direttiva ue riparazione elettrodomestici

Diritto alla riparazione degli elettrodomestici La nuova direttiva europea sul diritto alla riparazione degli elettrodomestici rappresenta un passo avanti nella promozione della sostenibilità e nella tutela dei consumatori

Direttiva UE diritto alla riparazione degli elettrodomestici

Il 30 maggio, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una direttiva rivoluzionaria sul diritto alla riparazione degli elettrodomestici. Questa normativa rappresenta un significativo passo avanti per i consumatori, che ora avranno maggiori possibilità di riparare i propri beni rotti o difettosi, riducendo la necessità di sostituirli.

La direttiva, in vigore venti giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, dovrà essere recepita dagli Stati membri entro due anni.

Obiettivi della Direttiva

L’introduzione di questa direttiva mira a raggiungere diversi obiettivi fondamentali:

  1. facilitare la riparazione: spesso i consumatori trovano complicato accedere ai servizi di riparazione, portandoli a preferire la sostituzione degli apparecchi. La nuova direttiva rende più agevole e rapido il processo di riparazione, incentivando i consumatori a riparare piuttosto che sostituire i loro elettrodomestici;
  2. combattere l’obsolescenza programmata: la direttiva affronta la problematica dell’obsolescenza programmata, pratica scorretta adottata da alcuni produttori per rendere difficile o impossibile reperire pezzi di ricambio. Con le nuove misure, i consumatori saranno maggiormente incentivati a riparare i propri beni.
  3. ridurre l’impatto ambientale: favorendo le riparazioni, la direttiva contribuisce a ridurre l’impatto ambientale derivante dalla produzione e dallo smaltimento di elettrodomestici. Ogni anno, i cittadini europei spendono circa 12 miliardi di euro per sostituire apparecchi anziché ripararli, producendo 35 milioni di tonnellate di rifiuti.

Misure specifiche della Direttiva

La direttiva introduce diverse misure concrete per raggiungere i suoi obiettivi:

  • piattaforma europea online per le Riparazioni: verrà creata una piattaforma online che permetterà ai consumatori di trovare facilmente riparatori qualificati nella propria località;
  • proroga della garanzia legale: in caso di riparazione di un prodotto difettoso, la garanzia legale verrà prorogata di 12 mesi;
  • riconsegna rapida: i prodotti riparati dovranno essere riconsegnati entro 30 giorni e, nel frattempo, i consumatori riceveranno un prodotto sostitutivo;
  • abolizione del divieto di componenti indipendenti: sarà possibile utilizzare componenti realizzati con la stampante 3D o acquistati da terze parti, e i produttori non potranno rifiutarsi di riparare dispositivi manipolati da terzi.

Impatti e prospettive per i consumatori e per l’ambiente

Questa direttiva è destinata a rivoluzionare il mercato europeo degli elettrodomestici, promuovendo pratiche più sostenibili e responsabili. I consumatori beneficeranno di un accesso più facile e conveniente ai servizi di riparazione e l’ambiente trarrà vantaggio da una significativa riduzione dei rifiuti elettronici. Inoltre, la direttiva apre la strada a nuove opportunità per le aziende specializzate in riparazioni e per i produttori che adotteranno pratiche più trasparenti e sostenibili.

Conclusione. La direttiva europea sul diritto alla riparazione rappresenta un passo fondamentale verso un’economia più circolare e sostenibile. Con l’attuazione di queste nuove regole, l’Unione Europea dimostra il suo impegno verso un futuro più verde e responsabile e si pone all’avanguardia nella lotta contro lo spreco e l’inquinamento, promuovendo un consumo più consapevole e sostenibile. I prossimi anni saranno cruciali per vedere l’implementazione di queste misure e i loro effetti positivi sulla società e sull’ambiente.

clausola visto e piaciuto compravendita

Clausola visto e piaciuto Qual è l’efficacia della clausola visto e piaciuto nei contratti di compravendita? L’acquirente perde il diritto alla garanzia per i vizi del bene?

Clausola visto e piaciuto: cos’è e come funziona

Nelle compravendite di immobili e di veicoli usati come autovetture o motociclette, viene spesso inserita in contratto la clausola visto e piaciuto: di cosa si tratta? E quali sono gli effetti derivanti dalla sua sottoscrizione?

La clausola visto e piaciuto intende riferirsi, in sostanza, al fatto che l’acquirente, dopo avere esaminato il bene (“visto”), lo accetta così com’è (“piaciuto”): è, con tutta evidenza, una previsione contrattuale a tutela della posizione del venditore, che con tale disposizione intende evitare successive contestazioni da parte dell’acquirente e sottrarsi alla garanzia di cui all’art. 1490 c.c., primo comma.

Ma funziona davvero così? L’inserimento della formula vista e piaciuta vale effettivamente a privare l’acquirente della possibilità di lamentele circa le condizioni del veicolo, o dell’immobile, successive all’acquisto?

L’efficacia della clausola visto e piaciuto

In realtà, il valore della clausola visto e piaciuto e di altre simili – come, ad esempio, la clausola come visto e piaciuto nello stato in cui si trova – è piuttosto limitato e non protegge più di tanto il venditore dal rischio di subire contestazioni post-vendita.

Infatti, per essere realmente efficace in tal senso, la clausola dovrebbe accompagnarsi ad una più esplicita previsione contrattuale che prevedesse la rinuncia espressa dell’acquirente alle azioni conseguenti alla scoperta di un difetto del bene successiva all’acquisto.

In mancanza, il rischio è quello che un giudice – cui l’acquirente dovesse rivolgersi – possa considerare la disposizione contrattuale in questione come una mera clausola di stile, priva di qualsiasi potere cogente per le parti e pertanto inidonea a privare l’acquirente del diritto di agire per contestare i vizi del bene.

Come funziona la formula vista e piaciuta?

Ma v’è di più. Anche a voler considerare la clausola come vincolante – e non mancano, in giurisprudenza, giudici che l’abbiano ritenuta tale – la sua portata è comunque limitata.

Per comprendere, infatti, come funziona la formula vista e piaciuta bisogna pensare a cosa avviene al momento della vendita e della sottoscrizione del contratto: l’acquirente compie un esame visivo, necessariamente superficiale e limitato, del bene e si dichiara soddisfatto.

Difetti non notati durante le trattative

È ovvio, però, che, se durante l’utilizzo continuato del bene successivo all’acquisto, emergono dei difetti che era impossibile notare in sede di trattativa, la posizione dell’acquirente debba essere tutelata, anche quando abbia sottoscritto la clausola visto e piaciuto.

Si pensi al malfunzionamento di un veicolo che si manifesti solo dopo qualche giorno di utilizzo, o ad una traccia di umidità che affiori sulla parete dell’immobile appena acquistato. Se tali difetti sono conseguenti ad un vizio preesistente alla sottoscrizione del contratto (un difetto meccanico dell’auto, una tubatura difettosa dell’impianto idrico dell’appartamento), impossibile da rilevare ad un primo sguardo, allora sfuggono completamente all’operatività della formula di vendita vista e piaciuta.

Vizi occulti

Si tratta, infatti, dei c.d. vizi occulti, cioè di quei difetti che si possono rilevare solo con un utilizzo continuato del bene e che non erano riconoscibili dal normale esame del bene, per quanto diligente, in sede di compravendita.

Vendita visto e piaciuto: vizi occulti e art. 1490 c.c.

Le cose cambiano ulteriormente quando il vizio del bene fosse conosciuto dal venditore e da questi dolosamente taciuto: è evidente che, anche in tal caso e a maggior ragione, è impossibile riconoscere alcuna operatività alla clausola visto e piaciuto.

L’intera materia sopra descritta è ben riassunta dalle disposizioni dell’art. 1490 c.c., il quale, da una parte, al primo comma, prevede la responsabilità del venditore per i vizi della cosa che siano tali da renderla inidonea all’uso o che ne diminuiscano il valore. Dall’altra, al secondo comma, permette la possibilità di inserire clausole che escludano la garanzia di cui sopra, ma ne esclude l’efficacia in caso di mala fede del venditore che abbia taciuto l’esistenza del vizio.

Mutui: validi anche senza indicazione del TAN Per la Cassazione, il contratto di finanziamento è valido se sono riportate analiticamente tutte le condizioni economiche, anche se non è espressamente indicato, in termini numerici, il TAN

TAEG e TAN nel contratto di mutuo

Il caso in esame, riguardante l’ingiunzione di pagamento di una somma data in mutuo e dei relativi interessi, ha dato l’occasione alla Corte di Cassazione di pronunciarsi, con ordinanza n. 16456-2024, sulla validità dei contratti di finanziamento privi dell’indicazione del “Tasso Annuo Nominale” (Tan).

La Corte ha anzitutto premesso che il TAEG e il TAN sono entità giuridiche diverse. In particolare, e per quanto qui rileva, il TAN “è il tasso di interesse dovuto al netto della capitalizzazione” ai sensi dell’art. 117, comma 4, del TUB. Mentre, il TAEG indica, in percentuale annua il costo effettivo del credito.

Ciò posto la Corte è poi passata all’analisi della specifica questione sottoposta alla sua attenzione, vale a dire l’obbligatorietà o meno dell’indicazione del TAEG e del TAN nel contratto di finanziamento e le conseguenze della loro eventuale assenza.

La mancata indicazione del TAEG e del TAN

In punto di validità del contratto di mutuo, la Corte ha specificato che l’obbligo di indicare il tasso d’interesse applicato, sussiste sicuramente con riferimento al TAEG, posto che lo stesso, rappresentando il dato aggregato del costo del credito, consente all’interessato di confrontare le condizioni di finanziamento che gli operatori bancari offrono sul mercato.

La mancata indicazione nei contratti bancari del TAEG determina, pertanto, quale conseguenza sul piano negoziale e civile, l’invalidità del contratto stesso poiché colpito da nullità.

Per quanto invece attiene al TAN, la disciplina di settore non prevede espressamente la sanzione della nullità per il caso di sua mancata indicazione all’interno del contratto bancario e occorre pertanto valutare se la nullità del negozio sia da escludere qualora “l’ammontare del saggio di interesse, non specificamente individuato, possa ricavarsi, in base a un calcolo aritmetico, dal testo del contratto che individui il TAEG”.

Condizioni finanziamento

Rispetto al suddetto dubbio interpretativo la Corte, dopo aver ripercorso il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, ha condiviso gli esiti del Giudice di merito, in punto di validità del contratto, posto che nel caso specifico, anche se non era espressamente indicato in termini numerici il TAN, erano “analiticamente riportate tutte le condizioni relative al piano di finanziamento”.

Quanto sopra, ha riferito la Corte, può essere affermato in considerazione del fatto che nel contratto di finanziamento di cui trattasi erano indicati “il tasso di indicizzazione, gli interessi di mora, i criteri di indicizzazione, il TAEG o l’indicazione sintetico di costo richiesti dalle Istruzioni fornite dalla Banca d’Italia agli operatori di settore e che le condizioni contrattuali vanno integrate con il piano finanziario, anch’esso concordato dalle parti, dal quale si desume chiaramente il valore dell’operazione nel tempo attraverso il numero delle rate e l’ammontare di ciascuna di esse, con l’incidenza degli interessi, del tasso debitore, delle spese”. Con la conseguenza che, dal complesso del contratto, era possibile ricavare chiaramente il valore dell’operazione, nonché il TAN, desumibile dal piano di ammortamento approvato dalle parti.

La decisione

La Corte di Cassazione ha pertanto concluso il proprio esame condividendo la decisione adottata dalla Corte d’appello sul punto, ritenendo valido il contratto, posto che dal contratto ed i suoi allegati era possibile individuare agevolmente le condizioni economiche del contratto.

Allegati

pec rinnovo deposito telematico

Pec non funzionante: nuovo deposito entro 20 giorni Se la parte decade incolpevolmente dalla facoltà di depositare, la stessa può nuovamente depositare, entro venti giorni o domandare la rimessione in termini

Assenza di una delle pec previste per il deposito telematico

Il caso in esame prende avvio da un contenzioso avente ad oggetto il prestito di una somma di denaro da parte della banca e la connessa richiesta da parte del cliente, destinatario della stessa, di riduzione dell’ipoteca in ragione della riduzione del debito residuo.

Per quanto qui rileva, all’esito del giudizio di merito, la Banca, controricorrente dinanzi alla Corte di Cassazione, dopo aver notificato il controricorso, aveva depositato due istanze di remissione in termini, rilevando che il controricorso era stato depositato via pec e che il depositante, dopo avere ricevuto il messaggio di “avvenuta consegna”, non aveva ricevuto nessun ulteriore messaggio di superamento dei controlli automatici e manuali (c.d. “terza” e “quarta” busta). Solo successivamente, aveva appreso che nessun ricorso risultava pervenuto.

Deposito del controricorso avvenuto tempestivamente

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16552/2024, ha ripercorso i fatti e le doglianze formulate in relazione all’istanza di remissione, affermando che, secondo la normativa vigente ratione temporis “il deposito telematico di atti del processo civile avvia una procedura informatica all’esito della quale il depositante deve ricevere quattro messaggi di posta elettronica certificata (PEC)”, vale a dire:

  • il messaggio che attesta l’inoltro del deposito (ricevuta di accettazione, comunemente detta “RAC”);
  • il messaggio di avvenuta consegna del messaggio alla posta elettronica dell’ufficio giudiziario ricevente (ricevuta di avvenuta consegna, comunemente detta “RdAC”);
  • il messaggio attestante il superamento dei controlli automatici da parte del gestore del sistema informatico dell’ufficio giudiziario ricevente (c.d. “terza PEC”);
  • il messaggio attestante il superamento dei controlli manuali, a cura della Cancelleria dell’ufficio giudiziario ricevente, e la definitiva accettazione del deposito e conseguente visibilità al giudice ed alle controparti (c.d. “quarta PEC”).

Inoltre, l’art. 13 del d.m. 21.2.2011 n. 44, così come vigente all’epoca dei fatti, da un lato prevedeva che il deposito telematico nel processo civile si intendesse ricevuto dall’ufficio “nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia”; e dall’altro stabiliva che “il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34”.

Ricevuta di avvenuta consegna

Posto tale quadro normativo, la Corte di legittimità ha rilevato che l’orientamento formatosi sull’argomento in seno alla stessa riteneva che, ai fini della tempestività del deposito, era sufficiente la generazione da parte del sistema della ricevuta di avvenuta consegna, fermo restando che tale ricevuta aveva solo un effetto “prenotativo”, mentre l’efficacia del deposito restava “subordinata al superamento dei successivi controlli automatici e manuali; se questi andranno a buon fine, il deposito si riterrà compiuto sin dal momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna; se invece i suddetti controlli non andassero a buon fine, invece, il deposito non potrà dirsi effettuato”.

Nuovo deposito telematico

Per quanto atteneva, invece, ai rimedi attivabili dalla parte che era incolpevolmente decaduta dalla facoltà di depositare l’atto, a causa della mancata o tardiva generazione della terza o della quarta PEC, era consentito alla stessa, o di procedere nuovamente al deposito, entro venti giorni decorrenti dal momento in cui il depositante aveva appreso dell’esito negativo del precedente deposito, oppure di domandare la rimessione in termini se erano risultate incolpevoli sia la violazione del termine per il deposito, sia la mancata ripresa della procedura.

Rimessione in termini

Facendo applicazione delle suddette regole e linee interpretative, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, l’insuccesso del primo tentativo di deposito fu incolpevole. Rispetto a tale circostanza la Banca aveva ripreso la procedura di deposito in un termine che poteva ritenersi ragionevole. Con la conseguenza che il controricorso depositato con l’istanza di rimessione in termini aveva prodotto “gli effetti di un rinnovato e tempestivo deposito”.

atto di precetto art. 480 c.p.c.

Atto di precetto L’atto di precetto contiene un’intimazione al debitore di pagare spontaneamente quanto dovuto per evitare che venga avviata l’esecuzione forzata

Cos’è l’atto di precetto

Il precetto è l’atto con cui il creditore intima al debitore di pagare quanto dovuto, avvertendolo che in mancanza di adempimento spontaneo procederà con il pignoramento dei beni e quindi con l’esecuzione forzata.

In sostanza, il precetto ha la funzione di ultimo avvertimento, per consentire al debitore di pagare senza incorrere nell’esecuzione a danno dei beni rientranti nel suo patrimonio.

Come vedremo, l’atto di precetto, pur essendo teoricamente un atto stragiudiziale, perché precede il procedimento di esecuzione forzata, è sostanzialmente considerato dall’ordinamento il primo atto dell’esecuzione stessa, tanto da poter essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. da parte del debitore.

La notifica del precetto

L’obbligo di cui il creditore chiede l’adempimento con l’atto di precetto è quello individuato dal titolo esecutivo cui il precetto stesso fa riferimento.

Tale obbligo può corrispondere a quanto indicato in una cambiale, un assegno o in un altro titolo esecutivo, come una sentenza o un decreto ingiuntivo. Questi ultimi provvedimenti, però, prima di essere notificati al debitore, devono essere muniti di formula esecutiva.

Il precetto può essere notificato unitamente al titolo esecutivo o successivamente alla notifica del titolo.

A questo proposito, giova ricordare cosa succede se non si ritira un precetto esecutivo: in tal caso, la notifica si considera comunque perfezionata, una volta decorsi dieci giorni dall’avviso con cui il servizio postale informa il destinatario della giacenza del precetto a causa della precedente mancata consegna.

Quanto tempo passa tra atto di precetto e pignoramento?

Come abbiamo detto, per espressa previsione di legge (art. 480 c.p.c.), il precetto deve contenere l’avvertimento al debitore che, in mancanza di adempimento, si procederà ad esecuzione forzata. Quest’ultima non può, però, essere avviata dal creditore (con l’atto di pignoramento) prima di 10 giorni dalla notifica del precetto, proprio per consentire al debitore l’eventuale adempimento spontaneo.

Non solo: l’art. 491 c.p.c. impone al creditore di iniziare l’esecuzione entro novanta giorni dalla ricezione della notifica da parte del debitore. Ciò è previsto proprio per sottolineare il valore di avvertimento dell’atto di precetto a beneficio del debitore ed evitare, quindi, che il pignoramento ai danni del patrimonio di quest’ultimo possa avvenire in un tempo lontano da quello in cui egli è stato avvisato dell’intenzione del creditore di procedere ad esecuzione forzata.

Sebbene, quindi, non sia tecnicamente corretto chiedersi quando va in prescrizione un atto di precetto (poiché non si tratta di prescrizione ma di perdita di efficacia), è pacifico che una volta trascorsi 90 giorni dalla sua notifica senza che sia avviata l’esecuzione, il precetto perde la sua efficacia.

Il contenuto del precetto ex art. 480 c.p.c.

Quanto al contenuto dell’atto di precetto, in esso devono essere indicate le parti e trascritto il contenuto del titolo esecutivo. Inoltre, deve esservi l’avvertimento che il debitore può rivolgersi ad un organismo di composizione della crisi per concludere con il creditore un accordo di composizione della crisi o per predisporre un piano del consumatore (si tratta dei rimedi previsti dalla l. 3 del 2012 per risolvere le situazioni di sovraindebitamento).

Il precetto deve, inoltre, essere sottoscritto dal debitore o dal suo difensore.

Come difendersi da un atto di precetto?

Il debitore che intenda contestare l’atto di precetto notificatogli, può proporre opposizione in giudizio.

A tal fine, egli seguirà la procedura dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., qualora ritenga di contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata; oppure avanzare opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (come accennato all’inizio di questa breve guida), se solleva eccezioni sulla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto.

affitti brevi decreto turismo

Affitti brevi: cosa cambia con il nuovo decreto Emanato il decreto del ministero del Turismo sulla interoperabilità tra banche dati turistiche e strutture ricettive

Decreto del ministero del turismo

Il 6 giugno 2024, il Ministero del Turismo ha emanato il decreto ministeriale che mette in pratica le disposizioni dell’articolo 13-ter, comma 13, del Decreto legge del 18 ottobre 2023, n. 145, trasformato in Legge con modifiche il 15 dicembre 2023, n. 191. Questo provvedimento definisce le modalità di coordinamento tra le banche dati nazionali delle strutture turistico-ricettive e delle unità immobiliari affittate per brevi periodi o scopi turistici con quelle delle regioni e delle Province autonome.

Il Decreto ministeriale del 6 giugno 2024 segna un passo significativo verso una maggiore trasparenza e coordinamento nel settore turistico italiano. La BDSR e il CIN rappresentano strumenti cruciali per garantire la correttezza e la legalità delle attività ricettive, tutelando al contempo consumatori e operatori del settore.

Dettagli del decreto: Allegati A e B

Le specifiche tecniche per l’interoperabilità tra queste banche dati sono descritte negli allegati A e B del decreto, che ne costituiscono parte integrante.

BDSR e CIN: novità 2024

La Banca Dati nazionale delle Strutture Ricettive e degli immobili per locazioni brevi o scopi turistici (BDSR), istituita dall’articolo 13-quater, comma 4, del Decreto-legge del 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modifiche nella legge del 28 giugno 2019, n. 58, è un elemento chiave per garantire la protezione dei consumatori, la concorrenza leale e la trasparenza nel mercato turistico.

Funzionalità della BDSR

La BDSR facilita il coordinamento delle informazioni tra amministrazioni statali e locali, offrendo una mappatura dettagliata delle strutture ricettive a livello nazionale e contribuendo a combattere l’ospitalità irregolare. I dati raccolti includono:

  • la tipologia tipo di alloggio;
  • l’ubicazione;
  • la capacità di accoglienza;
  • il gestore dell’alloggio;
  • il codice identificativo regionale, se presente, o codice alfanumerico unico.

La BDSR permette anche l’emissione del Codice Identificativo Nazionale (CIN), come previsto dalla normativa sulle locazioni turistiche e brevi.

Interoperabilità banche dati nazionali, regionali e province

Il Decreto del 6 giugno 2024 definisce due fasi principali per l’attivazione e il funzionamento della BDSR.

Fase 1: Pilota

Durante la fase “Pilota”, il Ministero del Turismo, in collaborazione con le Regioni e le Province autonome, prepara la BDSR per il funzionamento completo. I dati essenziali sono trasmessi entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto tramite un file CSV standardizzato e il Ministero fornisce supporto tecnico per risolvere eventuali criticità. In questa fase viene assegnato un Codice Identificativo Nazionale provvisorio (CIN 1).

Fase 2: Messa in esercizio

La Fase 2 prevede la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entro il 1° settembre 2024, di un avviso che conferma l’attivazione della BDSR e del portale telematico del Ministero del Turismo per l’assegnazione del CIN.

Procedura di integrazione dati obbligatori

Una volta attivata la BDSR, i titolari e i gestori delle strutture ricettive, nonché i locatori, devono completare e aggiornare le informazioni relative alle loro proprietà per avere il CIN. L’accesso alla piattaforma avviene tramite SPID, e il sistema riconosce automaticamente le strutture associate all’utente, permettendo l’inserimento o la correzione dei dati mancanti.

Gestione delle anomalie

Se una struttura non è presente nella BDSR o se non si riesce ad accedere al database, è necessario segnalare il problema alle Regioni e Province autonome competenti tramite una procedura telematica. Le autorità hanno 30 giorni per verificare la conformità della struttura alle normative. Se la verifica è positiva, il dato viene aggiornato e il CIN verificato rilasciato. In caso contrario, il CIN non sarà rilasciato o sarà revocato se successivamente risulta non conforme.

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audio guida ciechi inps

Verbali di invalidità: il nuovo servizio Inps L'Inps ha reso noto di aver attivato il nuovo servizio di audio-guida personalizzata per i destinatari di verbali di cecità parziale e totale

Audio-guida per non vedenti

Nuovo servizio di audio-guida personalizzata e interattiva per i destinatari di verbali di cecità parziale e totale. E’ l’INPS a illustrare con il messaggio n. 2184/2024 la novità nell’ambito del PNRR.

L’audio-guida personalizzata e interattiva per i non vedenti, già in uso per l’utenza, segue a ruota gli altri servizi partiti in via sperimentale già nel dicembre scorso per gli invalidi civili.

Come funziona l’audio-guida

Il nuovo servizio mette a disposizione degli utenti le informazioni relative al giudizio medico-legale espresso e i dati più importanti riportati nel verbale sanitario, compreso l’eventuale riconoscimento di prestazioni economiche e le agevolazioni fiscali previste per legge. I contenuti sono stati altresì personalizzati con riferimento al nome del soggetto, ai diritti e agli obblighi nascenti dall’accertamento sanitario.

I servizi promossi tramite gli appositi link (call to action), spiega l’Inps, sono:

  • il servizio di Download del codice QRcode attestante lo status di invalidità civile (per richiedere subito le agevolazioni previste per legge);
  • il nuovo “Portale della disabilità” (punto di accesso unico alle informazioni e ai servizi in tema di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e handicap di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, per facilitare l’interazione degli utenti con l’Istituto);
  • il servizio “Fascicolo previdenziale” (per la verifica delle prestazioni erogate);
  • il servizio di richiesta “Deleghe identità digitale”;
  • il servizio di “Cassetta postale online” (per visualizzare/salvare la raccomandata inviata con allegato il verbale sanitario);
  • il servizio per richiedere la Disability card, che viene presentato con il relativo link di accesso al servizio solo nelle video-guide destinate a chi ne ha diritto.

Canali di accesso al servizio

L’utente con disabilità visiva in attesa di emissione del verbale sanitario, che abbia inserito i propri contatti nella sezione “Gestione consensi” dell’area riservata “MyINPS” con l’adesione ai Servizi Proattivi, riceve una notifica SMS o e-mail, non appena viene emesso il verbale, e trova depositato nella sua area riservata l’avviso “Il tuo verbale sanitario è stato emesso”, contenente un “Personal URL” che gli dà accesso all’audio-guida personalizzata con i dati principali del suo verbale sanitario.

Il testo della notifica SMS o e-mail invita l’utente ad accedere dal portale istituzionale www.inps.it all’area riservata “MyINPS”, autenticandosi con la propria identità digitale SPID, almeno di Livello 2, CNS o CIE 3.0.

L’utente, letto tramite “Jaws” il testo dell’avviso, interagendo con il link può aprire la propria audio-guida. Nella pagina del servizio trova un breve testo introduttivo che lo guida nell’ascolto delle tracce audio personalizzate e lo invita a utilizzare i link di accesso diretto ai servizi online dell’INPS dedicati.

Il servizio di audio-guida è accessibile anche mediante i servizi di notifica dell’avviso depositati nell’app “INPS Mobile” e nell’app “IO”. Pertanto, i destinatari possono accedere all’audio-guida tramite il link presente all’interno dell’avviso notificato anche dal proprio smartphone e tablet.

Il servizio di audio-guida resta a disposizione di ogni destinatario per sei mesi dall’emissione del verbale.

Infine, ricorda l’Inps, “l’aggiornamento dei propri contatti cellulare/e-mail nella sezione ‘Gestione consensi’ dell’area riservata MyINPS, con l’adesione ai Servizi Proattivi, è condizione necessaria per abilitare l’Istituto all’invio delle notifiche SMS/e-mail”.

web scraping

Web scraping: le linee guida del Garante Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento del Garante privacy contenente le indicazioni per difendere i dati personali dal web scraping

Intelligenza artificiale e web scraping

Il Garante privacy ha pubblicato le indicazioni per difendere i dati personali pubblicati online da soggetti pubblici e privati in qualità di titolari del trattamento dal web scraping, la raccolta indiscriminata di dati personali su internet, effettuata, da terzi, con lo scopo di addestrare i modelli di Intelligenza artificiale generativa (IAG). Il documento tiene conto dei contributi ricevuti dall’Autorità nell’ambito dell’indagine conoscitiva, deliberata lo scorso dicembre ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 giugno 2024.

In attesa di pronunciarsi, all’esito di alcune istruttorie già avviate tra le quali quella nei confronti di OpenAI, sulla liceità del web scraping di dati personali effettuato sulla base del legittimo interesse, l’Autorità ha ritenuto necessario fornire a quanti pubblicano online dati personali in qualità di titolari del trattamento talune prime indicazioni sull’esigenza di compiere alcune valutazioni in ordine all’esigenza di adottare accorgimenti idonei a impedire o, almeno, ostacolare il web scraping.

Misure da adottare

Nel documento l’Autorità suggerisce alcune tra le misure concrete da adottare: la creazione di aree riservate, accessibili solo previa registrazione, in modo da sottrarre i dati dalla pubblica disponibilità; l’inserimento di clausole anti-scraping nei termini di servizio dei siti; il monitoraggio del traffico verso le pagine web per individuare eventuali flussi anomali di dati in entrata e in uscita; interventi specifici sui bot utilizzando, tra le altre, le soluzioni tecnologiche rese disponibili dalle stesse società responsabili del web scraping (es: l’intervento sul file robots.txt.).

Si tratta di misure non obbligatorie che i titolari del trattamento dovranno valutare, sulla base del principio di accountability, se mettere in atto per prevenire o mitigare, in maniera selettiva, gli effetti del web scraping, in considerazione di una serie di elementi: lo stato dell’arte tecnologico; i costi di attuazione, in particolare per le PMI.

institore art. 2203 codice civile

Institore: chi è e cosa fa Chi è e cosa fa l’institore, quali sono i suoi rapporti con l’imprenditore preponente, quali i suoi poteri e le sue responsabilità. In particolare: la procura institoria

Chi è e cosa fa l’institore

L’institore è un soggetto incaricato dall’imprenditore a gestire un’impresa commerciale o un particolare ramo di essa o una sua sede secondaria.

L’incarico viene conferito con un particolare negozio giuridico, chiamato procura institoria e afferisce ad un generale potere di gestione dell’impresa e non a specifici atti.

Che differenza c’è tra institore e procuratore

Diversamente dal potere di gestione proprio dell’institore, individuato dall’art. 2203 del codice civile nei termini sopra esaminati, il procuratore ha invece dei poteri più limitati, che riguardano specifici atti.

Le funzioni di institore, inoltre, sono assimilabili a quelle di un dirigente, avendo egli dei veri e propri poteri direttivi, decisionali e di rappresentanza generale, mentre lo stesso non si può dire dei procuratori.

Entrambe le figure, comunque, sono comunemente considerate come dei lavoratori subordinati ai sensi dell’art. 2094 c.c., in quanto retribuiti dall’imprenditore e legati a questi da un rapporto continuativo. In termini più generici, di solito, l’institore e il procuratore (e altresì il commesso) vengono definiti come gli ausiliari dell’imprenditore.

Poteri dell’institore

A norma dell’art. 2204 c.c., l’institore ha il potere di compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (eccetto quelli esclusi da eventuali limiti contenuti nella procura).

L’alienazione e l’ipoteca di immobili, però, devono essere espressamente autorizzate dal proponente.

L’institore ha, inoltre, il potere di rappresentanza giudiziale dell’imprenditore. A questo riguardo, va precisato che, da un lato, l’institore può agire non solo con riferimento agli affari da lui compiuti, ma in generale per tutto ciò che afferisce all’impresa da lui gestita. Dall’altro, il suo potere di rappresentanza giudiziale non può essere limitato relativamente al lato passivo: l’institore, cioè, può essere sempre chiamato in giudizio dal terzo coinvolto con lui in un affare.

L’institore è inoltre tenuto, con l’imprenditore, all’osservanza delle norme relative all’iscrizione nel registro delle imprese e alla corretta tenuta delle scritture contabili.

Come si nomina un institore?

La procura institoria è l’atto con cui l’imprenditore prepone l’institore quale gestore della propria azienda, o di un ramo di essa.

Tale atto deve essere autenticato da un pubblico ufficiale come il notaio e successivamente trascritto presso il registro delle imprese (sebbene il rapporto institorio possa essere dimostrato, da chi ne abbia interesse, anche in assenza della procura).

I caratteri di pubblicità che caratterizzano l’atto di procura con cui viene incaricato l’institore rispondono ad un’esigenza di tutela dell’affidamento dei terzi che concludono affari, o che siano coinvolti in qualsiasi tipo di rapporto giuridico, con l’institore.

Non a caso, il codice dedica particolare attenzione sia alla disciplina della responsabilità dell’institore (e dell’imprenditore), sia alla trascrizione dei limiti al potere di rappresentanza contemplati nella procura institoria.

La procura institoria e le responsabilità dell’institore

In particolare, il secondo comma dell’art. 2206 dispone che, in mancanza dell’iscrizione della procura nel registro delle imprese, la rappresentanza dell’institore è da considerarsi generale. Ciò significa che le eventuali limitazioni concordate tra imprenditore e institore non saranno opponibili ai terzi, a meno che non si dimostri che il terzo ne era a conoscenza quando ha concluso l’affare.

Inoltre, a norma dell’art. 2207 c.c., se, successivamente all’iscrizione della procura, l’imprenditore intende apportarvi delle limitazioni, anche tali atti limitativi del potere institorio dovranno essere iscritti nel registro delle imprese, pena l’inopponibilità delle limitazioni ai terzi. Di conseguenza, in assenza di pubblicità, l’imprenditore rimane obbligato per gli atti dell’institore che superino i suoi poteri.

Riguardo alla responsabilità dell’institore, infine, l’art. 2208 c.c. chiarisce che la stessa è personale quando quest’ultimo non metta il terzo in condizioni di conoscere l’esistenza del rapporto institorio; in un’ottica di maggiore tutela dell’affidamento, al terzo è riconosciuta, comunque, azione contro l’imprenditore per gli atti compiuti dall’institore che siano pertinenti all’esercizio dell’impresa. In tal caso, l’imprenditore conserva, al contempo, il diritto di agire in regresso nei confronti dell’institore che abbia agito per il proprio interesse.

tabelle milanesi 2024

Danno non patrimoniale: le tabelle milanesi 2024 Aggiornate le Tabelle milanesi 2024 per il risarcimento del danno alla persona, novità anche sul danno biologico e la capitalizzazione anticipata della rendita

Tabelle milanesi: liquidazione del danno alla persona

Con l’entrata in vigore delle Tabelle milanesi 2024, il panorama del risarcimento del danno alla persona in Italia subisce un importante aggiornamento.

Le nuove tabelle, elaborate dall’Ordine degli Avvocati di Milano, rappresentano un punto di riferimento fondamentale per la liquidazione dei danni non patrimoniali derivanti da lesioni fisiche o psichiche. A stabilirlo era stata la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011, che ha avuto un impatto significativo nella giurisprudenza italiana in materia di risarcimento del danno alla persona.

La sentenza ha stabilito infatti che i valori di riferimento per la liquidazione del danno adottati dal Tribunale di Milano rappresentano il parametro equo da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti elementi particolari che giustifichino un aumento o una diminuzione del risarcimento. Ciò significa che i giudici, nel determinare il risarcimento del danno alla persona, in primis devono fare riferimento ai valori indicati nelle tabelle milanesi. Tali valori rappresentano un riferimento oggettivo e uniforme per la valutazione del danno, che garantisce parità di trattamento a tutti i danneggiati. Le novità introdotte dalle Tabelle Milanesi 2024 riguardano in particolare il danno biologico, il danno morale e la capitalizzazione anticipata della rendita.

Tabelle di Milano aggiornate al costo della vita

Le Tabelle Milanesi 2024 confermano il metodo di valutazione del danno biologico basato su punti di invalidità ed età del danneggiato. I valori monetari assegnati a ciascun punto di invalidità sono stati rivalutati del 16,2268%, in linea con l’aumento del costo della vita registrato dall’ISTAT. Il valore del punto del danno biologico per un’invalidità dell’1% sale a 1.393,28 euro.

In relazione al danno permanente le tabelle contemplano una liquidazione del danno congiunta, che comprende:

  • le lesioni permanenti, che possono essere accertate dal medico legale;
  • la sofferenza soggettiva presunta, che dipende dal tipo di lesione subita.

Per le lesioni comuni le tabelle prevedono valori medi, ma il danno può essere personalizzato in misura percentuale fino al 50%, tenendo conto di particolari situazioni soggettive del danneggiato. In questo modo è possibile valutare equamente e adeguatamente il danno, valutando tutte le peculiarità del caso concreto.

Le tabelle relative al danno temporaneo, al pari di quelle delle lesioni permanenti, prevedo valori medi giornalieri, aumentabili anch’essi fino al 50%, in base alle circostanze specifiche del caso concreto. Il valore per la liquidazione del danno non patrimoniale relativa a un giorno di inabilità temporanea assoluta sale a 115,00 euro.

Per  entrambe le tipologie di danno il vengono presi in considerazione l’aspetto dinamico relazionale e la sofferenza soggettiva.

Capitalizzazione anticipata della rendita

Le Tabelle Milanesi 2024 aggiornano anche i criteri per la capitalizzazione anticipata della rendita indennitaria, ovvero la conversione in un capitale di una somma da erogarsi periodicamente alla vittima. I nuovi valori tengono conto dell’andamento dei tassi d’interesse e dei coefficienti di mortalità.

Restyling grafico

Rivisitata anche la veste grafica delle tabelle al fine di agevolare il lavoro degli operatori grazie alla esplicitazione degli addendi monetari delle varie componenti del danno non patrimoniale già inclusi nel totale della colonna 5 e calcolabili in precedenza attraverso una semplice operazione aritmetica.

In questo modo si vuole scongiurare l’utilizzo della tabella come una scorciatoia, considerato che spesso che i giudici la utilizzavano senza tenere conto delle necessarie personalizzazioni relative agli aspetti dinamico relazionali e alle sofferenze morali.

Come chiarito dall’Osservatorio “l’applicazione della tabella non esonera affatto il giudice dallobbligo di motivazione in ordine al preventivo è necessario accertamento dellan debeatur ed in ordine alla congruità degli importi liquidati, in relazione alle circostanze di fatto allegati trovate dalle parti nella fattispecie concreta, anche sulla base delle emergenze della ctu”. 

Flessibilità e personalizzazione del risarcimento

L’aggiornamento delle Tabelle Milanesi 2024 rappresenta un passo avanti importante nel panorama del risarcimento del danno alla persona in Italia. L’aumento dei valori del danno biologico e la maggiore flessibilità nella personalizzazione del risarcimento consentono alle vittime di ottenere un ristoro più equo e adeguato ai danni subiti.

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