smishing

Smishing: cos’è e come difendersi Cos'è e come funziona lo smishing e i suggerimenti del Garante per proteggersi da questa forma di phishing che sfrutta sms e messaggistica

Smishing: cos’è

Lo Smishing (o phishing tramite SMS) è una forma di truffa che utilizza messaggi di testo e sistemi di messaggistica (compresi quelli delle piattaforme social media) per appropriarsi di dati personali a fini illeciti (ad esempio, per poi sottrarre denaro da conti e carte di credito). Il Garante privacy ha dedicato una scheda informativa per proteggersi da questa forma di phishing.

Come funziona

In genere i messaggi di smishing invitano i destinatari a compiere azioni (cliccare link, ecc.) o fornire informazioni con urgenza, per non rischiare danni (es: blocco di utenze, blocco della carta di credito o del conto) o sanzioni.

I truffatori (“smisher”), spiega il Garante, “inviano messaggi per chiedere ad esempio alle vittime di:

  • cliccare un link che conduce ad un form online in cui inserire dati personali, dati bancari o della carta di credito, ecc.. Il link da cliccare può anche essere utilizzato per installare sullo smartphone della vittima programmi malevoli capaci di carpire dati personali conservati sul dispositivo o addirittura in grado di accedere alle app e ai programmi con cui si gestiscono Internet banking, carte di credito, ecc.;
  • scaricare un allegato che può contenere programmi malevoli capaci di prendere il controllo dello smartphone o accedere ai dati in esso contenuti;
  • rispondere ai messaggi ricevuti inviando dati personali (il codice fiscale, il PIN del Bancomat o quello utilizzato per l’Internet banking, il numero della carta, il codice di sicurezza della carta, i dati dell’OTP cioè della password temporanea per eseguire operazioni sul conto bancario e sulla carta di credito, ecc.);
  • chiamare un numero di telefono, dove poi un finto operatore o un sistema automatizzato chiedono di fornire informazioni di vario tipo, compresi dati bancari e/o della carta di credito”.

Perchè lo smishing è pericoloso

Gli smisher fanno leva sul timore legato ad un rischio incombente per convincere le vittime ad abbassare il livello di prudenza e a reagire d’impulso. Per questo, invita l’authority, è bene “diffidare dei messaggi che hanno toni ultimativi e intimidatori o che spingono ad agire con fretta e urgenza. Ad es. il messaggio di una banca che segnala un account compromesso da verificare con urgenza; offerte di sconti straordinari da usufruire subito; amministrazioni pubbliche che segnalano la richiesta di dati, sanzioni da pagare, o anomalie da verificare, ecc.

Come difendersi dallo smishing

Il Garante invita a “non comunicare mai dati e informazioni personali o dati come codici di accesso, PIN, password, dati bancari e della carta di credito a sconosciuti” ricordando, in ogni caso, “che istituzioni e banche non richiedono di fornire dati personali tramite SMS o messaggistica istantanea, specie se si tratta di informazioni come PIN, password, codici di autorizzazione, ecc., che, di solito, loro stessi ci invitano a mantenere strettamente riservate”.

In generale, meglio non conservare le credenziali (password, PIN, codici) di dati bancari o della carta di credito sullo smartphone. In caso di intrusioni informatiche sul dispositivo (tramite malware, ad esempio), questi dati potrebbero infatti essere facilmente sottratti.

Per proteggere i conti bancari e carte di credito, inoltre, “è bene controllare spesso le movimentazioni ed eventualmente attivare sistemi di alert automatico che avvisano l’utente di ogni operazione effettuata”.

Se si ricevono messaggi da sconosciuti, “non cliccare sui link in essi contenuti e non aprire eventuali allegati: potrebbero contenere virus o programmi capaci di prendere il controllo di computer e smartphone. Stessa accortezza con i messaggi che provengono da numerazioni anomale o particolari (ad esempio: numeri con poche cifre), oppure da utenze identificate da un nome con il numero nascosto. In questi casi è sempre bene fermarsi a riflettere, prestando la massima attenzione al contenuto e al mittente del messaggio”. Infine, se si ricevono messaggi che invitano a richiamare determinati numeri di aziende o istituzioni, controllare SEMPRE prima se tali numeri corrispondono a quelli ufficiali (ad esempio consultando i siti web istituzionali). Per estrema sicurezza, invece di contattare i numeri ricevuti, ci si può rivolgere al centralino o all’URP dell’azienda o dell’istituzione chiendendo di farsi mettere in contatto con l’ufficio che dovrebbe aver inviato il messaggio”.

Cosa fare

Ad ogni modo, chi ha il dubbio di essere vittima di smishing è consigliabile che contatti “immediatamente la banca o il gestore della carta di credito attraverso canali di comunicazione conosciuti e affidabili per segnalare l’accaduto e, in caso di sottrazione di denaro, richiedere il blocco delle transazioni. In questa seconda ipotesi, si può anche segnalare la truffa subita alle autorità di polizia“.

false mail

False mail dall’Agenzia delle Entrate: è phishing L'Agenzia delle Entrate con due avvisi informa i contribuenti che sono in corso campagne di false comunicazioni a nome del fisco

E’ in corso una campagna di false comunicazioni a nome dell’Agenzia delle Entrate. La prima si riferisce alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, mentre la seconda a modifiche alla normativa fiscale riguardante la dichiarazione precompilata 2024. Lo rende noto l’amministrazione stessa, con due avvisi, rispettivamente del 29 agosto e del 30 agosto scorso.

False richieste di pagamento imposte per recupero fondi

Con riferimento alle false comunicazioni relative alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, lo schema di truffa, avvisano dalle Entrate, sembrerebbe essere quello di indurre con l’inganno a versare fondi per fantomatici investimenti, quindi chiedere il versamento di imposte per ottenerne la parziale restituzione. In questa seconda fase della truffa, viene inviato un falso documento contenente il logo dell’Agenzia delle Entrate e una firma contraffatta a nome del Direttore di un ufficio dell’Agenzia, anche realmente esistente.

Di seguito un esempio di documento fraudolento che viene inviato:

Pertanto, l’Agenzia raccomanda “di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail contenenti in allegato un documento simile all’esempio sopra riportato, di non ricontattare assolutamente il mittente e di non dare seguito alle richieste di versamenti di somme di denaro per investimenti o per imposte da essi derivanti”.

False comunicazioni modifiche precompilata 2024

Riguardo al secondo avviso, l’Agenzia informa che stanno pervenendo mail che avvisano, a nome delle Entrate, di modifiche alla normativa fiscale, alle voci della dichiarazione precompilata 2024 e alle aliquote fiscali.

La falsa comunicazione cerca di indurre a cliccare su un link che rimanda a una fantomatica “Guida alla dichiarazione” che il contribuente dovrebbe leggere affinché la sua dichiarazione resti “conforme alle ultime normative”.

Come in ogni campagna di phishing, si tenta di indurre nell’utente un senso di urgenza allo scopo di fargli cliccare “tempestivamente” il link malevolo sotto la minaccia “di sanzioni o altre conseguenze legali” .

Di seguito un esempio della comunicazione che viene inviata:

Una volta cliccato sul link malevolo, l’utente è indotto a inserire nella pagina web informazioni personali che vengono poi memorizzate presumibilmente per futuri attacchi informatici più sofisticati.

Anche in tal caso, le Entrate raccomandano di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail simili a quella sopra riportata, di non cliccare sul link e in ogni caso di non trasmettere informazioni personali.

L’Agenzia, infatti, disconosce “questa tipologia di comunicazioni, rispetto alle quali si dichiara totalmente estranea”.

In caso di dubbi sulla veridicità di una comunicazione ricevuta dall’Agenzia, è sempre preferibile verificare preliminarmente consultando la pagina “Focus sul phishing”, rivolgersi ai contatti reperibili sul portale istituzionale www.agenziaentrate.gov.it o direttamente all’Ufficio territorialmente competente.

 

Leggi anche la guida Phishing: cos’è e come tutelarsi

violazione allontanamento casa familiare

Violazione allontanamento casa familiare e divieto di avvicinamento Le fattispecie di reato relative alla violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387bis)

Nozione e interesse tutelato

Violazione allontanamento casa familiare e divieto di avvicinamento sono fattispecie che rientrano fra le novità disciplinari introdotte dalla L. 19-7-2019, n. 69 (cd. «Codice rosso»), e oggetto di correttivi ad opera della L. 24-11-2023, n. 168.

In particolare, ai sensi della citata previsione, risponde penalmente chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli artt. 282bis e 282ter c.p.p. o dall’ordine di cui all’art. 384bis del medesimo codice.

Nell’individuazione dell’interesse tutelato, non può non tenersi conto della circostanza che le misure (l’inosservanza dei cui precetti viene penalmente sanzionata) assicurano una tutela immediata della vittima nei rapporti familiari, realizzando uno schermo di protezione attorno al «soggetto debole».

La genesi e la ratio della disposizione fanno propendere, quindi, per il carattere pluri-offensivo del reato che appare diretto a tutelare sia la corretta esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria a tutela dell’incolumità delle vittime di reato, sia l’incolumità fisica e psichica, in quanto tale, delle persone a salvaguardia delle quali sono state emanate le misure citate.

La disposizione attua, altresì, l’art. 53 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, cosiddetta Convenzione di Istanbul, sottoscritta dall’Italia il 27-9-2012 e ratificata con L. 27-6-2013, n. 77, nel punto in cui dispone che la violazione delle misure dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento e comunicazione con la vittima ad opera del destinatario deve essere sanzionata penalmente o comunque deve dare luogo a «sanzioni legali efficaci, proporzionate e dissuasive».

Elemento oggettivo

Trattasi di figura criminosa diretta semplicemente a far conseguire sanzioni penali alla violazione degli obblighi o dei divieti derivanti dal provvedimento che applica le seguenti misure cautelari:

Allontanamento dalla casa familiare (art. 282bis c.p.p.)

La norma (anch’essa, come le altre richiamate dalla fattispecie, fatta oggetto di correttivi dal legislatore del 2023) prevede, fra l’altro, che con il provvedimento che dispone l’allontanamento, il giudice prescriva all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. Qualora si proceda per taluno dei gravi delitti puntualmente elencati dalla norma, la misura può essere disposta, fra l’altro, con la prescrizione di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare e da altri luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. Anche in tale caso, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. Con lo stesso provvedimento che dispone l’allontanamento, il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dalla norma. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi;

Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282ter c.p.p.)

Viene, fra l’altro, previsto che con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275bis c.p.p. (trattasi di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, di cui il giudice abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria). Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l’applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l’imputato neghi il consenso all’adozione delle modalità di controllo previste dall’art. 275bis. Qualora l’organo delegato per l’esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l’applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone, disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275bis c.p.p.;

Allontanamento d’urgenza dalla casa familiare (art. 384bis c.p.p.)

Prevede, fra l’altro, la norma che gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria abbiano facoltà di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica, l’allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti indicati per richiamo dalla previsione, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate, ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa. La norma dispone, altresì, che, fermo restando quanto disposto dalla disciplina del fermo, anche fuori dei casi di flagranza, il pubblico ministero dispone, con decreto motivato, l’allontanamento urgente dalla casa familiare, con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti della persona gravemente indiziata di taluno dei gravi delitti puntualmente elencati dalla norma, o di altro delitto, consumato o tentato, commesso con minaccia o violenza alla persona per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave e attuale pericolo la vita o l’integrità fisica della persona offesa e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice.

I correttivi della legge 168/2023

Su tale impianto disciplinare, come anticipato in precedenza, ha inciso la L. 24-11-2023, n. 168, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica». I correttivi affiancano ad un incremento della risposta sanzionatoria edittale massima (peraltro di soli sei mesi), una estensione dei margini di applicabilità della previsione, attraverso l’introduzione di un inedito comma 2, per effetto del quale la medesima sanzione viene disposta a carico di chi elude l’ordine di protezione previsto dall’art. 342ter, comma 1, c.c., ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

È opportuno precisare che l’ordine di protezione previsto dall’art. 342ter, comma 1, c.c. riguarda gli abusi familiari, la cui disciplina è confluita nell’art. 473bis.70 c.p.c., alla cui lettera si rinvia.

Elemento soggettivo

Si ritiene sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevole e volontaria violazione delle prescrizioni imposte, a prescindere dalle concrete finalità perseguite dal reo nel violarle.

Pena ed istituti processuali

Per effetto dei correttivi all’impianto sanzionatorio, dovuti alla L. 168/2023, la pena è, per tutte le configurazioni del delitto, la reclusione da sei mesi a tre anni e sei mesi (la parte in corsivo è stata inserita dal legislatore del 2023). L’arresto in flagranza è obbligatorio, mentre il fermo non è consentito. Si procede d’ufficio e la competenza spetta al Tribunale monocratico.

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Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento La Cassazione conferma la misura degli arresti domiciliari al marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà

Arresti domiciliari

Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà perché sono ancora legati sentimentalmente. Così la prima sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 25002/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il tribunale di Caltanissetta con funzione di riesame rigettava la richiesta dell’imputato avverso l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 perché, essendo sottoposto alla misura della Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune per la durata di due anni, con l’ulteriore prescrizione del divieto di avvicinarsi a oltre i duecento metri alla moglie, in ogni luogo in questa si trovi, violava la misura, accompagnandosi alla predetta.

L’indagato ricorre in Cassazione contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, tenuto conto che la coniuge lo avrebbe avvicinato volontariamente, stante il perdurare del rapporto sentimentale tra i due, con il fine di aiutare perché affetto da patologia oncologica documentata.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è inammissibile sotto plurimi aspetti.

Intanto premettono i giudici, “in sede di riesame, non risultano contestati i gravi indizi di colpevolezza ma solo l’inadeguatezza della misura cautelare applicata con l’ordinanza genetica (ove il Tribunale chiarisce che il riesame proposto non specificava i motivi e che, all’udienza camerale, il difensore si era limitato a sottolineare l’inadeguatezza della misura cautelare applicata in considerazione della condotta della moglie). Con il ricorso, invece, se ne contesta la sussistenza”.
Orbene, sottolinea la S.C., “secondo la giurisprudenza di legittimità cui il Collegio aderisce, non è ammissibile prospettare, in sede di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale con funzione di riesame, questioni non devolute in ordine ai gravi indizi di colpevolezza (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, Gabbianelli, Rv. 282460 – 02)”.
In ogni caso, proseguono da piazza Cavour, “la motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi dell’ordinanza impugnata non è manifestamente illogica ma, anzi, esauriente e completa”. Il Tribunale, peraltro, esamina la deduzione circa il presunto carattere volontario della condotta della persona offesa, ne registra la presenza nell’occasione accertata nel palazzo di giustizia e in altra precedente occasione quando questa è stata trovata a bordo di un ciclomotore condotto da indagato. “L’ordinanza, con ragionamento non affetto da illogicità manifesta – concludono -, prende in considerazione lo stato di fatto, valuta le dinamiche interne alla coppia, descrivendole come non ancora sufficientemente delineate, alla stregua delle indagini svolte, quanto ai rapporti di forza tra le parti e, soprattutto, evidenzia che lo stesso indagato aveva ammesso di non aver mai rispettato la misura in atto, manifestando espresso e totale disinteresse rispetto all’osservanza degli obblighi impostigli”. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

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Allegati

mobbing punito come stalking

Mobbing punito come stalking Mobbing punito come stalking se il superiore mortifica il sottoposto e lo stesso è costretto a cambiare abitudini e accusa uno stato d’ansia

Mobbing come stalking, la sentenza della Cassazione

Il mobbing va punito come stalking se il professore tiene condotte reiterate e sconvenienti nei confronti delle specializzande e vessa i dissidenti. Questa la decisione contenuta nella sentenza n. 32770/2024 con cui la Cassazione ha accolto il ricorso del PM e respinto quello dell’indagato.

Violenza sessuale e molestie nel contesto accademico

Il Tribunale del riesame riforma l’ordinanza del GIP, annullando la misura cautelare disposta in relazione ai reati di violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Questi ultimi sono stati riqualificati come molestie art. 660 codice penale, tranne alcuni episodi riqualificati come violenza sessuale. Il Tribunale sostituisce la misura degli arresti domiciliari con il divieto di dimora e la misura interdittiva che impone il divieto di esercitare uffici direttivi presso persone giuridiche e imprese per 12 mesi.

Ansia e alterazione delle abitudini di vita

Contro la decisione ricorrono il PM e l’indagato. Il PM rileva in particolare il vizio di motivazione in ordine alla contestata accusa di atti persecutori.

Il PM evidenzia che le persone offese sono state costrette a cambiare diverse abitudini di vita a causa delle condotte dell’indagato. Le specializzande hanno infatti iniziato a camminare sempre dietro il professore, a non entrare mai da sole all’interno di stanze in cui lo stesso si trovava e a evitare qualsiasi occasione conviviale con lo stesso. Per il PM inoltre il Tribunale non ha valorizzato a sufficienza lo stato d’ansia che ha colpito una persona offesa in particolare.

Stalking: manca la reiterazione

Per il professore invece non sarebbero integrati tutti gli elementi costituivi del reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p.

Per il ricorrente il delitto di stalking commesso in ambito occupazionale non si risolve nell’accertamento di una situazione di cosiddetto mobbing lavorativo. La rilevanza penale della condotta di mobbing lavorativo si ravvisa ove nella specie siano integrati gli elementi costitutivi delle fattispecie di maltrattamento ovvero di stalking. In quest’ultimo caso, la differenza tra mobbing e stalking lavorativo si apprezza proprio per la presenza, in questo secondo caso di uno dei tre eventi contemplati dalla norma penale.” 

Eventi che, nel caso specifico che lo riguarda, sono del tutto assenti anche nella forma indiziaria. Manca comunque la reiterazione della condotta richiesta dal reato di stalking. Nessuna delle persone offese inoltre ha contestato “un perdurante e grave stato di ansia o di paura.” Travisata inoltre dal giudice del riesame la nozione di “alterazione delle abitudini di vita.

Mobbing punito come stalking: accertare gli eventi art. 612 bis c.p.

La Cassazione nell’esaminare i due ricorsi respinge quello dell’indagato e accoglie quello del PM, fornendo importanti precisazioni soprattutto sul reato di mobbing punito come stalking.

Per la Cassazione le molestie sessuali possono integrare tanto il reato di cui all’art. 660 c.p che quello di atti persecutori o stalking di cui all’articolo 612 bis c.p.

Il criterio distintivo tra i due reati sono le conseguenze dello stesso. Il reato di stalking si configura infatti quando le condotte cagionano nella vittima un perdurante e grave stato dansia ovvero lalterazione delle proprie abitudini di vita.

Nel caso di specie all’indagato sono stati contestati atteggiamenti abituali e generalizzati molto sconvenienti. L’indagato si è reso protagonista di contatti fisici non richiesti, battute e provocazioni, molte a sfondo sessuale, rivolte alle specializzande anche in presenza di terze persone, incurante di risultare sgradito e non solo. Lo stesso ha tenuto condotte vessatorie e marginalizzanti nei confronti degli specializzandi che lo hanno contestato.

Non si può ignorare nel quadro complessivo la natura del rapporto che legava l’indagato agli specializzandi. Esso non era solo lavorativo, ma anche gerarchico. Il professore rivestiva una posizione di superiorità in grado di incidere sul percorso formativo e professionale dei sottoposti. Ragione per la quale gli stessi si trovavano in una posizione di maggiore difficoltà nel reagire e ribellarsi. Il tutto aggravato dalla convinzione di intoccabilità del professore.

Condotte ostili e reiterate per mortificare e isolare

Nel respingere il ricorso dell’indagato la Cassazione precisa che sussiste il reato di stalking in caso di mobbing del datore di lavoro quando lo stesso “ponga in essere una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell’esprimere ostilità vero il dipendente e preordinati alla sua mortificazione e al suo isolamento nell’ambiente di lavoro”. 

Accertare gli eventi richiesti dall’art. 612 bis c.p.

La Cassazione, a conclusione della decisione, chiede ai giudici del rinvio di verificare l’abitualità delle molestie e, in caso affermativo, di verificare se, per effetto delle stesse, in danno delle persone offese si siano verificati gli eventi richiesti dall’articolo 612 bis c.p per integrare il reato di stalking.

 

Sull’argomento leggi anche questi articoli “Mobbing verticale e maltrattamenti” e “Stalking: indici sintomatici ansia o timore

traffico influenze illecite

Traffico di influenze illecite Traffico di influenze illecite: come cambia l’articolo 326 bis c.p. in virtù della Riforma Nordio in vigore dal 25 agosto 2024

Traffico di influenze illecite: com’era e com’è ora

Il reato di traffico di influenze illecite, disciplinato dall’articolo 346 bis c.p., è stato modificato di recente dalla Legge Nordio, in vigore da domenica 25 agosto 2024.

Vediamo com’era formulato l’articolo 346 bis del codice penale e come è cambiato dopo l’entrata in vigore del testo di legge che ne ha rinnovato il contenuto.

Traffico di influenze illecite: art. 346-bis c.p. fino al 24 agosto 2024

L’art. 346 bis c.p nella versione vigente fino al 24 agosto 2024 punisce chiunque, al di fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione per l’esercizio della funzione, per atto contrario ai doveri d’ufficio, in atti giudiziari e in quelli contemplati dall’articolo 322 bis c.p, sfruttando o vantando relazioni esistenti o affermate con un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti contemplati dall’articolo 322 bis c.p fa dare o promettere indebitamente a se stesso o ad altri denaro o altre utilità come corrispettivo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all’articolo 322 bis c.p.

Il reato si configura anche quando il denaro o altra utilità venga erogato per remunerare il pubblico ufficiale o gli altri soggetti indicati in relazione all’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri.

La pena

La pena prevista in questi casi è della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena è prevista nei confronti di chi indebitamente dà o promette denaro o altre utilità.

Nel caso in cui il soggetto che indebitamente fa dare o promettere per sé o altri denaro o altre utilità rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio la pena è aumentata.

Sono previsti aumenti di pena anche nei seguenti casi:

  • se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie;
  • se i fatti sono commessi per remunerare il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio o uno dei soggetti indicati nell’articolo 322 bis c.p in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio oppure in relazione all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Le pene sono invece diminuite in presenza di fatti di particolare tenuità.

La ratio del reato di traffico di influenze illecite

La norma si pone l’obiettivo di tutelare la pubblica amministrazione dal traffico illecito diretto o indiretto delle pubbliche funzioni.

Il traffico di influenze illecite è un reato di pericolo perché anticipa fortemente la tutela. Esso si consuma infatti nel momento in cui si da il denaro o si accetta la promessa della remunerazione per corrompere poi il funzionario pubblico.

Traffico di influenze illecite: novità della legge Nordio

Il reato di traffico di influenze illecito è stato inserito nel codice penale dalla legge Severino n. 120/2012. La legge n. 3/2019, meglio nota come “spazza corrotti” ha modificato il testo dell’articolo 346 bis c.p. In entrambi i casi il testo presentava un contenuto fortemente repressivo.

La legge Nordio, nel modificare il testo dell’articolo 346 bis c.p ha invece limitato le fattispecie ai casi più gravi, tenuto conto delle osservazioni della dottrina e delle evoluzioni giurisprudenziali.

Art. 346 bis c.p: cosa cambia

La legge conserva l’ipotesi della mediazione ed elimina quella della millanteria. In pratica affinché si configuri il reato è necessario l’utilizzo effettivo delle relazioni tra il mediatore e il pubblico ufficiale, le stesse non dovranno quindi essere solo vantate. Le stesse dovranno essere reali, non solo affermate.

L’utilità alternativa al denaro che il faccendiere promette deve avere natura economica. Sono esclusi altri tipi di vantaggi.

L’atto di farsi dare o promettere denaro o altro può avere due finalità:

  • remunerare il PU per le sue funzioni;
  • realizzare un’altra mediazione illecita.

Elevato infine a un anno e sei mesi il minimo edittale della pena.

Il testo dell’articolo 346-bis c.p. dal 25 agosto 2024

Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, e’ punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. 

Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. 

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica.

La pena e’ aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio o una delle qualifiche di cui all’articolo 322-bis. 

La pena e’ altresì aumentata se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”. 

 

Vuoi approfondire? Leggi anche l’articolo “Legge Nordio: in vigore dal 25 agosto

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Processo penale telematico: nuove regole dal 30 settembre Processo penale telematico: dal 30 settembre in vigore le nuove specifiche tecniche per il deposito di atti e allegati

Dal 30 settembre efficaci le nuove specifiche tecniche

Novità in arrivo per il processo penale telematico. Emanate le specifiche tecniche previste dal comma 1 dell’art. 34 del DM n. 44/201, modificato dal DM n. 217/2023.

Il testo contiene 31 articoli, di questi gli articoli 15, 18, e 19 riguardano nello specifico il processo penale.

Processo penale telematico: requisiti dell’atto penale

L’articolo 15 delle specifiche tecniche prevede che l’atto penale da depositare in formato documento informatico debba essere in possesso di determinati requisiti. Esso deve essere:

  1. in formato PDF o PDF/A;
  2. privo di elementi attivi;
  3. il risultato della trasformazione di un documento testuale senza limiti per le operazioni di selezione e di copia di parti. Inammissibile la scansione di immagini;
  4. sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna;
  5. privo di protezione da password.

Per gli atti che le parti formano personalmente, se depositati come atto principale, è permessa la scansione di un documento analogico purché in bianco e nero e con una risoluzione pari a 200 DPI.

Il documento ha la struttura PAd-ES-BES o PAd-ES Part 3 o CAdES-BES.

Le firme digitali o elettroniche certificate vanno apposte nella modalità “firme elettroniche indipendenti” o parallele. Ogni soggetto deve quindi firmare il medesimo documento con propria chiave privata senza che rilevi l’ordine di apposizione.

Portale notizie di reato: trasmissione degli atti

Gli atti e i documenti da trasmettere in modalità telematica agli uffici del pubblico ministero da parte degli ufficiali e degli agenti della polizia giudiziaria relativi a notizie di reato avviene attraverso il PNR a cui si accede dall’indirizzo https://portalendr.giustizia.it/NdrWEB/home. 

L’art. 18 al comma 2 descrive la procedura di abilitazione dei referenti interni agli uffici del PM.

Il comma 3 descrive la procedura di abilitazione dei referenti del PNR degli uffici fonte.

Il comma 4 infine descrive la procedura di abilitazione degli operatori degli uffici fonte.

Gli atti in forma di documento informatico devono rispettare i requisiti sopra indicati nell’articolo 15, mentre gli allegati possono essere inviati nei formati indicati nell’articolo 16, validi anche per il processo civile.

Previsto un meccanismo di generazione della ricevuta di accettazione e la possibilità di visionare lo stato della comunicazione, come dettagliato dai commi 13 e 14 dell’articolo 18.

Trasmissione atti da parte di avvocati e praticanti

L’articolo 19 disciplina le modalità di trasmissione degli atti da parte dei soggetti abilitati esterni al procedimento penale. Devono intendersi come soggetti esterni coloro che sono iscritti al ReGIndE e che sono avvocati, praticanti a abilitati, avvocati di enti pubblici e funzionari di enti pubblici, questi ultimi limitatamente a coloro che appartengono all’Avvocatura di Stato.

Questi soggetti possono trasmettere gli atti in forma di documenti informatico (art. 15) e gli allegati nei formati indicati dall’articolo 16 mediante il PDP, a cui si accede dal seguente indirizzo https://pst.giustizia.it tramite l’area riservata.

La dimensione massima di ogni deposito relativa ad atti e allegati e di 60 MB per ogni file con un massimo di 600 MB per il deposito complessivo.

Processo penale telematico: esiti del deposito

Conclusa la trasmissione dell’atto nel rispetto dei requisiti indicati dai commi 3, 4, 5 e 6 di cui all’art. 19 il PDP, una volta conclusa la procedura, genera la ricevuta di accettazione del deposito, scaricabile in formato PDF e comunque a disposizione del difensore sul PDP.

Il difensore può verificare inoltre lo stato del deposito dalla sezione “consultazione depositi.”

Il deposito può restituire diversi esiti: inviato, in transito, accettato, in verifica, rifiutato, errore tecnico, in questi ultimi tre casi il sistema comunica che si è verificata un’anomalia bloccante.

Qualora sia necessario provvedere a un nuovo deposito il difensore viene informato tramite il messaggio di stato del deposito.

decreto carceri cosa prevede

Decreto carceri: in vigore la legge di conversione La legge di conversione del decreto carceri, che vuole rendere il carcere più umano e risolvere i problemi del sovraffollamento, è stata pubblicata in GU ed è in vigore dal 10 agosto 2024. Nel testo anche il rinvio del tribunale della famiglia

Decreto carceri: più agenti e misure per il sovraffollamento

La legge n. 112/2024 di conversione del decreto Carceri, dopo il sì definitivo della Camera sul ddl già approvato dal Senato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 10 agosto 2024.

Il testo prevede misure urgenti, soprattutto in ambito penitenziario e rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

Ecco le principali novità:

Assunzioni polizia penitenziaria

Il provvedimento prevede l’assunzione di 1000 unità (500 nel 2025 e 500 nel 2026) per rinforzare il corpo della polizia penitenziaria. Autorizza anche lo scorrimento delle graduatorie relative agli ultimi concorsi per funzionari e ispettori di polizia penitenziaria.

Incremento dei ruoli dirigenziali e indennità aggiuntiva

Il testo incrementa anche la dotazione organica dei dirigenti penitenziari. Nel corso dell’esame in Commissione è stata stabilita, con il nuovo articolo 2 bis, l’implementazione della dotazione organica del personale che fa parte della carriera dirigenziale penitenziaria del Ministero della Giustizia.

In sede referente è stato introdotto l’articolo 2 ter, che prevede un’indennità annua lorda, aggiuntiva per il personale del Comparto Funzioni Centrali dei ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Medici e istituti penitenziari

In base al nuovo art. 2 quater, i medici convenzionati che operano presso gli istituti penitenziari, fermo restando il rispetto degli accordi collettivi nazionali per quanto riguarda il servizio minimo in carcere, possono svolgere anche un altro incarico per il SSN, fino al completamento delle 38 ore a settimana.

Il nuovo art. 2 quinquies permette invece alle aziende e agli enti del SSN di avviare procedure concorsuali entro il 31 dicembre 2026 per assumere medici da destinare agli istituti penitenziari, stabilendo regole meno rigide di partecipazione.

Dati sanitari dei detenuti

Il nuovo articolo 6 bis prevede che il Ministero della Giustizia e quello della Salute condividano i dati sanitari dei detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze.

Misure per un “carcere più umano”

Durante l’esame in Commissione l’introduzione del nuovo art. 4 bis ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, per affrontare il grave problema del sovraffollamento.

Strutture residenziali

Il decreto istituisce inoltre un elenco di strutture residenziali in grado di accogliere i detenuti che devono reinserirsi socialmente una volta scontata la pena e che sono privi di abitazione e condizioni sociali, economiche e di salute in grado di consentirgli un sostentamento.

Colloqui telefonici

Il testo interviene sui benefici e sui trattamenti previsti per i detenuti. Un regolamento dovrà disciplinare l’incremento delle telefonate settimanali e mensili concesse. Nel frattempo si possono autorizzare colloqui telefonici in misura superiore a due al mese.

Reinserimento in società

Il decreto dedica particolare attenzione al reinserimento dei detenuti in società. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, prevede che il PM, prima di emettere l’ordine di esecuzione e dopo aver verificato l’esistenza di periodi di custodia cautelare o pena fungibile, trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza se il condannato ha 70 anni o più e se la pena residua che lo stesso deve espiare, tenuto conto delle detrazioni per la liberazione anticipata, è compresa tra i 2 e i 4 anni. Il tutto per disporre la detenzione domiciliare fino alla concessione di misure alternative. Procedura similare è prevista per i detenuti che si trovano agli arresti domiciliari per gravissime condizioni di salute.

Liberazione anticipata e benefici premiali

Il PM sarà tenuto a indicare nel dettaglio, all’interno dell’ordine di esecuzione della pena, le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. In questo modo il detenuto ha subito contezza del termine finale della pena da scontare. Nello stesso provvedimento il pm deve avvisare il condannato che la mancata partecipazione al processo di rieducazione comporterà la non applicazione delle detrazioni.

Il magistrato di sorveglianza sarà obbligato a verificare la presenza dei requisiti necessari per la concessione dei benefici premiali (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare o analoghi).

Servizio di volontariato

In sede di esame in Commissione è stato introdotto anche il nuovo art. 10 bis che prevede per il condannato che non offra garanzie di reinserimento lavorativo, la possibilità di svolgere un servizio di volontariato o di utilità sociale senza remunerazione.

Minori e tossicodipendenti nelle comunità

I minori e i tossicodipendenti verranno trasferiti dalle carceri alle comunità sia per porre rimedio al sovraffollamento carcerario che perché necessitano di cure particolari.

Niente giustizia riparativa al 41-bis

Per i detenuti  al 41 bis, il carcere destinato a terroristi e mafiosi, infine, nessun accesso alla giustizia riparativa.

Allegati

Come cambia il processo in Cassazione La legge di conversione del dl Infrastrutture che prevede interventi urgenti di interesse strategico e modifiche al processo penale è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 21 agosto 2024

Dl Infrastrutture, in vigore la legge che cambia il processo in Cassazione

Ecco come cambia il processo in Cassazione. Il decreto legge n. 89/2024 (recante disposizioni urgenti per le infrastrutture, gli investimenti di interesse strategico, il processo penale e lo sport) approvato dal Governo il 24 giugno scorso è stato convertito in legge il 5 agosto 2024 e la relativa legge di conversione n. 120/2024 e il testo coordinato sono stati pubblicati in Gazzetta il 20 agosto per entrare in vigore il 21 agosto 2024.

Vai al dossier della Camera sul Dl Infrastrutture

Ecco le principali novità:

Processo penale più efficiente

La nuova legge interviene sugli articoli 610 “Atti preliminari” e 611 “Procedimento” del codice di procedura penale per rendere il processo penale in Cassazione più efficiente, prevedendone l’applicazione ai ricorsi che verranno presentati dopo il 30 giugno 2024.

Stop alle udienze pubbliche

La prima modifica riguarda gli atti preliminari del ricorso in Cassazione e in particolare il comma 5 dell’articolo 610 c.p.c che in base alla nuova formulazione assume il seguente tenore: “Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dellarticolo 611”.

Stop quindi alle udienze pubbliche in questa fase del giudizio, il ricorso in Cassazione sarà deciso in Camera di Consiglio senza le parti e non più in udienza, fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 611 c.p.c

Termini ridotti

Dopo questo nuovo periodo il provvedimento aggiunge il seguente “Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima delludienza.”  Nei procedimenti da trattare in camera di consiglio il termine viene portato ad almeno 20 giorni prima dell’udienza.

Camera di consiglio

La modifica che interviene sull’art. 611 c.p.p che si occupa del procedimento in Camera di Consiglio, prevede invece l’aggiunta al comma 1 del periodo in grassetto: “La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare memorie di replica a tre giorni.” Ridotti quindi anche i termini per la presentazione di motivi nuovi e memorie.

Richieste irrevocabili

Il primo periodo del comma 1 ter è invece sostituito dal seguente: “Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127”.

Con questa modifica si riducono invece i termini per la richiesta di trattazione in pubblica udienza o per la richiesta di trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi previsti dal comma 1 bis alle lettere a) e b).

Soppresso infine il comma 1-quinquies che prevede i termini per la notifica o la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza nei procedimenti da trattare in Camera di Consiglio.

Infrastrutture di interesse strategico e sport

Quanto alle infrastrutture, il testo prevede diversi interventi sui settori di carattere strategico.

Si provvede a disciplinare l’aggiornamento dei piani economici e finanziari per le concessioni autostradali, si vuole garantire l’operatività tempestiva alla società che si occupa della costruzione del ponte sullo stretto di Messina, si razionalizzano compiti e funzioni dei commissari straordinari. Il decreto vuole dare un nuovo impulso al completamento delle opere della rete transeuropea dei trasporti, consentire l’avvio della operatività dell’Autorità per la laguna di Venezia, assicurare la realizzazione e il completamento delle opere stradali, idriche e delle ferrovie regionali, s accelerare gli interventi di bonifica nel sito di Cogoleto Stoppani, intervenire in materia di reperimento e stoccaggio della CO2 istituendo un comitato ad hoc, sostenere gli interventi strutturali della regione Liguria e il completamento del Polo universitario di Ingegneria e rafforza infine l’operatività della fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e dei teatri di Bari.

Il titolo II contiene le norme sugli investimenti di interesse strategico rappresentanti dagli investimenti nel Continente africano, dall’attuazione del Piano Mattei e dalla internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per quanto riguarda, infine, lo sport la nuova legge prevede la proroga di un anno della soppressione del vincolo relativo ai tesseramenti giovanili.

Allegati

pec efficace ufficio chiuso

Pec efficace anche se l’ufficio è chiuso La Cassazione chiarisce che l'invio via pec si considera efficace anche se l'ufficio è chiuso in base alla data di ricezione

Deposito telematico

Anche se l’ufficio è chiuso, l’invio via pec è da considerarsi efficace in base alla data di ricezione entro le 24 ore dalla scadenza, mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un termine perentorio, occorre tenere conto della conoscenza effettiva dell’atto che avviene nell’orario di apertura dell’ufficio al pubblico. Lo ha chiarito la seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 28067/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza di primo grado ritenendo superato il termine per il deposito della stessa.

L’imputato adiva la Cassazione denunciando, tra l’altro, inosservanza della legge processuale prevista a pena di decadenza (art. 606, comma 1, lett. c, ni riferimento agli artt. 585, comma 1, lett. a, cod. proc. pen. e 87 bis, comma 1, ultima parte del d.lgs. 150/2022), per avere la Corte di merito stimato intempestiva l’impugnazione della sentenza di primo grado, nonostante l’atto di appello fosse stato trasmesso a mezzo p.e.c., come consentito dall’art. 87 bis, cit., e pervenuto presso la Cancelleria del giudice a quo entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile per il deposito dell’impugnazione.

Il processo telematico

Per gli Ermellini, il ricorso è ammissibile e fondato giacchè iI giudice dell’impugnazione non ha tenuto conto del fatto che l’atto era stato trasmesso tempestivamente (a normativa vigente) dal difensore dell’imputato. Il processo telematico (non ancora completamente attuato), proseguono dalla S.C. “trova però già nella legislazione d’urgenza legata ai recenti eventi pandemici il suo archetipo attuativo: cessata l’efficacia della normativa emergenziale al 31 dicembre 2022, il legislatore è intervenuto con la legge 03 dicembre 2022, n. 199 (di conversione del d.l. n. 162/2022), introducendo il comma 6 -bis all’art. 87 d.lgs. n. 150/2022 che riproduce in sostanza la vecchia disciplina emergenziale sul deposito telematico degli atti e prevede che il deposito di essi si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento”. Per cui, “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”. E allo stato, “questa è la disciplina in vigore per li deposito degli atti, fino a quando non diventeranno concretamente operative le nuove disposizioni del processo penale telematico. L’art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022, a sua volta introdotto dall’art. 5 quinquies della legge n. 199/2022, al comma 1, stabilisce – infatti – che, fino a quando non diventeranno operative le disposizioni sul processo penale telematico ovvero fino a quando, prima di quel momento, non divenga possibile l’inserimento di quello specifico atto nel portale telematico (nel qual caso non sarà più consentito li deposito a mezzo PEC), per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell’articolo 87, comma 6 – bis, e da quelli individuati ai sensi del comma 6 – ter della medesima disposizione, «è consentito li deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Irrilevante l’apertura al pubblico dell’ufficio

L’appello spedito a mezzo p.e.c. entro le ore 24.00 del quindicesimo giorno dal deposito della sentenza accompagnata da motivazione contestuale doveva, pertanto, certamente ritenersi tempestivo. Nè può, in contrario, proseguono i giudici, ” esser considerato l’unico arresto in apparente, ma non effettivo, dissenso (Sez. 6, n. 8599 del 2/12/2021, dep. 2022, Rv. 283105, in motiv., sub 5. e 5.2., pag. 5 e ss.), che sembrerebbe valorizzare l’orario di apertura al pubblico dell’ufficio giudiziario”. Tale ultima sentenza si riferisce, infatti, “alla differente fattispecie processuale che mette in stretta sequenza connettiva, li termine utile per l’impugnazione incidentale nel sub-procedimento cautelare (le ore 24.00 del giorno ultimo) e il dies a quo di decorrenza del termine indicato al comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen. Tale ultima pronuncia prende in considerazione, infatti, ai fini della tempestività dell’istanza di riesame, la data e l’ora di ricezione telematica (le ore 24 dell’ultimo giorno utile dei dieci concessi dal legislatore processuale); mentre ai fini della tempestività della trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente (5 giorni) individua il dies a quo, in quello in cui la Cancelleria (secondo l’orario di apertura al pubblico, che solo in questo caso riprende a spiegare effetti procedimentali) ha preso lettura della comunicazione, inviata a mezzo p.e.c. in ora di chiusura al pubblico dell’ufficio”.

Si tratta di profili, si legge in motivazione, “che nell’ambito del sistema normativo delineato dal legislatore processuale sono connessi e complementari, nel senso che al deposito tempestivo della richiesta nella cancelleria del Tribunale consegue, di solito, la conoscenza dell’impugnazione da parte dello stesso Tribunale e, quindi, il decorso del termine previsto per la trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente; momenti che, tuttavia, possono non coincidere a seguito della entrata in vigore della legge n. 176 del 2020 (il cui principio ha poi trovato conferma nella disciplina attualmente vigente), giacché è possibile che l’istanza sia utilmente ‘trasmessa’ in un dato giorno (entro le ore 24, in orario di chiusura al pubblico dell’ufficio giudiziario), ma che della stessa l’ufficio venga obiettivamente a conoscenza il giorno successivo (quando l’ufficio si apre al rapporto col pubblico)”.

In tali casi, dunque, “il termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non può che decorrere da quando l’atto che innesca la sequenza procedimentale che il legislatore intende sollecitare è ‘conosciuto’, cioè dal momento in cui l’ufficio viene a conoscenza della richiesta di riesame. Diversamente, la reale estensione del termine perentorio (5 giorni) del sub-procedimento dipenderebbe da variabili rimesse alla mera volontà dell’istante, che trasmettendo l’atto per via telematica in orario in cui certamente l’ufficio non è aperto al pubblico (ad es. oltre le ore 20) provocherebbe la riduzione di un giorno del termine perentorio previsto dalla legge per la tempestiva trasmissione degli atti”.

Il principio di diritto

Il principio che orienta la fattispecie, conclude quindi la Cassazione, può pertanto essere declinato nei seguenti termini: “L’estensione oraria (ore 24.00) del termine utile per proporre impugnazione per via telematica spiega effetti in relazione all’attività ricettiva dell’amministrazione; mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un dato termine perentorio, per effetto della tempestiva presentazione dell’istanza, non può che tenersi conto della conoscenza effettiva dell’atto che innesca il procedimento e, dunque, dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio”.
Da qui, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

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