tessera sanitaria

Tessera sanitaria: la guida La tessera sanitaria è un documento gratuito rilasciato a tutti i cittadini che hanno diritto alle prestazioni fornite dal SSN

Tessera sanitaria cos’è

La tessera sanitaria è il documento personale rilasciato a tutti i cittadini che hanno diritto alle prestazioni fornite dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Il documento contiene il codice fiscale assegnato dall’Agenzia delle Entrate e lo certifica.

Leggi anche la guida sulla Tessera sanitaria – pdf con le istruzioni dedicate anche ai neo-genitori e ai cittadini stranieri

A cosa serve e quanto dura

La tessera sanitaria serve ogni volta che il cittadino si reca dal medico, acquista un medicinale o richiede una visita presso le strutture del Sistema sanitario nazionale. Ad oggi, il documento vale anche come Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

La durata della tessera sanitaria è di sei anni. Alla scadenza l’Agenzia spedisce automaticamente una nuova Tessera sanitaria al proprio indirizzo di residenza presente in Anagrafe Tributaria.

La tessera europea

Nella parte posteriore del documento, spiega l’Agenzia delle Entrate, c’è la “Tessera Europea Assistenza Malattia (T.E.A.M.)”. Ciò garantisce l’assistenza sanitaria nell’Unione Europea, in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera, secondo le normative vigenti nei singoli Paesi.

Come ottenere la tessera sanitaria

La tessera sanitaria è ottenibile gratuitamente e può essere emessa se:

  • il cittadino ha il codice fiscale correttamente attribuito dall’Agenzia delle Entrate
  • è iscritto all’ASL di competenza e questa ha trasmesso i suoi dati al “Sistema tessera sanitaria”.

Chi non possiede il codice fiscale, dovrà preventivamente acquisirlo. Per l’attribuzione del codice fiscale è necessario presentare all’Agenzia il modello AA4/8 compilato e accompagnato da un valido documento d’identità.

Tessera sanitaria per neonati

Dopo la nascita del figlio, spetta ai genitori chiedere al Comune di residenza il codice fiscale per poter ricevere la tessera sanitaria a casa. I genitori, pertanto, devono presentare la dichiarazione di nascita al Comune, che attribuisce al neonato il codice fiscale, attraverso un sistema informatico collegato con l’Anagrafe Tributaria.

Una volta attribuito il codice fiscale, viene emessa la prima tessera sanitaria del neonato, che vale un anno e viene spedita al suo indirizzo di residenza, coincidente con quello della madre.

Nel momento in cui il bambino viene registrato all’ASL di competenza e viene scelto il medico pediatra, la nuova tessera sanitaria viene spedita presso la residenza, con validità di sei anni.

Tessera sanitaria per cittadini stranieri

Per i cittadini stranieri che intendono richiedere la tessera sanitaria occorre l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che, di regola, ha la stessa validità della durata del permesso di soggiorno. Alla scadenza, il cittadino che ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno deve rivolgersi di nuovo all’ASL di competenza per rinnovare l’iscrizione e richiedere l’emissione di una nuova tessera sanitaria.

Ai fini dell’iscrizione al SSN, il cittadino può usare anche il codice fiscale provvisorio attribuito dall’Agenzia delle Entrate.

Smarrimento o furto tessera sanitaria

In caso di furto, smarrimento o anche di deterioramento della tessera sanitaria, infine, è possibile richiederne una nuova direttamente online sul sito dell’Agenzia delle Entrate, via e-mail o pec presso un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, mediante richiesta alla propria ASL.

 

concordato preventivo biennale

Concordato preventivo biennale: cos’è e come funziona Il Concordato preventivo biennale stimola le imprese e i liberi professionisti ad adempiere spontaneamente i propri obblighi dichiarativi

Cos’è il Concordato Preventivo Biennale

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è uno strumento di compliance fiscale introdotto dal Decreto Legislativo n. 13 del 12 febbraio 2024, finalizzato a incentivare il rispetto volontario degli obblighi dichiarativi di imprese e professionisti. Il suo scopo è di stabilizzare le posizioni fiscali per un periodo di due anni al fine di favorire una pianificazione tributaria e ridurre il rischio di contenziosi con l’Amministrazione finanziaria.

Concordato Preventivo Biennale: destinatari

Possono aderire al CPB i contribuenti che svolgono attività d’impresa, arti o professioni e che applicano gli Indici Sintetici di Affidabilità (articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50).

Per l’ammissione il contribuente:

  • non deve avere debiti tributari o contributivi definitivamente accertati con sentenza irrevocabile;
  • se ha debiti residui, questi devono essere inferiori a 5.000 euro, comprensivi di interessi e sanzioni.

Sono esclusi dal CPB coloro che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi per almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti, o che hanno subito condanne per reati fiscali negli ultimi tre anni.

Proposta e calcolo del concordato

Il CPB prevede la possibilità per il contribuente di proporre una definizione biennale del reddito derivante dall’attività esercitata e del valore della produzione netta rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP. La proposta viene calcolata utilizzando il software “Il tuo ISA 2024 CPB”, che consente di determinare gli importi tenendo conto dei dati forniti per l’applicazione degli ISA e degli altri elementi specifici per il CPB.

Il software considera anche eventuali eventi straordinari che possono influenzare i risultati del primo anno di applicazione del Concordato, permettendo al contribuente di segnalare questi eventi nel modello dichiarativo.

Cause di esclusione

L’adesione al CPB è soggetta a determinati requisiti e limitazioni. Tra le principali condizioni ostative si segnalano:

  • la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi nei periodi d’imposta precedenti;
  • l’aver riportato condanne per reati fiscali o per specifici reati del codice penale;
  • aver conseguito reddito esente o escluso dalla base imponibile per oltre il 40% del reddito totale nel periodo precedente;
  • aver aderito al regime forfetario durante il primo periodo d’imposta oggetto del concordato;
  • aver realizzato operazioni societarie straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti) durante il biennio.

In caso di dichiarazioni false, sono previste sanzioni penali ai sensi del DPR n. 445/2000.

Oggetto del concordato

Il CPB riguarda principalmente:

  • il reddito da lavoro autonomo, senza considerare plusvalenze e minusvalenze straordinarie;
  • il reddito dimpresa, senza includere componenti straordinarie come sopravvenienze attive e passive; utili e perdite derivanti da partecipazioni societarie o in gruppi di interesse economico (GEIE).

Il reddito dichiarato non può essere inferiore a 2.000 euro e deve essere riportato in tutte le dichiarazioni annuali. Anche il valore della produzione netta, rilevante ai fini IRAP, non può scendere sotto questa soglia.

Effetti dell’adesione al concordato preventivo biennale

L’adesione al concordato produce diversi effetti per il contribuente:

  • l’esenzione dagli accertamenti previsti dall’articolo 39 del DPR n. 600/1973, salvo specifiche cause di decadenza;
  • l’accesso ai benefici premiali del regime ISA, inclusi vantaggi sull’imposta sul valore aggiunto (IVA);
  • l’obbligo di rispettare i normali adempimenti contabili e dichiarativi per i periodi d’imposta coperti dal Concordato.

L’adesione al Concordato non produce effetti per l’IVA, ma il contribuente deve comunque rispettare i requisiti previsti per le dichiarazioni fiscali.

Cessazione e decadenza

Il CPB può perdere efficacia in determinati casi:

  • cessazione dellattività o modifica significativa dell’attività svolta rispetto al periodo precedente.
  • eventi eccezionali che riducono significativamente i redditi o i valori della produzione, oltre il 30% rispetto agli importi concordati;
  • adesione al regime forfetario o realizzazione di operazioni societarie straordinarie durante il biennio;
  • superamento dei limiti di ricavi o compensi previsti dagli ISA.

 

In caso di decadenza dal Concordato, restano comunque dovute le imposte calcolate sul reddito e sul valore della produzione concordati, se superiori a quelli effettivamente conseguiti.

Termini riaperti fino al 12 dicembre 2024

Il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri martedì 12 novembre 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 novembre (dl n. 167/2024), ha riaperto, fino a l 12 dicembre 2024, i termini scaduti il 31 ottobre 2024 per consentire l’adesione al patto biennale. Questa riapertura però è riservata a chi ha presentato la propria dichiarazione entro il 31 ottobre e non ha preso parte alla prima tranche di concordato preventivo biennale. I forfettari sono esclusi.

 

Leggi anche: Concordato preventivo biennale: le istruzioni del fisco

autotutela tributaria

Autotutela tributaria: le linee guida del fisco I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate in una circolare dopo le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 219/2023

Nuova autotutela tributaria

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito chiarimenti sul nuovo regime dell’autotutela tributaria, in seguito alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo n. 219/2023. Con la Circolare n. 21/E, l’Amministrazione Finanziaria ha definito con maggiore precisione il perimetro del nuovo istituto e le modalità con cui i contribuenti possono presentare le richieste di autotutela.

Autotutela obbligatoria

La riforma ha profondamente modificato l’istituto dell’autotutela tributaria, introducendo una distinzione fondamentale tra autotutela obbligatoria e facoltativa. In particolare, il nuovo articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente impone all’Amministrazione finanziaria di annullare, anche senza una specifica istanza da parte del contribuente, gli atti di imposizione che presentano manifesta illegittimità. Questo obbligo sussiste anche in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi, qualora ricorrano uno dei vizi tassativamente previsti dalla legge, tra cui:

  • Errore di persona o di calcolo
  • Errore nell’individuazione del tributo
  • Errore materiale facilmente riconoscibile dall’Amministrazione
  • Errore sul presupposto di imposta
  • Mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente effettuati
  • Mancanza di documentazione che è stata successivamente sanata entro i termini previsti

Tuttavia, l’obbligo di autotutela non si applica in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, né se è trascorso più di un anno dalla definitività dell’atto viziato senza che il contribuente abbia impugnato l’atto.

Autotutela facoltativa

L’articolo 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente regola invece l’autotutela facoltativa. In questo caso, se l’illegittimità dell’atto di imposizione non è evidente e non ricorrono i vizi specifici elencati nell’articolo 10-quater, l’Amministrazione finanziaria ha comunque la facoltà di annullare l’atto, anche senza richiesta da parte del contribuente. Tale annullamento può avvenire se l’ente impositore riconosce che l’atto o l’imposizione sono illegittimi o infondati, anche se l’atto è già definitivo o in pendenza di giudizio.

Modalità di presentazione della richiesta di autotutela

La richiesta di autotutela deve essere indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto oggetto della contestazione. Il contribuente deve presentare l’istanza in modo dettagliato, indicando tutti gli elementi che giustificano la richiesta di annullamento, e allegare la documentazione pertinente. Per la presentazione, è necessario utilizzare modalità che certifichino l’invio, come i servizi telematici (SPID, CIE o CNS), la posta elettronica certificata (PEC) o la consegna diretta dell’istanza allo sportello dell’ufficio competente.

In sintesi, il Decreto Legislativo n. 219/2023 ha introdotto importanti novità sulla procedura di autotutela tributaria, migliorando l’accesso e l’efficienza del sistema, a beneficio tanto dei contribuenti quanto dell’Amministrazione finanziaria

testi unici materia fiscale

Testi unici in materia fiscale: approvazione definitiva Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva i decreti legislativi di tre testi unici dedicati alla materia fiscale

Testi unici in materia fiscale

Il Governo, il 29 ottobre 2024, ha approvato in via definitiva i decreti legislativi per la realizzazione di tre Testi Unici in materia fiscale, già approvati in via preliminare il 22 luglio scorso.

Si tratta di testi compilativi che non apportano novità normative. Solo nei casi in cui si è reso necessario si è provveduto alla modifica della formulazione letterale delle norme.

Vediamo quindi quali sono le materie prossime ad essere ordinate e organizzate all’interno dei tre Testi Unici approvati dal Governo che tengono conto dei pareri previsti dai rispettivi iter di approvazione.

Questi decreti fanno parte del progetto di riforma fiscale complessiva che ha portato anche alla approvazione in secondo esame definitivo del testo del decreto riscossione.

Testo unico delle sanzioni tributarie, amministrative e penali

Questo decreto legislativo che ha ricevuto il via libera definitivo dal Cdm,  su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, unifica le sanzioni tributarie, amministrative e penali al fine di

  1. identificare e organizzare in modo preciso le norme vigenti per settori omogenei, aggiornando anche i testi unici di settore attualmente in vigore;
  2. coordinare le norme esistenti, anche quelle dell’Unione Europea, apportando le necessarie modifiche per migliorarne la coerenza giuridica e logica;
  3. abrogare espressamente le disposizioni incompatibili o superate.

Cosa comprende

Il testo unico include i principi generali e le disposizioni sanzionatorie dei decreti legislativi n. 471 e n. 472 del 1997 relativi alle imposte dirette, all’IVA e  alla riscossione.

Esso comprende inoltre le leggi d’imposta per registro, ipotecaria, catastale, successioni, donazioni, bollo, concessioni governative, assicurazioni private, contratti vitalizi, imposta sugli intrattenimenti e canone Rai, le disposizioni penali tributarie e i reati in materia di imposte sui redditi e IVA del decreto legislativo  n. 74/2000.

Le norme vigenti sono state trasfuse senza modificarne la formulazione, tranne che nei casi necessari. Nello specifico sono state incluse le disposizioni sulla disciplina sanzionatoria dei singoli tributi erariali. Altre disposizioni riguardanti gli accertamenti e le sanzioni sono state integrate nei rispettivi testi unici. Questo testo considera anche le modifiche apportate dalla riforma del sistema sanzionatorio approvata il 24 maggio 2024.

Testo unico dei tributi erariali minori

Il Testo Unico che unifica i tributi erariali minori, in attuazione dell’articolo 21 della legge n. 111/2023 è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, sempre su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, con l’obiettivo di identificare le norme vigenti, organizzarle per settore di competenza, e trasfonderle senza modificarne la formulazione, salvo necessità.

Il testo unico, si compone di 100 articoli, ed è così suddiviso:

  • Titolo I: imposte assicurazioni private e contratti vitalizi.
  • Titolo II: imposta sugli intrattenimenti.
  • Titolo III: imposta sui voli dei passeggeri di aerotaxi e sugli aeromobili privati.
  • Titolo IV: imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE).
  • Titolo V: imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax).
  • Titolo VI: abbonamento alle radioaudizioni (canone RAI).
  • Titolo VII: imposta sui servizi digitali.
  • Titolo VIII: tasse sulle concessioni governative.
  • Titolo IX: tributi e diritti speciali.
  • Titolo X: disposizioni finali e disposizioni da abrogare.

Testo unico della Giustizia Tributaria

Il decreto legislativo relativo al terzo Testo Unico, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, riguarda la giustizia tributaria. Questo testo ha carattere compilativo ed è stato elaborato nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 111/2023.

Il testo si compone di due parti principali:

  • Parte I: riguarda l’ordinamento della giurisdizione tributaria. Ripropone il Titolo I del decreto legislativo n. 545/1992, definendo che la funzione giurisdizionale tributaria è esercitata da magistrati tributari assunti tramite concorso pubblico e giudici tributari iscritti nel ruolo unico nazionale.
  • Parte II: è suddivisa in tre titoli e ripropone i Titoli I e II del decreto legislativo n. 546/1992, con il Titolo III che contiene le disposizioni finali e quelle abrogate, ora incluse nel nuovo testo unico.

L’articolo 131 prevede l’entrata in vigore delle disposizioni a partire dal 1° gennaio 2026.

delega unica agli intermediari

Delega unica agli intermediari Delega unica agli intermediari: pubblicato il provvedimento sul modello unico di delega e fornisce le istruzioni per la sua comunicazione

Delega unica agli intermediari: il modello

Arriva la delega unica agli intermediari. Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate con il provvedimento del 2 ottobre 2024 protocollo n. 0375356/2024 attua l’articolo 21 del decreto legislativo n. 1/2024 sul modello unico di delega previsto per gli intermediari al fine di accedere ai servizi online dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Modello unico di delega per l’accesso: art. 21

  • L’articolo 21 che il provvedimento del Direttore attua dispone infatti che il contribuente possa delegare gli intermediari previsti dall’ 3, comma 3 del DPR n. 322/1998 all’utilizzo dei servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, compilando un modello unico.

Trattasi in particolare dei seguenti intermediari:

  • gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali e consulenti del lavoro; 
  • i soggetti iscritti al 30.09.1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
  • le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell’articolo 32, comma 1, lettere a)b)c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
  • i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;
  • gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.”

La delega deve indicare specificamente quali tipi di servizi intende delegare.

Contenuto della delega unica

La delega deve contenere determinati dati e informazioni:

  • codice fiscale, dati anagrafici del delegante e dell’intermediario;
  • servizi online che il delegante vuole delegare o revocare;
  • data della delega o della revoca.

Servizi che possono essere delegati

Il punto 4 del provvedimento precisa quali servizi è possibile delegare agli intermediari:

– consultazione del Cassetto fiscale delegato;

– uno o più servizi relativi alla Fatturazione elettronica/corrispettivi telematici, ovvero:

  1. consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche o dei loro duplicati informatici,
  2. consultazione dei dati rilevanti ai fini IVA,
  3. registrazione dell’indirizzo telematico,
  4. fatturazione elettronica e conservazione delle fatture elettroniche,
  5. accreditamento e censimento dispositivi;

– acquisizione dei dati ISA e di quelli per la determinazione della proposta di concordato preventivo biennale;

-servizi online dell’area riservata dell’Agenzia delle entrate Riscossione.

Delega unica: conferimento, durata, rinnovo, revoca e rinuncia

La delega può essere conferita, al massimo, a due intermediari. In questo caso occorrono due comunicazioni distinte all’Agenzia delle Entrate.

Come anticipato la delega dura fino al 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui la stessa viene conferita. Il delegante però può sempre revocarla così come il delegato rinunciarvi.

La delega può essere rinnovata se non è ancora scaduta e se non ci sono variazioni. La comunicazione del rinnovo deve essere eseguita a partire dal 90° giorno antecedente la scadenza originaria. Il rinnovo non causa la revoca della delega, ma ne prolunga l’efficacia a partire dal giorno successivo a quello della scadenza originaria.

Il delegante può revocare la delega e comunicarlo direttamente. A questo adempimento può provvedere anche l’intermediario.

La delega è revocata anche in caso di variazione di uno o più dati, questo comporta l’attivazione di una nuova delega con i dati nuovi e la scadenza in questo caso decorre dalla data di attivazione di quella nuova.

La rinuncia alla delega da parte dell’intermediario è comunicata dallo stesso tramite apposita modalità web presente all’interno della sua area riservata ed è immediatamente efficace.

Comunicazione della delega unica

La comunicazione dei dati della delega all’Agenzia è necessaria per l’attivazione. La comunicazione può essere fatta dal contribuente delegante dalla sua area riservata o dall’intermediario tramite la trasmissione di un file xml sottoscritto con firma digitale, FEA CIE o FEA (firma elettronica avanzata).

La comunicazione può essere effettuata inoltre tramite un sevizio web specifico per il conferimento della delega dopo apposita convenzione tra intermediario e Agenzia.

Leggi le specifiche tecniche per la comunicazione dei dati relativi alla delega unica

Obblighi intermediario

L’intermediario delegato può utilizzare i servizi delegati previa accettazione. Con l’accettazione esso di impegna a utilizzare le informazioni del contribuente per le finalità della delega. Il delegato deve poi conservare le deleghe e i documenti a queste collegati fino al 10° anno successivo.

Essi devono tenere inoltre un registro in cui annotare le deleghe e dati specifici.

L’Agenzia può effettuare dei controlli presso gli intermediari. In presenza di irregolarità nella gestione delle deleghe o delle loro revoche l’Agenzia può procedere alla revoca, fatta salva la responsabilità civile e l’applicazione di sanzioni penali.

 

Vuoi sapere di più sul decreto legislativo n. 1/2024? Allora leggi anche: Avvisi bonari: dal 1° settembre il fisco batte cassa

bonus natale

Bonus Natale 2024: i chiarimenti del fisco L'Agenzia delle Entrate fornisce, con una circolare, le istruzioni operative agli uffici e le indicazioni per ottenere il beneficio del bonus Natale

Bonus Natale 2024: la circolare dell’Agenzia delle Entrate

Bonus Natale 2024: sono pronte le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate per ottenere il beneficio previsto per quest’anno dal Dl n. 113/2024 (Decreto Omnibus), destinato ai lavoratori dipendenti.

Con la Circolare n. 19 del 10 ottobre 2024 il fisco fornisce le istruzioni operative agli uffici per garantirne l’uniformità di azione. Il documento di prassi spazia dai requisiti relativi al reddito e alla situazione familiare, fino alle modalità per richiederlo al datore di lavoro ed alle istruzioni per i sostituti d’imposta che erogano il bonus.

Presupposti soggettivi e oggettivi

Innanzitutto, la circolare rammenta i presupposti che l’art. 2-bis, comma 1, del Decreto Omnibus stabilisce per l’erogazione del bonus ai lavoratori dipendenti.

In particolare, devono sussistere, congiuntamente, le seguenti condizioni: a) reddito complessivo non superiore a 28.000 euro; b) coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato, entrambi (coniuge e figlio) fiscalmente a carico, oppure, in alternativa, almeno un figlio, fiscalmente a carico, in presenza di un nucleo familiare c.d. monogenitoriale; c) imposta lorda, determinata sui redditi di lavoro dipendente, di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del TUIR.

Rapporto di lavoro dipendente a tempo determinato o indeterminato

Ai fini del riconoscimento del bonus in esame, ricorda il fisco, “è necessario essere titolare di un reddito di lavoro dipendente nel corso dell’anno 2024, a nulla rilevando la tipologia contrattuale del rapporto di lavoro dipendente (ad esempio lavoro a tempo determinato o indeterminato)”.

L’articolo 2-bis, comma 2, del Decreto Omnibus dispone altresì “che l’indennità in esame non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF e viene riproporzionata nel quantum in funzione del periodo di lavoro del dipendente nell’anno d’imposta 2024”.

I giorni per i quali spetta il bonus coincidono con quelli che hanno dato diritto alla retribuzione. L’Agenzia precisa che “in ogni caso, nessuna riduzione del bonus deve essere effettuata in presenza di particolari modalità di articolazione dell’orario di lavoro (ad esempio il part-time orizzontale, verticale o ciclico)”.

Reddito di riferimento

La circolare si sofferma poi, con riferimento al requisito reddituale sul calcolo del reddito complessivo, stabilendo che occorre considerare l’ammontare del c.d. reddito di riferimento. Tale reddito è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’articolo 10, comma 3-bis, del TUIR.

Nucleo familiare monogenitoriale e conviventi

Con riferimento al nucleo familiare c.d. monogenitoriale l’Agenzia chiarisce che sussiste qualora, alternativamente: l’altro genitore è deceduto; l’altro genitore non ha riconosciuto il figlio nato fuori del matrimonio; il figlio è stato adottato da un solo genitore (destinatario del bonus) oppure è stato affidato o affiliato a un solo genitore (destinatario del bonus). In queste ultime tre ipotesi, ferma restando la sussistenza degli altri requisiti previsti dalla norma in capo al lavoratore richiedente, il bonus spetta all’unico genitore non coniugato o, se coniugato, successivamente separatosi legalmente ed effettivamente. In tali casi, che si connotano per la presenza di un unico genitore, si osserva, inoltre, che la situazione di convivenza more uxorio non preclude, ferma restando la sussistenza degli altri requisiti, la spettanza del bonus.

Diversamente, nelle ipotesi in cui il figlio fiscalmente a carico abbia due genitori, che lo abbiano riconosciuto, l’indennità non spetta: al lavoratore dipendente che vive con il figlio a carico e convive con l’altro genitore in un rapporto affettivo stabile dichiarato all’anagrafe comunale; al lavoratore dipendente che vive con il figlio a carico e convive con l’altro genitore senza alcuna formalizzazione all’anagrafe comunale; al lavoratore dipendente che vive insieme al figlio a carico da solo o con una terza persona (in un rapporto affettivo dichiarato o meno all’anagrafe comunale) ed è separato dall’altro genitore. Il bonus, in siffatte ipotesi, non spetta, chiariscono le Entrate, poiché il convivente non può essere considerato un coniuge fiscalmente a carico, né la famiglia può definirsi monogenitoriale, in quanto il figlio a carico è stato riconosciuto da entrambi i genitori.

Adempimenti del datore di lavoro e del lavoratore

Quanto agli adempimenti del datore di lavoro e del lavoratore, la circolare rammenta che che è il sostituto d’imposta pubblico o privato, a riconoscere il bonus unitamente alla tredicesima mensilità su richiesta del lavoratore dipendente, che attesta per iscritto di avervi diritto, indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli fiscalmente a carico, o dei soli figli in caso di nucleo familiare monogenitoriale.

Il lavoratore dipendente è tenuto a comunicare al sostituto d’imposta – tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà – la sussistenza dei requisiti reddituali e familiari per beneficiare dell’indennità in esame.

Importo sotto forma di credito da usare in compensazione

In seguito alla richiesta del lavoratore, il sostituto d’imposta riconosce l’indennità unitamente alla tredicesima mensilità e le somme erogate dal medesimo sono recuperate sotto forma di credito da utilizzare in compensazione, a partire dal giorno successivo all’erogazione in busta paga dell’indennità.

A tal fine, informa l’Agenzia, “sarà istituito, con apposita risoluzione, il codice tributo da utilizzare per la compensazione”.

Successivamente all’erogazione, il sostituto d’imposta verifica in sede di conguaglio, la spettanza dell’indennità e, qualora la stessa risulti non spettante, provvede al recupero del relativo importo.

Qualora il lavoratore dipendente “abbia beneficiato dell’indennità in assenza dei presupposti richiesti o in misura superiore a quella spettante e non sia più possibile per il sostituto d’imposta effettuare il conguaglio a debito – conclude la circolare – deve restituire, nella dichiarazione dei redditi, l’ammontare del bonus indebitamente ricevuto”.

domicilio digitale

Domicilio digitale speciale: elezione, conferma e revoca   Il domicilio speciale digitale per la notifica di atti e provvedimenti dell’Agenzia è oggetto del provvedimento n. 379575/2024

Domicilio digitale speciale: indicazioni dall’Agenzia

Il domicilio digitale speciale è oggetto del provvedimento n. 379575/2024 dell’Agenzia delle Entrate, che ne stabilisce le modalità di elezione, modifica e revoca. La sua elezione avviene utilizzando una funzionalità specifica presente nell’area riservata del sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate. Al momento però il sistema non è completamente operativo. Occorre infatti attendere l’attivazione della funzionalità suddetta, che servirà per comunicare anche l’eventuale variazione del domicilio.

Che cos’è

Si tratta di un indirizzo elettronico designato presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio qualificato di recapito elettronico certificato.

Utilizzo del domicilio  digitale speciale

Esso è utilizzabile per ricevere le notificazioni degli atti, degli avvisi, delle decisioni e delle comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate Riscossioni.

L’agente della riscossione utilizza questo domicilio per notificare le cartelle di pagamento e gli atti della procedura di riscossione coattiva tramite ruolo. Lo stesso si serve del domicilio digitale anche per inviare le comunicazioni agli atti relative ai carichi affidati dagli enti creditori, anche diversi dall’Agenzia delle Entrate.

Soggetti ammessi

Il domicilio digitale può essere eletto solo da persone fisiche, professionisti, enti di diritto privato che non devono iscriversi  ad albi, elenchi e registri professionali o delle imprese.

Ognuno di questi soggetti può eleggere un solo un domicilio digitale  per poter ricevere le notifiche di atti, provvedimenti e avvisi che devono notificati e di quelli che non devono essere notificati.

Soggetti esclusi

I soggetti che per legge devono avere gli indirizzi pec registrati presso l’Indice Nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti INI-PEC non possono eleggere il domicilio digitale speciale.

Elezione, modifica e revoca

Il domicilio digitale speciale può essere utilizzato dopo la ricezione di una comunicazione che contiene la data a partire dalla quale il servizio è disponibile.

Effettuata l’elezione del domicilio digitale speciale l’amministrazione provvede all’invio di un messaggio al cui interno è presente un codice di validazione. Il codice serve per verificare l’esistenza del domicilio e la sua effettiva disponibilità. Con l’inserimento del codice di validazione nell’area riservata dell’utente si conclude la verifica.

Il domicilio una volta eletto può essere revocato. Il titolare infine è tenuto a comunicare ogni variazione del domicilio eletto nel rispetto di quanto stabilito dal provvedimento del 7 ottobre 2024.

 

Leggi anche: Domicilio fiscale: nuova definizione dal 1° gennaio 2024

Allegati

commercialista sbaglia

Commercialista sbaglia? Culpa in vigilando anche per il cliente Per la Cassazione, non è esente da responsabilità il contribuente per mancato pagamento delle imposte che consegua alla condotta del professionista infedele

Culpa in vigilando

Scatta la culpa in vigilando per il cliente che non dimostra di aver controllato il commercialista che sbaglia o che ha un comportamento infedele. Lo ha affermato la sezione tributaria della Cassazione, con ordinanza n. 25158/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il titolare di un’impresa individuale impugnava un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2003, con cui – a seguito dell’omessa dichiarazione dei redditi – venivano accertati maggiori ricavi e recuperate IRPEF, IRAP e IVA, oltre sanzioni e accessori. Il contribuente deduceva che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi era ascrivibile all’infedele comportamento del proprio consulente.
La CTP di Palermo accoglieva parzialmente il ricorso e la CTR Sicilia rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate ritenendo che le sanzioni non fossero dovute, “in quanto le violazioni erano ascrivibili al comportamento del consulente e il contribuente aveva sporto denuncia nei confronti del medesimo”.

L’Ufficio propone ricorso per cassazione sostanzialmente lamentando che il contribuente “non può andare esente da comportamenti assunti dal proprio consulente ove non abbia vigilato sull’operato – dello stesso – né essendo la proposizione della denuncia penale idonea a rimuovere la responsabilità”.

Sanzioni amministrative per violazioni tributarie

La Cassazione dà ragione al fisco. Secondo una costante giurisprudenza, rilevano infatti i giudici della S.C., “in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 472/1997 la prova dell’assenza assoluta di colpa, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza; non può, quindi, ritenersi esente da responsabilità il contribuente che non abbia vigilato sul professionista cui erano affidate le incombenze fiscali (cfr., tra le tante, Cass., n. 12901/2019; n. 21061/2018).
Pertanto, non è esente da responsabilità il contribuente per mancato pagamento delle imposte che consegua alla condotta del professionista infedele, ove lo stesso non fornisca prova dell’attività di vigilanza e controllo in concreto esercitata sull’operato del professionista, ovvero ove non dia prova del suo comportamento fraudolento (cfr. Cass. n. 9422/2018), non essendo sufficiente la mera presentazione di denuncia penale (cfr. Cass. n. 19422/2018).

La decisione

La sentenza impugnata, in definitiva, per la S.C., non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi e va cassata con rinvio per nuovo esame, oltre che per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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tachimetro partite iva

Tachimetro Partite Iva: cos’è e come funziona Tachimetro Partite Iva: strumento di verifica dell’affidabilità fiscale che incentiva il ricorso al concordato preventivo biennale

Tachimetro Partite Iva: cos’è

Il tachimetro Partite Iva, pensato e realizzato da Sogei e Agenzia delle Entrate, è un meccanismo di valutazione, che attribuisce un punteggio all’affidabilità fiscale del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate, tramite il tachimetro, vuole incentivare il ricorso al concordato preventivo biennale a cui si può aderire entro il 31 ottobre 2024 e premiare le condotte virtuose dei contribuenti.

Dal punto di vista pratico il tachimetro è una funzionalità presente nel cassetto fiscale, che consente di tenere sotto controllo la propria situazione fiscale dal 20 settembre 2024.

Una volta attivato, il tachimetro mostra un indicatore che misura il rischio di evasione fiscale del singolo contribuente.

Esso tiene conto, ai fini del conteggio, delle incongruenze tra i dati che il contribuente dichiara e quelli medi del settore a cui appartiene. Il punteggio rappresenta il livello di rischio di evasione del singolo.

Riferimento normativo

Il tachimetro Partite Iva è uno degli strumenti di controllo preventivo previsti dalla legge n. 238/2021. Il fine è quello di ridurre l’evasione fiscale perché il contribuente può capire in tempo reale la propria posizione fiscale, il rischio che ne è associato e rimediare agli errori commessi.

In questo modo i controlli diventano più efficaci, il sistema fiscale più trasparente e i soggetti in regole non subiscono pressioni.

Come funziona il tachimetro Partite Iva

Il tachimetro si basa su un meccanismo di attribuzione di un punteggio che varia dal valore 0 al valore 10. Questi valori sono suddivisi in tre fasce. A ogni fascia, di colore diverso, corrisponde un grado di affidabilità diversa.

  • La fascia di colore rosso, che comprende un punteggio che varia da 0 a 5,99 corrisponde un indice di scarsa affidabilità fiscale. I contribuenti compresi in questa fascia possono migliorare il punteggio dichiarando ulteriori elementi positivi previa verifica dei dati dichiarati.
  • La fascia di colore giallo, che varia da 6 a 7,99, corrisponde a un grado di affidabilità media e suggerisce quali potrebbero essere le anomalie che precludono l’accesso ad alcuni benefici premiali. Poiché il gradi di affidabilità non è elevato è sempre consigliabile effettuare delle verifiche e correggere eventuali errori.
  • La fascia di colore verde che si riferisce a un punteggio compreso tra 8 e 10 è quella a cui appartengono i contribuenti virtuosi. Essi possono accedere a benefici premiali.

Chi conserva un punteggio basso rischia meno controlli perché non viene inserito nelle liste dei controlli.

Vantaggi del tachimetro Partite Iva

Chi adotta il tachimetro e aderisce al concordato preventivo biennale beneficia di tutta una serie di vantaggi molto interessanti:

  • esonero dalla garanzia per rimborsi Iva fino a 70.000,00 euro;
  • possibilità di optare per un imposta sostitutiva con aliquote che variano dal 10% al 15% sul reddito d’impresa o di lavoro autonomo che eccede il reddito dichiarato nel periodo di imposta 2023;
  • calcolo delle imposte sui redditi e dell’IRAP sulla base delle proposte di concordato 2024 e 2025.

Da un punto di vista più generale il tachimetro riduce la pressione fiscale nel suo complesso, realizzando nel contempo un miglioramento dei saldi di finanza pubblica grazie all’emersione di redditi non dichiarati.

 

Leggi anche: “Concordato preventivo biennale: le istruzioni del fisco

precompilata

Precompilata verso lo sprint finale C'è tempo fino al 30 settembre per l'invio del 730 precompilato mentre è scaduto ieri il termine ultimo per il pagamento della quinta rata della rottamazione

Precompilata entro il 30 settembre

Conto alla rovescia per la precompilata. Manca una settimana al termine per l’invio del 730 precompilato, fissato al prossimo lunedì, 30 settembre. Lo ricorda l’Agenzia delle Entrate con un comunicato pubblicato sul proprio sito.

Dai primi dati, oltre il 50% dei modelli già restituiti al Fisco è stato trasmesso con la nuova modalità semplificata, che guida l’utente fino al click finale con un percorso più facile e parole di uso comune. Tra i 730 semplificati più di 4 su 10 sono stati accettati dai cittadini senza modifiche.

Nel frattempo è scaduto proprio ieri, ricorda il fisco, il termine ultimo per il pagamento della quinta rata della Rottamazione-quater delle cartelle. L’ultimo giorno utile per il pagamento era fissato per lunedì 23 settembre, dopo la proroga del dlgs n. 108/2024.

Precompilata ‘semplificata’

Da quest’anno, chi ha i requisiti per presentare il 730 può scegliere, in alternativa alla modalità tradizionale, la nuova compilazione semplificata per visualizzare le informazioni all’interno di un’interfaccia senza campi e codici e più facile da navigare.

In questo caso, è il sistema a inserire automaticamente i dati all’interno del modello, come validati o integrati/modificati dal contribuente. Da un primo bilancio, più della metà dei 730 sono stati inviati in modalità semplificata, il 52%. Sempre considerando i 730 semplificati, il 42% sono stati accettati così come predisposti dal Fisco.

Come inviare il 730

Per consultare e inviare il proprio modello occorre entrare nell’applicativo, disponibile sul sito dell’Agenzia, tramite Spid, Carta d’identità elettronica (Cie) o Carta nazionale dei servizi (Cns).

Resta ferma la possibilità di “affidare” la propria dichiarazione a un familiare o una persona di fiducia: è possibile attivare l’abilitazione direttamente online nella propria area riservata, inviando una pec o ancora facendo richiesta presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia. Il 730 precompilato deve essere inviato entro il 30 settembre 2024; un mese in più per il modello Redditi, la cui deadline è fissata al 31 ottobre.

Le guide e i tutorial

Un video-tutorial pubblicato sul canale YouTube dell’Agenzia spiega i passi fondamentali per consultare e inviare la dichiarazione mentre il sito dedicato “info730” raccoglie tutte le informazioni utili e le risposte alle domande più frequenti.

Il fisco ha inoltre messo a disposizione online la guida La dichiarazione precompilata 2024. Quest’anno i dati precaricati – tra cui spese sanitarie, premi assicurativi, certificazioni uniche, bonifici per ristrutturazioni, interessi sui mutui, ecc. – ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni.