giurista risponde

Rapporti giustizia amministrativa e giustizia sportiva Quale il rapporto intercorrente tra giustizia amministrativa e giustizia sportiva e il relativo diritto di accesso documentale?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nell’ordinamento sportivo non vi è una puntuale disciplina di tutela dell’accesso; pertanto, non sussiste pregiudizialità. – TAR Lazio, sez. Iter, 6 marzo 2023, n. 3693. 

I Giudici ricordano che la legittimazione all’accesso deve distinguersi dalla legittimazione processuale, in quanto il fine dell’accesso tutela non solo le esigenze difensive del richiedente ma il più generale obbligo di trasparenza dell’azione amministrativa.

Ed invero, anche quando l’accesso è finalizzato ad esigenze difensive, come nel caso di specie, l’autonomia della relativa situazione giuridica postula e comporta una completa distinzione tra la giurisdizione sul diritto di accesso e la giurisdizione sulla situazione giuridica sottostante da tutelare in un processo pendente o eventualmente da instaurare. In proposito, rileva verificare se l’azione autonoma sia o meno soggetta al vincolo di pregiudizialità sportiva.

Occorre, dunque, prendere le mosse dell’art. 3 della L. 280/2003, che stabilisce che è possibile adire il giudice amministrativo solo dopo aver esaurito i gradi della giustizia sportiva.

In particolare, l’articolo citato individua quali condizioni ai fini del riconoscimento di una pregiudizialità sportiva: la residualità dell’azione esperita e il definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva.

Tali presupposti risultano assenti nel caso dell’azione di accesso difensivo.

Il Collegio di Garanzia ha evidenziato la mancanza di una puntuale disciplina di tutela dell’accesso nell’ordinamento sportivo.

È necessario ricordare che, ai sensi dell’art. 111 Cost., per ragioni di certezza e di giusto processo, la pregiudizialità va ancorata a dati normativi precisi, che nel caso di specie non sussistono.

Pertanto, in assenza di una disciplina puntuale dell’accesso difensivo, in materia di ordinamento sportivo non vi è pregiudizialità sportiva.

Rileva, inoltre, verificare la natura dell’atto di cui si chiede l’accesso, ossia se sia qualificabile come documento ai sensi della L. 241/1990. Il Collegio ricorda la nozione di documento amministrativo, ai sensi della lett. d), dell’art. 22, L. 241/1990, secondo la quale per documento si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una specifica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.

Conseguentemente, la nozione di documento amministrativo suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla Pubblica Amministrazione.

Da quanto sin qui esposto, il TAR Lazio ha dichiarato illegittima la declaratoria di competenza all’ostensione dell’atto richiesto.

 

giurista risponde

Potere sanzionatorio AGCM Quale il potere dell’autorità garante della concorrenza e del mercato nel procedimento sanzionatorio?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nel procedimento sanzionatorio condotto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non trova applicazione l’art. 240 c.p.p. sui documenti anonimi, che risulteranno utilizzabili se valutati con maggior rigore. – TAR Lazio, sez. I, 6 marzo 2023, n. 3699.

I Giudici hanno affermato che: “La responsabilità solidale tra due società per un illecito antitrust, laddove sussista una situazione di controllo maggioritario – c.d. parental control liability –, è configurabile limitatamente ai fatti successivi all’acquisto della partecipazione”.

Con riguardo al caso di specie, è stata esclusa la responsabilità solidale della società controllante per fatti commessi dalla controllata antecedentemente l’acquisto del controllo.

L’importo supplementare previsto dalle Linee guida sulla modalità di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, c.d. entry fee, è finalizzato a inspessire l’effetto deterrente della sanzione e necessita che l’Autorità motivi adeguatamente l’esigenza di tale rinforzo.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2022, n. 3572; Id., 27 dicembre 2021, n. 8613
giurista risponde

Interesse ad agire dei comitati di scopo È inammissibile per carenza di interesse il ricorso di opere in corso di progettazione?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Il Consiglio di Stato risponde positivamente. – Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 2023, n. 5104.

La quarta Sezione del Consiglio di Stato evidenzia che, nel caso in cui non vengano dedotti vizi propri degli atti oggetto di impugnativa, ma censure relative all’assetto urbanistico di un’area e al pregiudizio ambientale che si produrrebbe qualora il progetto acquisito tramite gara dovesse essere approvato, deducendo una lesione riguardante “l’interesse ad una buona qualità dell’aria, alla fruibilità del verde pubblico ed alla tranquillità di quartiere”, riconducibile ad una variante al Piano regolatore generale comunale, presupposto necessario ai fini dell’insediamento delle opere, ancora in corso di progettazione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse poiché la lesione dedotta dai ricorrenti non è ancora concretamente ipotizzabile.

Con riguardo alla vicenda in esame, il ricorso è stato promosso da un Comitato di Scopo denominato e da altri soggetti, contrari alla realizzazione di un Parco in una località, sostenendo l’impossibilità di destinare lo standard minimo di verde previsto in quell’area su altre aree del quartiere ovvero in aree adiacenti.

giurista risponde

Annullamento provvedimenti cautelari o disciplinari Sono restituibili le retribuzioni in conseguenza dell’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti cautelari o disciplinari?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Si, in caso di annullamento giurisdizionale di provvedimenti cautelari o disciplinari l’amministrazione datrice di lavoro è tenuta alla restituzione in integrum. – Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 25 maggio 2023, n. 367.

I Giudici del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia evidenziano che, colgono nel segno le censure articolate dall’appellante avverso la decisione di prime cure, secondo cui l’Amministrazione, in attuazione del giudicato di annullamento della sanzione della sospensione irrogata, non avrebbe potuto rinnovare il procedimento disciplinare per le medesime condotte, sebbene per giungere alla irrogazione di una sanzione meno afflittiva, avendo il giudice amministrativo escluso in radice la loro rilevanza disciplinare e la conseguenziale responsabilità dell’incolpato.

Per indirizzo giurisprudenziale consolidato (Cons. Stato, sez. II, 21 gennaio 2022, n. 394; Id., 16 marzo 2022, n. 1854) in caso di annullamento giurisdizionale di provvedimenti cautelari o disciplinari che hanno comportato effetti negativi sul rapporto di servizio del pubblico dipendente, sia in termini giuridici che economici, l’Amministrazione datrice di lavoro è tenuta alla restitutio in integrum, di talché il dipendente ha diritto a vedersi attribuire la retribuzione per i periodi di lavoro non prestato a causa dell’illegittima sospensione o interruzione del rapporto di servizio.

Nel caso di specie, è pacifico che l’appellante sia stato riammesso in servizio dopo l’annullamento del provvedimento di destituzione, ma – in ossequio all’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato – avrebbe dovuto percepire tutte le retribuzioni per i periodi in cui il suo rapporto di lavoro è stato illegittimamente sospeso in virtù dei provvedimenti di sospensione cautelare e disciplinare e, successivamente, interrotto con il provvedimento di destituzione (da esse potendo detrarsi, ossia compensarsi, unicamente gli importi corrispondenti alle sanzioni pecuniarie successivamente inflitte al ricorrente e non annullate in questa sede; nonché, ovviamente, gli importi degli assegni alimentari che furono pagati al dipendente durante i periodi di sospensione).

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. II, 21 gennaio 2022, n. 394; Id., 16 marzo 2022, n. 1854;
Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 16 luglio 2015, n. 539
giurista risponde

Regime escussione cauzione provvisoria È possibile l’incameramento della cauzione provvisoria quale conseguenza automatica dell’esclusione automatica di un operatore economico?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione. – Cons. Stato, sez. V, ord. 7 giugno 2023, n. 5618.

La quinta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione sulla compatibilità col diritto dell’Unione Europeo di una norma interna che prevede l’applicazione dell’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico.

In particolare, se gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’art. 4, Protocollo 7, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – CEDU., l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a una norma interna che preveda l’applicazione dell’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico, altresì a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia o meno risultato aggiudicatario della gara.

giurista risponde

Estensione validità temporale offerta RTI È possibile l’estensione della validità temporale dell’offerta presentata dall’R.T.I. modificando in riduzione la compagine del raggruppamento?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Il Consiglio di Stato con ordinanza ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione. – Cons. Stato, Sez. V, ord., 16 giugno 2023, n. 5950.

La quinta Sezione del Consiglio di Stato interroga la Corte di giustizia sulla compatibilità con l’ordinamento dell’Unione Europea della disciplina interna (delle disposizioni del D.Lgs. 163/2006) sulle modificazioni soggettive dei raggruppamenti temporanei di imprese, nella parte in cui detta disciplina è nel senso della esclusione, in caso di scadenza del termine di validità dell’offerta originariamente presentata da un raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, della possibilità di ridurre, all’atto dell’estensione della validità temporale della medesima offerta, la originaria compagine del raggruppamento.

Più nel dettaglio, i Giudici di Palazzo Spada hanno rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’art. 267 TFUE:

a) “se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 11 comma 6, 37 commi 8, 9, 10, 18 e 19, 38, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 163/2006) che escludono, in caso di scadenza del termine di validità dell’offerta originariamente presentata da un raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, la possibilità di ridurre, all’atto dell’estensione della validità temporale della medesima offerta, la originaria compagine del raggruppamento; in particolare, se tali disposizioni nazionali siano compatibili con i principi generali del diritto dell’Unione europea di libera iniziativa economica ed effetto utile, nonché con l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”;

b) “se la direttiva 2004/18/CE, gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 4, Protocollo 7, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – CEDU, l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 38, comma 1, lett. f), 48 e 75 del D.Lgs. 163/2006) che prevedano l’applicazione della sanzione d’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi, altresì a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia o meno risultato aggiudicatario dell’affidamento medesimo”.

Per quanto attiene alla prima questione pregiudiziale, il Consiglio di Stato ha chiarito che l’esclusione del raggruppamento si profila quale atto dovuto, sia in quanto violativo del principio di immodificabilità del RTI – qualora non sia dimostrata la sussistenza di esigenze organizzative dell’intero raggruppamento a base del recesso esercitato dal singolo operatore aderente al raggruppamento – sia laddove il recesso si profili come operato con finalità elusiva, in quanto volto a evitare una sanzione di esclusione della gara per difetto dei requisiti in capo al componente del RTI che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva. Inoltre, il combinato disposto degli artt. 11, comma 6, 37, commi 8, 9, 10, 18 e 19 e 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/2006, come interpretati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, costringendo i componenti del RTI a rimanere vincolati all’offerta presentata per un periodo indefinito di tempo, anche in caso di plurime scadenze della sua vincolatività, in presenza di gare complesse di lunga durata – con la sola possibilità di non conferma dell’offerta da parte di tutti gli originari componenti del RTI – è apparso al Collegio di dubbia compatibilità con il principio di libertà di impresa di cui all’art. 16 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea secondo cui “è riconosciuta la libertà di impresa, conformemente al diritto dell’unione e alle legislazioni e prassi nazionali” nonché con i principi di proporzionalità di cui all’art. 52 della medesima Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE.

Con riferimento alla seconda questione pregiudiziale, il Collegio evidenzia che in ragione dell’entità e assoluta rilevanza del sacrificio patrimoniale imposto a parte appellante, per la stessa l’escussione delle cauzioni provvisorie verrebbe ad acquisire i connotati di una sanzione cui non può che necessariamente riconoscersi carattere penale, secondo l’accezione cristallizzata nell’interpretazione della Corte EDU: l’automatico incameramento delle garanzie provvisorie integrerebbe gli estremi di una evidente violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, ord., 20 ottobre 2014, n. 5167; Id., 9 ottobre 2014, n. 5030;
Id., 9 luglio 2014, n. 3496, 3498 e 3499
giurista risponde

Risarcimento danno per mancata aggiudicazione gara La revoca degli atti di gara, quale atto di autotutela, comporta l’interruzione del nesso causale tra l’annullamento dell’atto di aggiudicazione e i danni subiti?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Si, interrompe il nesso causale tra l’annullamento dell’atto di aggiudicazione e i danni subiti dall’impresa aggiudicataria. – Cons. Stato, sez. III, 23 giugno 2023, n. 6208.

Preliminarmente è opportuno precisare che l’irragionevolezza di un provvedimento di revoca non può essere desunta dalla difesa, effettuata dalla p.a. in giudizio, degli atti revocati, attesa la diversità tra il soggetto che è tenuto a difendere, in giudizio, le scelte già adottate dalla p.a., esercitando il ministero del difensore, e gli organi di amministrazione attiva, tenuti invece ad adeguare l’assetto provvedimentale alle mutevoli valutazioni circa la sua aderenza al quadro dei fatti e degli interessi rilevanti venuto a determinarsi nella realtà socio-economica.

Per quanto attiene alla revoca degli atti di gara da parte della stazione appaltante, quale atto di autotutela, essa comporta l’interruzione del nesso causale tra l’annullamento dell’atto di aggiudicazione e i danni subiti dall’impresa aggiudicataria in quanto la situazione giuridica che può essere tutelata sotto il profilo del risarcimento risulta unitaria, di conseguenza qualora l’interesse a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto sia paralizzato a seguito dell’atto di autotutela che abbia posto nel nulla il procedimento di evidenza pubblica, e quest’ultimo sia risultato legittimo sotto il profilo giuridico così come da valutazione del giudice amministrativo, il predetto provvedimento di revoca non potrà essere posto a fondamento di una pretesa risarcitoria per perdita di opportunità.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. III, 11 ottobre 2021, n. 6820
giurista risponde

Nullità sentenza primo grado per motivazione apparente Può dichiararsi nulla la sentenza di primo grado per motivazione apparente?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Il Consiglio di Stato si esprime sulla nullità di una sentenza di primo grado per motivazione apparente. – Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2023, n. 6309.

Il Consiglio di Stato ha affermato che: «È nulla, per motivazione apparente, la sentenza in cui si faccia riferimento, in modo assolutamente vago e generico, alle “circostanze” relative all’affidabilità professionale dell’operatore economico, le cui dichiarazioni sarebbero state omesse o non sarebbero state correttamente vagliate dalla stazione appaltante, senza mai indicarle specificamente e analiticamente, o quanto meno senza connotarne il contenuto distintivo, nemmeno in modo riassuntivo, sintetico o allusivo».

I Giudici di Palazzo Spada hanno accolto l’appello, ricordando il principio espresso dall’Adunanza Plenaria (Cons. Stato, Ad. Plen. 10 e 11/2018), secondo cui costituisce un’ipotesi di nullità della sentenza che giustifica l’annullamento con rinvio al giudice di primo grado il difetto assoluto di motivazione. Dunque, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione, tale anomalia si identifica, oltre che nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione meramente assertiva oppure obiettivamente incomprensibile: quando, cioè, le anomalie argomentative sono di gravità tale da collocare la motivazione al di sotto delle previsioni costituzionali di cui all’art. 111, comma 5, Cost.

Nel caso in esame, il riferimento del tutto vago alle “circostanze” relative all’affidabilità professionale ha portato in secondo grado le parti a riproporre integralmente le deduzioni nel merito formulate in primo grado, elencando tutte le vicende rilevanti. Pertanto, si è determinata di fatto la trasformazione del giudizio di appello in un iudicium novum. Di qui, il carattere apparente della motivazione e dunque l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado.

giurista risponde

Stazione appaltante e variazione contratti La stazione appaltante può provvedere alla variazione dei contratti durante il periodo della loro efficacia?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Si, allorché sopravvengano esigenze tali da incidere sulle modalità esecutive delle prestazioni oggetto del contratto. – Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2023, n. 6797.

I Giudici di Palazzo Spada enunciano che. la stazione appaltante è legittimata a modificare il contratto durante il periodo della sua efficacia in presenza di sopravvenute esigenze tali da incidere sulle modalità esecutive delle prestazioni contrattuali. Ad ogni modo la variante è ammessa in presenza di determinate condizionali, quali: a) sopravvenienza di circostanze impreviste e imprevedibili per la stazione appaltante; b) mancata alterazione sostanziale della natura del contratto; c) eventuale aumento del prezzo nei limiti del 50% del valore del contratto iniziale.

Nel caso in cui la stazione appaltante operi nella fase che precede la stipulazione del contratto l’eventuale controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto afferente alla fase esecutiva del contratto a nulla rilevando l’adozione della delibera impugnata o la asserita natura paritetica e non autoritativa dell’atto.

giurista risponde

Preavviso diniego e sanatoria Come opera l’istituto del preavviso di diniego e dell’onere istruttorio per la sanatoria nel caso in cui l’autore dell’abuso non sia il proprietario esclusivo del bene?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La II Sezione del Consiglio di Stato chiarisce gli istituti. – Cons. Stato, sez. II, 21 luglio 2023, n. 7158.

La seconda Sezione del Consiglio di Stato chiarisce che l’istituto del preavviso di diniego costituisce un importante momento di interlocuzione tra p.a. e cittadino, ulteriore e successivo a quello della fase istruttoria vera e propria, connotata dalle forme tipiche della partecipazione.

È opportuno analizzare le modifiche introdotte all’art. 10bis della L. 241/1990 dall’art. 12 del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120) evidenziando l’orientamento della giurisprudenza che intende legittimare la p.a. a svolgere, in sede di adozione del provvedimento e del relativo compendio motivazionale, una valutazione complessiva delle osservazioni del privato e a precisare ulteriormente le proprie posizioni giuridiche, con il solo limite della riconducibilità delle ulteriori argomentazioni allo “schema” delineato dalla comunicazione ex art. 10bis, cit. Pur se le argomentazioni siano meramente ripetitive di quelle già poste a base della domanda del privato può ancora ritenersi insussistente l’obbligo di un’analitica confutazione da parte dell’amministrazione procedente, fermo restando che il provvedimento deve argomentare chiaramente in senso reiettivo le osservazioni del privato e non limitarsi a mere formule di stile nel senso dell’avvenuta analisi delle stesse.

Con riferimento all’onere istruttorio per la sanatoria, il Consiglio di Stato chiarisce che l’art. 11 del D.P.R. 380/2001, recante le caratteristiche del permesso di costruire stabilisce che: “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo” e che l’art. 36 individua chi abbia titolo nel responsabile dell’abuso, oltre che nell’attuale proprietario dell’immobile, con ciò volendo includere sia la posizione dell’autore dell’illecito non proprietario, sia quella del subentrante nella titolarità dell’immobile, per tale ragione presumibilmente incolpevole, ma interessato a difendere il valore del proprio bene anche in forza della sua regolarizzazione.

È opportuno precisare che, l’abusività di un’opera non può essere in alcun modo ricondotta all’assenso o dissenso degli altri comproprietari, dovendo dipendere esclusivamente dal rispetto delle regole sulla edificabilità dei suoli e di buon governo del territorio. Con la conseguenza che, la clausola di salvaguardia dei diritti dei terzi esime l’Amministrazione procedente da qualsivoglia approfondimento circa l’effettiva titolarità della pienezza del diritto proprietario del richiedente, sicché l’emergenza di future problematiche in tal senso non incidono sulla legittimità dell’atto adottato. Qualora, tuttavia, la carenza di legittimazione piena emerga per tabulas e non richieda né indagini suppletive, né prese di posizione a favore dell’una o dell’altra tesi di parte, l’Ente ha il dovere di compiere quel minimo di indagini necessarie per verificare se le contestazioni sono fondate sul piano quanto meno della legittimità formale e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento dell’esclusività, in fatto o in diritto, della sua posizione.

Ad ogni modo, la maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto a quanto dettato per il preventivo permesso di costruire, trova giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile, coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive, della fruizione di uno strumento giudiziario utile ad evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi. Se, tuttavia, l’autore dell’abuso non è il proprietario esclusivo del bene, l’Amministrazione ha un onere aggravato di approfondimento della posizione dei contitolari, giusta la rilevanza che nel procedimento edilizio assume la figura del proprietario, quale destinatario, ancorché pro quota in caso di comproprietà, della sanzione dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, 28 aprile 2023, n. 4278;
Id. 7 aprile 2023, n. 3587;
Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3924;
Cons. Stato, sez. II, 26 marzo 2021, n. 2566;
Id. 27 marzo 2020, n. 2133;
Id. 12 marzo 2020;
Cons. Stato, sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4745;
Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 961;
Id. 23 dicembre 2019, n. 6394;
Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4933;
Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 2019, n. 310;
Id. 9 marzo 2018, n. 1508;
Id. 24 febbraio 2017, n. 873;
Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2015, n. 67