nella guida con tassi di 0,8-1,5 g/l e oltre 1,5 g/l, possono applicare i codici unionali 68 (“Niente alcool”) e 69 (“Solo veicoli con alcolock”) sulla patente dei condannati:

  • Codice 68: vieta completamente l’uso di alcol;
  • Codice 69: permette la guida solo su veicoli dotati di alcolock.

Questi obblighi permangono per due anni in caso di infrazioni moderate (tasso alcolemico 0,8-1,5 g/l) e per tre anni in caso di violazioni gravi (oltre 1,5 g/l). La commissione medica, competente per i rinnovi della patente, può comunque prolungare questo periodo. Per chi tenta di manomettere l’alcolock, le sanzioni si inasprisco o ulteriormente.

Problemi applicativi e criticità

L’alcolock solleva tuttavia alcune questioni operative perché non è chiaro come è possibile gestire i trasgressori che non possiedono un veicolo. La norma prevede infatti l’installazione dell’alcolock solo sui mezzi intestati ai conducenti condannati. Questo lascia scoperti casi in cui il trasgressore utilizzi veicoli aziendali, in leasing o appartenenti a terzi.

Inoltre, l’obbligo di installazione dell’alcolock scatta solo dopo la sentenza definitiva. Considerando i tempi della giustizia, potrebbero passare anni prima che il dispositivo venga effettivamente applicato. Nel frattempo, il trasgressore potrebbe dimostrare un comportamento virtuoso, rendendo meno efficace la misura punitiva.

Un decreto ministeriale, da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, definirà le specifiche tecniche del dispositivo, le modalità di installazione e le officine autorizzate.

Revisione complessiva del Codice della Strada

Oltre alle misure immediatamente operative, la legge delega il Governo a una revisione globale del Codice della Strada. Entro 12 mesi dovranno essere emanati i decreti legislativi necessari per adeguare la normativa alle esigenze attuali. Questo processo punta a semplificare il quadro normativo e a rendere più efficaci le misure di sicurezza stradale.

La Legge 177/2024 segna un passo avanti nella lotta contro la guida in stato di ebbrezza e l’incidentalità stradale. L’introduzione dell’alcolock rappresenta una svolta significativa, anche se permangono alcune criticità applicative. La revisione complessiva del Codice della Strada, affidata al Governo, costituirà un ulteriore banco di prova per modernizzare il sistema e garantire maggiore sicurezza sulle strade.

 

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monopattini elettrici

Monopattini elettrici: targa e assicurazione obbligatorie Monopattini elettrici: cosa cambia dal 14 dicembre 2024 dopo la riforma del Codice della Strada per questi mezzi di mobilità eco-sostenibili

Monopattini elettrici: cosa cambia dal 14 dicembre 2024

Dal 14 dicembre 2024 entreranno in vigore le nuove norme sui monopattini elettrici previste dalla recente riforma del Codice della Strada, contenuta nella legge n. 177/2024. L’obiettivo principale delle modifiche apportate è quello di garantire una maggiore sicurezza per utenti e pedoni, regolamentando l’uso di questi mezzi. L’introduzione delle nuove regole rappresenta un passo avanti verso una mobilità più sicura. Gli obblighi di targa, casco e assicurazione responsabilizzeranno gli utenti. I limiti di circolazione e i requisiti tecnici miglioreranno invece la sicurezza stradale. Resta da vedere come le norme verranno implementate e accolte dai cittadini e dai gestori dei servizi di sharing. Vediamo nel dettaglio le principali novità introdotte.

Obbligo di targa, assicurazione e casco

Tutti i monopattini elettrici dovranno essere dotati di una targa adesiva e plastificata, fornita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. La targa sarà composta da tre lettere e tre numeri.

Anche l’assicurazione di Responsabilità Civile (RC) diventa obbligatoria, con l’obiettivo di coprire eventuali danni a terzi. Chi non rispetta queste disposizioni rischia sanzioni tra 100 e 400 euro, anche nel caso in cui il contrassegno, pur presente, non sia visibile o risulti alterato o contraffatto.

Il casco sarà obbligatorio per tutti i conducenti, indipendentemente dall’età. Questa misura si applicherà sia ai monopattini privati sia a quelli in sharing. I gestori del servizio di noleggio dovranno affrontare le sfide di distribuzione e sanificazione dei caschi.

Requisiti tecnici e limiti di sosta e circolazione

I monopattini dovranno essere equipaggiati con indicatori luminosi per la svolta e freni su entrambe le ruote. Chi circolerà senza queste dotazioni rischierà multe tra 200 e 800 euro.

Saranno vietati i mezzi che non rispetteranno i requisiti tecnici definiti da un decreto ministeriale attuativo.

La circolazione sarà consentita solo su strade urbane con un limite di velocità di 50 km/h. Saranno esclusi dalle piste ciclabili, dalle aree pedonali e dalle strade con limiti di velocità superiori. I monopattini in sharing dovranno essere dotati inoltre di un dispositivo che ne blocchi l’uso al di fuori delle aree consentite.

Regole per la sosta dei monopattini

I monopattini non potranno sostare sui marciapiedi a meno che il marciapiede, per dimensioni e caratteristiche, lo consenta, previa individuazione dell’area di sosta con ordinanza comunale. In questo caso sarà necessario garantire anche la circolazione di pedoni e ciclisti. In ogni caso ai monopattini sarà consentita la sosta negli stalli previsti per velocipedi, ciclomotori e motoveicoli.

Norme per un uso responsabile dei monopattini elettrici

Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Mobilità Sostenibile, in Italia ci sono circa 100.000 monopattini in uso tra proprietà private e sharing. L’uso crescente ha portato a un aumento degli incidenti. Nel 2022, l’ACI-ISTAT ha registrato 2.929 incidenti con monopattini, con 16 decessi e 3.195 feriti. Le nuove norme mirano a ridurre questi numeri, aumentando la consapevolezza e promuovendo un uso responsabile dei mezzi. Tuttavia, l’effettiva applicazione delle regole dipenderà dai decreti attuativi, attesi nei prossimi mesi.

 

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sospensione breve della patente

Sospensione breve della patente: quando scatta Sospensione breve della patente: la novità della Riforma del Codice della Strada per chi ha meno di 20 o di 10 punti sulla patente

Riforma Codice della Strada e sospensione patente

Sospensione breve della patente di 7 o 15 giorni per chi commette determinate infrazioni e ha meno di 20 o 10 punti sulla patente. Lo prevede il nuovo art. 218 ter del Codice della Strada, in base alle modifiche previste dalla legge n. 177/2024, recante “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre per entrare in vigore il 14 dicembre 2024.

Sospensione breve della patente per chi ha meno di 20 punti

Il comma 1 del nuovo articolo 218 ter, dedicato alla sospensione della patente in relazione al punteggio del documento di guida prevede la sospensione, in aggiunta all’applicazione della sanzione pecuniaria, nella misura stabilita dai commi 2 e 3 di 7 o 15 giorni se risulta che il punteggio presente sulla patente è inferiore rispettivamente a 20 punti o 10 a causa di precedenti decurtazioni.

Violazioni del Codice della Strada interessate

La sospensione breve è prevista per tutta una serie di infrazioni:

  • circolazione contro mano;
  • violazione del divieto di sorpasso;
  • mancato rispetto della precedenza,
  • passaggio con semaforo giallo o rosso;
  • mancato rispetto del segnale di alt intimato da un agente;
  • mancato rispetto delle regole di attraversamento dei passaggi a livello;
  • sorpasso sulla destra;
  • sorpasso vietato o eseguito in violazione delle norme;
  • mancato rispetto della distanza di sicurezza se causa di sinistro con danno grave ai veicoli e comportante l’obbligo di revisione;
  • divieto di inversione di marcia in casi specifici;
  • utilizzo irregolare o mancante del casco per conducenti e passeggeri di ciclomotori e motoveicoli;
  • uso mancato o irregolare delle cinture di sicurezza, dei seggiolini per i bambini e dei dispositivi anti abbandono;
  • uso dello smartphone o di altri apparecchi durante la guida;
  • retromarcia su autostrade o strade extraurbane principali, compresa la corsia di emergenza;
  • mancato rispetto della corsia di accelerazione;
  • mancata precedenza sulle autostrade o strade extraurbane principali;
  • violazione del divieto di sosta o fermata su autostrade o strade extraurbane principali;
  • mancato utilizzo delle luci durante la sosta su autostrade o strade extraurbane principali;
  • omesso posizionamento del triangolo se il veicolo è fermo su autostrade o strade extraurbane principali;
  • guida dopo il consumo di bevande alcoliche, con tasso inferiore a 0,5 g/l per neopatentati e autisti professionisti;
  • mancata concessione della precedenza ai pedoni;
  • superamento del periodo di guida giornaliero massimo del 20% o del tempo minimo di riposo, per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • superamento del periodo di guida settimanale massimo o del tempo minimo di riposo, oltre il 20% per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • circolazione nel periodo in cui al conducente è stato intimato di non proseguire il viaggio per violazione dei periodi di guida o di riposo, giornalieri e settimanali.

Sospensione breve della patente: durata e condizioni

La sospensione breve viene disposta per la durata di 7 giorni quando il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di almeno 10 punti sulla patente.

La durata della sospensione sale a 15 giorni se il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di un punteggio inferiore ai 10 punti.

La sospensione della patente viene annotata nell’anagrafe nazionale dei soggetti abilitati alla guida a cura dell’ufficio o del comando da cui dipende l’agente che ha proceduto all’accertamento della violazione.

Chi circola abusivamente durante il periodo della sospensione della patente o avvalendosi del permesso di guida di cui all’art. 218 comma 2, è punito ai sensi dell’art. 218  comma 6 (sanzione amministrativa da 2.046 a 8.186).

Infine, se un soggetto commette una delle violazioni per le quali è prevista la sospensione breve della patente più volte nell’arco di due anni la sospensione breve si applica solo se la pena della sospensione della patente non è già prevista per le stesse violazioni.

Sospensione raddoppiata in presenza di un sinistro

Il comma 3 dell’art. 218 ter prevede che, fatta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie da disporre dopo l’accertamento del reato e il ritiro della patente nelle ipotesi di illecito penale, la durata della sospensione breve di 7 o 15 giorni viene raddoppiata se il conducente abbia provocato un incidente stradale, compresa l’ipotesi in cui sia uscito di strada senza coinvolgere altri soggetti o cose diverse dalla sua persona e dal suo veicolo.

Sospensione breve: a chi si applica

Le disposizioni che regolano la sospensione della patente si applicano:

  • anche ai conducenti titolari di patenti rilasciate all’estero che commettono alcuna delle violazioni elencate nel comma 1;
  • ai conducenti che sono stati identificati nel momento in cui è stata commessa la violazione.

 

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