amministratore di condominio

L’amministratore di condominio può essere un agente immobiliare Corte UE: l’amministrazione condominiale è un'attività compatibile con quella di mediazione immobiliare per il diritto UE

Corte UE: compatibili amministrazione condominiale e mediazione

La Corte UE nella decisione del 4 ottobre 2024 ha stabilito che lamministratore di condominio può fare anche lagente immobiliare. Il quadro normativo italiano prevede l’incompatibilità tra l’esercizio della professione di agente immobiliare e amministratore di condominio. Questo in contrasto con la Direttiva 2006/123/CE che nel considerando 101 prevede la necessità, a tutto vantaggio dei consumatori, che i prestatori di servizi “abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari”.

La vicenda

La vicenda che viene portata all’attenzione della Corte UE ha inizio perché un’impresa individuale svolge contemporaneamente l’attività di amministratore condominiale e di agente immobiliare. Il Ministero dello Sviluppo economico, in seguito a una denuncia, chiede alla Camera di commercio competente di effettuare delle verifiche per appurare l’eventuale esistenza di un’incompatibilità o conflitto di interessi tra l’attività e di mediazione e di amministrazione condominiale. La Camera di Commercio ritiene che l’impresa svolga due attività incompatibili, per cui le vieta l’esercizio dell’attività di mediatore immobiliare, iscrivendola nel registro economico e amministrativo degli amministratori di condominio. L’impresa ricorre al TAR, che respinge il ricorso ritenendo che gli immobili gestiti nell’ambito dell’attività di amministratore possono essere indebitamente favoriti rispetto a quelli disponibili sul mercato, con conseguenze quanto all’imparzialità di cui dovrebbe dar prova un mediatore immobiliare.”

Questione pregiudiziale presentata dal Consiglio di Stato alla Corte UE

L’impresa appella la decisione al Consiglio di Stato, che si rivolge alla Corte UE per chiedere la pronuncia pregiudiziale anche sull’interpretazione dell’art. 25 della Direttiva 2006/123/CE e dell’art. 59 della Direttiva 2005/36/CE. La Direttiva 2005/36/CE disciplina in particolare l’accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio disponendo che gli Stati debbano riconoscere le qualifiche professionali riconosciute in uno o più Stati, che permettono al titolare di esercitare la relativa professione, senza discriminazioni.

La Direttiva 2006/123 invece contempla in particolare la possibilità di poter offrire ai consumatori servizi multidisciplinari.

L’articolo 25 di questa Direttiva prevede infatti che: Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:

  1. le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e limparzialità;
  2. b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e limparzialità.”

Mediazione immobiliare incompatibile con diverse attività

L’ordinamento italiano viola quanto sancito dall’articolo 25 della Direttiva 2006/123 perché l’articolo 5 della legge n. 39/1989 stabilisce diverse incompatibilità con lesercizio dellattività di mediazione. Questa attività risulta infatti incompatibile con:

  • lesercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione; – con la qualità di dipendente di tale imprenditore;
  • con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o di dipendente o collaboratore di imprese esercenti i servizi finanziari di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59;
  • con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi.”

Corte UE: l’amministratore di condominio può essere anche mediatore immobiliare

La Corte UE nell’interpretare l’art. 59 della Direttiva 2005/36 ritiene la questione pregiudiziale irricevibile. Quando procede all’interpretazione dell’art. 25 della Direttiva 2006/123 per verificare se questa disposizione osti a una normativa nazionale che preveda l’incompatibilità tra attività di mediazione e di amministrazione condominiale la Corte fornisce un importante chiarimento.

Per l’autorità giudiziaria europea infatti l’articolo 25 della Direttiva 2006/123/Ce che si occupa dei servizi nel mercato interno deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente.”

 

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corte ue conferma multa

La Corte UE conferma la multa di 2,4 miliardi a Google Conclusa la questione aperta fin dal 2017 con Google Alphabet. Per i giudici di Lussemburgo si è trattato di abuso della propria posizione dominante

Confermata multa a Google

La Corte UE conferma la multa di 2,4 miliardi a Google, per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il serrvizio di prodotti. La sentenza è resa dalla Corte nella causa C-48/22 P | Google e Alphabet/Commissione (Google Shopping).

La vicenda

La vicenda ha inizio nel 2017, quando la Commissione aveva inflitto un’ammenda di circa 2,4 miliardi di euro a Google per aver abusato della sua posizione dominante su vari mercati nazionali della ricerca su Internet favorendo il proprio servizio di comparazione di prodotti rispetto a quello dei suoi concorrenti.

Poiché il Tribunale ha, in sostanza, confermato tale decisione e mantenuto l’ammenda di cui sopra, Google e Alphabet hanno proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, che è stata respinta da quest’ultima confermando così la sentenza del Tribunale.

La Commissione

Con decisione del 27 giugno 2017, la Commissione aveva constatato che, in tredici paesi dello Spazio economico europeo (SEE), “Google aveva privilegiato, sulla sua pagina di risultati di ricerca generale, i risultati del proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. Google aveva infatti presentato i risultati di ricerca del suo comparatore di prodotti in prima posizione e li aveva valorizzati all’interno di «boxes», accompagnandoli con informazioni visive e testuali attraenti”.

Per contro, i risultati di ricerca dei comparatori di prodotti concorrenti “apparivano soltanto come semplici risultati generici (presentati sotto forma di link blu) ed erano, per tale motivo, contrariamente ai risultati del comparatore di prodotti di Google, suscettibili di essere retrocessi da algoritmi di aggiustamento nelle pagine di risultati generali di Google”.

La Commissione ha concluso che Google aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generale su Internet nonché su quello dei servizi di ricerca specializzata di prodotti e le ha inflitto un’ammenda di EUR 2 424 495 000, per il pagamento della quale Alphabet, in quanto socia unica di Google, è stata ritenuta responsabile in solido per un importo di EUR 523 518 000.

Il tribunale e la Corte

La questione era approdata innanzi al tribunale UE, il quale aveva respinto il ricorso e confermato l’ammenda.

Google e Alphabet hanno allora proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte, la quale con la sentenza in parola ha rigettato l’impugnazione e confermato la sentenza del Tribunale.

La decisione

Nella sentenza, la Corte ricorda che “il diritto dell’Unione sanziona non l’esistenza stessa di una posizione dominante, bensì soltanto lo sfruttamento abusivo di quest’ultima. In particolare, sono vietati i comportamenti di imprese in posizione dominante che restringano la concorrenza basata sui meriti e siano dunque suscettibili di causare un pregiudizio alle singole imprese e ai consumatori”.

Tra tali comportamenti rientrano quelli che, con mezzi diversi dalla concorrenza basata sui meriti, “ostacolano il mantenimento o lo sviluppo della concorrenza su un mercato in cui il grado di concorrenza è già indebolito, proprio in ragione della presenza di una o più imprese in posizione dominante”.

Non si può certo ritenere, in generale, “che un’impresa dominante che applichi ai propri prodotti o ai propri servizi un trattamento più favorevole di quello che essa accorda a quelli dei suoi concorrenti tenga, indipendentemente dalle circostanze del caso di specie, un comportamento che si discosta dalla concorrenza basata sui meriti” precisa la Corte. La stessa constata tuttavia che nella fattispecie, “il Tribunale ha effettivamente stabilito che, alla luce delle caratteristiche del mercato e delle circostanze specifiche del caso in esame, il comportamento di Google era discriminatorio e non rientrava nell’ambito della concorrenza basata sui meriti”.