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Green Deal: dal 18 agosto in vigore il regolamento UE Il Green Deal europeo ha compiuto un altro passo fondamentale con l'entrata in vigore del regolamento UE sul "Ripristino della natura

Green Deal: il regolamento UE sul ripristino della natura

Il Green Deal europeo dal 18 agosto 2024 compie un altro passo fondamentale. In vigore il Regolamento UE sul “ripristino della natura” per ricostruire le biodiversità dei Paesi dell’Unione Europea e per conseguire gli obiettivi climatici prefissati.

Green Deal: cos’è

Il Green Deal, più nel dettaglio, è un programma piuttosto ambizioso messo a punto dalla Commissione Europea per fare fronte agli impegni internazionali dell’Agenda 2030 e dell’Accordo di Parigi.

Il Green Deal però non è solo tutela dell’ambiente, è anche crescita economica sostenibile per trasformare l’Unione Europea.

Tre gli obiettivi fondamentali:

  • raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050;
  • utilizzo più efficiente delle risorse;
  • tutela del capitale umano e dell’ambiente.

Le misure del Green Deal

Con il termine “ripristino della natura” il Regolamento si riferisce al processo finalizzato ad aiutare in modo attivo o passivo la “ristrutturazione” dell’ecosistema. L’obiettivo finale è il rafforzamento della biodiversià e la resilienza degli ecosistemi.

Le misure di ripristino devono essere attuate nelle seguenti tappe:

  • entro il 2030 su almeno il 30 % della superficie totale non in buono stato di tutti i tipi di habitat indicati nell’all’allegato I;
  • entro il 2040 su almeno il 60 % e entro il 2050 su almeno il 90 % della superficie non in buono stato di ciascun gruppo di tipi di habitat indicati nell’allegato I.

Il Regolamento UE all’articolo 5 si occupa anche del ripristino degli ecosistemi marini. L’articolo 6 invece disciplina la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Di estremo interesse le regole sul ripristino degli ecosistemi urbani, della connettività naturale dei fiumi e delle funzioni naturali delle relative pianure alluvionali, così come il ripristino delle popolazioni di impollinatori e degli ecosistemi agricoli e forestali. Prevista inoltre la messa a dimora di 3 miliardi di nuovi alberi.  

Ripristino della natura: i piani nazionali

Il Regolamento prevede che ogni Stato membro predisponga un piano nazionale di ripristino ed effettui il monitoraggio e le ricerche opportune al fine di individuare le misure necessarie a conseguire gli obiettivi fissati dal regolamento. A tal fine gli Stati devono quantificare la superficie di ogni habitat da ripristinare.

Ciascun piano nazionale deve coprire il periodo fino al 2050 e contenere scadenze intermedie corrispondenti agli obiettivi prefissati.

Entro il 30 giugno del 2032 ogni Stato deve rivedere il proprio piano nazionale includendovi eventuali misure aggiuntive. Il riesame deve essere poi ripetuto una volta ogni 10 anni. Anche in questo caso possono essere previste misure aggiuntive.

Agli Stati viene richiesto inoltre, ai sensi dell’articolo 20, di compiere un’attenta attività di monitoraggio degli habitat e di provvedere periodicamente, in base a quanto stabilito dall’articolo 21, a comunicare per via elettronica determinati dati alla Commissione Europea per aggiornarla sull’evoluzione e sulle problematiche dell’attività di ripristino.

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giurista risponde

Richiesta di rinvio pregiudiziale e mancata pronuncia Si configura l’errore revocatorio in caso di mancata pronuncia sulla richiesta di rinvio pregiudiziale?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Sì, pur se il giudice nazionale di ultima istanza non può essere obbligato dalle parti a presentare una domanda di rinvio pregiudiziale, tuttavia è obbligato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio. – Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2024, n. 3164.

La Sezione ha ritenuto che, pur se il giudice nazionale di ultima istanza non può essere obbligato dalle parti a presentare una domanda di rinvio pregiudiziale, è tuttavia obbligato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio e nel caso in cui ritenga di non rinviare dovrà motivare sul difetto di rilevanza o sulle altre ragioni di esonero dall’obbligo di rinvio, ciò considerata la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia EU.

In ragione del sistema di cooperazione tra la Corte di giustizia EU e i giudici nazionali di cui all’art. 267 T.F.U.E., terzo paragrafo, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. va riferito anche all’istanza di rinvio pregiudiziale avanzata dalle parti.

Pertanto, l’omissione di pronuncia sull’istanza di rinvio pregiudiziale risulta equiparabile all’omessa pronuncia su domanda o eccezione di parte, implicando che anche a tale fattispecie sono applicabili i principi sulla rilevanza del processo causale che ha determinato l’omessa pronuncia non ex se ma come risultato di un vizio dovuto ad errore di fatto revocatorio. Dunque, anche per l’istanza di rinvio pregiudiziale, l’errore revocatorio è configurabile in ipotesi di omessa pronuncia, purché si evinca dalla sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame l’istanza.

Contributo in tema di “Richiesta di rinvio pregiudiziale e mancata pronuncia”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

ius scholae

Ius scholae: cos’è e perché se ne parla Ius scholae: il dibattito è ancora aperto sul criterio di attribuzione della cittadinanza legato al percorso di studio e di formazione dello straniero

Ius scholae al centro del dibattito

Lo ius scholae è di nuovo al centro del dibattito politico. Il segretario di Forza Italia, nonché Ministro degli Esteri Tajani ribadisce la sua apertura agli immigrati e al riconoscimento della cittadinanza in base al criterio dello ius scholae. L’intenzione è quella di presentare la propria proposta di legge in autunno. Le proposte di legge presentate negli ultimi anni sull’argomento però non mancano.

Quella che incontra il maggior favore pare essere quella della senatrice Malpezzi.

Vediamo che cosa prevede e come i cittadini stranieri, al momento, possono acquisire la cittadinanza italiana.

Ius scholae: entro 12 anni e con 5 anni di studi

Per tale proposta, lo straniero può acquisire la cittadinanza italiana se vengono soddisfatte precise condizioni.

Lo straniero deve:

  • essere nato in Italia o deve avervi fatto ingresso entro i 12 anni di età;
  • risiedere legalmente nel nostro Paese;
  • aver frequentato regolarmente per almeno 5 anni uno o più cicli di istruzione scolastica o di formazione professionale.

Il disegno di legge si ispira a una proposta di legge che era stata presentata da Laura Boldrini e che prevedeva anche lo ius soli, con l’obiettivo di riconoscere la cittadinanza ai nati sul suolo italiano.

Ius scholae: le ragioni della proposta

Il riconoscimento della cittadinanza ai bambini e agli adolescenti stranieri si pone l’obiettivo di scongiurare fenomeni di discriminazione e vulnerabilità. Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana limita il senso di appartenenza dei giovani stranieri sia al territorio che alle comunità con riflessi negativi sulla socialità e l’integrazione.

Cittadinanza: come si acquista oggi

Lo ius scholae, se diventasse legge, si andrebbe ad aggiungere ai criteri contenuti nella legge n. 91/1992 per l’acquisizione della cittadinanza.

Al momento infatti la cittadinanza si acquista in  modi diversi: per naturalizzazione, matrimonio e nascita, per discendenza.

  • Cittadinanza per naturalizzazione: è concessa dopo 10 anni di residenza legale e continuativa in Italia allo straniero maggiore di età.
  • Cittadinanza per matrimonio: si acquisisce dopo due anni di residenza dal matrimonio con un cittadino o una cittadina italiana.
  • Cittadinanza per nascita: riguarda coloro che nascono da padre o madre che abbiano la cittadinanza italiana. Il minore che nasce in Italia da cittadini stranieri non acquista automaticamente la cittadinanza italiana. Lo stesso deve infatti dichiarare la volontà di acquisire la cittadinanza italiana dopo il compimento della maggiore età a condizione che abbia risieduto in Italia legalmente e in modo continuativo.
  • Cittadinanza per discendenza (ius sanguinis): si acquista quando uno dei due genitori è cittadino italiano.

Ius soli: tentativi di riforma falliti

Lo ius soli rappresenta un ulteriore criterio di acquisizione della cittadinanza basato sulla nascita sul suolo italiano. Negli anni tuttavia le proposte di legge che lo hanno promosso sono naufragate. Lo ius soli è un criterio che, nonostante le declinazioni più o meno temperate rispetto a quello “puro” non viene preso in considerazione quando si presenta la necessità di riformare la legge vigente.

avvocati pubblici e badge

Avvocati pubblici: il badge non lede l’autonomia Il Consiglio di Stato chiarisce che l'obbligo di utilizzo del badge da parte degli avvocati degli enti pubblici non ne lede l'autonomia professionale

Avvocati pubblici e badge

Avvocati pubblici e badge: il rapporto di lavoro subordinato tra gli avvocati e la Regione permette che gli stessi siano assoggettati al meccanismo di rilevazione automatica delle presenze, senza che ne venga intaccata l’indipendenza. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5878/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il Tar accoglieva il ricorso di alcuni avvocati in servizio presso l’ufficio legale della Regione. Gli stessi avevano fatto ricorso contro la circolare che aveva esteso il meccanismo della rilevazione automatica delle presenze indistintamente a tutto il personale dipendente.
Gli avvocati ritenevano che l’obbligo di utilizzo del badge fosse incompatibile con l’indipendenza e l’autonomia professionale proprie della qualifica di avvocato della Regione.

La Regione Campania impugnava la sentenza innanzi a Palazzo Spada ritenendo che “l’autonomia professionale degli avvocati non è intaccata dalla rilevazione delle presenze che non incide sulle modalità con cui svolgono il proprio lavoro professionale”.

Il badge non lede l’autonomia degli avvocati

Il Consiglio di Stato ritene l’appello fondato.

“Non vi è dubbio che l’avvocatura degli enti pubblici costituisce un’entità organica autonoma nell’ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica a salvaguardia delle prerogative di libertà nel patrocinio dell’amministrazione che si caratterizza per l’assenza di ingerenza nelle modalità di esercizio della professione – affermano infatti i giudici amministrativi – ma resta pur sempre un dato normativo ineludibile cioè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso di specie con la Regione”.

Ed allora, “fermo restando che tutte le attività esterne presso uffici giudiziari saranno riscontrate dall’Amministrazione attraverso le autodichiarazioni che gli avvocati presenteranno a tempo debito, in occasione della loro presenza presso gli uffici comunali non vi è alcuna ragione per cui non timbrino all’ingresso ed all’uscita. Tale modalità di controllo non lede in alcun modo la libertà di patrocinio ma è la conseguenza che, seppur con la particolarità prima ricordata, sono comunque dipendenti pubblici, e come tali soggetti al controllo del datore di lavoro”.

La giurisprudenza del CDS

Del resto, medesima conclusione era stata già affermata dal Consiglio di Stato con alcune sentenze, come la n. 5538/2018 e la n. 2434/2026. Quest’ultima sul punto afferma “con tali provvedimenti non si realizza un’ingerenza gerarchica nell’esercizio intrinseco della prestazione d’opera intellettuale propria della professione forense, e cioè «nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente», ai sensi dell’art. 23 l. n. 247 del 2012, ma si sottopone l’attività a forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell’ufficio dell’avvocato dell’ente pubblico all’organizzazione amministrativa dell’ente stesso. L’art. 23 riferisce «la piena indipendenza ed autonomia» soltanto a questa «trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente» e non trasforma affatto, ex lege, l’inerente ufficio in un organo distinto e comunque autonomo dal resto dell’ente locale. Non si ravvisa qui dunque alcuna incompatibilità con le caratteristiche di autonomia nella conduzione professionale dell’ufficio di avvocatura”.

La decisione

Da qui l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il respingimento del ricorso di primo grado.

niente smartphone a scuola

Niente smartphone a scuola e torna il diario La circolare del ministro dell'istruzione e del merito fa un passo indietro sul registro elettronico e sull'uso dello smartphone nel primo ciclo di istruzione

Smartphone a scuola, la circolare

Addio smartphone a scuola neanche per fini didattici e passo indietro sul registro elettronico. si ripristina l’uso del diario. E’ quanto chiarisce la circolare del ministro dell’istruzione e del merito dell’11 luglio 2024 recante “Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione – A.S.2024 -2025“.

Facendo seguito alla nota del dicembre del 2022, volta a regolare l’utilizzo degli smartphone e di analoghi dispositivi elettronici nelle istituzioni scolastiche, per fornire alle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, Valditara fa marcia indietro fornendo indicazioni finalizzate a introdurre il divieto dell’uso degli smartphone per lo svolgimento delle attività educative e didattiche, in vista dell’avvio dell’anno scolastico 2024/2025.

Utilizzo degli smartphone

“Importanti studi internazionali hanno rilevato la diretta correlazione fra l’uso del cellulare in classe, anche a scopo educativo e didattico, e il livello degli apprendimenti degli alunni” esordisce la circolare e citando il Rapporto Unesco 2023, evidenzia il “legame negativo tra l’uso eccessivo delle TIC e il rendimento degli studenti. In 14 Paesi è stato infatti riscontrato che la semplice vicinanza a un dispositivo mobile distrae gli studenti provocando un impatto negativo sull’apprendimento”.
Più nello specifico nel Rapporto OCSE PISA 2022 “evidenzia come gli smartphone siano fonte di distrazione per gli studenti che li usano con maggior frequenza a scuola facendo diminuire il livello di attenzione, in particolare durante le lezioni di matematica e, quindi, mettendo a rischio il rendimento nella materia”.
Non solo. “È stato altresì rilevato che l’uso continuo, spesso senza limiti, dei telefoni cellulari fin dall’infanzia e nella preadolescenza incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo determinando, tra l’altro, perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità”. A ciò si aggiunge l’aumento preoccupante in Italia di minori affetti dalla sindrome dell’Hikikomori, “ossia il fenomeno dell’isolamento sociale volontario che comporta il ritiro dei giovani nel chiuso delle proprie case rinunciando ai rapporti con il mondo esterno”.

Divieto di uso in classe del cellulare

Per cui alla luce di tali considerazioni, viene disposto “il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche a fini educativi e didattici, per gli alunni dalla scuola d’infanzia fino alla secondaria di primo grado, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato, come supporto rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per documentate e oggettive condizioni personali”.
Potranno, invece, essere utilizzati, per fini didattici, altri dispositivi digitali, quali pc e tablet, sotto la guida dei docenti.
Restano fermi, dunque, il ricorso alla didattica digitale e la sua valorizzazione, così come l’impegno a rendere edotti gli studenti sul corretto ed equilibrato uso delle nuove tecnologie, dei telefoni cellulari e dei social e sui relativi rischi, come previsto anche dal DigComp 2.2.
Le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione provvederanno, pertanto, “ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, anche prevedendo, nella scuola secondaria di primo grado, specifiche sanzioni disciplinari per gli alunni che dovessero contravvenire al divieto di utilizzo in classe dello smartphone”.

Utilizzo del registro elettronico

Passo indietro anche sul registro elettronico. La modalità di assegnare i compiti da svolgere a casa esclusivamente mediante notazione sullo stesso comporta, evidenzia il ministro, “che gli alunni consultino sistematicamente il registro elettronico attraverso dispositivi tecnologici, PC, smartphone e tablet, per verificare quali attività debbano essere svolte a casa e per quale giorno, spesso con la mediazione dei genitori, titolari delle password di accesso”.

Per cui, al fine di sostenere, fin dai primi anni della scuola primaria e proseguendo nella scuola secondaria di primo grado, lo sviluppo della responsabilità degli alunni nella gestione dei propri compiti dosando, al contempo, il ricorso alla tecnologia, viene raccomandato “di accompagnare la notazione sul registro elettronico delle attività da svolgere a casa con la notazione giornaliera su diari/agende personali”.
In tal modo, conclude la circolare, “e tenendo conto delle scadenze assegnate dai docenti nello svolgimento dei compiti, ciascun alunno potrà acquisire una crescente autonomia nella gestione degli impegni scolastici, senza dover ricorrere necessariamente all’utilizzo del registro elettronico”.

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interesse legittimo

Interesse legittimo Interesse legittimo: definizione, differenze rispetto al diritto soggettivo e  riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo

Interesse legittimo: definizione

L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva di vantaggio. Esso consiste nella pretesa che un privato vanta nei confronti della  pubblica amministrazione affinché questa eserciti il suo potere nel rispetto della legge. Mediante questa pretesa il cittadino può incidere sul corretto esercizio del potere della PA e realizzare l’interesse al bene della vita oggetto di un determinato provvedimento amministrativo.

L’interesse legittimo vantato dal singolo si scontra però e inevitabilmente con l’interesse pubblico di cui è portatrice la PA. La pubblica amministrazione infatti, con i suoi provvedimenti, può sia ampliare la sfera giuridica del singolo che restringerla.

Interessi legittimi: tipologie

Questa la ragione per la quale l’ordinamento contempla due tipi di interessi legittimi. Gli interessi legittimi pretensivi sono quelli che il soggetto vanta nei confronti della PA affinché questa adotti un certo provvedimento. Gli interessi legittimi oppositivi invece riconoscono al singolo il diritto di opporsi agli atti amministrativi che possono pregiudicare la sua sfera giuridica.

Diritto soggettivo

Nei confronti della PA il cittadino non vanta però solo interessi legittimi, ma anche diritti soggettivi. Il diritto soggettivo è un’altra posizione giuridica di vantaggio che l’ordinamento riconosce a un soggetto in relazione a un determinato bene, compresa la sua tutela giuridica.

Interesse legittimo e diritto soggettivo: differenze

L’elemento distintivo del diritto soggettivo rispetto all’interesse legittimo è rappresentato dalla assolutezza del primo rispetto al secondo, che gode per questo motivo di una tutela piena e diretta.  L’interesse legittimo è invece collegato all’esercizio del potere amministrativo e si caratterizza per la differenziazione e la qualificazione. Per differenziazione si intende la posizione del soggetto rispetto alla generalità dei consociati. La qualificazione invece deriva dal fatto che la norma sull’esercizio del potere della PA per perseguire il pubblico interesse deve necessariamente considerare anche l’interesse del singolo che è collegato a quello pubblico.

Giudice ordinario e Giudice Amministrativo

La distinzione analizzata tra interesse legittimo e diritto soggettivo è necessaria ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giuridico amministrativo.

Sul riparto di giurisdizione leggi anche Riparto giurisdizione controversie finanziamenti pubblici

Interesse legittimo e giurisdizione nella Costituzione

Dalla lettura degli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione emerge infatti che il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo è conseguenza della distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo.

L’articolo 24 riconosce a tutti i cittadini di agire in giudizio per tutelare i propri diritti soggettivi e interessi legittimi. L’articolo 103 precisa invece che la giurisdizione amministrativa per la tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi in determinate materie spetta per legge al Consiglio di Stato e agli altri organi della giustizia amministrativa.

L’articolo 113 infine riconosce la tutela contro gli atti della PA per la tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi.

Tipologie di giurisdizione del GA

Per quanto riguarda nello specifico la giurisdizione del Giudice amministrativo, essa si distingue in tre diverse tipologie.

  • Giurisdizione generale di legittimità: riguarda le controversie che hanno ad oggetto gli atti, i provvedimenti e le omissioni della PA.
  • Giurisdizione esclusiva: è quella che riguarda le materie previste specificamente dalla legge ed elencate nell’articolo 133 del Codice del processo amministrativo.
  • Giurisdizione di merito: in questi casi il giudice si sostituisce alla Pubblica Amministrazione, ma ha poteri più ampi.

Giudice amministrativo: competenza

Il Giudice amministrativo si occupa delle materie in cui ha la competenza esclusiva indicate dall’art. 133 del Codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104/2010). Esso è competente anche nelle controversie che riguardano il risarcimento del danno derivante dalla commissione di un danno ingiusto causato dalla inosservanza colposa o dolosa del termine in cui dovrebbe concludersi il procedimento amministrativo.

Il Giudice amministrativo è competente inoltre nella tutela dei diritti soggettivi, ma solo in relazione a particolari materie indicate dalla legge che riguardano “l‘esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”. 

vaccino anti papilloma

Vaccinazione anti Papilloma: il no del Garante Il Garante avverte formalmente la regione Puglia sulla vaccinazione anti Papilloma agli studenti e sulla richiesta vaccinazione anti Covid

Vaccinazione anti Papilloma a studenti: l’intervento del Garante Privacy

Violano la normativa privacy i trattamenti di dati personali previsti dalla legge regionale pugliese che introduce l’obbligo per gli studenti di scuole medie, superiori ed università, di presentare una certificazione in materia di vaccinazione al Papilloma virus (HPV) per potersi iscrivere ai relativi corsi di istruzione. È questo l’avvertimento formale inviato dal Garante per la protezione dei dati personali alla Regione Puglia, reso noto con un comunicato sul sito istituzionale.

Parola alla Consulta

L’Autorità evidenzia che – qualora la Corte Costituzionale dichiarasse la illegittimità della legge regionale pugliese, impugnata dal Governo – i trattamenti posti in essere dalla Regione non sarebbero conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, perché privi di una idonea base giuridica.  Ad analoga conclusione si giungerebbe, anche a prescindere da una eventuale pronuncia di illegittimità, poiché i trattamenti di dati non sarebbero comunque conformi ai principi di necessità e proporzionalità previsti dal Regolamento Ue (Gdpr).

Il Garante ricorda inoltre che il trattamento dei dati relativi alla salute è lecito solo in presenza di una legge dello Stato. Solo una norma uniforme a livello nazionale – peraltro per un vaccino non obbligatorio ai fini dell’iscrizione a scuola – può infatti prevedere l’acquisizione di documentazione sanitaria da parte delle autorità scolastiche così come l’onere da parte di studenti e famiglie di produrre tale documentazione.

L’avvertimento adottato nei confronti della Regione Puglia è stato comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, e inviato alla Gazzetta ufficiale per la pubblicazione.

Violazioni anche sul vaccino Covid

L’Autorità ha registrato inoltre violazioni sul fronte della vaccinazione anti Covid, notificando all’Asl di Lecce le violazioni rilevate nell’ambito dell’istruttoria avviata lo scorso giugno, a seguito della notizia del mancato accesso in ospedale di alcuni tirocinanti, perché sprovvisti della quarta dose del vaccino anti-Covid.

Ddl concorrenza: bollinato dalla Ragioneria Il Governo ha approvato il ddl sulla concorrenza e il mercato che prevede novità in materia di concessioni autostradali, startup e dehors

DDL concorrenza e mercato: ok della Ragioneria

Il ddl annuale per il mercato e la concorrenza approvato dal CdM il 26 luglio 2024 ha ottenuto la bollinatura dalla Ragioneria generale dello Stato.

La legge prevede diverse misure in materia di concessioni autostradali, dehors per migliorare la ricettività e il decorso urbano, di portabilità delle scatole nere per favorire la mobilità, di trasporto pubblico non di linea per contrastare l’abusivismo, di monitoraggio e rilevazione dei prezzi, di shrinkflation a garanzia del consumatore e di start up innovative per premiare le imprese che presentano maggiore potenzialità.

Ddl concorrenza annuale

Questo disegno di legge, che rispetta la cadenza annuale in base alla previsione del 2009, è il quarto dopo quelli del 2017, 2022 e 2023 e la sua approvazione è essenziale per lo stanziamento dei fondi previsti dal PNRR.

Leggi il comunicato sul sito del Mimit

Ecco le misure più importanti:

Concessioni autostrade: costi uniformi e senza aumenti

Tariffe autostradali uniformate in tutto il Paese e interventi per garantire che i lavori di manutenzione siano eseguiti puntualmente senza aumenti eccessivi di costo per gli automobilisti. Si mira a far incassare allo Stato una parte dei pedaggi, invece che alle aziende concessionarie, per redistribuire i fondi. Le concessioni autostradali saranno aggiudicate per mezzo di procedure pubbliche o con affidamenti diretti del ministero dei Trasporti a una società in house posta sotto il  controllo dal ministero dell’Economia. Si interrompe in questo modo il rinnovo automatico delle concessioni ai soliti concessionari per una gestione più trasparente e competitiva.

Dehors: più servizi ai cittadini e decoro urbano

Nuove norme sui dehors per migliorare i servizi ai cittadini, il decoro urbano, le risorse per i Comuni e lo sviluppo del Paese. Regole precise per mettere ordine nel settore, incentivando investimenti e migliorando la qualità delle aree urbane. Entro un anno, un decreto legislativo sarà emanato su proposta del Mimit e in concerto con vari ministeri, per coordinare la concessione di spazi pubblici ai locali. Particolare attenzione alle aree di interesse culturale e paesaggistico. I Comuni dovranno aggiornare i regolamenti per garantire il passaggio sicuro dei pedoni e delle persone con disabilità. Le norme legate alla pandemia rimarranno in vigore fino alla fine del 2025.

Scatole nere: nuove regole per la portabilità

Le assicurazioni non potranno inserire clausole che impediscano ai clienti di disinstallare senza costi i dispositivi di monitoraggio (scatole nere) alla scadenza del contratto. Si introduce la portabilità dei dati registrati dalle scatole nere, che i consumatori possono richiedere per mezzo della compagnia assicurativa. I dati (percorrenza totale, strade percorse, orari di guida) devono essere forniti in un formato leggibile e comune. Le nuove compagnie di assicurazione possono accedere a questi dati pagando un compenso una tantum. Istituito un sistema informativo per prevenire le frodi assicurative, sotto la vigilanza di IVASS, con costi a carico delle assicurazioni.

Trasporto pubblico non di linea: lotta all’abusivismo

Per contrastare l’abusivismo nel trasporto pubblico non di linea prestato da taxi e Ncc, sono previste sanzioni per la mancata iscrizione al registro, come la sospensione e la revoca della licenza. I Comuni possono verificare i dati nel registro e comunicare eventuali revoche al Ministero dei Trasporti, per facilitare un controllo più efficace delle licenze.

Le sanzioni per le infrazioni sono razionalizzate e uniformate per taxi e Ncc.

Monitoraggio e rilevazione prezzi più efficiente

Il monitoraggio dei prezzi e delle tariffe, attività compiuta dalle Camere di Commercio, viene reso più efficiente. Il Garante per la sorveglianza dei prezzi può infatti individuare i prodotti da controllare e adottare linee guida per uniformare le rilevazioni dei prezzi.

Shrinkflation: etichette per informare i consumatori

Per contrastare la shrinkflation, pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto mantenendo lo stesso confezionamento, viene introdotto lobbligo di informare i consumatori mediante unetichetta specifica sui prodotti esposti.

Startup innovative

Ampliata la definizione di start up innovative attraverso l’introduzione di nuovi criteri per premiare le imprese con più potenziale. Le micro, piccole e medie imprese che entro 2 anni dall’iscrizione al registro speciale avranno un capitale sociale di 20.000 euro e almeno un dipendente riceveranno più attenzione, soprattutto se operano in settori strategici. Queste start up inoltre potranno rimanere nel registro speciale per 84 mesi anziché 60.

Estesi i benefici fiscali del 30% dall’Ires agli incubatori certificati, promossi gli investimenti in capitale di rischio da parte di investitori privati e istituzionali.

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musica nei reels

Musica nei reels: META vince contro SIAE Per la musica nei reels e nelle stories la SIAE non dipende da META: lo ha stabilito il Consiglio di Stato dando ragione alla società di Facebook

Non c’è dipendenza tra SIAE e META

Musica nei reels e nelle stories, la SIAE non dipende da META. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5827-2024 pubblicata il 2 luglio. Il provvedimento ha riformato la sentenza n. 16069/2023 del TAR Lazio e ha stabilito che tra SIAE e META non sussiste una dipendenza economica.

AGCM: abuso di dipendenza economica

La controversia tra SIAE e Meta era iniziata durante le negoziazioni per il rinnovo del Music Rights Agreement (MRA). Questo accordo di licenza permetteva in sostanza agli utenti delle piattaforme META di pubblicare contenuti con opere musicali tutelate dalla SIAE.

Nell’aprile del 2023, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avviava un procedimento contro Meta per possibile abuso di dipendenza economica (art. 9 Legge n. 192/1998).

Il 20 aprile 2023, l’AGCM emanava un provvedimento per ripristinare le trattative e i contenuti musicali protetti da SIAE su Meta. META  contestava questo provvedimento davanti al TAR Lazio, che lo confermava con la sentenza n. 16069/2023.

Dipendenza economica: piattaforma determinante

L’AGCM ha fondato la propria decisione sull’art. 9 della L. 192/1998. La norma presume infatti l’esistenza di una dipendenza economica quando un’impresa utilizza i servizi di una piattaforma digitale che è determinante per raggiungere gli utenti finali o i fornitori.

Per l’Autorità l’assenza di contenuti musicali SIAE sulle piattaforme META era penalizzante per gli autori e metteva la SIAE in una posizione di debolezza, senza alternative di mercato.

L’AGCM inoltre aveva rilevato l’abuso di META perché in sostanza ostacolava il ricorso ad altri fornitori.

META ricorreva quindi contro la decisione di AGCM e la vicenda giungeva davanti al Consiglio di Stato.

Consiglio di Stato: SIAE non dipende economicamente da META

Il Consiglio di Stato ha esaminato vari aspetti del ricorso di META contro la sentenza del TAR Lazio.

Per prima cosa ha rilevato che l’AGCM ha fondato la sua decisione su un presupposto errato. La negoziazione infatti riguardava solo la raccolta di contenuti protetti dalla SIAE nell’Audio Library di META e non la concessione della licenza per la diffusione ai consumatori finali.

La non disponibilità di questi contenuti all’interno della Audio Library non impediva quindi la condivisione sui social network di quei contenuti che avevano un sottofondo musicale premontato. Per il Consiglio di Stato META inoltre non aveva un ruolo di intermediario, per cui l’assenza di un accordo con la SIAE non era di ostacolo alla fruibilità dei contenuti musicali sui social.

Il CdS inoltre ha ribaltato completamente l’affermazione dell’AGCM sulla presenza di alternative di mercato. Non è stato dimostrato infatti che gli utenti finali possano essere raggiunti solo tramite le piattaforme META. Meta non si è mai rifiutata di condividere le informazioni necessarie per valutare l’offerta. La stessa, a tale fine, aveva fornito una quantità significativa di dati.

Rinegoziazione: coerente con la Direttiva Copyright 790/2019

Il Consiglio di Stato in sentenza si è occupato inoltre dell’applicazione degli artt. 18 e 19 della Direttiva Copyright n. 790/2019, sottolineando come la rinegoziazione fosse coerente con la normativa europea, che richiede buona fede nello scambio di informazioni, senza ulteriori specificazioni.

Il CdS infine ha chiarito di non aver accertato in modo definitivo la posizione dominante di META nel mercato di riferimento e la condizione di dipendenza economica di SIAE. Questi aspetti dovranno essere valutati nel provvedimento finale dell’AGCM, quando si concluderà il procedimento principale.

 

Leggi anche le altre pronunce del Consiglio di Stato

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giurista risponde

Accesso al fascicolo digitale e terzo non costituito È possibile l’accesso al fascicolo digitale da parte del terzo non costituito?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Sì, l’accesso al fascicolo digitale da parte del terzo non costituito è possibile e non si pone in contrasto con la disciplina primaria dell’istituto dell’intervento. – Cons. Stato, Ad. Plen., ord. 12 aprile 2024, n. 5.

Preliminarmente è opportuno ricordare che, in materia di accesso al fascicolo digitale, l’art. 17, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, consente l’accesso, previa autorizzazione del giudice, a coloro che intendano intervenire volontariamente nel processo. Tale previsione non si pone in contrasto con la disciplina primaria, non alterando i presupposti e le condizioni dell’istituto processuale dell’intervento, che restano disciplinati dagli artt. 28, 50, 51, 97, 102, comma 2, 109, comma 2, c.p.a. La facoltà di accesso al fascicolo è, infatti, funzionale al diritto di difesa, perché in caso contrario il terzo interverrebbe al buio e ciò comporterebbe ingiustificata ed eccessiva restrizione del diritto di difesa di chi aspira a conoscere gli atti di un processo in cui non è stato evocato.

Ad ogni modo, la norma non viola la disciplina in materia di protezione dei dati personali, atteso che, in base al diritto dell’Unione europea, il divieto di trattamento non opera se è necessario accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali.

Contributo in tema di “Accesso al fascicolo digitale e terzo non costituito”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica