Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Chiara Tapino
In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. – Cass., Sez. I, 16 ottobre 2023, n. 28727.
Nel caso di specie, le parti, con lo stesso ricorso, chiedevano di pronunciare la loro separazione personale, regolamentando i rapporti reciproci e quelli con i figli e, decorso il periodo di tempo previsto dall’art. 3, L. 898/1970 e previo passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
All’udienza fissata per la comparizione delle parti, il giudice prospettava ai coniugi l’esistenza di una questione pregiudiziale di puro diritto, relativa all’ammissibilità, in rito, del cumulo oggettivo della domanda congiunta di separazione personale con quella, parimenti congiunta, di divorzio.
Investita della questione, la Corte di Cassazione si è preliminarmente soffermata sulle due importanti novità introdotte dal D.Lgs. 149/2022.
La prima è rappresentata dall’istituto del c.d. rinvio pregiudiziale da parte del giudice di merito di cui all’art. 363bis c.p.c., con cui è stata introdotta la possibilità per il giudice di merito di sottoporre alla Suprema Corte una questione di diritto, in presenza di determinate condizioni.
Altra novità è rappresentata dal disposto dell’art. 374bis.49 c.p.c. che, con esclusivo riferimento al giudizio contenzioso, ha introdotto la possibilità di presentare contestualmente domanda di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, subordinando la procedibilità della seconda al decorso del termine a tal fine previsto dalla legge.
Occorre in proposito rilevare che analoga disposizione non è stata riprodotta nell’art. 473bis.51 c.p.c., che disciplina i procedimenti di cui all’art. 473bis.47 c.p.c. proposti su domanda congiunta.
Il legislatore ha pertanto espressamente previsto l’ammissibilità del cumulo delle domande contenziose di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, senza nulla disporre in merito all’eventualità in cui i coniugi presentino, cumulativamente, le stesse domande ma in forma congiunta.
Tanto premesso, la Corte ha rilevato l’esistenza di posizioni contrastanti nella giurisprudenza di merito e in dottrina in relazione all’ammissibilità del cumulo delle domande presentate in via consensuale.
Un primo indirizzo interpretativo sostiene l’ammissibilità del ricorso con domanda congiunta di separazione e divorzio, adducendo a sostegno della propria tesi argomentazioni sia di carattere letterale che di carattere sistematico.
Da un punto di vista letterale, si è osservato che, diversamente da quanto previsto nel sistema vigente ante riforma, ove il procedimento congiunto di separazione e quello di divorzio erano disciplinati da due diverse disposizioni, oggi la relativa disciplina è confluita in un’unica norma.
È stato altresì evidenziato l’uso del plurale nel comma 1 dell’art. 473bis.51 c.p.c. con riferimento alla “domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all’art. 473bis.47”.
Sulla scorta di tali considerazioni, si è rilevato che se il legislatore avesse inteso precludere ai coniugi la facoltà di presentare contestualmente le domande di separazione e divorzio con riferimento ai procedimenti su domanda congiunta non avrebbe né previsto un procedimento uniforme, né utilizzato il lessico “relativo ai procedimenti”, in luogo di “relativo al procedimento”.
Quanto al criterio sistematico, i sostenitori dell’ammissibilità del cumulo hanno indicato quale ulteriore elemento a favore della propria tesi la ratio sottesa all’introduzione del cumulo per i procedimenti contenziosi. Si ritiene infatti che la proposizione cumulativa delle domande congiunte di separazione e divorzio realizzi quel risparmio di energie processuali posto alla base della previsione dell’art. 473bis.49 c.p.c.
Altro orientamento propende invece per l’inammissibilità del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio, sul presupposto che l’art. 473bis.51 c.p.c. non prevede espressamente la facoltà per le parti di presentare in via consensuale e con un unico ricorso domanda di separazione e di divorzio, diversamente da quanto disposto per le domande contenziose.
Un ulteriore argomento evocato dai sostenitori della tesi contraria all’ammissibilità del cumulo è rappresentato dal tema dell’indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale.
In particolare, si ritiene che qualora si ammettesse la possibilità del cumulo di domande di separazione e divorzio nei procedimenti congiunti verrebbe concessa alle parti la possibilità di costituire dei patti prematrimoniali volti a incidere sugli effetti del futuro divorzio, nulli ai sensi dell’art. 160 c.c.
Si è, di contro, evidenziato che, nei procedimenti presentati in forma congiunta, i coniugi non concludono, in sede di separazione, un accordo sugli effetti del futuro divorzio, tale da condizionare la volontà di un coniuge o da comprimere i suoi diritti indisponibili.
Si richiama in proposito l’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di divorzio a domanda congiunta, secondo cui l’accordo “riveste natura meramente ricognitiva e non negoziale, con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale, essendo soggetto alla verifica del tribunale che, in materia, ha pieni poteri decisionali”.
È stata altresì valorizzata l’assenza di disposizioni destinate a gestire le sopravvenienze con riferimento al cumulo di domande congiunte.
Invero, l’adattamento del processo contenzioso alle sopravvenienze risulta essere garantito dal disposto del comma 2 dell’art. 473bis.19 c.p.c., che prevede la possibilità per le parti di introdurre nuove domande e i relativi mezzi di prova nel caso in cui si verifichino mutamenti nelle circostanze. Non si riscontra, invece, analoga disposizione in materia di cumulo di domande congiunte.
È stata inoltre evidenziata l’incompatibilità del cumulo con la natura di procedimento di volontaria giurisdizione scaturente dalla domanda congiunta dei coniugi. In particolare, si ritiene che il processo volontario non potrebbe contenere una sentenza non definitiva, seguita da un rinvio per verificare la sussistenza, decorsi sei mesi, delle condizioni di procedibilità e da una conseguente sentenza definitiva sullo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Si è altresì rilevato che il risparmio di energie processuali che si ottiene nel giudizio contenzioso non è comparabile con quello che si potrebbe ottenere nel procedimento di cui all’art. 473bis.51 c.p.c., essendo diversa la natura dei due giudizi oltre che l’attività processuale compiuta.
In particolare, si rileva che l’ammissione del cumulo delle domande congiunte di separazione e divorzio comporterebbe un aumento della durata del procedimento, in quanto lo stesso resterebbe pendente per tutto il tempo necessario al maturare dei presupposti per il divorzio.
Si è, di contro, osservato che la compatibilità strutturale del cumulo con un determinato procedimento debba essere valutata in concreto e non sulla base della qualificazione astratta della natura del procedimento. Sul punto, si è evidenziato che il procedimento a domanda congiunta è ormai interamente definito con sentenza, con conseguente possibilità di applicare l’art. 279 c.p.c.
La Corte di Cassazione condivide il primo degli orientamenti esaminati, partendo dal presupposto che anche la proposizione cumulativa delle domande congiunte di separazione e divorzio rispecchia la stessa ratio posta alla base dell’art. 473bis.49 c.p.p., ossia quella di realizzare un “risparmio di energie processuali”.
Invero, i coniugi, a fronte della irreversibilità della crisi matrimoniale, potrebbero con un unico ricorso concludere la negoziazione delle modalità di gestione complessiva di tale crisi e regolamentare in un’unica sede i rapporti reciproci e quelli con i figli, senza dover attendere la riapertura di altro procedimento.
A fondamento dell’ammissibilità del cumulo, la Corte ha inoltre rilevato che il codice di rito prevede tra le disposizioni in generale il cumulo oggettivo di domande anche tra loro non connesse per titolo o petitum, sicché non sembrano esservi ostacoli anche alla proponibilità in cumulo delle domande di separazione consensuale e divorzio congiunto.
Trattasi, in particolare, di un cumulo oggettivo di domande connesse in relazione alla causa petendi, in quanto volte a regolare, in successione, una crisi matrimoniale irreversibile.
Alla luce delle esposte considerazioni, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.