Inesigibilità compensi avvocato se sottoposti a condizione
Un avvocato non può esigere il pagamento dei propri compensi da un cliente quando la loro corresponsione è subordinata all’adempimento di un terzo. Questa situazione configura una condizione mista, regolata dall’art. 1358 del codice civile, che impone alle parti di agire nel rispetto del principio della buona fede durante la pendenza della condizione. Lo ha sancito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19022-2024.
Azione per il pagamento del compenso
Un avvocato, che assiste due clienti in diverse cause, stipula con loro un patto di quota lite a causa delle difficoltà previste nella causa originale. Dopo la sentenza di primo grado e il ricorso in appello, le parti raggiungono un accordo per risolvere l’intera questione, firmato da tutti i soggetti coinvolti. Alla scadenza del termine previsto per il pagamento, gli assistiti non provvedono però al pagamento del preavviso dell’avvocato. Al legale non resta che richiedere il versamento dell’importo a lui dovuto stabilito in sentenza o concordato nel patto do quota lite o in ultimo quello concordato nell’accordo di transazione.
Compenso residuo: condizionato al pagamento del Condominio
Gli assistiti si oppongono alla richiesta, sostenendo di aver già provveduto al pagamento di quanto stabilito dalla sentenza. Il pagamento dell’importo residuo del compenso è infatti condizionato dall’incasso delle somme dovute dal condominio, che però non ha ancora provveduto.
Compenso Avvocato: accoglimento parziale della domanda
Il Tribunale di Napoli accoglie in parte la domanda dell’avvocato e condanna i clienti a pagare una somma inferiore a quella richiesta.
Condizione causale o mista, non meramente potestativa
I clienti ricorrono quindi in Cassazione, poiché a loro dire la clausola relativa all’esigibilità dei compensi è stata interpretata in maniera erronea.
Essi sostengono che la clausola dell’accordo transattivo obbliga al pagamento dei compensi entro dieci giorni dall’incasso delle somme dal condominio, che non ha ancora pagato. Essi precisano inoltre che l’importo indicato nell’accordo si riferisce al saldo e non all’acconto già versato. Per loro infine la condizione deve considerarsi casuale, al massimo mista, ma non meramente potestativa come interpretato dal Tribunale.
Condizione “Potestativa” e “Meramente Potestativa”
La Cassazione in motivazione ricorda che una condizione è “meramente potestativa” quando il suo avveramento dipende esclusivamente dall’arbitrio di parte.
La condizione è invece “potestativa” quando dipende da valutazioni di interesse e convenienza, influenzate da fattori esterni che incidono sulla volontà del contraente, anche se la decisione finale è a discrezione dell’interessato.
Condizione mista: buona fede in pendenza della condizione art. 1358 c.c.
Nel caso di specie non sussiste una condizione meramente potestativa, come sostenuto dal Tribunale, il pagamento delle competenze professionali dell’avvocato è condizionato dall’adempimento del condominio terzo, trattasi quindi di una condizione mista poiché il suo avveramento dipende dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti.
La disciplina dell’art. 1358 del Codice Civile, che impone la buona fede durante la pendenza della condizione, si applica anche in questo caso.
La Cassazione accoglie quindi il primo e il secondo motivo del ricorso, con conseguente assorbimento del terzo motivo e con rinvio al Tribunale in diversa composizione per riconsiderare la pretesa dell’avvocato alla luce dell’accordo transattivo e delle pattuizioni in esso contenute.
Vedi tutti gli articoli della categoria Professioni