Il reato di violenza sessuale
Lâart. 609bis, sotto la generica rubrica ÂŤviolenza sessualeÂť, prevede e punisce come reato:
- il fatto di chi, con violenza o minaccia, o mediante abuso di autoritĂ , costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali; il fatto di chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferioritĂ fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
- il fatto di chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali, traendo in inganno la persona offesa, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
In forza di tale previsione è possibile distinguere due tipi di violenza sessuale: una violenza sessuale posta in essere mediante azione diretta (violenza, minaccia, abuso di autorità ) sulla persona offesa; e una violenza sessuale posta in essere mediante induzione (comma 2).
Il problema della responsabilitĂ per omissione
Occorre ricordare, quanto alla possibilitĂ di rispondere di violenza sessuale per omissione, che la giurisprudenza ha giustamente affermato che il genitore esercente la potestĂ sui figli minori, come tale investito, a norma dellâart. 147 c.c., di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dellâintegritĂ psico-fisica dei medesimi, risponde, a titolo di causalitĂ omissiva di cui allâart. 40 cpv. c.p., degli atti di violenza sessuale compiuti dal coniuge sui figli allorquando sussistano le condizioni rappresentate:
a) dalla conoscenza o conoscibilitĂ dellâevento;
b) dalla conoscenza o riconoscibilitĂ dellâazione doverosa incombente sul ÂŤgaranteÂť;
c) dalla possibilitĂ oggettiva di impedire lâevento (in tal senso, Cass. 30-1-2008, n. 4730). Si è, per converso, escluso che sussista tale obbligo di garanzia a carico dei nonni (Cass. 27-9-2011, n. 34900).
Violenza sessuale mediante azione diretta: soggetto attivo e passivo
Il comma 1 dellâart. 609bis prevede il fatto di chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autoritĂ , costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
Soggetto attivo del reato può essere ÂŤchiunqueÂť: si tratta, pertanto, di un reato comune, ed in particolare, di un reato ad esecuzione personale, in quanto lâautore principale è sempre il soggetto che compie lâatto sessuale con la vittima; nel caso in cui la violenza, minaccia od abuso di autoritĂ siano opera di un terzo sarĂ configurabile un concorso di persona nel reato (artt. 110 e ss. c.p.).
In ordine al soggetto passivo, il legislatore non opera alcuna restrizione, nÊ di sesso, nÊ di altra natura: può trattarsi di qualunque essere umano, uomo o donna.
Nellâambito dei soggetti tutelati, rientrano anche:
- il coniuge: il concetto di violenza sessuale, come giĂ quello di violenza carnale, non è, infatti, suscettibile di connotazioni diverse tra estranei o nei rapporti tra coniugi, godendo, senza alcun dubbio, anche il coniuge del diritto (insopprimibile ed inviolabile) di disporre liberamente del proprio corpo a fini sessuali. Ed in tal senso si è espressa, in modo constante la giurisprudenza della Cassazione, sostenendo, fra lâaltro che, in tema di violenza sessuale, lâesistenza di un rapporto di ÂŤconiugioÂť non esclude, di per sĂŠ, la configurabilitĂ del reato, dovendo ritenersi, alla luce di quanto stabilito dallâart. 143 c.c. in materia di diritti e doveri dei coniugi, che non sussista un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali come mero sfogo dellâistinto sessuale anche contro la volontĂ dellâaltro coniuge, tanto piĂš in un contesto di sopraffazioni, infedeltĂ e violenze, ponendosi queste in contrapposizione rispetto ai sentimenti di rispetto, affiatamento e vicendevole aiuto e solidarietĂ fra le cui espressioni deve ricomprendersi anche il rapporto sessuale (Cass. 8-10-2007, n. 36962). E ciò anche quando è provato che lâautore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali;
- il soggetto dedito alla prostituzione: le condizioni e le qualitĂ personali della persona offesa non legittimano la riconduzione del fatto allâipotesi di minore gravitĂ , in quanto il diritto al rispetto della libertĂ sessuale trova eguale riconoscimento nei confronti di chiunque, a prescindere dal motivo e dal numero dei rapporti usualmente intrattenuti (Cass. 18-1-2017, n. 2469).
Soggetto passivo può essere unicamente un essere umano vivente: ne consegue che:
- la cd. necrofilia (sfogo di libidine commesso con cadaveri) esula dallâambito dellâart. 609bis, e può assumere rilievo penale unicamente nellâambito della fattispecie prevista dallâart. 410 c.p. (vilipendio di cadavere);
- i rapporti sessuali con animali esulano, a loro volta, dallâambito dellâart. 609bis e possono assumere rilievo penale unicamente nellâambito delle fattispecie previste dagli artt. 638 (uccisione o danneggiamento di animali altrui) e 544ter c.p. (maltrattamento di animali).
Lâelemento oggettivo: violenza, minaccia od abuso
Sotto il profilo oggettivo assumono rilievo la violenza, minaccia od abuso di autoritĂ poste in essere per costringere la vittima al compimento di un atto sessuale non voluto.
La violenza consiste nellâesercizio di una qualsiasi forza fisica, anche se non spinta al massimo della brutalitĂ ed irresistibilitĂ , diretta a vincere la resistenza opposta della vittima. Ed infatti integra il requisito oggettivo della condotta violenta non solo quella che pone il soggetto passivo nellâimpossibilitĂ di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dellâazione criminosa, cosĂŹ venendosi a superare la contraria volontĂ del soggetto passivo (Cass. 14-7-2010, n. 27273). In altri termini la condotta vietata consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso.
La minaccia, a sua volta, consiste nel manifestato proposito di arrecare un danno alla vittima, ad altre persone o alle cose, al fine di coartare la volontĂ della vittima e farle accettare lâatto voluto di mira dallâagente.
Rientra nella nozione di minaccia impiegata dallâart. 609bis c.p. anche la prospettazione, da parte del soggetto agente, di esercitare un diritto quando essa sia finalizzata al conseguimento dellâulteriore vantaggio di tipo sessuale, non giuridicamente tutelato, ottenendosi per tale via un profitto ingiusto e contra ius.
Come visto lâabuso di autoritĂ costituisce, unitamente alla violenza o alla minaccia, una delle modalitĂ di consumazione del reato previsto dallâart. 609bis c.p. Ad avviso della Cassazione, esso presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che lâagente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali (Cass. Sez. Un. 1-10-2020, n. 27326). Naturalmente, perchĂŠ possa parlarsi di abuso di autoritĂ , occorre che lâatto sessuale non sia stato voluto dalla vittima ma che lâabusante abbia approfittato della propria condizione di superioritĂ per indurre la persona offesa a subire. In altri termini lâabuso di autoritĂ deve determinare una vera e propria costrizione al compimento degli atti sessuali.
Si pone anche il problema di stabilire se la relazione di dipendenza tra il soggetto agente e la vittima debba essere attuale (sussistente, cioè, al momento dellâatto sessuale), o possa essere anche cessata, purchĂŠ si protragga il timore riverenziale provocato dalla stessa relazione: se, tuttavia, si ha riguardo agli elementi che costituiscono la fattispecie oggetto di incriminazione, ed alla ratio della stessa che va individuata nel possibile timore riverenziale che può ingenerarsi nella vittima, risulta chiaro che la relazione di dipendenza non attuale non assumerĂ alcun rilievo, soltanto se essa sia venuta meno anche di fatto, se, cioè, il soggetto agente non conserva alcun potere concreto sulla vittima.
Per quanto riguarda il problema della necessitĂ , o meno, che la relazione di dipendenza che origina lâabuso intercorra tra lâautore del fatto e la vittima, si impone il rilievo che ben potrĂ , in concreto, lâabuso essere posto in essere per favorire il compimento di un atto sessuale tra la vittima ed un terzo: rileva, pertanto, non soltanto la relazione diretta (quella intercorrente tra il soggetto agente e la persona offesa), ma anche quella indiretta (sussistendo, in tal caso, una ipotesi di concorso di persone nel reato, tra il soggetto che abusa della propria autoritĂ , ed il terzo che compie lâatto sessuale non voluto dalla vittima).
Ă opportuno precisare che, qualora lâabuso sia rivolto in danno di persona sottoposta a limitazioni della libertĂ personale, si versa nellâipotesi aggravata di cui allâart. 609ter, comma 1, n. 4).
Sia la violenza, sia la minaccia, sia lâabuso di autoritĂ devono essere tali da poter concretamente coartare la volontĂ della persona offesa.
In particolare, la violenza e la minaccia devono essere poste in essere con connotati che ne esteriorizzino la gravitĂ e la serietĂ . LâidoneitĂ della violenza o della minaccia a coartare la volontĂ della vittima nei reati di violenza sessuale vanno esaminate non secondo criteri astratti aprioristici, ma tenendosi conto, in concreto, di ogni circostanza oggettiva (di tempo, di luogo) e soggettiva (personalitĂ del soggetto attivo e della vittima); sicchĂŠ anche una semplice minaccia o intimidazione psicologica, attuata in situazioni particolari tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, può esser sufficiente ad integrare, senza necessitĂ di protrazione nel corso della successiva fase della condotta tipica dei reati in esame, gli estremi della violenza.
Lâatto sessuale
Il concetto di ÂŤatto sessualeÂť costituisce una delle piĂš importanti innovazioni apportate dalla nuova normativa.
La precedente disciplina era incentrata sulla distinzione tra:
- congiunzione carnale, che si ha ogni qualvolta avvenga una qualsiasi compenetrazione, anche abnorme, tra organi genitali, ovvero tra un organo genitale ed un altro organo: la nozione ricomprendeva sia il coito anale che quello orale;
- atti di libidine violenti, che si concretizzano in ogni forma di contatto corporeo (pur non inerente agli organi genitali, o a parti nude del corpo), diversa della penetrazione, che, per le modalitĂ con cui si svolge, costituisca inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale.
Proprio in virtĂš di tale distinzione, ai fini della qualificazione giuridica dei fatti di volta in volta oggetto di indagine, assumeva in passato decisivo rilievo lâaccertamento della qualitĂ dellâatto compiuto (e cioè il quantum di penetrazione, la completa congiunzione carnale, o lâatto idoneo a procurare una diversa soddisfazione sessuale): ciò giustificava odiose indagini (ed odiose domande, poste da taluni difensori con spregio assoluto di ogni etica professionale, e piĂš ancora morale), che costringevano le vittime a raccontare (e ricordare) la sequenza di oltraggiose infamie subĂŹte; il processo si risolveva, spesso, in un ulteriore supplizio per la vittima, tratta al cospetto di imputati talora arroganti e sprezzanti (le cronache processuali sono piene di simili episodi).
Avuto riguardo alla diversa oggettivitĂ giuridica del reato di violenza sessuale (che, nella nuova configurazione, offende la libertĂ individuale della vittima), oltre che allâesigenza di toglier rilievo a distinzioni atte ad offendere ulteriormente la dignitĂ della vittima, il legislatore ha incentrato il disvalore della nuova fattispecie nel compimento di un atto sessuale non voluto dalla vittima.
Il concetto di atto sessuale, definibile come ogni condotta che si concretizza nella manifestazione esteriore di un istinto sessuale ricomprende, pertanto, sia la congiunzione carnale (ed, in particolare, ogni forma, anche abnorme, di coito) sia gli atti di libidine, e, quindi, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorchĂŠ fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero in un coinvolgimento della corporeitĂ sessuale di questâultimo, sia idoneo e finalizzato a porne in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale.
La fattispecie criminosa di violenza sessuale è integrata, pur in assenza di un contatto fisico diretto con la vittima, quando gli ÂŤatti sessualiÂť, quali definiti dallâart. 609bis c.p., coinvolgano oggettivamente la corporeitĂ sessuale della persona offesa e siano finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertĂ individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale. In giurisprudenza si è giunti ad affermare che, in tema di reati contro la libertĂ sessuale, gli atti sessuali ÂŤnon convenzionaliÂť possono essere ritenuti leciti nella misura in cui si svolgano in base ad un consenso dei partecipanti che deve protrarsi per tutta la durata degli stessi (Cass. 26-11-2021, n. 43611). Quanto al bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui lâazione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertĂ sessuale della vittima (Cass. 23-10-2019, n. 43423).
In conclusione, dunque, ed alla luce anche della piĂš recente giurisprudenza, possiamo affermare che devono includersi nella nozione di atti sessuali tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene e che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualitĂ del soggetto passivo e ad entrare nella sua sfera sessuale con modalitĂ connotate dalla costrizione, sostituzione di persona, abuso di condizioni di inferioritĂ fisica o psichica; tra questi vanno ricompresi i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica: la prevalenza dellâaspetto oggettivo e non di quello soggettivo, come avveniva in precedenza per gli atti di libidine, discende dalla differente collocazione e dal diverso bene giuridico protetto dai reati introdotti dalla L. 15-2-1996, n. 66 rispetto a quelli in precedenza contemplati dal codice del 1930.
Non è richiesto, per la sussistenza del reato, che gli atti sessuali siano compiuti dallâautore della violenza: come ha precisato la giurisprudenza, infatti, la condotta vietata dallâart. 609bis comprende, se connotata da costrizione, sia ogni forma di congiunzione carnale tra autore del reato e soggetto passivo, sia qualsiasi atto che offende in modo diretto ed univoco la libertĂ sessuale della vittima (requisito oggettivo), attraverso lâeccitazione dellâagente e lâeventuale soddisfacimento del suo istinto sessuale (requisito soggettivo); di conseguenza, il delitto di violenza sessuale è configurabile non solo nei casi in cui avvenga un contatto fisico diretto tra soggetto attivo e soggetto passivo, ma anche quando il soggetto attivo, al fine del soddisfacimento del proprio piacere sessuale, costringa due soggetti diversi, da considerare entrambi soggetti passivi, a compiere o subire atti sessuali solo tra loro.
Il dissenso della persona offesa
Ă opportuno ricordare che il dissenso della persona offesa al compimento dellâatto sessuale è elemento costitutivo del reato di cui allâart. 609bis (al pari di quelli dianzi indicati). Ciò significa che il consenso del partner non assume il ruolo di elemento scriminante ex art. 50 c.p. ma esclude la tipicitĂ del fatto. In altre parole lâatto sessuale con persona consenziente fa si che il soggetto agente non compia una violenza sessuale scriminata, ma tenga una condotta diversa da quella tipica.
Al riguardo, la giurisprudenza ha ricordato che il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dellâintero rapporto senza soluzione di continuitĂ , con la conseguenza che integra il reato di cui allâart. 609bis c.p. la prosecuzione di un rapporto nel caso in cui il consenso originariamente prestato venga meno in itinere a seguito di un ripensamento o della non condivisione delle forme o modalitĂ di consumazione dellâamplesso (in tal senso, Cass. 21-1-2008, n. 4532).
Ad avviso della Cassazione, in tema di violenza sessuale, la sussistenza del consenso allâatto, che esclude, come detto, la configurabilitĂ del reato, deve essere verificata in relazione al momento del compimento dellâatto stesso, sicchĂŠ è irrilevante lâantecedente condotta provocatoria tenuta dalla persona offesa (Cass. 4-3-2022, n. 7873). Si è, altresĂŹ, affermato che lâassunzione, da parte della persona offesa, di sostanze alcoliche o stupefacenti in quantitĂ tali da comportare lâassoluta incapacitĂ di esprimere il proprio consenso, rende configurabile, nei suoi confronti, il delitto di violenza sessuale per costrizione, di cui allâart. 609bis, comma 1, c.p. e non quello di violenza sessuale per induzione di cui allâart. 609bis, comma 2, c.p. (Cass. 4-3-2022, n. 7873).
Lâelemento soggettivo
Sotto il profilo soggettivo è richiesto il dolo generico caratterizzato dalla volontĂ dellâatto sessuale, con la coscienza di tutti gli elementi essenziali del fatto.
Tra questi, come si è detto, rientra (oltre che la violenza sessuale, la minaccia, lâabuso di autoritĂ ) il dissenso della persona offesa: ne consegue che lâerroneo convincimento che il partner sia consenziente, integrando gli estremi dellâerrore sul fatto che costituisce reato, ex art. 47, comma 1, esclude la punibilitĂ dellâagente in quanto esclude il dolo necessario. Ciò vale anche nellâipotesi in cui lâerrore sul consenso della persona offesa sia determinato da colpa, in quanto il reato di cui allâart. 609bis non è previsto dalla legge come delitto colposo.
Qualora, invece, il soggetto agente ignori lâesistenza del consenso del partner e, dunque, creda per errore di compiere una violenza sessuale, trova applicazione lâart. 49, comma 1, c.p. (cd. reato putativo) in forza del quale è esclusa la punibilitĂ per il reato erroneamente ritenuto esistente, fermo restando la punibilitĂ per un diverso reato (ad esempio, violenza o minaccia) del quale concorrano gli elementi costitutivi (art. 49, comma 3).
In giurisprudenza si afferma che, in tema di violenza sessuale, costituendo il dissenso della persona offesa un elemento costitutivo, sia pure implicito, della fattispecie, necessario perchĂŠ sussista la condotta tipica, lâerrore su di esso rileva come errore di fatto, sicchĂŠ incombe sullâimputato lâonere di fornire la prova del relativo assunto (Cass. 31-1-2022, n. 33326).
Consumazione e tentativo
Ai fini della consumazione del reato di cui allâart. 609bis è sufficiente il compimento dellâatto sessuale come prima inteso, risultando priva di rilievo lâeventuale concupiscenza (emissio seminis) o soddisfazione che può derivarne.
Nessun dubbio può nutrirsi sulla configurabilitĂ del tentativo: è opportuno tener presente, però, che, a seguito dellâunificazione, nel piĂš ampio concetto di atto sessuale, della violenza carnale e degli atti di libidine violenti, sarĂ configurabile il tentativo in presenza di atti che, pur diretti allâatto sessuale, non si concretizzino in alcun approccio fisico, pur se sia stata giĂ posta in essere la violenza, la minaccia o lâabuso di autoritĂ .
In tal senso, in giurisprudenza si afferma che è configurabile il tentativo del reato previsto dallâart. 609bis c.p. in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poichĂŠ lâagente non ne ha raggiunto le zone genitali o erogene ovvero non ha provocato un contatto tra le proprie parti intime e la vittima (Cass. 24-3-2022, n. 10626). Si è ritenuto il tentativo, altresĂŹ, nella condotta di colui che, allâesplicito rifiuto di consumare un rapporto sessuale, reitera piĂš volte la richiesta ponendo in essere violenze o minacce che, sebbene non comportino una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, siano comunque chiaramente finalizzate a vincerne la resistenza (Cass. 14-10-2015, n. 41214). In sintesi, ai fini dellâintegrazione del tentativo di reati a sfondo sessuale sono necessarie, sul piano soggettivo, lâintenzione dellâagente di raggiungere lâappagamento dei propri istinti sessuali e, sul piano oggettivo, lâidoneitĂ della condotta a violare la libertĂ di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale, anche, eventualmente, ma non necessariamente, attraverso contatti fisici, sia pure di tipo superficiale e-o fugace, non indirizzati verso zone cd. erogene (Cass. 1-6-2011, n. 21840).
La violenza sessuale presunta
Il comma 2 dellâart. 609bis disciplina due fattispecie di violenza sessuale mediante induzione (o, come talvolta è chiamata nella prassi, violenza sessuale presunta), poste in essere (non secondo generici e non definiti comportamenti idonei a suggestionare la volontĂ della vittima, bensĂŹ) secondo modalitĂ specificamente descritte e che sono:
- lâabuso di condizioni di inferioritĂ fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
- lâaver tratto in inganno la persona offesa, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
In entrambe le figure la persona offesa consente allâatto sessuale, ma il suo consenso è viziato dallâinganno o dallâabuso che il soggetto agente compie giovandosi dello stato di inferioritĂ fisica o psichica della stessa persona offesa: in esse, quindi, il consenso si configura quale elemento strutturale della fattispecie criminosa, e non può essere conseguentemente valutato quale circostanza attenuante ai sensi dellâart. 62, n. 5) (concorso del fatto doloso della persona offesa).
Esaminiamo le due forme di induzione:
a) Lâabuso delle condizioni di inferioritĂ fisica o psichica della vittima
La prima delle due forme di induzione fa riferimento, con formulazione generica, ad una strumentalizzazione di condizioni di inferioritĂ fisica o psichica della persona offesa, da qualunque causa siano esse state cagionate, anche se si tratta di causa indipendente dal fatto del colpevole, purchĂŠ le stesse siano sussistenti al momento dellâatto sessuale: non sussisterĂ alcun reato nel caso di ÂŤintervalla insaniaeÂť, in cui cioè la persona offesa, pur fisicamente o psichicamente inferma, abbia riacquistato per intero il pieno possesso delle proprie capacitĂ fisiche e psichiche, prestando validamente il proprio consenso allâatto sessuale nel corso di un ÂŤlucido intervalloÂť.
In giurisprudenza si afferma che tra le condizioni di inferioritĂ psichica rilevanti a norma dellâart. 609bis, comma 2, n. 1), c.p. rientrano tutte quelle che siano tali da determinare una posizione vulnerabile della vittima, indipendentemente dallâesistenza di patologie mentali, comprese quelle determinate da credenze esoteriche in grado di suggestionare la persona offesa, delle quali lâagente approfitti spingendo o convincendo questâultima ad aderire ad atti sessuali che, diversamente, non avrebbe compiuto (Cass. 11-11-2020, n. 31512). Quanto allâinduzione, in particolare, si è affermato che essa si realizza anche quando, con unâopera di persuasione sottile e subdola, lâagente spinge, istiga o convince la persona che si trova in stato di inferioritĂ ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto (Cass. 3-6-2010, n. 20766).
Questo speciale stato non deve, tuttavia, assumere rilievo soltanto sotto un profilo astratto, ma va posto in necessario raffronto con la situazione di fatto concretamente esistente al momento dellâatto sessuale, con riferimento sia al contesto esterno nel quale i fatti sono inseriti (per accertare lâeventuale esistenza di modifiche intervenute nel tempo, che abbiano causato una positiva evoluzione della personalitĂ della vittima, eliminando la condizione di inferioritĂ psichica), sia alla persona del soggetto agente (onde accertare se questâultimo abbia, o meno, avuto consapevolezza dellâesistenza di una condizione di menomata resistenza della vittima).
In un esaustivo pronunciamento in materia, in sintesi, la Cassazione ha avuto modo di affermare che per la sussistenza del reato di cui allâart. 609bis, comma 2, n. 1), c.p., è necessario accertare che:
1) la condizione di inferioritĂ sussista al momento del fatto;
2) il consenso dellâatto sia viziato da tale condizione;
3) il vizio sia riscontrato caso per caso e non presunto, nĂŠ desunto esclusivamente dalla condizione patologica in cui si trovi la persona, quando non sia tale da escludere radicalmente, in base ad un accertamento, se necessario, fondato su basi scientifiche, la capacitĂ stessa di autodeterminarsi;
4) il consenso sia frutto dellâinduzione;
5) lâinduzione, a sua volta, sia stata posta in essere al fine di sfruttare la (e approfittare della) condizione di inferioritĂ per carpire un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato;
6) lâinduzione e la sua natura abusiva non si identifichino con lâatto sessuale, ma lo precedano (Cass. 23-11-2018, n. 52835).
Tra i casi di inferioritĂ fisiopsichica ben possono rientrare, secondo una consolidata giurisprudenza che la dottrina recente ritiene ancor oggi valida:
- lo stato di tossicodipendenza, in quanto il soggetto, pur di procurarsi gli stupefacenti, è disposto a qualsiasi azione, anche cedere il proprio corpo (Cass. 6173/1999);
- lâassunzione di psicofarmaci (cosiddetti tranquillanti), quando da esso derivi una sospensione della attenzione e dei poteri di controllo che renda il soggetto medesimo incapace di normale resistenza allâazione del colpevole ed a questâultimo consenta di commettere violenza carnale (Cass. 624/1996);
- lâassunzione di una quantitĂ di bevande alcoliche tale da determinare un evidente indebolimento psichico di cui era pienamente consapevole il soggetto attivo per essere stato presente allâassunzione delle bevande stesse (Cass. 39800/2016).
b) Lâinganno mediante sostituzione di persona
La fattispecie di cui al n. 2) dellâart. 609bis fa riferimento al caso, tradizionalmente discusso in dottrina, in cui il soggetto agente, attraverso lâimpiego di mezzi fraudolenti, si sostituisca alla persona in relazione alla quale soltanto la vittima avrebbe prestato il consenso allâatto sessuale (si pensi al caso di chi, avvalendosi dellâoscuritĂ , approfitti di una donna sostituendosi al di lei marito).
Si ritiene (AMBROSINI) che la ÂŤsostituzione di personaÂť di cui parla la norma è quella tipica prevista dallâart. 494; ne consegue che integra la fattispecie in esame lâattribuirsi falsamente la qualitĂ di ÂŤmedicoÂť per compiere atti lascivi su una donna.
Elemento soggettivo
Vale quanto detto per il comma 1 dellâart. 609bis. Va solo precisato che per le ipotesi in esame il soggetto deve essere consapevole della particolare condizione della vittima (per il n. 1) o deve volere lâinganno (per il n. 2).
Pena ed istituti processuali per le due figure di violenza sessuale
Per effetto dei correttivi al sistema sanzionatorio, dovuti alla L. 19-7-2019, n. 69 (cd. ÂŤCodice rossoÂť), la pena è la reclusione da sei a dodici anni (ante riforma era la reclusione da cinque a dieci anni), pena diminuita in misura non eccedente i due terzi nei casi di minore gravitĂ . Lâarresto in flagranza è obbligatorio (facoltativo nelle ipotesi di minore gravitĂ ), ed il fermo consentito. Si procede a querela della persona offesa (dâufficio nei casi previsti dallâart. 609septies, comma 4, nonchĂŠ in presenza delle aggravanti di cui agli artt. 270bis.1, comma 1 e 416bis.1, comma 1 c.p.) e la competenza spetta al Tribunale collegiale.
Lâattenuante di cui allâart. 609bis, comma 3
La circostanza attenuante prevista nel comma 3 dellâart. 609bis consente, nei casi di minore gravitĂ , una riduzione della pena da applicare, nella misura massima di due terzi.
Si tratta di una circostanza attenuante:
- speciale (in quanto prevista solo per i reati in oggetto);
- oggettiva (concernendo casi di minore gravitĂ , da individuare avendo riguardo alla natura, lâoggetto, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo ed ogni altra modalitĂ dellâazione, od anche la gravitĂ del danno: essa, come tale, ai sensi dellâart. 118 c.p., in caso di concorso di persona nel reato, risulterĂ applicabile a tutti i concorrenti per il solo fatto di sussistere);
- obbligatoria (sussistendo i presupposti per la sua concessione, il giudice dovrĂ necessariamente operare la diminuzione di pena, conservando ampia discrezionalitĂ soltanto in ordine alla quantificazione della diminuzione, da un terzo a due terzi);
- ad effetto speciale (ex art. 63, comma 3, c.p.), comportando una diminuzione di pena in misura superiore ad un terzo della pena base;
- ad efficacia comune (operando la diminuzione rispetto alla pena base);
- compatibile con il tentativo (art. 56 c.p.): in proposito, si è affermato in giurisprudenza che, ai fini della configurabilitĂ della circostanza attenuante del fatto di minore gravitĂ nel tentativo di violenza sessuale, non si deve tenere conto dellâazione effettivamente compiuta dallâagente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontĂ (Cass. 18-4-2017, n. 18793).
Il vero problema che pone lâattenuante in esame è quello di dare un contenuto concreto allâespressione ÂŤminore gravitĂ Âť usata dal legislatore e, quindi, di individuare parametri oggettivi cui ancorare la maggiore o minore gravitĂ del fatto.
In concreto, ed alla luce dellâesperienza dottrinaria e giurisprudenziale maturata con riguardo ad analoghe figure, può ritenersi che ai fini della concessione dellâattenuante per i ÂŤcasi di minore gravitĂ Âť dovrĂ considerarsi il nocumento che il reato, ove consumato, avrebbe cagionato alla persona offesa, in rapporto allâoggetto materiale del reato stesso, ed al grado di compressione dellâaltrui libertĂ personale (sessuale) che avrebbe caratterizzato il reato consumato, senza aver riguardo allâeffetto conseguente al mero fatto materiale del tentativo; ricorrono, quindi, gli estremi per lâapplicazione dellâattenuante in esame in tutti quei casi in cui, avuto riguardo ai mezzi, alle modalitĂ ed alle circostanze dellâazione, sia possibile ritenere che la libertĂ personale (sessuale) della vittima sia stata compressa in maniera meno grave (ad esempio, lâatto sessuale compiuto fruendo dellâiniziale consenso del partner nonostante la successiva ed immotivata revoca del consenso stesso).
PiĂš volte chiamata ad esprimersi in merito al senso da attribuire alla locuzione ÂŤminore gravitĂ Âť, la Cassazione ha avuto modo di affermare quanto segue: il riconoscimento della circostanza attenuante della minore gravitĂ del fatto non è impedito dalla commissione di una pluralitĂ di episodi illeciti in danno di diverse persone offese, la cui libertĂ sessuale sia stata compressa in maniera non grave (Cass. 20-6-2016, n. 25434); la mancanza di contatto fisico tra lâautore del reato e la vittima non è determinante ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravitĂ (Cass. 2-5-2013, n. 19033); non può essere concessa nellâipotesi di reato di violenza sessuale di gruppo di cui allâart. 609octies c.p., in quanto trattasi di attenuante specifica prevista soltanto per la violenza sessuale individuale ed essendo peraltro incompatibile logicamente con la maggiore gravitĂ di una violenza sessuale di gruppo (Cass. 15-11-2007, n. 42111); ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della ÂŤminore gravitĂ Âť non rileva la semplice assenza di un rapporto sessuale con penetrazione, in quanto è necessario valutare il fatto nella sua complessitĂ (Cass. 6-3-2009, n. 10085); lâattenuante di cui allâart. 609bis, ultimo comma, c.p. non può essere di per sĂŠ esclusa per la sussistenza di una o piĂš circostanze aggravanti, occorrendo in tal caso valutare se queste ultime, in relazione al bene giuridico tutelato, incidano sui parametri che rilevano ai fini dellâaccertamento della minore gravitĂ del fatto, costituiti dal grado di compressione della libertĂ sessuale subito dalla vittima e dalla consistenza del danno arrecatole (Cass. 19-2-2020, n. 6502); in tema di violenza sessuale, non è di ostacolo al riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravitĂ di cui allâart. 609bis, comma 3, c.p., il fatto che il reato sia commesso da un docente, allâinterno di un istituto scolastico, in danno di allievi, posto che lâabuso di autorità è giĂ stato considerato dal legislatore come elemento integrativo della fattispecie incriminatrice, nonchĂŠ ai fini della procedibilitĂ dâufficio del reato (Cass. 30-5-2023, n. 35303); in tema di violenza sessuale, il riconoscimento dellâattenuante della minore gravitĂ , nel caso di piĂš fatti in continuazione ai danni della medesima persona offesa minorenne, richiede che ogni singolo fatto sia inquadrato in una valutazione globale, posto che anche un fatto, ritenuto di modesta gravitĂ se valutato singolarmente, può, ove replicato, comportare un aggravamento di intensitĂ della lesione del bene giuridico cosĂŹ da comportare lâesclusione dellâattenuante speciale (Cass. 24-11-2022, n. 9308); in tema di reati sessuali, non ricorre lâattenuante della minore gravitĂ del fatto, di cui allâart. 609bis, comma 3, c.p., nel caso in cui la violenza sessuale sia perpetrata dal genitore ai danni del proprio figlio, trattandosi di condotta che, profanando gravemente la sfera sessuale della vittima, determina uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione propria della figura genitoriale (Cass. 17-12-2021, n. 23078); in tema di violenza sessuale, anche in caso di solo sopravvenuto dissenso della vittima al rapporto sessuale è legittimo il diniego della circostanza attenuante del fatto di minore gravitĂ , quando, per i mezzi, le modalitĂ esecutive della condotta, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, e le caratteristiche psicologiche valutate in relazione allâetĂ , si realizzi una significativa compromissione della libertĂ sessuale (Cass. 22-1-2020, n. 16440).
La violenza sessuale aggravata (artt. 609ter e duodecies)
Lâart. 609ter (oggetto di numerosi correttivi succedutisi nel tempo) prevede, nei suoi due commi, una serie di circostanze aggravanti.
In particolare il comma 1, dispone che la pena stabilita dallâart. 609bis è aumentata di un terzo se i fatti ivi previsti sono commessi:
- nei confronti di persona della quale il colpevole sia lâascendente, il genitore, anche adottivo, o il tutore;
- con lâuso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa.
Ai fini della configurabilitĂ dellâaggravante dellâarma, è necessario che il reo sia palesemente armato, ma non che lâarma sia addirittura impugnata per minacciare, essendo sufficiente che essa sia portata in modo da poter intimidire (Cass. 26-2-2021, n. 7754). Quanto allâuso di sostanze narcotiche, si verifica quando lo stato di incoscienza della vittima sia stato provocato mediante la somministrazione di farmaci anestetici allo scopo di consentire allâagente di porre in essere la condotta vietata;
- da persona travisata o che simuli la qualitĂ di pubblico ufficiale o di incaricati di pubblico servizio;
- su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertĂ personale;
Tale circostanza include anche le ipotesi nelle quali lo stato del soggetto passivo non discenda da un potere pubblicistico ed abbia natura illecita, comprensiva del sequestro di persona.
- nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto;
- allâinterno o nelle immediate vicinanze di istituto dâistruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;
- nei confronti di donna in stato di gravidanza;
- nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza.
Sussiste ÂŤrelazione affettivaÂť quando il soggetto attivo possieda o abbia posseduto determinate qualitĂ soggettive che, indipendentemente sia dalla convivenza con la vittima, sia dalla stabilitĂ e/o durata della ÂŤrelazioneÂť, facilitino il delitto consentendo allâagente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti e lâaccesso violento o abusivo nella sfera piĂš intima di questâultima;
- se il reato è commesso da persona che fa parte di unâassociazione per delinquere e al fine di agevolarne lâattivitĂ .
Sia questa aggravante, che la successiva, introdotte dal D.Lgs. 4-3-2014, n. 39, costituiscono la traduzione normativa di taluni dei precetti contenuti nellâart. 9 della direttiva 2011/93/ UE, sostitutiva della decisione quadro 2004/68/ GAI, nel quale gli Stati destinatari si impegnano ad adottare le misure necessarie affinchĂŠ possano essere considerate figure circostanziali dei delitti oggetto della direttiva il fatto che ÂŤ[âŚ] d) il reato è stato commesso nel contesto di unâorganizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24-10-2008, relativa alla lotta contro la criminalitĂ organizzata; [âŚ] g) il reato è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato al minore un pregiudizio graveÂť;
- se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La figura prevede due distinte ipotesi, di cui solo la seconda prende in considerazione lâetĂ della vittima, limitandosi la prima a considerare le ÂŤviolenze graviÂť, a prescindere dal fatto che la vittima del reato sia maggiorenne o minorenne;
- se dal fatto deriva pericolo di vita per il minore.
Tale configurazione aggravata rientra fra le novitĂ disciplinari dovute alla L. 23-12-2021, n. 238 (nota come Legge europea 2019-2020). Nello specifico, la modifica appare volta a recare attuazione a quanto previsto nellâart. 9, lett. f) della Direttiva 2011/93/UE, il quale dispone che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinchĂŠ sia considerata quale aggravante, con riferimento ai reati sessuali su minori (specificamente indicati negli artt. da 3 a 7 della direttiva stessa) la circostanza per la quale ÂŤlâautore del reato, deliberatamente o per negligenza, ha messo in pericolo la vita del minoreÂť.
Ai sensi del comma 2 della medesima previsione, la pena stabilita dallâart. 609bis è aumentata della metĂ se i fatti ivi previsti sono commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici. La pena è raddoppiata se i fatti di cui allâart. 609bis sono commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.
Si evidenzia che lâaggravante in commento è stata oggetto di numerosi correttivi, il piĂš recente dei quali operato dalla L. 19-7-2019, n. 69, cd. ÂŤCodice rossoÂť. La prima delle modifiche effettuate si traduce in un correttivo di coordinamento rispetto allâincremento sanzionatorio della fattispecie di riferimento (la violenza sessuale, ex art. 609bis, la cui risposta sanzionatoria, come visto, è stata elevata, passando dalla reclusione da cinque a dieci anni alla reclusione da sei a dodici anni). Di qui lâesigenza di richiamare direttamente la figura-base e prevederne un aumento di pena. Inoltre, attraverso le coordinate innovazioni concernenti la prima e la quinta di tali previsioni, si è, poi, disposto che la violenza sessuale commessa dallâascendente, dal genitore anche adottivo o dal tutore sia sempre aggravata, a prescindere dallâetĂ della vittima (prima del correttivo era aggravata solo la violenza commessa da questi soggetti in danno di minorenne, per tal via ritenendo di apprestare una maggior tutela nellâambito delle relazioni familiari, spesso sede di turpi episodi criminosi del genere tipizzato dalla norma). Si è, infine, provveduto ad una rimodulazione delle aggravanti quando la violenza sessuale sia commessa in danno di minore. Si prevede, infatti, un aumento di pena progressivamente maggiore, quanto meno elevata sia lâetĂ della vittima (un terzo della pena-base della violenza sessuale per gli infradiciottenni, la metĂ per gli infraquattordicenni ed il doppio per coloro che non abbiano compiuto i dieci anni). Prima del correttivo, si prevedeva esclusivamente una aggravante per il fatto commesso in danno di minore di anni dieci.
Per effetto, infine, dellâart. 609duodecies (introdotto dal decreto del 2014 di cui si è appena detto) la violenza sessuale, ma anche le fattispecie di reato di cui agli artt. 609quater, quinquies, octies ed undecies, sono aggravate (con incremento di pena non eccedente la metĂ ) se commesse con lâutilizzo di mezzi atti ad impedire lâidentificazione dei dati di accesso alle reti telematiche (per tal via disincentivando lâimpiego della telematica quale strumento di approccio alle vittime).
Si è affermato in giurisprudenza che, in tema di reati sessuali, è configurabile lâaggravante dellâutilizzo di mezzi atti ad impedire lâidentificazione dei dati di acceso alle reti telematiche, di cui allâart. 609duodecies c.p., nel caso in cui lâagente ponga in essere una qualsiasi azione volta a rendere maggiormente difficoltosa la propria identificazione, eludendo le normali modalitĂ di riconoscimento (Cass. 23-11-2022, n. 44453).
Vedi le altre guide e articoli di diritto penale