sospensione breve della patente

Sospensione breve della patente: quando scatta Sospensione breve della patente: la novità della Riforma del Codice della Strada per chi ha meno di 20 o di 10 punti sulla patente

Riforma Codice della Strada e sospensione patente

Sospensione breve della patente di 7 o 15 giorni per chi commette determinate infrazioni e ha meno di 20 o 10 punti sulla patente. Lo prevede il nuovo art. 218 ter del Codice della Strada, in base alle modifiche previste dal disegno di legge n. 1086, approvato definitivamente dal Senato il 20 novembre 2024.

Sospensione breve della patente per chi ha meno di 20 punti

Il comma 1 del nuovo articolo 218 ter, dedicato alla sospensione della patente in relazione al punteggio del documento di guida prevede la sospensione, in aggiunta all’applicazione della sanzione pecuniaria, nella misura stabilita dai commi 2 e 3 di 7 o 15 giorni se risulta che il punteggio presente sulla patente è inferiore rispettivamente a 20 punti o 10 a causa di precedenti decurtazioni.

Violazioni del Codice della Strada interessate

La sospensione breve è prevista per tutta una serie di infrazioni:

  • circolazione contro mano;
  • violazione del divieto di sorpasso;
  • mancato rispetto della precedenza,
  • passaggio con semaforo giallo o rosso;
  • mancato rispetto del segnale di alt intimato da un agente;
  • mancato rispetto delle regole di attraversamento dei passaggi a livello;
  • sorpasso sulla destra;
  • sorpasso vietato o eseguito in violazione delle norme;
  • mancato rispetto della distanza di sicurezza se causa di sinistro con danno grave ai veicoli e comportante l’obbligo di revisione;
  • divieto di inversione di marcia in casi specifici;
  • utilizzo irregolare o mancante del casco per conducenti e passeggeri di ciclomotori e motoveicoli;
  • uso mancato o irregolare delle cinture di sicurezza, dei seggiolini per i bambini e dei dispositivi anti abbandono;
  • uso dello smartphone o di altri apparecchi durante la guida;
  • retromarcia su autostrade o strade extraurbane principali, compresa la corsia di emergenza;
  • mancato rispetto della corsia di accelerazione;
  • mancata precedenza sulle autostrade o strade extraurbane principali;
  • violazione del divieto di sosta o fermata su autostrade o strade extraurbane principali;
  • mancato utilizzo delle luci durante la sosta su autostrade o strade extraurbane principali;
  • omesso posizionamento del triangolo se il veicolo è fermo su autostrade o strade extraurbane principali;
  • guida dopo il consumo di bevande alcoliche, con tasso inferiore a 0,5 g/l per neopatentati e autisti professionisti;
  • mancata concessione della precedenza ai pedoni;
  • superamento del periodo di guida giornaliero massimo del 20% o del tempo minimo di riposo, per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • superamento del periodo di guida settimanale massimo o del tempo minimo di riposo, oltre il 20% per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • circolazione nel periodo in cui al conducente è stato intimato di non proseguire il viaggio per violazione dei periodi di guida o di riposo, giornalieri e settimanali.

Sospensione breve della patente: durata e condizioni

La sospensione breve viene disposta per la durata di 7 giorni quando il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di almeno 10 punti sulla patente.

La durata della sospensione sale a 15 giorni se il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di un punteggio inferiore ai 10 punti.

La sospensione della patente viene annotata nell’anagrafe nazionale dei soggetti abilitati alla guida a cura dell’ufficio o del comando da cui dipende l’agente che ha proceduto all’accertamento della violazione.

Chi circola abusivamente durante il periodo della sospensione della patente o avvalendosi del permesso di guida di cui all’art. 218 comma 2, è punito ai sensi dell’art. 218  comma 6 (sanzione amministrativa da 2.046 a 8.186).

Infine, se un soggetto commette una delle violazioni per le quali è prevista la sospensione breve della patente più volte nell’arco di due anni la sospensione breve si applica solo se la pena della sospensione della patente non è già prevista per le stesse violazioni.

Sospensione raddoppiata in presenza di un sinistro

Il comma 3 dell’art. 218 ter prevede che, fatta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie da disporre dopo l’accertamento del reato e il ritiro della patente nelle ipotesi di illecito penale, la durata della sospensione breve di 7 o 15 giorni viene raddoppiata se il conducente abbia provocato un incidente stradale, compresa l’ipotesi in cui sia uscito di strada senza coinvolgere altri soggetti o cose diverse dalla sua persona e dal suo veicolo.

Sospensione breve: a chi si applica

Le disposizioni che regolano la sospensione della patente si applicano:

  • anche ai conducenti titolari di patenti rilasciate all’estero che commettono alcuna delle violazioni elencate nel comma 1;
  • ai conducenti che sono stati identificati nel momento in cui è stata commessa la violazione.

 

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riforma codice della strada

Riforma Codice della Strada 2024: novità e sfide La riforma Codice della Strada 2024 vuole realizzare una cultura della sicurezza stradale per ridurre le vittime di incidenti stradali

Riforma Codice della Strada 2024

L’Italia ha adottato il 20 novembre 2024 la riforma significativa del Codice della Strada, con l’obiettivo di affrontare le sfide emergenti in materia di sicurezza e regolamentazione. Promossa dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, questa riforma, dal 19 novembre in aula al Senato per la discussione e definitivamente approvata il 20 novembre, mira a ridurre il numero di incidenti stradali, migliorare la convivenza tra i vari mezzi di trasporto e aggiornare le normative in linea con le esigenze della mobilità moderna.

Monopattini elettrici: casco, targa e assicurazione

Negli ultimi anni, i monopattini elettrici hanno conosciuto una diffusione esponenziale nelle città italiane. Questo mezzo di trasporto, apprezzato per la sua praticità ed eco-sostenibilità, ha tuttavia sollevato preoccupazioni significative in termini di sicurezza stradale. Secondo i dati dell’ACI (Automobile Club d’Italia), nel 2022 si sono verificati oltre 2.000 incidenti che hanno coinvolto monopattini, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente.

Le nuove misure

Il nuovo Codice della Strada introduce l’obbligo di:

  • Casco obbligatorio: per tutti gli utenti di monopattini elettrici, indipendentemente dall’età.
  • Targa identificativa: per consentire l’identificazione immediata del veicolo.
  • Assicurazione RC obbligatoria: per coprire eventuali danni a terzi.
  • Frecce si segnalazione obbligatorie

Queste misure si applicano sia ai monopattini in sharing che a quelli di proprietà privata. L’obiettivo è responsabilizzare gli utenti e ridurre il numero di incidenti.

Il modello parigino: critiche

Salvini ha citato l’esempio di Parigi, dove i monopattini in sharing sono stati vietati a seguito di un referendum cittadino nel 2023, con il 89% dei votanti favorevoli al divieto. Tuttavia, a differenza della capitale francese, l’Italia ha scelto una strada meno drastica, optando per una regolamentazione più stringente anziché un divieto totale.

Non mancano le critiche da parte delle associazioni di categoria. Andrea Giaretta, rappresentante di Assosharing, ha espresso preoccupazioni riguardo al possibile impatto economico e occupazionale. Secondo Giaretta, l’introduzione di obblighi come targa e assicurazione potrebbe disincentivare l’uso dei monopattini in sharing, spingendo gli utenti verso l’acquisto privato e potenzialmente aumentando il rischio di incidenti a causa di una minore manutenzione dei veicoli privati.

In altri paesi europei, come la Germania e la Spagna, sono già in vigore regolamentazioni simili. In Germania, ad esempio, i monopattini elettrici devono essere assicurati e dotati di targa, e l’uso del casco è fortemente raccomandato.

Inasprimento sanzioni per la guida irresponsabile

Una delle principali cause di incidenti stradali gravi è la guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti o alcoliche. Secondo l’ISTAT, nel 2022, il 24% degli incidenti mortali è stato attribuito a questa causa. Il nuovo Codice della Strada prevede:

  • Revoca della patente: per chi viene sorpreso alla guida sotto l’effetto di droghe o con un tasso alcolemico superiore ai limiti consentiti.
  • Sanzioni amministrative elevate: con multe che possono superare i 6.000 euro.
  • Confisca del veicolo: in caso di recidiva.

Uso del cellulare alla guida

L’utilizzo del cellulare durante la guida è un fenomeno in crescita, nonostante le campagne di sensibilizzazione. Le nuove disposizioni prevedono:

  • Multe più salate: con importi che possono arrivare a 1.700 euro.
  • Decurtazione di punti dalla patente
  • Sospensione della patente da 7 a 30 giorni

Recidivi e patente a punti

Per coloro che commettono ripetutamente infrazioni gravi, il Codice introduce:

  • Ritiro temporaneo della patente: che può variare da 1 a 3 mesi.
  • Obbligo di frequentare corsi di recupero punti: presso autoscuole autorizzate.
  • Esami di revisione: per verificare l’idoneità alla guida.

Impatto atteso

L’inasprimento delle sanzioni mira a creare un effetto deterrente. Studi condotti in paesi come la Svezia e il Regno Unito hanno dimostrato che sanzioni più severe possono ridurre significativamente le infrazioni legate alla guida pericolosa.

Autovelox e dispositivi di controllo della velocità

La normativa italiana ha mostrato incertezze nella regolamentazione degli autovelox, con una distinzione poco chiara tra “omologazione” e “approvazione”. Questo ha portato a numerose contestazioni legali e all’annullamento di molte sanzioni.

Il nuovo Codice della Strada prevede:

  • Standardizzazione dei dispositivi: con specifiche tecniche uniformi a livello nazionale.
  • Regolamento di esecuzione: che definisce le procedure per l’installazione e l’uso degli autovelox.
  • Formazione del personale: con corsi obbligatori per gli operatori che gestiscono i dispositivi.

Massimiliano Mancini, segretario dell’Unione Polizia Locale, ha evidenziato l’importanza di un regolamento chiaro per evitare ricorsi e garantire l’efficacia dei controlli. Senza norme tecniche precise, si rischia di continuare con una situazione in cui le multe vengono facilmente annullate, vanificando gli sforzi per migliorare la sicurezza stradale.

In Francia, l’introduzione di autovelox con standard tecnici elevati ha portato a una riduzione del 50% degli incidenti mortali nelle aree controllate. Questo evidenzia come una corretta implementazione possa avere effetti positivi significativi.

Obiettivo ridurre le vittime della strada

Con oltre 3.000 vittime all’anno, l’Italia registra uno dei tassi più alti di mortalità stradale in Europa. Le cause principali includono:

  • Eccesso di velocità
  • Guida in stato di ebbrezza
  • Distrazione al volante
  • Mancato rispetto delle precedenze

Strategie di intervento

Il nuovo Codice della Strada fa parte di una strategia più ampia che comprende:

  • Campagne di sensibilizzazione: rivolte soprattutto ai giovani, attraverso media tradizionali e social network.
  • Educazione stradale nelle scuole: per formare una cultura della sicurezza fin dall’infanzia.
  • Miglioramento delle infrastrutture: con investimenti in segnaletica, illuminazione e manutenzione delle strade.

Collaborazione con le Forze dell’Ordine

Un aumento dei controlli su strada è previsto, con l’utilizzo di tecnologie avanzate come:

  • Etilometri portatili di ultima generazione
  • Sistemi di rilevamento automatico delle infrazioni
  • Droni per il monitoraggio del traffico

Prospettive Future del Nuovo Codice

La mobilità sta cambiando rapidamente, con l’introduzione di veicoli elettrici, servizi di car sharing e nuove forme di micromobilità. Il Codice della Strada deve quindi evolvere per:

  • Regolare i nuovi mezzi: come e-bike, hoverboard e scooter elettrici.
  • Promuovere la mobilità sostenibile: incentivando l’uso di veicoli a basso impatto ambientale.
  • Garantire l’inclusività: prevedendo norme per la sicurezza di pedoni, ciclisti e persone con disabilità.

L’implementazione di sistemi intelligenti di trasporto (ITS) può contribuire a migliorare la sicurezza e l’efficienza del traffico. Questo include:

  • Semafori intelligenti: che si adattano ai flussi di traffico in tempo reale.
  • Veicoli connessi: che comunicano tra loro e con le infrastrutture stradali.
  • Applicazioni mobili: per informare gli utenti su condizioni del traffico, incidenti e tempi di percorrenza.

Nonostante le buone intenzioni, la riforma presenta alcune sfide:

  • Applicazione uniforme: assicurare che le nuove norme siano applicate in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.
  • Risorse finanziarie: reperire i fondi necessari per l’aggiornamento delle infrastrutture e la formazione del personale.
  • Resistenza al cambiamento: superare le possibili resistenze da parte di cittadini e categorie professionali interessate dalle nuove regolamentazioni.

Verso una cultura della sicurezza stradale

La Riforma del Codice della Strada 2024 rappresenta un passaggio cruciale per l’Italia nella promozione di una cultura della sicurezza stradale. Affrontando temi chiave come la regolamentazione dei monopattini elettrici, l’inasprimento delle sanzioni per la guida irresponsabile e la standardizzazione dei dispositivi di controllo della velocità, la riforma mira a ridurre significativamente il numero di incidenti e vittime sulle strade italiane.

Il successo di queste misure dipenderà dalla collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine, associazioni di categoria e cittadini. Solo attraverso un impegno condiviso sarà possibile creare un ambiente stradale più sicuro e sostenibile per tutti.

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riforma codice della strada

Riforma Codice della strada: è legge Approvata in via definitiva la riforma del Codice della Strada che introduce alcune importanti novità anche in materia di guida con il cellulare e sospensione breve della patente

Riforma del Codice della Strada ok definitivo

La Riforma del Codice della Strada, dopo l’approvazione del testo alla Camera il 27 marzo 2024, è stata ferma per mesi in Senato, dove il 22 ottobre scorso, la commissione 8° ha terminato i lavori respingendo o trasformando in ordini del giorno gli emendamenti presentati. Per cui, il testo risultante dall’esame delle commissioni a palazzo Madama, in discussione in aula dal 19 novembre 2024 senza alcuna modifica rispetto a quello trasmesso dalla Camera, ieri ha ricevuto il via libera definitivo con 83 voti facorevoli, 47 contrari e un astenuto.

Vediamo, dunque, quali sono le novità più significative del ddl 1086, diventato dal 20 novembre legge dello Stato.

Via la patente per chi usa il cellulare mentre guida

Per chi durante la marcia fa uso di smartphone, computer portatili, notebook, tablet e dispositivi che richiedono l’allontanamento anche solo temporaneo delle mani dal volante corre il rischio di dover pagare fino a 1000 euro di multa e a essere privato della patente per due mesi.

Pene più severe per la guida in stato di ebbrezza

Sulla patente del conducente che ha commesso il reato di guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a certi limiti, la riforma prevede l’apposizione dei codici unionali 68 “LIMITAZIONE DELL’USO – Niente alcool” e 69 “LIMITAZIONE DELL’USO –Limitata alla guida di veicoli dotati di un dispositivo di tipo alcolock conformemente alla norma EN 50436”.

Veicoli con alcolock

Questi codici (Allegato I della direttiva n. 2006/126/CE) indicano che quel conducente non può più bere prima di mettersi alla guida (cod. 68) o che può guidare solo veicoli muniti di alcolock, per cui il guidatore, prima di accendere la macchina, deve sottoporsi a controllo soffiando nell’apposito apparecchio.

Per chi guida in stato di ebbrezza e presenta un tasso alcolemico elevato la contravvenzione prevede l’arresto, sanzioni pecuniarie salate e la sospensione della patente.

Abbandono animali: pene più severe se su strada

Abbandonare un animale sulla strada o in una sua pertinenza costituisce una circostanza aggravante del reato di abbandono di animali, contemplato dall’art. 727 c.p e comporta anche l’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente da sei mesi a un anno.

Sospensione breve della patente

La riforma introduce il nuovo art. 218-ter, che prevede la sospensione della patente in relazione al punteggio per la durata di 7 o di 15 giorni a seconda che sul documento di guida, al momento dell’accertamento, vi siano meno di 20 o di 10 punti.

La nuova norma al comma 1 indica le violazioni del codice della Strada a cui si applica la sospensione breve. Pena raddoppiata per chi provoca incidenti.

Più punti patente per chi segue corsi extracurriculari

Per incentivare lo studio delle regole sulla circolazione stradale la riforma vuole riconoscere due punti in più sulla patente, al momento del rilascio a quei ragazzi che partecipino a corsi extracurriculari organizzati dalle scuole superiori statali o paritarie e delle autoscuole.

Nuovi limiti per i neopatentati

Si vogliono estendere da uno a tre anni i divieti previsti nei confronti dei neo-patentati con patente B per quanto riguarda la guida di autoveicoli con potenze specifiche, ossia superiori a 75 kw per tonnellata e veicoli M1 ibridi o interamente elettrici superiori a 105 kw per tonnellata.

Monopattini: più obblighi e divieti

La riforma prevede alcune importanti novità anche per i conducenti di monopattini e dispositivi per la micromobilità. Previsto il contrassegno per tutti i monopattini, l’obbligo di indossare il casco indipendentemente dall’età, il divieto di utilizzo fuori dai centri urbani e l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile.

Revisione dei veicoli: controlli sulle imprese autorizzate

I controlli sulle imprese autorizzate a effettuare la revisione periodica dei veicoli devono essere effettuati da personale debitamente abilitato dal Dipartimento competente del MIT. Il decreto che stabilirà le tariffe della revisione stabilirà anche gli importi che saranno a carico delle autofficine e che sono destinate al capitolo specifico di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la cui mancata corresponsione sarà sanzionata.

Segnalazioni acustiche per i pedoni con disabilità visive

Per aiutare i pedoni con disabilità visive ad attraversare la strada la riforma prevede, presso gli attraversamenti pedonali semaforizzati, la presenza di segnalazioni acustiche per indicare lo stato di accensione delle luci e guide tattili a pavimento per consentire l’individuazione dei pali che sostengono i semafori.

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colpa medica

Colpa medica per dimissioni premature Le dimissioni premature del paziente con infarto in corso portano alla responsabilità penale omissiva del medico di pronto soccorso

Dimissioni premature e responsabilità penale omissiva

Colpa medica per le dimissioni premature e il mancato approfondimento diagnostico che provocano la morte del paziente a distanza di poche ore nella propria abitazione. Scatta la responsabilità per omissione del medico di pronto soccorso. L’alterazione della troponina, in base a quanto previsto dalle linee guide, richiede un monitoraggio per procedere eventualmente a un esame successivo del valore. L’ospedale sovraffollato e l’impossibilità di un intervento tempestivo non rilevano. Queste le conclusioni a cui è giunta la Cassazione nella sentenza n. 41173/2024.

Responsabilità medico di pronto soccorso

La Corte d’Appello assolve l’imputato dal reato di omicidio colposo perché prescritto.

Il PM lo ha ritenuto responsabile del decesso della vittima a causa della sua negligenza, imperizia e imprudenza. Nella sua qualità di medico del pronto soccorso, l’imputato ha infatti ignorato le linee guida da adottare in caso di sospetto infarto, procedendo alle dimissioni premature del paziente.

La Corte ha ritenuto non contestabili le conclusioni dei periti del PM e del GUP. Gli esami di laboratorio hanno rivelato un aumento della troponina, dal valore di riferimento di 14 a 17,42. Le linee guida della società europea di cardiologia del 2011 impongono che il paziente che presenti questi valori sia mantenuto in uno stato d’osservazione con ripetizione degli esami di laboratorio ogni 3 ore. Previsto poi il ricovero in presenza dell’aumento del valore, con esami da ripetere nelle 6/24 ore successive. Tutte queste condotte sono state  omesse dal medico. Il paziente infatti, una volta dimesso, è deceduto presso la propria abitazione dopo circa 6 ore e 1/2.

Ipertensione pregressa del paziente: segnale significativo

Per la Corte la presenza della pregressa patologia del paziente (ipertensione arteriosa) era tale da aggravare i profili di responsabilità del sanitario, che avrebbe dovuto essere maggiormente allertato in ordine alla necessità di un monitoraggio diretto del medesimo secondo quanto suggerito dalle linee guida (con consulenza cardiologica, esame ecocardiografico, test da sforzo, controlli seriali da ECG e ripetizione ogni quattro ore per almeno tre volte degli esami sugli enzimi miocardici); responsabilità, tra l’altro, ritenuta desumibile anche sulla base della prescrizione indicata in sede di dimissioni e con le quali era stato suggerito il mero monitoraggio dei soli valori pressori.”

Quando il paziente è entrato nel pronto soccorso non presentava una percentuale elevata di rischio di morte. Se la crisi cardiaca fosse sopraggiunta in ospedale e fosse stata trattata adeguatamente, il paziente si sarebbe potuto salvare.

La Corte d’Appello ha concluso quindi per la responsabilità penale del medico per condotta omissiva e nesso di causa tra questa e il decesso del paziente. La stessa però ha rilevato che il reato era estinto a causa della prescrizione sopravvenuta e quindi lo ha assolto sotto il profilo della responsabilità penale, ritenendolo responsabile dal punto di vista civilistico.

Errata l’assoluzione per prescrizione del reato

L’imputato nell’impugnare la decisione contesta la negata assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato.” Per l’imputato è errato avere ritenuto che il lieve aumento della troponina fosse collegato alla crisi cardiaca causata dalla crisi ipertensiva. I dati clinici rivelavano l’assenza di una alterazione ecocardiografica per cui escludevano con una probabilità elevata l’infarto del miocardio. Più verosimile che lo stesso si fosse manifestato quando il paziente era a casa. Da escludere quindi il nesso di causa. Il tutto senza trascurare che le condizioni del pronto Soccorso erano tali da non poter garantire un’adeguata e rapida assistenza. L’evento letale pertanto si sarebbe manifestato comunque.

Colpa medica per omissione

Per la Cassazione però il ricorso è del tutto inammissibile e l’unico motivo sollevato del tutto infondato.

Dopo aver analizzato la giurisprudenza in materia di responsabilità penale medica la Cassazione ribadisce che: in tema di responsabilità del sanitario per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente (…) conseguendone che l’esistenza del nesso causale può essere ritenuta quando l’ipotesi circa il sicuro effetto salvifico dei trattamenti terapeutici non compiuti sia caratterizzata da elevata probabilità logica, ovvero sia fortemente corroborata alla luce delle informazioni scientifiche e fattuali disponibili.” 

Nesso di causa tra dimissioni premature e decesso

I giudici di merito hanno effettuato delle valutazioni inattaccabili e fondate sul sapere scientifico. Dalle prove è emerso che la patologia che ha condotto all’esito letale si stava sviluppando nel momento in cui è intervenuto l’imputato. Se il medico avesse seguito il percorso diagnostico corretto, sottoponendo il paziente a un elettrocardiogramma e alla ripetizione del dosaggio della troponina, la diagnosi si sarebbe rivelata rapida e corretta. Questa condizione avrebbe permesso di intervenire repentinamente ed efficacemente. L’evento sarebbe stato scongiurato con una probabilità prossima alla certezza. Per la Cassazione i Giudici di merito sono giunti pertanto a una valutazione corretta, aderente e rispettosa ai principi sanciti dalla giurisprudenza in materia di responsabilità penale medica. Sussiste infatti il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e la morte del paziente in base al criterio della probabilità logica calato nel caso concreto.

 

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Allegati

dl anti-violenze

Dl anti-violenze ai medici: è legge La Camera ha dato il via libera definitivo alla conversione in legge del Dl anti-violenze ai sanitari con pene fino a 5 anni e arresto nelle 48 ore per chi aggredisce un sanitario

La Camera, oggi 13 novembre, ha dato il via libera definitivo (con 144 voti a favore) al disegno di legge di conversione del Dl anti-violenze ai medici, n. 137/2024, varato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre scorso.

Il testo, reca “misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonché di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria“.

La nuova legge che si compone di quattro articoli, nasce per arginare i gravi episodi di violenza nei confronti del personale sanitario e prevede un aumento delle pene fino a 5 anni e l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, con possibilità di differimento a determinate condizioni.

L’articolo 1 (modificato dal Senato) interviene sugli artt. 583-quater e 635 c.p., estendendo l’ambito di applicazione delle sanzioni previste per le lesioni procurate agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni al personale che si occupa di “servizi di sicurezza complementare”.

Inoltre, aggiungendo un altro comma dopo il terzo all’art. 635 c.p., disciplina la fattispecie del danneggiamento di “cose mobili o immobili destinate al servizio sanitario o socio-sanitario”, punendolo con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 10mila euro. La pena è aggravata se il fatto è commesso da più persone riunite.

L’articolo 2, modifica gli articoli 380, 382-bis e 550 cpp, prevede l’arresto obbligatorio in flagranza e, in particolari condizioni, l’arresto differito per i delitti di lesioni personali commessi nei confronti di chi esercita una professione sanitaria, socio-sanitaria e attività ausiliare, nonché per il reato di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria ex terzo comma art. 635 c.p.

Gli articoli 3 e 4 recano, infine, la clausola d’invarianza finanziaria (criticata dalle opposizioni) e l’entrata in vigore del testo.

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giurista risponde

Rifiuto ingiustificato del paziente e concorso nel danno Il rifiuto ingiustificato del paziente di un intervento emendativo di un errore medico configura un concorso colposo del creditore, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c.?

Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi

 

Il paziente ha il diritto di rifiutare il trattamento medico, ma se il rifiuto è ingiustificato, perché non correlato ad attività gravosa o tale da determinare notevoli rischi o rilevanti sacrifici, può integrare un concorso colposo del creditore, ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c, ove emerga che il completamento clinico rifiutato avrebbe, più probabilmente che non, portato alla guarigione o ad apprezzabili miglioramenti, senza rischi significativi ovvero estranei a quelli del percorso terapeutico inizialmente compiutamente consentito (Cass., sez. III, 11 dicembre 2023, n. 34395 (rifiuto ingiustificato del paziente).

La decisione in commento si pone in frontale contrasto con i precedenti della Cassazione, i quali hanno sostenuto che il rifiuto del paziente di sottoporsi ad un trattamento medico non può considerarsi una condotta idonea a ridurre il quantum del danno risarcibile ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c.

Funzionale all’attribuzione della responsabilità civile è il nesso di causalità nella sua doppia veste di causalità materiale e giuridica:

  • la prima necessaria per stabilire se vi sia responsabilità e a quale condotta vada imputata;
  • la seconda necessaria per delineare l’area del danno risarcibile e determinare la misura del risarcimento.

Tale distinzione assume notevole peso in particolar modo nell’indagine su eventi ad eziologia multifattoriale: in conseguenza della infrazionabilità del nesso eziologico, coerente con l’orientamento maggioritario della Cassazione che non aderisce al modello nord-americano della causalità proporzionale (così, tra gli altri precedenti, Cass. 21 luglio 2011, n. 15991), l’accertamento di questo si risolve nella dicotomia tra sussistenza ed insussistenza.

L’infrazionabilità del nesso di causalità materiale tra condotta ed evento è indirettamente confermata dall’art. 1227 c.c., che circoscrivendo la riduzione di responsabilità al solo caso di concorso causale fornito dalla vittima, esclude la frazionabilità nel caso in cui la condotta del responsabile concorra con cause naturali o condotte non colpevoli.

La materia della responsabilità medica è tipicamente teatro di eventi dall’eziologia complessa. Qui, in virtù del nuovo regime di responsabilità a doppio binario introdotto dalla L. 22 dicembre 2017, n. 219, l’istituto di cui all’art. 1227 c.c. trova rilevanza sia nel caso di responsabilità contrattuale tipico del rapporto tra paziente e struttura sanitaria sia, in forza dell’espresso rinvio contenuto nell’art. 2056 c.c., in quello di responsabilità extracontrattuale che interviene tra il primo e l’esercente la professione sanitaria.

Il caso concretamente oggetto della pronuncia in commento ha dato l’occasione alla Cassazione per esprimersi nuovamente sulla possibilità di considerare il rifiuto del paziente di sottoporsi a un trattamento medico rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 1227, comma 2, c.c. Questo presuppone che l’evento dannoso sia interamente ascrivibile alla responsabilità del debitore fungendo da criterio selettivo del danno risarcibile: si escludono i danni che il creditore avrebbe potuto evitare attraverso una condotta diligente.

L’analisi, rispetto al primo comma del medesimo articolo, si sposta pertanto sul piano della causalità giuridica, sul presupposto che il danno che taluno arreca a sé stesso non può essere traslato sull’autore della causa concorrente. Altra lettura individua in questa norma una portata causalistica, incentrata sull’esclusione dall’area del danno risarcibile le conseguenze non immediatamente e direttamente riconducibili alla condotta del danneggiante sulla base del fatto che la condotta del danneggiato interromperebbe il nesso di causalità giuridica già innescato, viene preferita una lettura solidaristica.

La tesi prevalente reputa, infatti, che alla regolazione della causalità sia esaustivamente demandato l’art. 1223 c.c. L’art. 1227, comma 2, va infatti letto quale norma comportamentale che addossa un dovere di autoresponsabilità al creditore. Alla luce del principio solidaristico che permea il Codice Civile ove letto attraverso il filtro dei dettami costituzionali si sancisce una regola etico-giuridica di condotta che impone doveri comportamentali ex art. 1176 c.c. anche al creditore. Così non si risarcisce il danno che sarebbe stato evitabile attraverso una condotta doverosa di quest’ultimo.

Di questo aspetto la Corte si è già occupata in un intervento del 2020 (Cass. 15 gennaio 2020, n. 515). In tale sede la Cassazione ha ricordato che il rifiuto di sottoporsi a determinate cure mediche, sia per motivi religiosi che per altra natura non può essere considerato un fattore anomalo e imprevedibile ma è espressione di un diritto di rango costituzionale.

Sul punto, tale pronuncia ribadisce l’orientamento in tema: nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario senza consenso e non può essere configurato alcun obbligo a carico della vittima di sottoporsi al trattamento sanitario in quanto si tratterebbe di incidere surrettiziamente sull’intensità e sulla qualità del pieno riconoscimento del diritto di un soggetto di rifiutare un trattamento sanitario.

Il rifiuto ingiustificato del paziente non è quindi inquadrabile nell’ipotesi di concorso colposo del creditore previsto dall’art. 1227 c.c., intendendosi comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza di cui all’art. 1227, comma 2, c.c., soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (così anche Cass. 5 luglio 2007, n. 15231; Cass. 10 maggio 2001, n. 6502). In sostanza, i danni derivanti dalla condotta pregiudizievole del medico che il paziente abbia omesso di mitigare mediante un trattamento sanitario non sono da considerarsi “danni evitabili” secondo quanto disposto dall’art. 1227, comma 2, c.c.

La vicenda di cui si occupa la Cassazione nella sentenza in commento trae origine dalla domanda di risarcimento derivante da un intervento chirurgico negligente dal quale era poi scaturito il rifiuto del paziente-creditore di un ulteriore trattamento.

In questa occasione la Corte, in contrasto con i precedenti sopra citati, ammette che dal rifiuto del paziente di sottoporsi a trattamenti sanitari possano derivare conseguenze sul piano risarcitorio. Recuperando il nucleo centrale del principio solidaristico, la Cassazione concepisce l’art. 1227, comma 2 c.c. come un modo per ripartire i costi dell’esercizio del diritto di autodeterminazione del creditore. Non si tratta, infatti, di sanzionare l’esercizio di un diritto quanto di impedire che dei danni conseguenti a questo possa rispondere un soggetto che, effettivamente, non li ha cagionati. Attraverso il riferimento al rifiuto “ingiustificato”, poi, si introduce la necessità di un vaglio in concreto sulle ragioni del rifiuto dell’attività medica, tenendo in considerazione le relazioni tra i rischi derivanti dall’intervento e quelli derivanti dalla non sottoposizione allo stesso. È qui che si inserisce la valutazione (e la prova) sulla probabilità che l’intervento non voluto fosse determinante per l’evoluzione in senso migliorativo delle condizioni di salute del danneggiato e che non rischiasse di introdurre nel quadro clinico ulteriori e inaspettati pericoli.

Così la pronuncia in commento armonizza, nell’ambito dell’art. 1227, comma 2 c.c., la lettura solidaristica attraverso l’aggancio al principio di solidarietà e buona fede nel sindacato sulle ragioni del rifiuto, con quella causalistica mediante il rinvio al giudizio controfattuale ipotetico sul peso che l’intervento medico non accettato avrebbe avuto sul decorso causale che ha portato alle conseguenze dannose di cui il paziente-creditore si duole.

 

Contributo in tema di “Rifiuto ingiustificato del paziente e concorso nel danno”, a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi, estratto da Obiettivo Magistrato n. 78 / Ottobre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

assistenza sanitaria

Assistenza sanitaria per i senzatetto Assistenza sanitaria per i senzatetto a partire dal 1° gennaio 2025, lo prevede il disegno di legge approvato definitivamente dal Senato il 7 novembre 2024

Assistenza sanitaria per i senza dimora dal 2025

Dal 2025 verrà garantita l’assistenza sanitaria anche ai soggetti senza fissa dimora. Lo prevede il Disegno di legge n. 1175.

La Camera ha approvato il testo lo scorso 25 giugno, il Senato invece in via definitiva e all’unanimità il 7 novembre 2024.

Il disegno di legge, che si compone di soli 3 articoli, vuole trasmettere un messaggio molto importante di civiltà e di attenzione nei  confronti degli “invisibili” della società.

Senzatetto delle città metropolitane

L’articolo 1 prevede lo stanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per finanziare un programma sperimentale. Le risorse verranno destinate primariamente alle Città metropolitane. Il progetto verrà poi esteso a tutto il territorio italiano per garantire a tutti i soggetti senza fissa dimora, di poter accedere all’assistenza sanitaria.

Dal nuovo anno i soggetti privi di una residenza anagrafica, presenti nel territorio italiano o all’estero, che soggiornano regolarmente sul nostro territorio, potranno iscriversi alle liste delle aziende sanitarie locali per ricevere assistenza medica. In questo modo anche i senza fissa dimora potranno scegliere il proprio medico curante o il pediatra e accedere alle prestazioni che rientrano nei LEA.

Ripartizione del fondo: decreto e pareri

Le risorse a disposizione per l’attuazione di questo progetto saranno divise tra le varie Regioni in base alla popolazione residente. Le operazioni di riparto verranno stabile con un decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze, che verrà adottato entro 90 giorni dalla entrata in vigore della legge, dopo aver raggiunto l’intesa in sede di Conferenza permanente per “per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di volontariato e di assistenza sociale maggiormente rappresentative operanti in favore delle persone senza dimora.”

Questo decreto stabilirà  inoltre i criteri di accesso al programma sperimentale, la sua attuazione e le modalità di verifica della spesa complessiva sostenuta.

Lo schema del decreto dovrà essere trasmesso alle Camere per consentire alle Commissioni di esprimere i propri pareri in relazione alla materia e agli aspetti finanziari. Le Commissioni avranno a disposizione 20 giorni per dire la loro, decorso questo termine il decreto si intenderà comunque approvato.

Assistenza sanitaria: relazione entro il 30 giugno

A partire dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della legge entro ogni 30 giugno, il Governo dovrà relazionare alle Camere lo stato di attuazione della legge.

Nella relazione il Governo dovrà indicare:

  • le persone che si sono iscritte agli elenchi delle aziende sanitarie di ogni regione;
  • il numero e il tipo di prestazioni erogate in favore di questi soggetti;
  • le criticità eventualmente emerse;
  • il denaro speso.

 

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parcheggio non pagato

Parcheggio non pagato: non è valido il verbale dell’agente ATM Per la Cassazione, gli ispettori dell'azienda di trasporto pubblico non hanno il potere di accertare le violazioni del Cds nell'intero territorio comunale

Parcheggio non pagato

Parcheggio non pagato: non è valido il verbale dell’agente ATM. Ciò perchè l’ispettore dell’azienda di trasporto pubblico non ha il potere di accertare le violazioni del Cds nell’intero territorio comunale. E’ quanto ha ribadito la Cassazione nell’ordinanza n. 19244/2024.

La vicenda

Un uomo proponeva opposizione avverso tre verbali di accertamento del 2019, con i quali gli veniva contestata la violazione dell’art. 157, comma 8, c.d.s., per sosta del veicolo di sua proprietà in località prossima alla stazione della metropolitana, senza avere azionato il dispositivo di controllo del pagamento della tariffa.
Il Giudice di pace, nel contraddittorio del Comune di Milano ha accolto l’opposizione, in ragione dell’assenza di parchimetri e ha annullato le sanzioni.
Il comune proponeva impugnazione e il tribunale di Milano riformava la pronuncia di primo grado rilevando, da un lato, che, al contrario di quanto affermato dal primo giudice, l’art. 157, comma 6, c.d.s., non implica che il parchimetro debba essere collocato nella stessa via in cui avviene il parcheggio del veicolo; dall’altro lato, che, posto che è possibile pagare la sosta in diversi modi, è persino ultronea la possibilità di provvedere al pagamento a mezzo dei parchimetri situati nelle vie adiacenti.
Il giudice d’appello, inoltre, ha richiamato l’orientamento dello stesso Tribunale per cui sussiste il potere sanzionatorio in capo agli agenti accertatori dell’ATM, come si desume dalle disposizioni di riferimento (art. 17, commi 132 e 133, legge n. 127 del 1997).
L’uomo proponeva ricorso per cassazione, denunciando, innanzitutto, la violazione dell’art. 17, commi 132 e 133, legge n. 127 del 1997, per avere il Tribunale erroneamente affermato che agli ispettori delle aziende di trasporto pubblico siano conferite le funzioni di accertamento delle violazioni in materia di sosta dei veicoli nell’intero territorio comunale e non limitatamente alle aree in concessione alle aziende medesime.

La decisione

Per la Cassazione, iil primo motivo è fondato, il che comporta l’assorbimento degli altri motivi.
Gli Ermellini affermano infatti che va data continuità al precedente sezionale – Cass. n. 30288 del 2022 – relativo a controversia, tra le stesse parti, avente ad oggetto la medesima fattispecie, che interpreta l’art. 17, commi 132 e 133, legge n. 127 del 1997, nel senso che “il legislatore abbia inteso conferire agli ausiliari del traffico, ai fini di semplificazione dell’attività amministrativa, il potere di prevenire ed accertare infrazioni al codice della strada in ipotesi tassative. In presenza ed in funzione di particolari esigenze del traffico cittadino, quali quelle connesse alla gestione delle aree da riservare a parcheggio e l’esercizio del trasporto pubblico di persone, la disciplina ha previsto che determinate funzioni, obiettivamente pubbliche, possano essere eccezionalmente svolte anche da soggetti privati i quali abbiano una particolare investitura da parte della pubblica amministrazione, in relazione al servizio svolto, in considerazione ‘della progressiva rilevanza dei problemi delle soste e parcheggi’ (Cass. 551/2009)”.
La tesi secondo cui gli ispettori delle aziende di trasporto sarebbero però titolari di un potere di controllo limitato alle aree date in concessione alle aziende da cui dipendono, proseguono dal Palazzaccio, “appare confortata dal tenore letterale del comma 133, il quale, nel prevedere la possibilità di conferimento delle funzioni di cui al precedente comma 132 (accertamento delle violazioni in materia di sosta, limitatamente alle aree oggetto di concessione), chiarisce che le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle sole corsie riservate al trasporto pubblico”.
“La natura derogatoria delle norme in oggetto rispetto alla regola generale secondo cui la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale compete ai soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, c.d.s., non consente di ampliare in via interpretativa il novero delle funzioni attribuite a soggetti privati (Cass. 551/2009; Cass. 2973/2016; Cass. 3494/2019)”.
Quindi, mentre i dipendenti delle imprese gestrici di pubblici posteggi hanno poteri di accertamento e contestazione soltanto per le “violazioni in materia di sosta” e “limitatamente alle aree oggetto di concessione”, per i soggetti di cui al comma 133 le funzioni di prevenzione e accertamento devono intendersi limitate alla “sosta nelle aree oggetto di concessione” alle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, ed “inoltre” alle ipotesi di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico”, attribuite al personale ispettivo di dette aziende”.
Per cui, il Tribunale di Milano, discostandosi dalla giurisprudenza di legittimità, “ha erroneamente affermato che gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico urbano hanno il potere di accertare le violazioni del c.d.s. ‘nell’intero territorio comunale'”.
Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

Allegati

fondo di garanzia

Fondo di garanzia per le vittime della strada Il Fondo di Garanzia per le vittime della Strada risarcisce i danni a persone e cose nei casi e nei modi stabiliti dalla legge

Cos’è il Fondo di Garanzia per le vittime della strada

Il Fondo di Garanzia per le vittime della strada (FGVS) è nato per risarcire i danni causati da sinistri stradali che si verificano in circostanze particolari.  Il fondo è operativo dal 12 giugno 1971 ed è amministrato dalla Consap con l’assistenza di un Comitato. Sul Fondo vigila il Ministero delle imprese e del Made in Italy.

Principali riferimenti normativi

Il Fondo di Garanzia è nato grazie alla legge n. 990/1969, abrogata quando è entrato in vigore il Codice delle assicurazioni private contenuto nel decreto legislativo n. 209/2005, continuamente modificato e aggiornato. Le principali norme di riferimento del Fondo di garanzia sono gli articoli 283 e 286 del dlgs n. 209/2005.

Fondo di Garanzia per le vittime della strada: quando opera

Il Fondo di Garanzia opera infatti nei casi specifici previsti dall’art. 283 del Codice delle assicurazioni private.

Esso risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti nei seguenti casi principali:

  • il veicolo o il natante che hanno cagionato i danni non è stato identificato;
  • il mezzo non risulta coperto da assicurazione;
  • il natante è assicurato presso un’impresa che opera all’interno del territorio della Repubblica in regime di stabilimento di libertà di prestazione di servizi e al momento del sinistro o in seguito si trova in stato di liquidazione coatta;
  • il veicolo è posto in circolazione contro la volontà del proprietario o di chi ne ha la titolarità;
  • il veicolo che ha cagionato il sinistro è estero e la targa non corrisponde o non corrisponde più allo stesso veicolo;
  • veicolo non assicurato è stato spedito nel territorio della Repubblica italiana da uno Stato dello Spazio Economico Europeo avvenuto nel periodo compreso tra la data di accettazione di consegna del veicolo e lo scadere del termine di 30 giorni.

Limiti risarcitori

Il Fondo di Garanzia non provvede sempre al risarcimento integrale dei danni. Ci sono dei casi in cui lo stesso risarcisce  certi tipi di danno e certi importi.

Ad esempio, nel caso in cui un veicolo non identificato sia responsabile dei danni, il Fondo risarcisce solo i danni alla persona, mentre per i danni alle cose risarcisce la parte del danno che eccede i 500,00 euro. Se invece il veicolo che cagiona i danni non è coperto da assicurazione, il Fondo copre sia i danni alle persone che alle cose. La norma di riferimento per conoscere in dettaglio i limiti risarcitori del Fondo è l’art. 283 del Codice delle. Assicurazioni Private.

Liquidazione dei danni

L’articolo 286 del Codice delle Assicurazioni private stabilisce che la liquidazione dei danni per i sinistri di cui all’articolo 283, coperti quindi dal Fondo di garanzia, venga effettuata da un’impresa assicurativa designata dall’IVASS secondo quanto stabilito nel regolamento adottato dal Ministero delle Imprese del Made in Italy.

L’impresa di assicurazione, una volta designata, liquida anche i danni relativi ai sinistri che si sono verificati oltre la scadenza del periodo assegnato e fino alla data indicata nel provvedimento che designa una nuova impresa.

Le somme che vengono pagate dalle imprese designate sono rimborsate dalla Consap, che gestisce il Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Per sapere quale impresa è designata dall’IVASS alla liquidazione dei danni nei casi sopra esaminati basta visitare la pagina dedicata Elenchi Imprese del sito della Consap.

Come farsi risarcire dal Fondo vittime della Strada

Per chiedere il risarcimento nei casi di sinistro stradale rientrante in una delle ipotesi per le quali è prevista la copertura del Fondo vittime della strada  è necessario accedere al sito della Consap.

Nella pagina dedicata al Fondo vittime della Strada è sufficiente linkare nella pagina dedicata alla procedura  generare il modulo, compilarlo, sottoscriverlo e inviarlo, anche mezzo pec.

 

Leggi anche: Auto ferma: va sempre assicurata

errore medico

Errore medico e danno da perdita della capacità lavorativa Danno da perdita della capacità lavorativa presumibile dall’elevata invalidità permanente anche se riconducibile alla nascita

Capacità lavorativa: il danno è presumibile dai postumi permanenti

Errore medico: il danno da perdita della capacità lavorativa si presume dall’alta percentuale dei postumi permanenti invalidanti riportati al momento della nascita e il giudice può liquidarlo affidandosi a criteri equitativi. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27353/2024.  

Risarcimento per lesione della capacità lavorativa anche se risalenti al parto

I genitori di una minore chiedono il risarcimento dei danni arrecati alla figlia dalla Asl a causa della condotta tenuta dal personale dipendente della divisione di ostetricia al momento del parto.

Il Tribunale accoglie in parte la domanda. La decisione viene appellata e la Corte conferma la decisione del Giudice di primo grado. L’autorità giudiziaria dell’appello riconosce  il risarcimento dei danni per il danno biologico permanente nella percentuale del 25% a causa dei danni riportati alla parte sinistra del corpo. La Corte però nega il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita della capacità lavorativa.

Serve una prova rigorosa

Per la Corte d’appello il mancato riconoscimento di questa voce di danno dipende dal fatto che il minore non percepisce redditi, i guadagni sono quindi assenti. Esiste pertanto un’incertezza sulla qualificazione e quantificazione delle varie voci di danno non superabile se non con una prova particolarmente rigorosa, caratterizzandosi il pregiudizio in questione come danno da perdita di chance lavorativa.” La prova dei postumi invalidanti non è sufficiente a dimostrare anche la perdita di futuri, possibili e maggiori guadagni.

Lesione altamente menomante: il danno è presunto

Parte soccombente nel ricorrere in Cassazione contesta la motivazione meramente apparente della decisione della Corte d’Appello in relazione alla mancata prova della perdita della capacità lavorativa. Con il secondo motivo contesta il rigetto della richiesta risarcitoria connessa alla perdita della capacità lavorativa specifica. In giudizio sono emersi indici presuntivi come il danno permanente del 25% e la “natura altamente menomante della lesione”. Trattasi di elementi che per la ricorrente dimostrano in via presuntiva la sussistenza del danno da perdita della capacità lavorativa e delle condizioni per liquidarlo nella misura pari al triplo della pensione sociale.

Elevata invalidità permanente, menomazione capacità lavorativa

La Cassazione accoglie il ricorso dopo l’esame congiunto dei due motivi di ricorso. Gli Ermellini sulla prova necessaria al riconoscimento del danno da perdita della capacità lavorativa ricordano che nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno che necessariamente da essa consegue, li giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi. La liquidazione di detto danno può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dellinfortunio.”

La Corte d’appello nel rigettare le richieste risarcitorie della ricorrente ha completamente disatteso questo principio. Essa ha preteso la prova rigorosa della alterazione in peius della capacità di guadagno in un soggetto minorenne, con postumi permanenti del 25%,  un danno biologico altamente rilevante a fini presuntivi.

 

Leggi anche: Malpractice medica e danno da perdita capacità lavorativa

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