reato per l'avvocato

Reato per l’avvocato che deposita ricorsi senza abilitazione Integrato l'esercizio abusivo della professione di avvocato per chi, non abilitato, deposita ricorsi in commissione tributaria

Esercizio abusivo della professione di avvocato

Reato per l’avvocato che deposita in commissione senza abilitazione. E’ integrato infatti l’esercizio abusivo della professione di avvocato per chi senza essere abilitato deposita ricorsi alla commissione tributaria. Così la sesta sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 25006/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Genova, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Savona rideterminava
la pena, quantificata in mesi sei di reclusione ed euro 10.000 di multa, nei confronti di un soggetto in ordine al delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato ex art. 348 cod. pen., e dichiarava non doversi procedere per prescrizione in ordine al delitto di truffa aggravata.

Il ricorrente adisce il Palazzaccio denunciando, tra l’altro, la carenza degli elementi necessari ai fini dell’integrazione del delitto contestato in quanto i ricorsi depositati presso la Commissione Tributaria Provinciale di Savona, erano stati presentati da altro professionista regolarmente abilitato che collaborava con lo stesso, né veniva dimostrato che fosse stato il ricorrente ad averli depositati.

La decisione

Sul fronte dell’entità della pena, la S.C. osserva innanzitutto che “la pena in concreto irrogata per il delitto di esercizio abusivo della professione ex art. 348 cod. pen. è illegale là dove è stata quantificata secondo la forbice edittale non ancora vigente al momento della commissione dei fatti, invero, risalenti al 1 febbraio 2013 ed al 15 aprile 2014”.
La fondatezza del motivo in punto di trattamento sanzionatorio determina la prescrizione del reato, con la necessità di annullare senza rinvio la decisione impugnata.
Tuttavia, in ragione della presenza della parte civile costituita, la Cassazione ritiene necessario dare conto dell’infondatezza del primo motivo di ricorso con cui si contesta il personale contributo fornito dal ricorrente alla condotta qualificata ex art. 348 cod. pen.
“Sotto tale aspetto – aggiungono gli Ermellini – il ricorso si presenta generico e riproduttivo di identica censura adeguatamente vagliata dalla Corte d’appello, che ha rilevato come il coinvolgimento del ricorrente emergesse dalle dichiarazioni rese dai testimoni e dalla coimputata oltre che dall’apprezzata documentazione acquisita, rilevando come proprio il contenuto del mandato alla lite apposto a margine dei ricorso smentisse l’assunto secondo cui lo stesso si fosse limitato a fornire consigli al professionista abilitato all’attività difensiva prestata in occasione della presentazione dei ricorsi presso la Commissione Tributaria Provinciale di Savona”.
Le citate ragioni, “che danno conto della realizzazione della condotta generatrice del danno nei confronti della costituita parte civile, assistita legalmente da chi era privo di un titolo ad esercitare la professione forense, impongono la conferma delle statuizioni civili”.

Per cui, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione e conferma le statuizioni civili.

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Allegati

ufficio del processo

Ufficio del processo: accelerata la giustizia civile Centomila i procedimenti civili arretrati smaltiti in un anno. I dati nello studio del Ministero della Giustizia e Bankitalia

Upp acceleratore della giustizia civile

L’Ufficio del processo è un acceleratore della giustizia civile. E’ quanto emerge dai dati dello studio congiunto realizzato dal ministero della Giustizia e dalla Banca d’Italia, “Gli effetti dell’ufficio per il processo sul funzionamento della giustizia civile”, disponibile in versione integrale.

“L’assunzione degli addetti Upp prevista dal Pnrr ha avuto un impatto positivo sulla definizione dei processi, soprattutto i più complessi, con riflessi positivi anche sull’abbattimento dell’arretrato e la riduzione dei tempi” si legge nella nota di via Arenula.

I dati

Si stima, infatti, che dall’immissione del primo gruppo di addetti Upp, nel primo trimestre 2022, alla fine del 2023, i tribunali che hanno ricevuto un numero maggiore di addetti hanno registrato una variazione nel numero dei procedimenti definiti di circa 4 punti percentuali più elevata; per i procedimenti più complessi la variazione è di circa 10 punti percentuali.

L’incremento complessivo di definizioni è valutabile in circa 100.000 procedimenti civili all’anno, pari a circa 1/3 dell’arretrato 2019.

Il contributo degli addetti risulta essere maggiore nei tribunali che prima della pandemia avevano già livelli di produttività elevata, “segno che gli uffici con maggiore capacità organizzativa hanno saputo sfruttare meglio le nuove risorse”.

Un risultato incoraggiante, conclude il ministero, “anche alla luce del fatto che gli effetti positivi messi in luce dall’analisi hanno riguardato il primo periodo di immissione degli addetti Upp; solo in un orizzonte temporale più lungo potranno pienamente dispiegarsi i benefici – in termini di quantità e qualità della risposta –  della nuova organizzazione del lavoro all’interno degli uffici giudiziari”.

bando 400 magistrati

Bando 400 magistrati: non consentiti i codici annotati Il ministero della Giustizia ha pubblicato due avvisi concernenti i criteri per la consultazione dei testi e dei codici per le prove scritte del concorso

Bando 400 Magistrati, nomina commissione e testi consentiti

Bando 400 magistrati: il Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria ha diramato due comunicazioni relative alla nomina della commissione esaminatrice (decreto ministeriale 24 luglio 2024, poi modificato dal Dm 5 agosto 2024) del concorso per 400 posti di magistrato indetto con Dm 8 aprile 2024.

Via Arenula ha pubblicato anche due avvisi concernenti i criteri per la consultazione dei testi e valutazione dei codici durante lo svolgimento delle prove scritte e l’indicazione degli oggetti ammessi e di quelli non consentiti nel corso delle sessioni d’esame.

Testi e codici consentiti

In particolare, si legge negli avvisi, “ai sensi dell’art. 16-bis del D.L. n. 118/2021 (che modifica l’art. 7 del R.D. n. 1860/1925) è consentito ai candidati “di consultare semplici testi dei codici, delle leggi e dei decreti dello Stato da essi preventivamente comunicati alla Commissione e da questa posti a disposizione previa verifica”.

Non sono pertanto ammessi “i codici illustrati, annotati, anche a mano, esplicati o commentati con richiami a dottrina o giurisprudenza, ad eccezione dei meri riferimenti ai dispositivi delle pronunce della Corte costituzionale (art. 11, comma 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44)”.

Esclusi dalla consultazione anche “i codici e i testi contenenti ‘mappe’ esplicative o ‘tabelle’ che non siano quelle previste dalla legge, aggiunte, anche a mano, suggerimenti o specificazioni di qualunque genere, anche se contenuti negli indici”, nonchè “stampe private o fotocopie di testi normativi”.

Ad essere consentiti, invece, “i codici corredati da indici cronologici, analitico-alfabetico (o sistematico-alfabetico) e/o sommario”.

La Commissione esaminatrice, avvisa il ministero, “procederà al controllo dei codici e dei testi ammessi in ogni momento della procedura concorsuale”.

Il candidato che verrà trovato in possesso di un codice artefatto è passibile di denuncia penale.

Cosa è ammesso portare alle prove scritte

Alle prove scritte, è permesso portare:

  • Qualunque alimento confezionato in involucro trasparente, compresi Snack, caramelle e cioccolatini purché confezionati singolarmente;
  • Acqua, succhi di frutta, integratori, caffè, the, purché conservati in bottiglie o contenitori trasparenti.

Tra gli oggetti non consentiti, invece:

  • Telefoni cellulari, smartphone, Agende elettroniche, Tablets, di qualsivoglia tipologia e marca;
  • Smartwatch, orologi abilitati alla ricezione e trasmissione e comunque qualsiasi strumento a tecnologia meccanica, elettrica, elettronica od informatica idoneo alla memorizzazione di informazioni ovvero alla trasmissione di dati anche se spento;
  • Auricolari, Cuffie;
  • Contenitori, termos, borracce;
  • Borse, Borselli, Borsellini, portafogli, Marsupi, Portaoggetti, Zaini, Valigie di qualunque genere o dimensione;
  • Penne, Matite, gomme, Evidenziatori, colori di qualsiasi tipo, Pennarelli, Righelli, Post it, fogli, carta per scrivere, block notes, quaderni e simili;
  • Appunti, manoscritti, quotidiani, libri o pubblicazioni di qualunque genere non autorizzati compresi Codici commentati con dottrina e giurisprudenza.

 

contributo maternità avvocati

Contributo maternità avvocati 2024 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la nota ministeriale di approvazione della delibera della Cassa Forense che fissa la misura del contributo di maternità 2024 per gli avvocati

Sulla Gazzetta Ufficiale del 30 agosto scorso, è stata pubblicata la nota ministeriale di approvazione della delibera n. 339/2024 adottata dal Consiglio di amministrazione della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense in data 22 maggio 2024.

La delibera determina il contributo di maternità dovuto dagli avvocati e praticanti iscritti all’ente previdenziale per l’anno 2024 in misura pari a euro 96,76 pro-capite.

Il contributo, si ricorda, viene riscosso in unica soluzione unitamente alla quarta rata prevista per il pagamento della contribuzione minima obbligatoria annuale.

Il termine di scadenza è il 30 settembre.

 

Leggi anche la guida alla Cassa Forense

pratica forense

Pratica forense: linee guida del CNF Pratica forense: dal CNF importanti chiarimenti sul tirocinio degli aspiranti avvocati, informazioni di dettaglio sul tirocinio alternativo

Linee guida sulla pratica forense del CNF

Pratica forense, arrivano le linee guida del CNF. Dopo le numerose richieste di chiarimenti sulle norme in materia di tirocini formativi previsti per gli aspiranti avvocati, il CNF ha elaborato le linee guide sulla pratica forense.

L’obiettivo finale è di rendere omogeneo su tutto il territorio nazionale il percorso formativo di coloro che si vogliono dedicare alla professione forense. Nelle linee guide il CNF dedica un’attenzione particolare al tirocinio alternativo. Per rendere tutto più chiaro il documento è corredato da schede e tabelle.

Definizione normativa di tirocinio professionale

L’articolo 41 della legge n. 247/2012 definisce il tirocinio professionale come l’addestramento teorico e pratico previsto per il praticante avvocato per consentigli di acquisire le capacità  necessarie, esercitare la professione di avvocato, gestire uno studio legale e fargli acquisire il contenuto dei principi etici e delle regole deontologiche della professione.

Formazione teorica

L’articolo 43 della legge n. 247/2012 stabilisce che la formazione teorica dell’aspirante avvocato è soddisfatta se il praticante frequenta con profitto i corsi di formazione ad indirizzo professionale organizzati dai consigli dell’ordine, dalle associazioni e dagli altri soggetti contemplati dalla legge per una durata non inferiore a 18 mesi.

Addestramento pratico ordinario all’esercizio della professione

Il praticante avvocato può soddisfare l’obbligo della pratica forense svolgendo il tirocinio:

  • nello studio di un avvocato che sia iscritto all’albo da non meno di 5 anni;
  • presso l’Avvocatura di Stato o in alternativa presso l’ufficio legale di un ente pubblico o un ufficio giudiziario per un periodo non superiore a 12 mesi;
  • presso lo studio di professionisti in possesso di un titolo equivalente a quello di avvocato e abilitati allo svolgimento della professione in un Paese UE diverso dall’Italia per una durata non superiore a sei mesi;
  • contestualmente all’iscrizione all’ultimo anno di corso di studio per conseguire il diploma di laurea in giurisprudenza e per non più di sei mesi nell’ipotesi contemplata dall’ 40 ossia in presenza di un accordo specifico tra università e ordine forense.

Tirocinio “alternativo”: tipologie

A quello ordinario si affiancano le seguenti tipologie di tirocinio alternativo:

Frequenza di uffici giudiziari e scuole di specializzazione

Dopo queste premesse di carattere generale il CNF procede alle necessarie distinzioni di funzionamento tra il tirocinio presso gli uffici giudiziari di cui all’art. 73 del n. 69/2013 e la frequentazione delle scuole di specializzazione di cui all’articolo 16 del Dlgs. 398/1997.

Pratica forense presso gli uffici giudiziari

I praticanti che svolgono il tirocinio presso gli uffici giudiziari possono convalidare il periodo di formazione necessario al compimento di un anno di tirocinio e svolgere il semestre residuo presso lo studio di un avvocato.

Chi ha iniziato questo tirocinio prima dell’entrata in vigore del dm 17/2018 non è obbligato a frequentare un corso di formazione.

Chi, al contrario, ha iniziato il tirocinio presso un ufficio giudiziario dopo l’entrata in vigore del dm del 2018, come ogni altro tirocinante che svolga il tirocinio nei modi ordinari, deve frequentare un corso di formazione.

Pratica forense e scuole di specializzazione

I tirocinanti che frequentano invece le scuole di specializzazione soddisfano solo la richiesta preparazione teorica. In questo caso il praticante deve svolgere quindi anche la pratica professionale nei modi contemplati dall’articolo 41, comma 6, della l. 247/2012.

Anche in questo caso operano le distinzioni necessarie per chi ha conseguito o iniziato il percorso per il diploma di specializzazione prima  o dopo il 1° aprile 2022.I primi non hanno l’obbligo di frequentare il semestre integrativo di corso di formazione per l’accesso”; i secondi invece sì.

L’iscrizione nel registro dei praticanti infine, a prescindere dal momento in cui venga effettuata , impone al laureato che ha frequentato una scuola di specializzazione di svolgere il periodo di pratica nelle modalità ordinarie o alternative.

 

Leggi che: “Il titolo di avvocato non equivale a quello rilasciato dalle SSPL

meno avvocati in italia

Meno avvocati in Italia: soprattutto al Sud Uno studio rivela che sono diminuiti dell'1,8% gli avvocati iscritti alla Cassa Forense, pari a circa 4mila professionisti in meno, soprattutto nel Sud Italia

Meno avvocati in Italia

Meno avvocati in Italia, male soprattutto il Sud. Nel 2023 sono diminuiti dell’1,8% gli avvocati in attività iscritti alla Cassa forense”, pari a “circa 4.000 professionisti in meno, concentrati soprattutto nel Sud Italia (-3,3%) e in particolare in Calabria (-4,8%) e Basilicata (-4,7%)”, così che il numero totale “è sceso dai 225.513 del 2022 ai 221.523” dell’anno scorso. A sottolinearlo è uno studio dell’Associazione Avvocati d’Impresa che in una nota del presidente Antonello Martinez, parla di “un calo fisiologico per un Paese, il nostro, che ha la più alta densità di avvocati in Europa”. Solo in Lussemburgo, Cipro e Grecia ce ne sono di più. “Fra le grandi nazioni europee siamo al primo posto con quasi 400 legali ogni 100 mila abitanti, dato che scende a 300 per la Spagna, a 200 per la Germania e a 100 per la Francia. E’ anche normale – evidenzia Martinez – che il calo maggiore in Italia si sia registrato in Calabria dove la densità di legali rimane ancora la più alta”.

Calabria e Basilicata con il maggior calo di iscritti

Dopo Calabria e Basilicata, al terzo posto tra le regioni con il maggior calo di iscritti ci sono la Puglia (-4,1%) e il Molise (-4,0%). La Sicilia è quarta (-3,6%) con quasi 800 iscritti in meno.

Una tendenza negativa analoga si riflette anche a livello di distretti giudiziari, con Catanzaro che registra un -4,6%, Palermo un -4,4% e Caltanissetta un -4,1%. Il trend negativo si riflette anche nelle nuove iscrizioni: nel 2023 si sono registrate 6.393 iscrizioni alla Cassa Forense a fronte di 8.043 cancellazioni, mentre nel 2022 le iscrizioni erano state 8.257 e le cancellazioni 8.698. Di conseguenza la densità di avvocati (numero di avvocati ogni 1.000 abitanti) in Italia, è scesa nel 2023 a 4 rispetto al 4,1 del 2022. Le regioni con la maggiore densità rimangono Calabria (6,6), Campania (6,0) e Lazio (5,8), mentre quelle con la minore presenza di legali sono Valle d’Aosta (1,3), Trentino-Alto Adige (1,7) e Friuli-Venezia Giulia (2,2).

Solo Lombardia positiva

Emergono anche segnali positivi in contrasto al trend nazionale. La Lombardia è l’unica regione con gli iscritti in crescita seppure dell’1% pari a oltre 300 professionisti in più. Nel distretto giudiziario di Messina l’aumento degli iscritti è stato significativo: +16,4% (3.613 nel 2023, a fronte dei 3.104 nel 2022), contrastando il trend nazionale. A livello di singoli Ordini, Lanciano registra un forte incremento: +46%, con 498 iscritti nel 2023 rispetto ai 341 del 2022.

D’altra parte, l’Ordine dell’Aquila subisce un drastico calo del 36,6%, con gli iscritti che scendono da 525 nel 2022 a 333 nel 2023. Anche l’Ordine di Caltanissetta registra una diminuzione del 7,2%.

Redditi medi avvocati

“Sul fronte economico – spiega Antonello Martinez – il calo degli iscritti in Puglia, Calabria e Sicilia ha fatto salire i redditi medi degli avvocati che rimangono comunque inferiori del 40-50% alla media nazionale (44.654 euro)”. In Sicilia l’incremento più alto del reddito medio: +10,6%, dai 25.811 euro nel 2022 a 28.558 euro nel 2023. Seguono Calabria (+9,5%) e Puglia (+9,2%). All’estremo opposto, la Valle d’Aosta ha visto un calo del 3,7%, con il reddito medio che è sceso da 54.059 euro a 52.039 euro.

“Ci troviamo – spiega Martinez – in un mercato nazionale sovraffollato, dove i grandi studi legali d’affari sono concentrati tra Milano e Roma con un processo di aggregazioni che è ancora in corso e una parcellizzazione nel resto del Paese che non garantisce redditi ai livelli di altri Paesi europei. Ci sono anche i tanti legali che lavorano nelle aziende ma è un mondo diverso dalla libera professione. In Italia il percorso formativo e d’ingresso nella professione è più lungo e selettivo rispetto a tantissimi Paesi del Mondo, forse si dovrebbe intervenire anche in questa direzione per imprimere una svolta a questa professione”.

radiato l'avvocato

Radiato l’avvocato che esercita anche se sospeso Radiato l’avvocato che esercita la professione forense anche se raggiunto dalla sanzione disciplinare della sospensione

Radiazione avvocato

Radiato l’avvocato responsabile di essersi appropriato di somme di denaro detenute per svolgere i suoi incarichi e che ha esercitato la professione abusivamente dopo che era stato sospeso dall’esercizio della professione a causa degli illeciti deontologici commessi. Con la pronuncia a SU n. 22986/2024 la Cassazione conferma le conclusioni del Consiglio Nazionale Forense, che ha sancito la definitività del provvedimento di radiazione.

Appropriazione di somme ed esercizio abusivo della professione

Alcuni clienti citano in giudizio un avvocato, per contestargli diverse violazioni del Codice deontologico. L’avvocato è ritenuto responsabile di essersi appropriato di somme di denaro detenute in virtù del mandato difensivo. Lo stesso inoltre ha esercitato la professione abusivamente nonostante il provvedimento di sospensione dell’Ordine degli Avvocati del 25 febbraio 2013. L’avvocato infine è accusato di aver trascurato gli interessi di una parte assistita e di non aver fornito alla stessa le informazioni necessarie, in violazione di precisi obblighi previsti dal Codice deontologico.

Radiazione definitiva e nullità procedimento disciplinare

L’avvocato contesta il provvedimento di radiazione innanzi al Consiglio Nazionale Forense, che con la sentenza del 3 ottobre 2023 statuisce “la definitività dei provvedimenti di radiazione dallalbo degli avvocati dellAvv. …. e per leffetto dichiara la nullità del procedimento disciplinare svoltosi a carico dello stesso avvocato innanzi al C.D.D di Cagliari, definito con provvedimento del 13/05/2022, depositato il 24/06/2022 e notificato in pari data.”

Processo estinto, radiazione illegittima

L’avvocato impugna la decisione in sede di Cassazione, contestando con il primo motivo la pronuncia di nullità del procedimento disciplinare. Il CNF avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione del processo e la conseguente illegittimità della pronuncia con cui ha dichiarato lareviviscenza della sanzione irrogata in precedenza dal C.O.A.”.

Con il secondo motivo invece contesta la violazione dell’art. 112 c.p.c. Il giudice di merito si sarebbe infatti pronunciato oltre i limiti delle richieste e delle eccezioni fatte valere in giudizio.” 

Sanzione efficace dalla definitività del provvedimento

Per la Cassazione entrambi i motivi sollevati presentano profili di inammissibilità legati a questioni di natura procedurale. Il ricorso pertanto deve essere rigettato.

Tra le questioni fatte valere dall’avvocato merita però particolare attenzione l’eccepita prescrizione della sanzione disciplinare della radiazione. Per gli Ermellini infatti tale eccezione non è stata eccepita in relazione all’illecito disciplinare, ma alla sanzione irrogata.

L’avvocato sostiene infatti che la radiazione non sarebbe stata tempestivamente eseguita.”

Le deduzioni svolte però, come precisato dalla Cassazione, non tengono conto del fatto che la sanzione disciplinare della radiazione, tendenzialmente definitiva, produce i suoi effetti ex art. 62, comma 2, della legge n. 247/2012 dalla data in cui il provvedimento diviene definitivo (e, quindi, in caso di estinzione del processo ex art. 393 cod. proc. civ. dallo spirare del termine concesso per la riassunzione), tanto che è da quel momento che l’incolpato è tenuto ad astenersi dall’esercizio della professione o dal tirocinio senza necessità di alcun ulteriore avviso». La sanzione, quindi, è immediatamente efficace ex lege sicché, non dipendendo la sua esecuzione dall’attività successiva che li C.O.A. è chiamato a svolgere.”

 

Leggi anche: “L’avvocato incompetente viola il codice deontologico

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avvocati di migranti

Avvocati di migranti Italia-Albania: rimborsi fino a 500 euro Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto giustizia che stabilisce misure e condizioni del rimborso spese di viaggio e soggiorno per avvocati e interpreti

Rimborso spese avvocati migranti

Avvocati di migranti Italia-Albania: è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 agosto 2024, il decreto del ministero della Giustizia del 5 luglio scorso, che stabilisce le misure e le condizioni del rimborso delle spese di viaggio e soggiorno agli avvocati e interpreti che assistono i migranti ammessi al gratuito patrocinio.

Le disposizioni si applicano nell’ambito del Protocollo Italia-Albania, finalizzato al rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, ratificato con la legge n. 14/2024.

Spese di viaggio e soggiorno rimborsabili

In particolare, l’art. 3 del Dm stabilisce che sono rimborsabili a titolo di spese di viaggio esclusivamente “gli esborsi documentati relativi ai trasporti necessari per raggiungere le aree di cui all’art. 1, paragrafo 1, lettera c), del Protocollo e fare ritorno in Italia”.

Allo stesso modo, sono rimborsabili, “a titolo di spese di soggiorno, esclusivamente gli esborsi documentati per l’alloggio e il vitto fruiti durante la trasferta”.

Tetto spese di trasferta rimborsabili

A titolo di spese di trasferta, sono rimborsabili esclusivamente “le spese di viaggio e di soggiorno necessarie per lo svolgimento dell’udienza nei casi di cui all’art. 4, comma 5, della legge di ratifica”.

Le spese sono liquidate comunque in misura non superiore a 500 euro.

Istanza di liquidazione

Ai fini del rimborso delle spese suddette, l’avvocato e l’interprete sono tenuti a depositare, con atto separato, istanza di liquidazione al giudice che ha tenuto l’udienza. L’avvocato deve documentare anche l’ammissione al gratuito patrocinio. L’istanza deve indicare distintamente le spese di viaggio e di soggiorno ed essere corredata della documentazione comprovante gli esborsi sostenuti.

negoziazione assistita

Negoziazione assistita: spetta il compenso per attività stragiudiziale? Negoziazione assistita: le spese per l’assistenza stragiudiziale di cui si chiede il rimborso devono essere richieste e dimostrate

Negoziazione assistita: compenso per l’attività stragiudiziale

Sul pagamento delle spese legali sostenute per la negoziazione assistita fa chiarezza il Giudice di Pace di Vallo della Lucania con la sentenza n. 385-2024.

Richiesta compenso per attività stragiudiziale

La decisione pone fine a una controversia giudiziale che prende le mosse dall’azione giudiziale intrapresa da un avvocato. Il legale chiede nello specifico l’accertamento dell’attività svolta su incarico e nell’interesse di una società e la conseguente condanna al pagamento delle sue spettanze e al rimborso delle spese sostenute.

Manca la prova dell’utilità dell’attività svolta

Il Giudice di Pace al termine dell’attività istruttoria accoglie in parte le richieste del legale. Il Giudice di Pace nega infatti la liquidazione del compenso richiesto per lo svolgimento dell’attività stragiudiziale svolta nell’ambito della negoziazione assistita, conclusasi con esito negativo per la mancata adesione di controparte all’invito.

Nel negare l’accoglimento delle richieste avanzate dall’avvocato il GdP ricorda che la Cassazione nell’ordinanza n. 24481/2020 in relazione alle attività di assistenza stragiudiziale ha precisato che: “esse hanno natura di danno emergente, consistente nel costo sostenuto per lattività svolta da un legale nella fase precontenziosa, con la conseguenza che il loro rimborso è soggetto ai normali oneri della domanda, allegazione e prova e che, anche se la liquidazione deve avvenire necessariamente secondo le tariffe forensi, esse hanno natura intrinsecamente differente rispetto alle alle spese processuali vere e proprie.”

Negoziazione assistita: idoneità a raggiungere l’accordo

E’ quindi possibile ottenere la liquidazione delle spese per l’assistenza stragiudiziale solo se si dimostra che le stesse sono state utili a evitare il giudizio. L’attività svolta dall’avvocato deve essere stata cioè idonea a raggiungere un accordo stragiudiziale Nel caso di specie però l’avvocato non ha dimostrato che l’attività svolta in sede di negoziazione è stata idonea a definire la vertenza in via stragiudiziale prima del giudizio.

 

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procura speciale

Procura speciale: se manca, le spese di giudizio le paga l’avvocato Procura speciale: se mancante per la presentazione del ricorso in Cassazione spetta all’avvocato pagare le spese 

Procura speciale assente: spese a carico dell’avvocato

Se manca la procura speciale per il ricorso in Cassazione le spese di giudizio sono a carico dell’avvocato. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella decisione n. 23136/2024, dopo aver chiarito quali sono i requisiti di specificità della procura speciale.

Richiesta di annullamento avviso di accertamento

Una Società in nome collettivo ricorre alla Commissione Tributaria Provinciale per chiedere l’annullamento di un avviso di accertamento. La Commissione rigetta il ricorso e la contribuente si rivolge alla Commissione Tributaria Regionale, che però respinge nuovamente la richiesta di annullamento. La controversia tra la Società e l’Amministrazione finanziaria finisce quindi in Cassazione.

Procura speciale: requisiti di specificità

La Cassazione, in via preliminare, si pronuncia d’ufficio sulla presenza e sulla specificità della procura conferita all’avvocato per ricorrere innanzi alla stessa.

Sulla questione la Cassazione precisa che la procura è “speciale” ai sensi degli articoli 83 e 356 c.p.c quando la stessa è congiunta materialmente o con strumenti informatici al ricorso. Non è necessario che la stessa sia conferita contestualmente alla redazione dell’atto. Occorre però che la stessa sia conferita dopo la pubblicazione del provvedimento da impugnare e anteriormente alla notifica del ricorso per il quale è conferita.

La sentenza delle Sezioni Unite

La Cassazione a Sezioni Unite n. 2075/2024 ha precisato inoltre che in caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici al messaggio di posta elettronica certificata (p.e.c.) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, comma 3, cod. proc. civ., di procura speciale apposta in calce al ricorso”  la stessa è valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione”.

Gli ulteriori elementi di specificità della procura sono rispettati se la stessa:

  • viene conferita all’avvocato iscritto nell’apposito albo dei cassazionisti;
  • si riferisce specificamente alla fase di legittimità;
  • è rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza da impugnare.

Tutti questi requisiti però, nel caso di specie, non sono stati rispettati.

Procura speciale mancante e spese a carico dell’avvocato

La procura è stata conferita in calce all’atto, con documento allegato. In calce al ricorso depositato telematicamente all’interno del fascicolo d’ufficio però non è presente una procura alle liti. La Cassazione ha rilevato solo una doppia attestazione di conformità in relazione agli atti depositati in primo grado e secondo grado. La procura allegata e depositata nel fascicolo telematico inoltre si riferisce a una sentenza d’appello diversa da quella impugnata nel presente giudizio.

La procura è quindi mancante e come tale insanabile. La mancanza di procura speciale in Cassazione determina l’inammissibilità del ricorso. A questo difetto consegue la condanna le spese dell’avvocato in base al seguente principio:qualora il ricorso per cassazione sia stato proposto dal difensore in assenza di procura speciale da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire in giudizio, l’attività svolta non riverbera alcun effetto sulla parte e resta nell’esclusiva responsabilità del legale, di cui è ammissibile la condanna al pagamento delle spese del giudizio.”

 

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