Niente Imu se si è denunciata l’occupazione abusiva La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 9, comma 1, del DLGS 23/2011 che contempla l'IMU per gli immobili occupati abusivamente anche se è stata presentata tempestiva denuncia penale

IMU e occupazione abusiva immobile

L’Imu non va pagata se si è denunciata penalmente l’occupazione abusiva dell’immobile. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 60-2024, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) nella parte in cui non prevede che non sia dovuta l’IMU per gli immobili occupati abusivamente relativamente ai quali sia stata presentata una tempestiva denuncia in sede penale.

La qlc

La questione è stata sollevata dalla sezione tributaria della Cassazione per violazione degli artt. 3, primo comma, 53, primo comma, 42, secondo comma, Cost. e 1 Prot. addiz. CEDU, per contrasto con i principi di capacità contributiva, uguaglianza tributaria, ragionevolezza e di tutela della proprietà privata in quanto per gli immobili abusivamente occupati e di cui sia precluso lo sgombero per cause indipendenti dalla volontà del contribuente verrebbe a mancare il presupposto dell’imposta, ossia l’effettivo e concreto esercizio dei poteri di disposizione e godimento del bene.

Denuncia occupazione immobile

Secondo la Corte costituzionale, “è innegabile che nelle ipotesi in cui un immobile sia stato occupato in esplicito contrasto con la volontà del proprietario il quale si sia anche occupato di denunciare tempestivamente l’accaduto in sede penale, difetti, in relazione all’immobile occupato abusivamente, la capacità contributiva in capo a chi abbia subito impotente la suddetta occupazione, cosicché «si finirebbe per tassare una ricchezza inesistente laddove, invece, ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza» (sentenze n. 10 del 2023 e 120 del 2020).
Del resto il legislatore è già intervenuto in questo senso con l’art. 1, comma 81, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, a decorrere dal 1° gennaio 2023, stabilendo che «Sono esenti dall’imposta, per il periodo dell’anno durante
il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’Autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del
codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale»: la Corte costituzionale, con la sentenza in parola, è come se avesse esteso retroattivamente la portata di tale norma.

Allegati

riforma fiscale

Riforma fiscale: modelli dichiarativi semplificati Dal 730 precompilato al semplificato e dichiarazioni Iva e Irap più snelle, tante le novità in arrivo annunciate dall'Agenzia delle Entrate sul fronte della riforma fiscale

Modelli dichiarativi semplificati

Diverse le novità in arrivo sul fronte delle dichiarazioni dei redditi. Modalità semplificata per il 730, fruibile da lavoratori dipendenti e pensionati già a partire dal 2024 ma anche modelli Iva e Irap più snelli.  Sono solo alcune  delle novità  previste dal decreto Adempimenti tributari (Dlgs n. 1/2024), che recepisce alcuni principi direttivi della riforma fiscale (Legge n. 111/2023) e su cui l’Ageniza delle Entrate con la circolare 8/E fornisce agli uffici le istruzioni operative.

Modello 730 precompilato e presentazione semplificata

Dal 2024, con la presentazione semplificata della dichiarazione dei redditi precompilata, l’Agenzia delle Entrate rende disponibili al contribuente, in modo analitico, le informazioni in proprio possesso, che possono essere confermate o modificate. Queste informazioni, in particolare, saranno disponibili in un’apposita sezione dell’applicativo web della dichiarazione precompilata, accessibile tramite l’area riservata del sito dell’Agenzia.

I contribuenti interessati, spiegano dal fisco, “utilizzando un percorso guidato e semplificato, potranno confermare o modificare le informazioni in possesso delle Entrate che, una volta definite, saranno riportate in via automatica nei campi corrispondenti della dichiarazione dei redditi modello 730, facilitando la compilazione della dichiarazione precompilata”.

Le modalità tecniche di accesso al nuovo sistema di interazione saranno definite da uno specifico provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

Modello 730 semplificato: platea estesa e redditi esteri

La possibilità di presentare la dichiarazione semplificata sarà progressivamente estesa a tutti i contribuenti non titolari di partita Iva. A titolo esemplificativo, il modello di dichiarazione semplificato potrà essere presentato, a regime, anche da parte dei soggetti, non titolari di partita Iva, che non conseguono redditi di lavoro dipendente o assimilati, ma esclusivamente redditi di capitale.

Un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate stabilirà la graduale inclusione di nuove tipologie reddituali tra quelle dichiarabili mediante il modello 730 semplificato.

Semplificazioni per le partite IVA

Tra le novità, modelli dichiarativi Redditi, Iva e Irap più snelli grazie alla progressiva eliminazione delle informazioni non rilevanti ai fini della liquidazione dell’imposta o acquisibili dall’Agenzia delle Entrate dalle banche dati proprie, oppure, nella titolarità di altre amministrazioni. La riduzione delle informazioni interesserà in particolare i crediti d’imposta derivanti da agevolazioni per gli operatori economici.

Viene estesa inoltre anche a lavoratori autonomi e imprenditori, seppur in fase di sperimentazione, la dichiarazione dei redditi precompilata.

Nuovo calendario dichiarativo

Ad essere modificati anche i termini ordinari di presentazione delle dichiarazioni, in materia di imposte sui redditi (modello Redditi) e Irap, inclusa la dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770), per gli anni 2024 e seguenti, fermi restando i termini relativi alla presentazione del modello 730.

All’interno della circolare una tabella esplicativa illustra i nuovi termini.

messaggi fisco app IO

Rimborsi e scadenze fiscali sull’app IO L'Agenzia delle Entrate comunica che i messaggi del fisco (rimborsi, scadenze e avvisi personalizzati) arriveranno ai cittadini direttamente sull'app IO

Comunicazioni fiscali via app

Se hai un rimborso in arrivo o la registrazione del tuo contratto di locazione sta per scadere, l’Agenzia delle Entrate ti avvisa con un messaggio personalizzato su IO, l’App dei servizi pubblici sviluppata e gestita da PagoPA. Questa la novità introdotta dal fisco con il fine di tenere aggiornati i cittadini ed aiutare a non dimenticare date e adempimenti fiscali. Grazie all’app IO, infatti, si riceveranno, comunica l’Agenzia delle Entrate in una nota stampa, “comodamente in un’unica app sul cellulare, i messaggi del Fisco insieme a quelli delle altre amministrazioni, locali e nazionali, accreditate al servizio”.

Quali messaggi del fisco arrivano su IO

Nello specifico i messaggi che arriveranno su IO potranno riguardare rimborsi in arrivo, scadenze di contratti, adempimenti e rate, comunicazioni non recapitate: tutti messaggi in forma semplice e chiara che l’Agenzia invia ai cittadini sulle questioni fiscali di maggior interesse.

Gli avvisi potranno riguardare anche le abilitazioni conferite alle persone di fiducia per l’accesso alla propria area riservata e alcune date da ricordare, ma nel tempo si aggiungeranno via via nuovi contenuti.

Come scaricare IO

L’app dei servizi pubblici “IO” è disponibile gratuitamente negli store iOS e Android.

Per poterla utilizzare è necessario effettuare il login con carta d’identità elettronica (Cie) o con Spid.

“L’uso dell’app come canale di comunicazione – precisa infine l’Agenza – permette di eliminare il ricorso agli sms e alle email, che possono prestarsi con più facilità a campagne di phishing”.

sugar tax

Sugar Tax legittimata dalla Consulta Per la Corte non è costituzionalmente illegittima l'imposta sul consumo delle bevande edulcorate

Sugar tax

La Corte costituzionale (sentenza n. 49/2024) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 661-676, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’imposta sul consumo delle bevande analcoliche edulcorate (c.d. sugar tax).

La qlc

La Seconda Sezione del TAR Lazio aveva censurato tale disciplina, per violazione del principio di eguaglianza tributaria (artt. 3 e 53 Cost.), in quanto la nuova imposta – non ancora applicata in conseguenza di reiterate proroghe del termine di decorrenza, ad oggi fissato il 1 luglio prossimo – è destinata a colpire solo certe bevande analcoliche (fra cui succhi di frutta e di ortaggi e legumi, non fermentati, senza aggiunta di alcol, addizionati di zuccheri o di altri dolcificanti; nonché acque, comprese quelle minerali e gassate, con aggiunta di zucchero o di altri dolcificanti o di aromatizzanti) ottenute
con l’aggiunta di edulcoranti, di origine naturale o sintetica, e non anche altri prodotti alimentari diversi dalle bevande contenenti le medesime sostanze.
Considerata la dichiarata finalità extrafiscale dell’imposta in oggetto – volta al contrasto del fenomeno dell’obesità e del diabete, nonché della diffusione degli effetti collaterali dannosi degli edulcoranti sintetici -, il TAR Lazio sosteneva che il diverso trattamento applicato a due fattispecie ritenute omogenee (bibite e altri prodotti alimentari, entrambi edulcorati) non trovasse alcuna giustificazione né nel testo della legge, né nella relazione illustrativa della medesima e fosse, quindi, irragionevolmente
discriminatorio.

Sugar tax legittima

Nel respingere l’eccezione di incostituzionalità, la Corte ha ritenuto che la scelta
disincentivante del legislatore – operata con l’introduzione della citata tassa – non
risulta né irragionevole, né arbitraria, né ingiustificata quanto alla sua limitazione alle
sole bevande edulcorate rispetto a prodotti alimentari di altro tipo. Come risulta,
infatti, dalla relazione illustrativa della disciplina di legge istitutiva della sugar tax, tale
imposta è stata disegnata raccogliendo l’invito dell’Organizzazione mondiale della
sanità (OMS), contenuto nel suo Rapporto del 2015 [«Fiscal policies for Diet and
Prevention of Noncommunicable Diseases (Ncds)»], ad introdurre una specifica tassazione
delle bevande analcoliche prodotte con l’aggiunta di sostanze dolcificanti di origine
naturale o sintetica, anche in virtù dei risultati, attestati dalla medesima organizzazione
e da studi scientifici realizzati nei numerosi Paesi in cui la sugar tax viene applicata da
tempo.
Di conseguenza, ha proseguito la Corte, “la medesima giustificazione scientifica risulta
[..] sufficiente a impedire che i prospettati profili di omogeneità, rispetto alle citate
bevande, di altri prodotti alimentari edulcorati raggiungano una soglia di evidenza tale
da rendere arbitraria, e quindi irragionevolmente discriminatoria, la scelta impositiva
del legislatore”.

Danni alla salute

Premesso che la sugar tax rientra nel novero dei tributi indiretti sulla produzione e sul
consumo di certi prodotti ritenuti dannosi “per la salute, il cui eccessivo utilizzo può,
pertanto, generare un aggravio di spesa pubblica, connesso alla conseguente necessità
di assicurare appropriate cure attraverso il SSN”, secondo la Consulta, proprio le
specifiche giustificazioni scientifiche che stanno a fondamento di tale imposta
dimostrano che, con la disposizione censurata, il legislatore ha fatto uso ragionevole
dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria.
Peraltro, anche la genericità del termine di riferimento individuato dal rimettente
(«altri prodotti alimentari diversi dalle bevande contenenti i medesimi edulcoranti»)
come fattispecie apparentemente omogenea a quelle delle bevande analcoliche
conferma l’infondatezza della supposta violazione del principio di eguaglianza
tributaria: “si tratta, infatti, di un insieme di prodotti con caratteristiche funzionali e
nutrizionali assai eterogenee fra loro, oltre che del tutto differenti da quelle delle
bevande edulcorate, insieme come tale. E ciò a maggior ragione in quanto la nuova
imposta non grava sulle sostanze edulcoranti in sé considerate, ma propriamente sulle
bevande edulcorate e in funzione della quantità di edulcoranti aggiunti evidentemente
calcolata in base alla tipologia di prodotti alimentari (liquidi) interessata”.

nullità avviso accertamento

Nullità dell’avviso di accertamento La nullità dell’avviso di accertamento può derivare dal mancato rispetto dei requisiti di forma e di sostanza che l’atto dell’ente impositore deve avere

Avviso di accertamento, quando è nullo

L’avviso di accertamento è l’atto con cui l’Agenzia delle Entrate avvisa il contribuente di aver rideterminato l’imposta dovuta e di conseguenza ingiunge a questi di versare una determinata somma a titolo di tributo e di pagare la corrispondente sanzione e gli interessi maturati.

Dal 2011, l’avviso di accertamento è un atto direttamente esecutivo e perciò ha valore di titolo esecutivo: ciò vuol dire che, se il destinatario non ottempera al pagamento ivi indicato nei termini stabiliti dalla legge, l’ente impositore può avviare la conseguente azione esecutiva, senza necessità di eseguire ulteriori comunicazioni (non è quindi necessaria la notifica di una cartella esattoriale).

L’atto in esame deve rispondere a determinati requisiti previsti dalla legge, la cui mancanza può comportare la nullità dell’avviso di accertamento stesso. In tal caso, il contribuente ha la possibilità di impugnare l’avviso davanti agli organi di giustizia tributaria per farne dichiarare l’annullamento.

I rimedi per la nullità dell’avviso di accertamento

Per far valere i vizi dell’avviso di accertamento, il contribuente ha a disposizione diversi rimedi.

Oltre ad esperire il ricorso davanti alle Commissioni Tributarie, infatti, il destinatario dell’atto ha facoltà di richiedere l’annullamento dell’atto in autotutela, indirizzando tale richiesta allo stesso ente impositore, con l’indicazione delle relative motivazioni.

Inoltre, con una proposta di accertamento in adesione, da svolgersi in contraddittorio, egli ha la possibilità di ottenere uno sconto sulle sanzioni previste. Altre vie percorribili sono il reclamo, la mediazione e la conciliazione giudiziale.

Avviso di accertamento requisiti

Tra i dati che l’avviso di accertamento deve necessariamente contenere a pena di nullità, vi è innanzitutto l’indicazione degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e dell’imposta liquidata, oltre all’intimazione a pagare entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto.

Inoltre, il contribuente deve essere messo in condizioni di conoscere non solo quale sia l’organo giurisdizionale presso cui presentare l’eventuale ricorso, ma anche quale sia l’ufficio presso cui poter ottenere informazioni, nonché il funzionario responsabile del procedimento amministrativo che ha portato all’adozione dell’atto.

Nullità avviso accertamento giurisprudenza

La nullità dell’avviso di accertamento può derivare dalle più disparate difformità dell’atto rispetto ai requisiti di legge.

Ad esempio, une recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. sez. V trib., ord. n. 13620/2023) ha focalizzato l’attenzione sulla necessità che l’avviso di accertamento sia motivato per garantire il diritto di difesa del contribuente, chiarendo, in particolare, che “l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa; e ha specificato che tale vizio si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretese“.

Quando poi, l’accertamento derivi da una precedente ispezione presso gli uffici del contribuente, l’ente deve necessariamente attivare il contraddittorio preventivo col contribuente, che ha a disposizione sessanta giorni per presentare le proprie osservazioni, di cui l’ente deve necessariamente tener conto. Se manca l’attivazione di tale fase, l’atto è inficiato da nullità (cfr. Cass., ord. n. 2135/2021). La nullità dell’avviso di accertamento, inoltre, è stata dichiarata anche in casi in cui l’Agenzia delle Entrate non ha, più semplicemente, dato prova dell’avvenuto invio dell’invito al contradittorio (cfr. CTP Prato, sent. n. 212/2019).

In una diversa ipotesi, l’avviso di accertamento è stato annullato perché era stato firmato digitalmente dal funzionario incaricato, ma poi recapitato solo via posta cartacea (cfr. sent. n. 3848/26/2019 – Comm. Trib. Reg. Campania).

Importante è anche il rispetto dei limiti di competenza, nei casi in cui l’atto venga firmato da un funzionario con delega di firma: con ordinanza numero 32386/2022, la Corte di Cassazione ha dichiarato nullo l’avviso firmato dal funzionario avente una delega di firma per avvisi relativi a importi inferiori rispetto all’importo dell’atto da lui firmato.

avviso accertamento nullo

Avviso di accertamento nullo: sentenze recenti della Cassazione Breve rassegna giurisprudenziale delle più recenti pronunce di Corte di Cassazione aventi ad oggetto l’avviso di accertamento nullo

Sentenze Cassazione su avviso di accertamento nullo

L’avviso di accertamento nullo è costantemente oggetto di sentenze della Corte di Cassazione e degli organi giurisdizionali tributari.

In questa breve rassegna, analizzeremo alcune tra le più interessanti pronunce riguardanti l’avviso di accertamento nullo e gli ultimi orientamenti della giurisprudenza di settore su questo tema.

Avviso accertamento valido anche se non c’è il richiamo alla norma

In tema di motivazioni dell’atto di accertamento e di nullità dell’avviso per carenza dei requisiti essenziali, va segnalata l’ordinanza n. 1941/2024 della Corte di Cassazione, con cui la Suprema Corte ha ribadito che non è necessario che l’avviso di accertamento rechi anche la precisa indicazione della «norma di riferimento» in base alla quale l’ente impositore ha emesso l’avviso di accertamento, essendo invece sufficiente che tale atto esponga i presupposti fattuali e le ragioni di diritto che permettano al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa.

In ciò, la Cassazione ha ricordato che il DPR 600/73, all’art. 42 comma 2, indica come requisiti essenziali dell’avviso di accertamento l’indicazione dell’imponibile accertato, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta, della motivazione in relazione ai presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Per tale motivo, nel solco della precedente giurisprudenza di legittimità, con l’ordinanza in esame gli Ermellini hanno confermato che la nullità dell’avviso di accertamento non può mai dipendere, di per sé, dalla mancata indicazione della norma sulla quale esso si fonda, ma eventualmente dall’omessa indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Nullità avviso accertamento e vizi di motivazione

La sentenza n. 2029/2024 della Cassazione, invece, riguarda un caso in cui l’atto di accertamento nullo per vizio di motivazione era stato adottato dalla società che gestisce il servizio di gestione dei rifiuti per conto del Comune.

A tal riguardo, la Suprema Corte ha sancito la nullità dell’avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti che risulti privo di motivazione, sulla base del fatto che qualsiasi atto che contenga la richiesta di un’entrata avente natura pubblicistica (e quindi impositiva) è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento e quindi anche all’onere di motivazione.

La vicenda traeva origine dal ricorso in Cassazione proposto proprio dalla società concessionaria che aveva emesso gli avvisi di pagamento. Al riguardo, in linea con la sua consolidata giurisprudenza, la Corte ha chiarito che gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica.

Pertanto, la Corte ha confermato l’impugnata decisione della Commissione Tributaria competente, stabilendo il seguente principio di diritto: “qualsiasi atto, ancorché non ricompreso fra quelli di cui all’elencazione contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto avente ad oggetto la richiesta di un corrispettivo relativo ad una entrata di natura pubblicistica e, dunque, avente natura impositiva, è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento ed all’onere di motivazione di cui all’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente)”.

Cassazione 2024: avviso accertamento e autorizzazione indagini bancarie

Infine, con ordinanza n. 4853/2024 la Cassazione ha chiarito che non comporta nullità dell’avviso di accertamento la mancata allegazione all’atto dell’autorizzazione alle indagini bancarie.

All’origine del ricorso del contribuente contro l’Agenzia delle Entrate vi era l’avviso di accertamento con cui quest’ultima aveva recuperato presso di lui maggior reddito, a seguito di accertamenti bancari svolti nei suoi confronti.

La Commissione Tributaria Regionale competente accolse l’istanza del ricorrente, dichiarando la nullità dell’accertamento, “in considerazione dell’illegittimità dell’acquisizione dei dati bancari, poiché l’autorizzazione a tali indagini non era stata richiesta e non era stata allegata all’avviso di accertamento, in quanto elemento costitutivo del medesimo”.

La Corte di Cassazione, adita dall’ente impositore, si è espressa su entrambi gli aspetti sopraindicati, confermando i suoi precedenti orientamenti e ribaltando la sentenza dell’organo giurisdizionale territoriale.

Quanto alla mancata richiesta dell’autorizzazione alle indagini bancarie, gli Ermellini hanno evidenziato che tale mancanza “non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal cod. proc. pen., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita”.

Quanto, invece, alla mancata allegazione di tale autorizzazione, ove la stessa sia stata richiesta e ottenuta, “non vi è neppure obbligo di allegazione della autorizzazione. Si è infatti affermato che l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7) cit., ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che (come sopra evidenziato, ndr) può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente”.

bonus casa

Bonus casa Quali sono, che caratteristiche hanno e come si ottengono i bonus casa confermati dal legislatore anche per il 2024

Bonus casa 50%

Il bonus casa del 50% è previsto fino al 31 dicembre 2024 per spese sostenute fino al limite massimo di  96.000 euro per determinati interventi agevolati.

A partire dal 1° gennaio 2025 il bonus verrà applicato nel rispetto dei suoi parametri originari, ossia nella misura percentuale del 36% per importi non superiori a 48.000 euro.

Il bonus consiste in una detrazione Irpef spalmata su 10 quote annuali dello stesso importo nella misura percentuale prevista del 50% per tutto il 2024 e poi del 36% nei limiti di spesa sopra indicati.

Gli interventi agevolati (art. 16-bis, d.P.R. n. 917/1986 TUIR e art. 16, comma 1, D.L. n. 63/2013) che beneficiano della detrazione sono quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro conservativo e ristrutturazione sulle parti comuni degli edifici condominiali. Beneficiano del bonus gli stessi interventi, se effettuati su unità immobiliari singole di ogni categoria catastale e sulle loro pertinenze. Rientrano nella detrazione anche le opere di ricostruzione e ripristino di immobili danneggiati da determinati eventi calamitosi, l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso l’installazione di ascensori e montacarichi, determinate opere finalizzate al risparmio energetico, misure antisismiche e interventi di bonifica dall’amianto.

Ecobonus

Questa detrazione fiscale è nata per incentivare la realizzazione delle opere finalizzate a autoprodurre energia e ridurre i consumi energetici (isolamento termico delle parti comuni, sostituzione degli impianti termici). I riferimenti normativi della misura sono l’art. 1, co. 344–347, L. n. 296/2006 e l’art. 14, D.L. n. 63/2013.

Il bonus consiste in una detrazione, la cui aliquota percentuale varia in base all’opera realizzata e agli importi limite di spesa previsti  per le varie opere, da ripartire in 10 quote annuali dello stesso importo per spese sostenute fino al 31 dicembre 2024.

C’à ad esempio la detrazione minima del 50% per la sostituzione di serramenti e infissi per una spesa massima di 60.000 euro, così come la detrazione del 65% per l’acquisto e la posa di microgeneratori che vanno a sostituire gli impianti esistenti per importi di spesa fino a 100.000 euro.

Sismabonus

Il sisma bonus contemplato dall’art. 16, co. 1-bis-1-septies, D.L. n. 63/2013 è previsto per incentivare il miglioramento strutturale degli edifici attraverso la realizzazione di opere antisismiche e di interventi destinati alla messa in sicurezza statica che richiedono l’asseveramento di un tecnico abilitato.

Il limite di spesa per il quale è prevista la detrazione è lo stesso del bonus casa di 96.000 euro, ma le percentuali di detrazione variano in base all’opera e al passaggio di classe raggiunto grazie all’intervento sismico. Ad esempio la percentuale di detrazione è del 50% se le opere non determinano alcuna riduzione di classe, salgono invece all’85% se le opere vengono affidate a un’impresa che attraverso interventi di demolizione e successiva ricostruzione realizzano un miglioramento sismico di due classi.

Ecosismabonus

Questa particolare detrazione, contemplata dall’art. 14, co. 2-quater.1, D.L. n. 63/2013 è stata introdotta per favorire le opere sulle parti comuni dei condomini compresi all’interno delle aree sismiche 1, 2 e 3 e attuarne la contestuale riqualificazione energetica.

Due le detrazioni previste: dell’80% se le opere riducono il rischio di una classe, dell’85% se la riduzione è di due classi. Come per gli altri bonus la detrazione viene distribuita in dieci anni e il limite di spesa massimo è di 136.000 euro da moltiplicare per ogni edificio.

Bonus barriere architettoniche

Questo bonus, previsto dall’art. 119-ter, D.L. n. 34/2020 e modificato nel 2023, riguarda l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso la realizzazione di opere specifiche come  scale, ascensori, servoscale, piattaforme elevatrici e rampe.

La detrazione prevista è del 75% su importi di spesa che variano in base al tipo di edificio per il quale viene sostenuta:

  • fino a 30.000 euro per ogni unità immobiliare compresa in edifici formati da più di otto unità;
  • fino a 40.000 euro per ogni unità immobiliare parte di edifici composti da due a otto unità;
  • fino a 50.000 euro per edifici unifamiliari o unità parti di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno.

Bonus mobili

Il bonus mobili è contemplato e regolato dall’art. 16, co. 2, D.L. n. 63/2013 e consiste in una detrazione del 50% in favore dei soggetti che possono fruire del bonus casa. L’agevolazione è prevista per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici.

Per il 2024 la detrazione è riconosciuta nella percentuale del 50% su una spesa massima di 5.000 euro per ogni unità ristrutturata.

Bonus verde

Il bonus verde, di cui all’art. 1, comma 12, L. n. 205/2017, per tutto il 2024 permetterà ai contribuenti di beneficiare di una detrazione del 36% su un importo massimo di spesa di 5000 euro sostenuta per sistemare a verde le aree scoperte di edifici privati e di unità immobiliari e per costruire pozzi, impianti di irrigazione e per realizzare coperture a verde e giardini pensili.