Autovelox: il contesto della vicenda
Con la sentenza depositata il 9 agosto 2025, il Tribunale di Bologna ha affrontato nuovamente la questione del valore probatorio degli accertamenti di velocità rilevati tramite autovelox.
In Italia, questi dispositivi sono spesso dotati di decreto di approvazione, ma privi di omologazione, poiché il Ministero competente non ha ancora emanato il relativo decreto.
Il giudice felsineo ha riconosciuto piena efficacia probatoria agli strumenti approvati, spostando l’attenzione dal formalismo procedurale alla tutela sostanziale della sicurezza stradale.
Il quadro normativo di riferimento
La disciplina si articola in diverse disposizioni che intrecciano i due concetti:
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Art. 142, comma 6, Codice della Strada: considera fonti di prova le apparecchiature “debitamente omologate”;
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Art. 201, comma 1-ter, Codice della Strada: equipara dispositivi “omologati ovvero approvati” ai fini degli accertamenti senza la presenza fisica degli agenti;
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Art. 45, comma 6, Codice della Strada: prevede che segnali e dispositivi siano sottoposti a omologazione o approvazione ministeriale;
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Art. 4, comma 3, D.L. 121/2002: ribadisce l’alternatività delle due procedure;
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Art. 345, comma 2, Regolamento C.d.S.: riconosce espressamente l’approvazione come procedimento tecnico valido.
Le oscillazioni giurisprudenziali
Negli anni si sono formati due orientamenti contrapposti:
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Interpretazione estensiva: approvazione e omologazione sono procedure equivalenti, entrambe idonee a fondare accertamenti validi;
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Lettura restrittiva: solo l’omologazione garantirebbe piena efficacia probatoria (Cassazione, sentenza n. 10505/2024 e successive).
Il contrasto si è riflesso direttamente sulla posizione processuale degli automobilisti, incidendo sull’onere della prova e sull’attendibilità degli accertamenti.
La decisione del Tribunale di Bologna
Nel caso concreto, il conducente aveva contestato un verbale per eccesso di velocità sostenendo l’inefficacia di un autovelox privo di omologazione.
Il Tribunale ha respinto la tesi, valorizzando diversi profili:
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Interpretazione sistematica: l’art. 201, comma 1-ter, C.d.S. conferisce pari dignità a dispositivi approvati e omologati;
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Equivalenza funzionale: anche l’art. 45 C.d.S. e il D.L. 121/2002 pongono i due procedimenti sullo stesso piano;
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Rilevanza della funzionalità tecnica: richiamando la sentenza Corte cost. n. 113/2015, il giudice ha sottolineato l’importanza della taratura e delle verifiche periodiche rispetto al mero titolo formale;
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Onere probatorio del ricorrente: per superare la validità dell’accertamento, l’automobilista deve dimostrare il malfunzionamento dello strumento;
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Circostanza concreta: il dispositivo risultava regolarmente approvato, tarato nel dicembre 2021 e utilizzato per un’infrazione del novembre 2022, senza che fossero state provate anomalie.
Gli effetti della pronuncia
Il Tribunale ha riaffermato che gli autovelox approvati sono strumenti validi per rilevare violazioni dei limiti di velocità, purché sottoposti a verifiche di taratura e manutenzione.
L’assenza di omologazione non rende automaticamente invalido l’accertamento, ma impone una valutazione più accurata delle circostanze concrete.
Inoltre, spetta al ricorrente contestare puntualmente il funzionamento dell’apparecchio, non potendosi fondare l’impugnazione su sole questioni formali.