Omessa fatturazione di compensi
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 343/2024, pubblicata il 4 marzo 2025 sul sito del Codice Deontologico, ha ribadito un principio in materia di obblighi professionali degli avvocati: l’omessa fatturazione dei compensi percepiti costituisce un illecito deontologico permanente.
La vicenda
Nella vicenda, un avvocato veniva sanzionato dal CDD di Bologna con la sospensione dall’esercizio della professione per 6 mesi per una serie di violazioni disciplinari, tra cui l’aver incassato e trattenuto la somma di 800 euro ricevuta dai clienti per presentare istanza di conversione del pignoramento immobiliare a carico degli stessi.
Il Consiglio di disciplina, ritenendo accertato l’inadempimento del mandato professionale e utilizzo della somma ricevuta in deposito fiduciario, in difformità dall’incarico ricevuto e dall’accordo con i mandanti, sanzionava l’incolpato.
Quest’ultimo, inoltrava tempestiva impugnazione al CNF chiedendo tra l’altro di dichiarare la nullità della decisione per violazione del diritto di difesa (mancata audizione) ovvero abnormità (per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), dichiarare la prescrizione dell’azione disciplinare, ovvero il suo proscioglimento nel merito.
Il principio sancito dal CNF
In punto di prescrizione dell’azione disciplinare, il CNF dà torto al ricorrente, giacché contrariamente da quanto asserito dallo stesso, la violazione dei doveri deontologici contestati deve essere considerata di carattere permanente secondo i principi espressi in materia dal Consiglio e dalla Suprema corte di Cassazione (cfr., tra le altre, SS.UU., sentenza n. 22463 del 26 luglio 2023).
“L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato dagli artt. 16 e 29 codice deontologico (già art. 15 cod. prev.), di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi – ricorda infatti il CNF – restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal codice deontologico. In particolare, la violazione di tale obbligo costituisce illecito permanente, sicché la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della cessazione della condotta omissiva”.
La decisione
Tuttavia, il ricorrente ha ragione sul punto della violazione del diritto di difesa, in quanto non era stato sentito nonostante l’espressa richiesta formulata in tal senso.
Tale censura, per il CNF, merita accoglimento poiché la decisione del CDD è stata assunta “all’esito di un procedimento non regolarmente svoltosi, secondo le fondamentali regole predisposte dalla legge, e senza che all’incolpato sia stato assicurato il pieno esercizio del diritto di difesa”.
Il Consiglio Nazionale Forense accoglie, dunque, il ricorso, dichiarando la nullità del provvedimento impugnato con restituzione degli atti al CDD di Bologna.