elezioni 2025

Dl elezioni: cosa prevede la nuova legge In vigore la nuova legge di conversione del Dl elezioni che introduce disposizioni urgenti per le elezioni 2025

Disposizioni urgenti per le consultazioni elettorali

E’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 18 maggio 2025, la nuova legge n. 72/2025, di conversione del Dl elezioni 2025, approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati l 13 marzo scorso.

Qui il testo coordinato del Dl Elezioni e della relativa legge di conversione

Dl elezioni: le novità della legge

Le norme introdotte prevedono, tra l’altro:

  • lo svolgimento delle votazioni in due giorni (domenica e lunedì), anziché in un solo giorno come previsto dalla disciplina vigente, per le elezioni amministrative e per le consultazioni referendarie del 2025. Gli orari da rispettare saranno i seguenti: per le votazioni della domenica dalle ore 7.00 alle ore 23.00; per le votazioni del lunedì dalle ore 7.00 alle ore 15.00;
  • le disposizioni applicabili in caso di svolgimento contestuale delle consultazioni elettorali e referendarie, l’ordine di scrutinio delle schede e le modalità di ripartizione delle relative spese;
  • limitatamente al 2025 per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, se è stata ammessa e votata una sola lista sono eletti i candidati della lista e quello candidato a titolo di sindaco collegato a condizione che la lista abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50% (numero di votanti non inferiore al 40% degli elettori iscritti nelle liste del comune). Il mancato raggiungimento di queste percentuali rende nulla l’elezione;
  • che i componenti dell’Ufficio elettorale potranno avere l’età limite di 70 anni;
  • la possibilità di partecipazione alle consultazioni referendarie dell’anno 2025 per tutti coloro che, per motivi di studio, lavoro o cure mediche, sono temporaneamente domiciliati in un comune di una provincia diversa da quella di residenza;
  • la soppressione della distinzione di genere delle liste elettorali, così come è soppressa la necessità di indicare il cognome del marito per le donne spostate o vedove;
  • il potenziamento delle prestazioni dei servizi erogati dal Sistema Informativo Elettorale (SIEL) del Ministero dell’interno;
  • la digitalizzazione dei sistemi elettorali e l’incremento della dotazione organica del Ministero dell’interno;
  • la sottoscrizione con firma elettronica qualificata delle liste di candidati da parte degli elettori impossibilitati ad apporre firma autografa.

Elezioni 25 e 26 maggio: decreto del Viminale

In seguito all’esame del decreto-legge, il Ministro dell’interno Matteo Piantedosi  con decreto del 24 marzo 2025, ha fissato la data di svolgimento delle elezioni amministrative nelle regioni a Statuto ordinario per domenica 25 e lunedì 26 maggio, con eventuali ballottaggi domenica 8 e lunedì 9 giugno.

I DPR del 31 marzo 2025 invece hanno indetto i comizi elettorali per i referendum nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025.

project finance

Project Finance Project finance nel Codice dei contratti pubblici: cos'è, come funziona, soggetti coinvolti, normativa e rischi

Project finance: definizione

Il project finance, o finanza di progetto, è uno strumento di partenariato pubblico-privato attraverso il quale un soggetto privato realizza, finanzia e gestisce opere pubbliche o di pubblica utilità a fronte del diritto di sfruttarne economicamente la gestione. Questo istituto è regolato nel nostro ordinamento dal Codice dei contratti pubblici, ed è pensato per facilitare la realizzazione di infrastrutture complesse senza gravare interamente sul bilancio dello Stato.

Finalità del project finance

Trattasi di uno strumento strategico per la realizzazione di opere pubbliche, in un’ottica di efficienza gestionale e sostenibilità finanziaria, in grado di attrarre risorse private in settori di pubblico interesse. Tuttavia, è necessaria una accurata valutazione dei rischi, un’adeguata struttura contrattuale e il rigoroso rispetto della procedura ad evidenza pubblica prevista dal Codice dei contratti pubblici.

Questo istituto consente la realizzazione e la gestione di opere pubbliche o servizi mediante l’investimento diretto di capitali privati, con la previsione di un ritorno economico derivante dalla gestione dell’opera stessa, secondo un piano economico-finanziario definito ex ante.

Nel linguaggio giuridico italiano si parla anche di finanza di progetto, e viene utilizzata in particolare per opere quali:

  • impianti sportivi;
  • parcheggi;
  • ospedali;
  • infrastrutture stradali;
  • reti energetiche.

La normativa di riferimento

La disciplina di questo istituto è contenuta principalmente nel Codice dei contratti pubblici, ossia:

  • Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, entrato in vigore il 1° luglio 2023: in particolare, gli articoli da 193 a 203 del Codice riguardano il partenariato pubblico-privato, con focus sul project finance;
  • Ulteriori riferimenti si trovano anche nelle linee guida ANAC e nella giurisprudenza amministrativa.

Come funziona il project finance: le fasi

Il project finance si articola in diverse fasi operative, ben disciplinate dalla normativa:

  1. Iniziativa: può essere promossa sia dalla pubblica amministrazione (project finance “pubblico”) sia da un promotore privato (project finance “privato”);
  2. Proposta progettuale: il promotore privato presenta alla PA una proposta contenente studio di fattibilità, il piano economico-finanziario e lo schema di concessione;
  3. Valutazione: l’amministrazione valuta la fattibilità, la convenienza economica e l’interesse pubblico dell’iniziativa;
  4. Procedura ad evidenza pubblica: se la proposta è accolta, la PA indice una gara per l’affidamento della concessione, nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza;
  5. Affidamento e concessione: il promotore gode di un diritto di prelazione. Se un altro soggetto si aggiudica la gara, il promotore può subentrare a pari condizioni;
  6. Progettazione esecutiva, costruzione e gestione: l’aggiudicatario si assume i rischi e i costi della realizzazione e della gestione dell’opera, recuperando l’investimento tramite tariffe, canoni o corrispettivi previsti dal contratto di concessione.

Tipologie di project finance

Il Codice distingue principalmente pertanto due tipologie di finanza di progetto:

  • Project finance a iniziativa pubblica: è la PA a promuovere l’intervento, individuando il progetto e avviando la gara.
  • Project finance a iniziativa privata: è il soggetto privato a proporre il progetto alla PA, che può valutarlo e inserirlo nella programmazione triennale dei lavori.

Soggetti coinvolti

I principali soggetti che intervengono in un’operazione di project finance sono:

  • Ente concedente (Pubblica Amministrazione): promuove o riceve la proposta e affida il progetto;
  • Promotore privato: soggetto proponente o partecipante alla gara, spesso un consorzio o società di progetto (SPV);
  • Finanziatori (banche, fondi): erogano il capitale necessario alla realizzazione dell’opera;
  • Società veicolo (Special Purpose Vehicle – SPV): costituita ad hoc per la gestione dell’opera e la sua rendicontazione economica.

Il piano economico-finanziario (PEF)

Elemento centrale del project finance è il PEF, che contiene:

  • stima dettagliata dei costi e dei ricavi previsti,
  • proiezione dei flussi di cassa,
  • analisi del rischio e delle coperture assicurative,
  • sostenibilità economico-finanziaria del progetto.

Il PEF deve essere asseverato e costituisce la base per la valutazione della bancabilità del progetto.

I rischi del project finance

Il trasferimento dei rischi è uno degli elementi qualificanti di questo strumento. Il D.lgs. 36/2023 prevede che il concessionario privato si assuma i rischi operativi, tra cui:

  • il rischio di costruzione: costi imprevisti, ritardi, varianti tecniche;
  • il rischio di disponibilità: capacità dell’opera di fornire il servizio previsto;
  • il rischio di domanda: affluenza o utilizzo inferiore alle stime, che può compromettere la redditività;
  • il rischio finanziario: variazioni dei tassi, inflazione, costi di finanziamento.

Divieto del terzo mandato

Divieto del terzo mandato: i limiti della Consulta Corte costituzionale: il divieto del terzo mandato consecutivo per i Presidenti di Regione è un principio fondamentale

Divieto del terzo mandato consecutivo

Con la sentenza n. 64 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1 della legge regionale della Campania n. 16 del 2024, ribadendo che il divieto di un terzo mandato consecutivo per i Presidenti delle Giunte regionali costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento. Tale principio vincola le Regioni a statuto ordinario sin dalle prime leggi elettorali adottate dopo l’entrata in vigore della legge n. 165 del 2004.

Il divieto del terzo mandato: un limite necessario

Secondo la Consulta, il divieto in questione rappresenta un “temperamento di sistema” che bilancia l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale, fungendo da contrappeso costituzionalmente legittimo. Non si tratta di una limitazione alla forma di governo – riservata agli statuti regionali ai sensi dell’art. 123 Cost. – bensì di una norma di carattere elettorale, che incide sul diritto di elettorato passivo e rientra nella competenza statale quale principio fondamentale previsto dall’art. 122, primo comma, della Costituzione.

Obbligatorietà principio anche senza recepimento

La Corte ha chiarito che un principio fondamentale, in quanto tale, si applica direttamente e non necessita di recepimento esplicito da parte del legislatore regionale. Ciò vale anche per norme puntuali e specifiche come il divieto del terzo mandato consecutivo, che vincola automaticamente le Regioni sin dal momento in cui queste adottano leggi elettorali coerenti con l’elezione diretta del Presidente.

Il caso Campania: illegittima la deroga

Nel caso della Regione Campania, il divieto è divenuto pienamente operativo con l’entrata in vigore della legge regionale n. 4 del 2009, che, pur non esprimendosi esplicitamente in merito, rinvia in via generale alla normativa statale. La norma impugnata – che escludeva dal computo i due mandati già svolti dal Presidente in carica, permettendone una nuova candidatura – è stata ritenuta incostituzionale, poiché viola il principio fondamentale del limite ai mandati consecutivi, così come delineato dal legislatore statale.

Irrilevante l’inerzia su analoghe leggi regionali

Infine, la Corte ha chiarito che l’eventuale mancata impugnazione di disposizioni simili adottate da altre Regioni non influisce sulla valutazione di costituzionalità. L’illegittimità può infatti essere fatta valere anche in via incidentale, nei modi previsti dall’ordinamento.

Anonimizzazione delle sentenze

Anonimizzazione delle sentenze: il Tar dice no Il Tar Lazio dice no all’anonimizzazione delle sentenze automatica nella banca dati del Ministero

Anonimizzazione delle sentenze

Anonimizzazione delle sentenze: con la sentenza n. 7625/2025, il Tar del Lazio ha annullato la decisione del Ministero della Giustizia di oscurare in modo generalizzato i dati personali contenuti nelle sentenze civili pubblicate sul portale dei servizi telematici. Secondo il giudice amministrativo, tale prassi viola il Codice Privacy e compromette la funzione pubblica della giurisprudenza, che deve essere accessibile in forma integrale per garantire la trasparenza e la comprensione delle decisioni.

Il contenzioso

La controversia nasce dal reclamo di alcuni ricercatori e operatori giuridici che, dopo l’attivazione della nuova banca dati giurisprudenziale, si sono trovati nell’impossibilità di consultare le sentenze in forma completa, a causa della rimozione sistematica di nomi, date e riferimenti essenziali. Tale oscuramento, giustificato dall’amministrazione come misura a tutela della privacy, rendeva però impraticabile l’analisi e lo studio dei precedenti giudiziari.

Il principio espresso dal Tar

Il Tar ha chiarito che non è l’amministrazione, bensì l’autorità giudiziaria, a poter decidere caso per caso sull’anonimizzazione delle sentenze, bilanciando il diritto alla riservatezza con il principio di pubblicità della giurisdizione. L’oscuramento totale, infatti, pregiudica l’effettiva intelligibilità della sentenza, impedendo di comprendere a fondo la vicenda fattuale da cui deriva il ragionamento giuridico. Inoltre, la pubblicazione integrale delle decisioni, salvo eccezioni (come nel caso di minori o procedimenti di famiglia), è prevista dal sistema normativo vigente.

giurista risponde

Silenzio assenso in materia edilizia e fiscalizzazione dell’abuso edilizio Il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile esclude la fiscalizzazione?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Si, il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile esclude di per sé la fiscalizzazione. Di conseguenza non può assumere rilevanza sanante una disciplina urbanistica o edilizia sopravvenuta, non potendo il privato confidare in una modifica del quadro normativo che renda legittimo ciò che non lo era. – Cons. Stato, sez. II, 13 dicembre 2024, n. 10076 (Silenzio assenso in materia edilizia e cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio).

I Giudici di Palazzo Spada, richiamando la costante giurisprudenza, ribadiscono che in materia edilizia l’istituto del silenzio assenso è assoggettato a una disciplina speciale e non direttamente all’art. 20 della L. 241/1990 che non è istituto di carattere generale destinato ad applicarsi in via residuale in mancanza di una diversa disciplina, in quanto la regola è quella secondo la quale le pubbliche Amministrazioni hanno il dovere di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza, così come nell’istanza ex art. 38 del D.P.R. 380/2001, che non disciplina le conseguenze della mancata risposta dell’amministrazione sull’eventuale istanza del privato, per cui non può formarsi il silenzio assenso su di essa.

Sulla base di tali premesse, la Sezione ha rilevato che, l’art. 20, comma 8, D.P.R. 380/2001, da un lato, prevede che il diniego, per impedire la formazione dell’assenso tacito, deve essere motivato; dall’altro, esclude che l’istituto si applichi qualora l’immobile o l’area in cui si trova siano sottoposti a vincoli, o vi siano state richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase. Inoltre, ciò lo si desume anche dalla disciplina in materia di silenzio assenso sull’istanza di condono che si forma solo se ricorrono tutti i requisiti soggettivi e oggettivi per l’accoglimento della stessa; e dal fatto che sull’istanza di accertamento di conformità, l’art. 36, comma 3 del D.P.R. 380/2001 prevede il meccanismo del silenzio diniego. Pertanto, laddove in materia edilizia, il legislatore, non abbia espressamente qualificato la mancata tempestiva risposta dell’amministrazione come silenzio assenso, ovvero come silenzio diniego, essa configura un’ipotesi di silenzio inadempimento, avverso la quale il privato, attraverso l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., può ottenere l’accertamento dell’obbligo di provvedere e, qualora ne ricorrano i presupposti, anche una pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio.

Con riferimento all’art. 38 del D.P.R. 380/2001 si enucleano tre diverse fattispecie: i) una riferibile a un titolo edilizio annullato per un vizio di procedura emendabile e che pertanto è soggetto a convalida ordinaria; ii) la seconda, nella quale il vizio di procedura è insanabile, ma l’opera realizzata abusivamente è conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia, che può essere mantenuta previa applicazione di una sanzione pecuniaria, il cui integrale versamento produce gli stessi effetti del permesso di costruire in sanatoria; iii) la terza, nella quale il vizio che ha annullato il titolo edilizio è di natura sostanziale, quindi l’intervento è contrastante con la disciplina applicabile, ciò precludendo sia la convalida sia la fiscalizzazione e imponendo il ripristino dello stato dei luoghi. Pertanto, l’art. 38 D.P.R. 380/2001 va a disciplinare la convalida introducendo degli elementi di specialità rispetto all’art. 21nonies, comma 2, L. 241/1990 consentendo, da un lato, la convalida del provvedimento annullato (mentre la convalida è preclusa alla formazione del giudicato), e dall’altro, limita la convalida ai vizi di procedura (escludendo i vizi sostanziali).

Nel caso in esame è stato rilevato il contrasto tra la destinazione dell’immobile e la disciplina urbanistica a esso applicabile, che di per sé esclude la fiscalizzazione. Le società ricorrenti contestavano il diniego di fiscalizzazione e l’ordinanza di demolizione emessi rispetto a un capannone utilizzato come autofficina e realizzato in base a un permesso di costruire annullato per contrasto con la normativa urbanistica applicabile all’area. Successivamente, era stata approvata una variante urbanistica, che modificava le destinazioni ammissibili nella zona, includendo quelle utili all’attività dell’autofficina.

Ad ogni modo, non si può giungere ad esiti diversi qualora nel tempo intercorso tra il rilascio del permesso di costruire poi annullato e la presentazione dell’istanza di applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione, la disciplina urbanistica sia stata modificata.

I Giudici rilevano che l’art. 38 D.P.R. 380/2001 consente che si producano, in conseguenza del pagamento di una sanzione pecuniaria, i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 D.P.R. 380/2001, pur in presenza di un bene formalmente abusivo, in quanto il titolo avrebbe dovuto essere rilasciato, stante la sostanziale legittimità dell’opera alla disciplina urbanistica all’epoca vigente e a cui si correla l’affidamento del privato, con la conseguenza che non può assumere rilevanza sanante una disciplina urbanistica o edilizia sopravvenuta, non potendo il privato confidare in una modifica del quadro normativo che renda legittimo ciò che prima non lo era. Ciò al fine di scongiurare la sanabilità dell’immobile per conformità sopravvenuta, che è stata disattesa in mancanza di una base legale. Sul punto, i Giudici precisano, che non conduce a diversa soluzione il D.L. 69/2024, convertito con modificazioni in L. 105/2024, da un lato, perché non ancora vigente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, dall’altro, perché esso non ha inteso superare il requisito della c.d. doppia conformità, ma ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità.

In conclusione, la modifica al piano regolatore generale del Comune, a prescindere dall’effettiva conformità del capannone alla nuova disciplina, non aveva rilevanza ai fini della concessione della fiscalizzazione, il cui diniego è stato ritenuto immune dai vizi dedotti dalle società ricorrenti.

 

(*Contributo in tema di “Silenzio assenso in materia edilizia e cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 83 / Marzo 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

cellulari a scuola

Cellulari a scuola: la proposta dell’Italia Divieto di cellulari a scuola: la proposta di Valditara all’Unione Europea per tutelare benessere e apprendimento

Cellulari a scuola

Divieto di cellulari a scuola: il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha presentato al Consiglio dell’Unione europea per l’Istruzione una proposta ufficiale per una raccomandazione europea sul divieto degli smartphone in classe. L’iniziativa, riportata sul sito del ministero, riguarda tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado nei Paesi membri dell’UE.

Valditara ha sottolineato come numerosi studi scientifici abbiano dimostrato gli effetti negativi dell’abuso di dispositivi mobili in età scolare, tra cui perdita di concentrazione, riduzione della memoria, peggioramento delle competenze linguistiche e indebolimento del pensiero critico. Secondo il Ministro, l’uso eccessivo degli smartphone tra bambini e preadolescenti contribuisce anche all’isolamento sociale e al calo delle performance scolastiche.

“È giunto il momento di intervenire con decisione per proteggere il benessere e la qualità dell’apprendimento dei nostri giovani”, ha dichiarato Valditara, aprendo alla possibilità di estendere il divieto anche alle scuole superiori.

Smartphone vietati in classe: la normativa italiana

In Italia, il Ministero dell’Istruzione ha già disposto a partire da settembre 2024 il divieto di utilizzo degli smartphone in classe per gli alunni della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado. Resta permesso l’uso dei dispositivi elettronici solo se previsto nei piani didattici personalizzati per studenti con disabilità o DSA.

L’Europa si muove sul divieto dei cellulari

La proposta italiana si inserisce in un contesto europeo in cui vari Stati membri stanno già adottando misure restrittive sull’uso dei cellulari nelle scuole primarie e medie. Secondo Valditara, è necessario ora un coordinamento a livello europeo, anche per regolamentare l’accesso ai social network in età scolare, contrastando fenomeni come:

  • Cyberbullismo

  • Pedopornografia online

  • Atti di autolesionismo

  • Violenza di genere digitale

La proposta italiana ha ricevuto ampio consenso da parte degli altri Paesi membri, senza registrare interventi contrari.

animali in aereo

Animali in aereo: regole Enac Animali in aereo: il Ministero annuncia le modifiche normative Enac, che consentiranno di far volare cani e gatti con i loro padroni

Animali in aereo: aggiornamento regole Enac 

L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (Enac) si prepara a introdurre un’importante novità che semplificherà notevolmente i viaggi aerei per chi possiede animali domestici. Lo annuncia il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con un comunicato del 9 maggio 2025.

Un aggiornamento delle normative, previsto per il 12 maggio, stabilirà la possibilità di trasportare cani e gatti direttamente in cabina con i loro proprietari. In questo modo si abbandona la prassi, spesso traumatica per gli animali, del trasporto in stiva.

Questa svolta è stata caldeggiata dal vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che si è detto soddisfatto per questa soluzione.

Animali in aereo: i dettagli

Il trasporto in cabina degli animali domestici sarà consentito all’interno di trasportini adeguati, che potranno essere posizionati anche sopra i sedili. L’importante è che vengano saldamente assicurati tramite le cinture di sicurezza o altri sistemi di ancoraggio.

Allentate anche le restrizioni di peso: il peso complessivo dell’animale e del trasportino potrà infatti superare i limiti precedentemente in vigore. L’unica limitazione è che non si potrà eccedere il peso massimo stabilito per un passeggero medio. Questa apertura segna un cambiamento significativo. Anche i cani e i gatti di taglia media e grande, finora relegati nella stiva pressurizzata, potranno infatti viaggiare accanto ai loro padroni.

Benefici per viaggiatori e animali

L’ufficializzazione di questa normativa da parte di Enac è destinata a essere accolta con entusiasmo dai viaggiatori che non vogliono separarsi dai propri pet, soprattutto in vista delle vacanze estive.

Questa decisione allinea il trasporto aereo italiano a quanto già avviene nel settore ferroviario, dove viaggiare con gli animali domestici è diventato più agevole.

La misura risponde alla crescente presenza degli animali da compagnia nelle famiglie italiane e all’importanza del loro ruolo nel benessere emotivo delle persone, come evidenziato da studi che ne equiparano i benefici a quelli di una relazione coniugale.

 

Leggi anche gli altri articoli dedicati agli animali 

giurista risponde

Ordinanza di demolizione e istanza di accertamento in conformità La presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ha efficacia caducante rispetto all’ordinanza di demolizione?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità non ha efficacia caducante rispetto all’ordinanza di demolizione, determinando la sola temporanea inefficacia e ineseguibilità fino all’eventuale rigetto della domanda (Cons. Stato, sez. II, 18 dicembre 2024, n. 10180).

La Sezione ricorda che, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale configura una sanzione, ai sensi dell’art. 31 del T.U. dell’edilizia, conseguente all’inosservanza dell’ordine di demolizione, dal quale il proprietario può sottrarsi solo dimostrando di non essere in grado di ottemperare all’ordine stesso, impossibilità che non può ravvisarsi nella mera onerosità.

Nel caso di specie, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto, sulla base della relazione del tecnico comunale, che non fosse ravvisabile un’impossibilità di tipo tecnico.

Inoltre, si è precisato che il fatto che l’area esterna alle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione sia di proprietà condominiale non comporta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione o dell’atto di acquisizione, ma ne determina esclusivamente l’inefficacia nei confronti degli altri comproprietari che non ne sono stati destinatari.

Pertanto, un bene immobile abusivo può formare oggetto dell’ulteriore sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio del comune se l’ordine di demolizione e il provvedimento acquisitivo siano stati notificati a tutti i proprietari. Dunque, il soggetto destinatario di tali notifiche non ha interesse a dolersi del fatto che tale notificazione sia avvenuta anche agli altri comproprietari, poiché la mancata notificazione dell’ingiunzione di demolizione dell’opera abusiva, realizzata da tutti i comproprietari, non rappresenta un vizio di legittimità dell’atto, che rimane quindi valido ed efficace. Pertanto, l’omissione della notifica, essendo un requisito per l’operatività dell’ordinanza nei confronti dei destinatari, può essere censurabile solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è posta.

Ha chiarito il Consiglio di Stato che, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità non ha efficacia caducante rispetto all’ordinanza di demolizione, ne determina la sola temporanea inefficacia e ineseguibilità fino all’eventuale rigetto della domanda. In tal caso, riprenderà a decorrere il termine per l’esecuzione e, in caso d’inottemperanza, potrà essere disposta l’acquisizione dell’opera abusiva senza necessità dell’adozione di una nuova ingiunzione o concessione di un nuovo termine di 90 giorni.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi: Cons. Stato, sez. II, 4 aprile 2024, n. 3078;
Cons. Stato, sez. VII, 2 aprile 2024, n. 2990;
Cons. Stato, sez. II, 26 marzo 2024, n. 2952;
Cons. Stato, sez. VII, 2 novembre 2023, n. 9404;
Cons. Stato, Ad. Plen., 11 ottobre 2023, n. 16;
Cons. Stato, sez. II, 9 gennaio 2023, n. 253;
Cons. Stato, sez. VI, 12 agosto 2021, n. 5875;
Cons. Stato, sez. II, 13 novembre 2020, n. 7008;
Cons. Stato, sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4745

Difformi:  Cons. Stato, sez. II, 3 novembre 2022, n. 9631;
Cons. Stato, sez. VI, 18 agosto 2021, n. 5922; Id. 12 luglio 2021, n. 5267

 

(*Contributo in tema di “Nozione di impossibilità di ripristino, rapporto tra ordinanza di demolizione, beni in comunione e istanza di accertamento di conformità”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 83 / Marzo 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

affidamento diretto

Affidamento diretto Affidamento diretto negli appalti pubblici: cos'è, come funziona e cosa prevede il nuovo Codice

Cos’è l’affidamento diretto

L’affidamento diretto è una modalità semplificata di acquisizione di beni, servizi e lavori da parte delle pubbliche amministrazioni, che consente di assegnare un contratto senza gara formale, nel rispetto di determinati limiti economici e presupposti normativi. Con l’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici – D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, l’istituto dell’affidamento diretto ha subito importanti modifiche e semplificazioni, con l’obiettivo di rendere più snelle le procedure sotto soglia.

Trattasi quindi di una procedura di selezione del contraente che consente alla stazione appaltante di individuare un operatore economico senza pubblicazione di un bando di gara e senza previa consultazione di più soggetti, pur restando obbligatorio il rispetto dei principi di legalità, trasparenza, rotazione e buon andamento.

L’affidamento diretto rappresenta un importante strumento di semplificazione per le pubbliche amministrazioni, soprattutto in ambito sotto soglia. Tuttavia, la sua efficacia dipende dalla corretta applicazione delle regole procedurali e dal rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza. Il nuovo Codice degli appalti pubblici ha consolidato la legittimità di questo istituto, introducendo regole più chiare e una digitalizzazione delle procedure che punta a una maggiore accountability.

La normativa di riferimento

La disciplina dell’istituto quindi è contenuta nel:

  • Codice dei contratti pubblici – D.lgs. n. 36/2023, in particolare agli artt. 49 e 50;
  • Allegato II.1 al Codice, che dettaglia le soglie di rilevanza comunitaria e sotto soglia;
  • Linee guida dell’ANAC, tra cui il Vademecum del 30 luglio 2024 sugli affidamenti diretti;
  • Normativa previgente (D.lgs. n. 50/2016), oggi abrogata, utile per confronto interpretativo.

Quando è possibile l’affidamento diretto: soglie economiche

Ai sensi dell’art. 50 del nuovo Codice, è possibile ricorrere all’affidamento diretto per importi inferiori a:

  • € 150.000 per lavori;
  • € 140.000 per servizi e forniture, anche nei settori speciali e per le centrali di committenza.

All’interno di queste soglie, la stazione appaltante può procedere con affidamento diretto, previa motivazione nella determina a contrarre e verifica dei requisiti generali e speciali dell’operatore economico selezionato.

Come funziona l’affidamento diretto: procedura

La procedura, pur semplificata, deve rispettare passaggi fondamentali:

  1. determina a contrarre semplificata: atto amministrativo che autorizza l’avvio della procedura, motivando la scelta dell’affidamento diretto;
  2. individuazione dell’operatore: può avvenire tramite indagini di mercato, elenco fornitori o rotazione tra precedenti affidatari;
  3. verifica dei requisiti: l’operatore deve possedere i requisiti di ordine generale (art. 94) e, se previsto, i requisiti tecnico-professionali;
  4. stipula del contratto: può avvenire anche in forma semplificata, con tracciabilità finanziaria e rispetto della normativa anticorruzione;
  5. pubblicazione degli esiti: gli esiti dell’affidamento diretto devono essere pubblicati sulla piattaforma digitale di approvvigionamento o sul sito dell’amministrazione.

Differenze con la procedura negoziata

Affidamento diretto

Procedura negoziata

Nessun obbligo di confronto concorrenziale

Consultazione di un numero minimo di operatori

Utilizzabile solo sotto soglia

Utilizzabile entro soglie specifiche

Maggiore rapidità e semplicità

Maggiore formalizzazione della procedura

I principi da rispettare

Anche in caso di affidamento diretto, la PA deve rispettare i principi generali dell’evidenza pubblica:

  • Rotazione: evitare affidamenti ripetuti allo stesso operatore senza adeguata motivazione;
  • Trasparenza: pubblicare gli atti rilevanti sul profilo del committente;
  • Concorrenza potenziale: anche se non è richiesta la consultazione di più operatori, la PA deve giustificare la scelta dell’affidatario.

Vantaggi e rischi dell’affidamento diretto

La procedura presenta indubbi vantaggi ma anche rischi inevitabili.

Vantaggi:

  • procedura rapida e snella;
  • costi inferiori di gestione amministrativa;
  • adattabilità a esigenze urgenti o di valore limitato.

Rischi:

  • eccessiva discrezionalità nella scelta del fornitore;
  • possibili violazioni del principio di rotazione;
  • contenziosi se la scelta non viene adeguatamente motivata.

Per prevenire criticità, l’ANAC ha predisposto un vademecum operativo (luglio 2024) con indicazioni sulle best practices in tema di rotazione, indagini di mercato e scelta dell’affidatario.

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ambush marketing

Ambush marketing Ambush marketing: cos’è, come funziona, quali sono le principali forme, i vantaggi e quando è considerato illecito

Che cos’è l’ambush marketing

L’ambush marketing, noto in italiano come marketing d’imboscata o pubblicità parassitaria, è una strategia di comunicazione commerciale attraverso cui un’impresa cerca di associare il proprio marchio a un grande evento (spesso sportivo o culturale), senza averne titolo né autorizzazione. Questa pratica, sebbene talvolta posta in essere con modalità creative, può sfociare in violazioni della normativa sulla concorrenza, sulla proprietà intellettuale e sulla tutela del consumatore.

Il termine ambush marketing fu coniato negli anni ’80 dal manager di American Express Jerry Welsh, per descrivere le strategie di alcuni marchi che cercavano di “infiltrarsi” in eventi sponsorizzati da concorrenti, sfruttandone la visibilità senza contribuire finanziariamente all’organizzazione.
In sostanza, si tratta di una tattica pubblicitaria non autorizzata che può indurre il pubblico a credere che l’impresa sia sponsor ufficiale dell’evento, generando confusione tra consumatori, danno economico per gli sponsor legittimi e lesione dei diritti degli organizzatori.

Come funziona l’ambush marketing

L’obiettivo dell’ambush marketing è ottenere massima esposizione mediatica a basso costo, sfruttando l’eco generata da eventi ad alta risonanza. Le aziende coinvolte cercano visibilità senza sostenere gli oneri economici di una sponsorizzazione ufficiale. Questo avviene mediante:

  • l’uso di slogan o simboli evocativi dell’evento;
  • la presenza del marchio nei pressi delle aree ufficiali;
  • l’adozione di strategie promozionali in coincidenza temporale con l’evento.

Le principali forme di ambush marketing

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3118/2025, ha individuato tre tipologie principali di ambush marketing:

  1. Ambush by association: il brand si collega all’evento mediante simboli, colori o riferimenti indiretti, pur non essendo sponsor.
  2. Ambush by intrusion: l’azienda ottiene visibilità nei luoghi fisici dell’evento (ad es. tramite striscioni o volantini nelle vicinanze).
  3. Opportunistic marketing: si sfruttano momenti salienti dell’evento per lanciare messaggi pubblicitari non autorizzati.

Il quadro normativo: cosa dice la legge in Italia

In Italia, la disciplina dell’ambush marketing è contenuta negli artt. 10-14 del Decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 8 maggio 2020, n. 31. La normativa mira a tutelare i grandi eventi di interesse nazionale, stabilendo che è vietato associare marchi, prodotti o servizi a manifestazioni ufficiali:

  • senza consenso dell’organizzatore;
  • mediante attività ingannevoli, intrusive o parassitarie.

Le violazioni possono comportare sanzioni pecuniarie fino a 2,5 milioni di euro, oltre a conseguenze civilistiche e penali (concorrenza sleale, uso illecito del marchio, pubblicità ingannevole).

Anche l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) interviene sanzionando le pratiche che violano il Codice del consumo.

Quando è considerato concorrenza sleale

L’ambush marketing diventa concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., quando:

  • induce confusione con l’attività o i prodotti di un concorrente;
  • sfrutta indebitamente la notorietà altrui;
  • viola il principio di correttezza professionale.

Ciò accade, ad esempio, quando un’azienda usa simboli simili a quelli ufficiali dell’evento, si insinua fisicamente nei luoghi riservati agli sponsor o sfrutta elementi distintivi dell’evento per attirare clienti.

Vantaggi e svantaggi dell’ambush marketing

Vantaggi per l’impresa:

  • riduzione dei costi di sponsorizzazione;
  • elevata visibilità mediatica;
  • possibilità di sfruttare la popolarità dell’evento senza formalità contrattuali.

Svantaggi e rischi:

  • sanzioni amministrative e risarcimento dei danni;
  • danno reputazionale;
  • contenziosi con gli organizzatori e gli sponsor ufficiali.

Inoltre, a lungo termine, l’uso di tattiche ingannevoli può minare la fiducia del pubblico e compromettere relazioni commerciali strategiche.