piattaforma digitale unificata avvocati

PDUA: dal 18 luglio la piattaforma gratis per gli avvocati Cassa Forense mette a disposizione degli iscritti PDUA, la nuova piattaforma cloud appositamente progettata e realizzata per le esigenze degli avvocati

PDUA: la piattaforma digitale unificata degli avvocati

Dal 18 luglio sarà attivo il nuovo servizio pensato su misura degli avvocati. Si tratta della piattaforma digitale unificata (PDUA) offerta gratuitamente a tutti gli iscritti da Cassa Forense.

Cosa si può fare con PDUA

Con PDUA si può:

  • accedere ai dati e ai documenti in qualunque momento e ovunque, da qualsiasi dispositivo, anche smartphone e tablet.
  • fruire di uno spazio personale cloud storage, dove creare, consultare e scaricare i fascicoli, le anagrafiche dei clienti, delle controparti e dei difensori, effettuare ricerche rapide all’interno del sistema grazie ai filtri di ricerca avanzati.
  • gestire il PCT – processo civile telematico: consultare i registri di cancelleria e, con il redattore, compilare gli atti ed effettuarne il deposito, caricando i documenti dal tuo pc oppure dal sistema documentale in cloud.
  • firmare digitalmente, usando i dispositivi personali, leggere e spedire le PEC tramite il client di posta integrato, ricevere le notifiche telematiche e le comunicazioni delle cancellerie giudiziarie.

L’agenda

Per ottimizzare la gestione del tempo, l’agenda di PDUA può essere collegata ai calendari personali esterni e, grazie alla sincronizzazione automatica, avere la visualizzazione giornaliera, settimanale o mensile degli impegni.  L’agenda si sincronizzera’ in automatico anche con i fascicoli personali presenti in Polisweb, rendendo così possibile scadenzare anche le udienze e gli adempimenti del processo civile telematico.

Direttamente da PDUA, tramite link, si può accedere agli altri processi telematici (penale, amministrativo e tributario), ed effettuare il pagamento delle spese di giustizia civili, generando gli avvisi di pagamento agli uffici giudiziari e scaricando le ricevute telematiche.

La vetrina

La piattaforma mette a disposizione delle software house la sezione Marketplace: una vetrina di prodotti di aziende terze che potranno integrare e implementare i servizi offerti.

Info su call center Cassa Forense

A partire dal 18 luglio, data in cui sarà presentato e attivato il servizio gratuito per tutti gli iscritti, il Call center di Cassa Forense (al numero 06.51435340) offre un servizio di assistenza telefonica dedicata per qualsiasi info, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle ore 19, il sabato dalle ore 8.00 alle ore 13.00.

procura liti processo tributario

Procura alle liti: sanabile nel processo tributario La Cassazione ha precisato che una mera insufficienza o genericità della procura alle liti può essere sanata con assegnazione di un termine per la regolarizzazione della costituzione

Nullità della procura

Nel caso di specie e per quanto qui rileva, il Giudice tributario di prime cure aveva condiviso le doglianze formulate dall’Agenzia delle entrate e per l’effetto aveva accertato la nullità della procura alle liti rilasciata dal contribuente al difensore, ritenendo altresì che la produzione di valida procura nel successivo grado di giudizio non fosse idonea a sanare l’originario vizio della stessa.

Avverso tale decisione il contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Nel giudizio tributario si può sanare la procura

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12831/2024, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte tributaria di secondo grado.

Per quanto in particolare attiene al contestato vizio della procura alle liti, il Giudice di legittimità ha ripercorso la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, secondo cui l’art. 83, comma 3, c.p.c. “non può essere interpretato in modo formalistico, avendo riguardo al dovere del giudice (…) di segnalare alle parti i vizi della procura affinchè possano porvi rimedio”.

Inoltre, la Corte ha ricordato che, quando il giudice “rileva un vizio che determina la nullità della procura al difensore, assegna alle parti un termine perentorio per il rilascio della stessa o per la sua rinnovazione”.

La decisione

Nel caso di specie, ha evidenziato il Giudice di legittimità, la cd riforma Cartabia, che non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alle liti, “non ha inciso sulla materia tributaria che (…) prevede delle norme speciali in materia di invalidità e sanatoria della procura”.

La Corte, sulla scorta di quanto sopra riferito, ha concluso il proprio esame enunciando il seguente principio di diritto “il giudice tributario, ove la procura alle liti, le modalità di conferimento della quale seguono le regole generali dettate dall’art. 83 cod. proc. civ., manchi o sia invalida, prima di dichiarare l’inammissibilità del ricorso (…) deve invitare la parte a regolarizzare la situazione e, solo in caso di inottemperanza, pronunciare la relativa inammissibilità”.

obbligo formativo avvocati

Avvocati: l’obbligo formativo non è ritagliato sui propri interessi Il sistema di formazione continua per l’avvocato è cogente e non può essere ritagliato sui desiderata o sulle valutazioni dei singoli iscritti

Procedimento disciplinare per violazione obbligo di formazione

Nel caso sottoposto all’esame del Consiglio Nazionale Forense (CNF), un avvocato era stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona per la violazione dell’obbligo di formazione continua di cui agli articoli 15 e 70 comma sesto del codice deontologico forense e degli articoli 6 e 12 del regolamento del CNF numero 6/2014.

Formazione ritagliata sulle proprie materie

In particolare, gli è stato contestato di non avere conseguito alcun credito formativo obbligatorio, per il triennio di riferimento e pertanto gli era stata applicata la sanzione della censura.

Avverso tale decisione, l’avvocato interessato aveva contestato che il professionista “è libero di scegliere gli strumenti di formazione e le relative attività ai sensi dell’articolo 7 del regolamento CNF numero 6 del 2014”; inoltre “la formazione dell’avvocato va riferita alle materie di cui egli prevalentemente si occupa, altrimenti a suo dire si tratterebbe (testualmente) di una mera raccolta di punti”.

La formazione continua è obbligatoria

Il Consiglio Nazionale forense, con sentenza n. 91/2024, ha respinto il ricorso proposto.

In particolare e per quanto qui rileva, il CNF ha affermato che “Il sistema di formazione continua previsto per l’Avvocato da un lato è cogente (art. 35) e non può essere ritagliato sui desiderata o sulle valutazioni dei singoli iscritti, dall’altro – oltre ad includere obbligatoriamente la deontologia forense (…) – riguarda «non solo l’approfondimento delle conoscenze e competenze professionali già acquisite, ma anche il loro costante accrescimento ed aggiornamento”.

Allegati

equo compenso avvocati

Equo compenso avvocati: norma in vigore dal 2 luglio Entra in vigore domani 2 luglio, la modifica al codice deontologico forense in materia di equo compenso

Equo compenso: modifica codice deontologico forense

Entra in vigore il 2 luglio 2024, la modifica al Codice deontologico forense in materia di equo compenso, ossia 60 giorni dopo la pubblicazione del comunicato del CNF in Gazzetta Ufficiale (n. 102/2024).

Già con nota del 1° marzo 2024, il CNF aveva anticipato al mondo dell’avvocatura la formulazione definitiva del nuovo art. 25 bis del Codice deontologico forense.

Il via libera definitivo della disposizione in materia di equo compenso, ai sensi della L. n. 49/2023, è stato dato nella seduta amministrativa del 23 febbraio 2024.

Il nuovo art. 25-bis Codice deontologico forense

Il testo del nuovo art. 25-bis rubricato “Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso” è il seguente:

“1. L’avvocato non puo’ concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.

2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.

3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento”.

avvocati penalisti sciopero

Avvocati penalisti in sciopero: dal 10 al 12 luglio Necessario interrompere la lunga scia di morte in carcere. Per questi motivi l'UCPI delibera l'astensione per tre giorni

Penalisti in sciopero contro morti in carcere

Gli avvocati penalisti dell’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) hanno annunciato uno sciopero di tre giorni, dal 10 al 12 luglio 2024. La delibera, datata 18 giugno, giunge “a conclusione della maratona oratoria iniziata lo scorso 29 maggio, con cui si è inteso denunciare pubblicamente tanto la mancanza di un programma di serie riforme strutturali e di ripensamento dell’intera esecuzione penale, quanto l’irresponsabile indifferenza della politica di fronte al dramma del sovraffollamento ed alla tragedia dei fenomeni suicidari”.

Manifestazione a Roma l’11 luglio

Da qui la delibera dell’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 10, 11e 12 luglio 2024, con convocazione di tutti i Presidenti delle Camere Penali territoriali e di tutti gli iscritti, in Roma per partecipare alla manifestazione, che si terrà con tutte le associazioni sensibili a tale emergenza e con i rappresentanti della politica favorevoli all’adozione di strumenti immediati, volti alla soluzione della crisi in atto, in Piazza dei Santi Apostoli, in data 11 luglio 2024 dalle ore 14.30 per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’emergenza carceri.

Avvocati assolti per le offese alla controparte Le offese contenute negli scritti difensivi non sono punibili se riguardano l’oggetto della causa, non occorre che siano vere o necessarie

Offese negli scritti difensivi

Le offese non necessarie e non vere, anche se non giustificabili in ambito processuale-civilistico, rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 598 cod. pen., purché relative all’oggetto della controversia. L’art. 598 cod. pen. consente la massima libertà nel diritto di difesa e per l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 598 cod. pen. sono necessarie due condizioni: le offese devono riguardare l’oggetto della causa o del ricorso pendente dinanzi all’autorità giudiziaria o amministrativa e devono avere una rilevanza funzionale per le argomentazioni a sostegno della tesi o per l’accoglimento della domanda. Non è necessario che le offese contengano un minimo di verità o che la verità sia deducibile dal contesto. L’interesse tutelato è la libertà di difesa in relazione logica con la causa, indipendentemente dalla fondatezza dell’argomentazione. La causa di non punibilità è applicabile anche quando le espressioni ingiuriose non sono né necessarie né decisive per l’argomentazione, l’importante è che siano inserite nel contesto difensivo. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20520-2024.

Diffamazione aggravata: avvocati assolti

La Corte d’Appello di Venezia conferma l’assoluzione di due avvocati dall’accusa di diffamazione aggravata (art. 595, secondo comma, cod. pen.).

Gli imputati erano stati accusati di aver offeso la reputazione di un notaio per mezzo di un atto di citazione in revocatoria in cui gli stessi avevano sostenuto che le azioni giudiziali del pubblico ufficiale avevano provocato ai genitori sofferenze tali da cagionare la morte della madre del notaio stesso, deceduta invece a causa di una caduta accidentale.

Nel presentare ricorso per Cassazione il notaio ritiene erronea l’applicazione dell’art. 598 cod. pen., perché l’offesa non era pertinente all’oggetto dell’azione giudiziaria, ma mirava solo a ledere la sua reputazione. Lo stesso rileva inoltre la presenza di vizi di motivazione sulla esimente dell’art. 598 cod. pen., evidenziando la mancanza di nesso funzionale tra l’offesa e l’azione giudiziale.

Libertà di difesa: offese negli scritti difensivi non sono punibili

La Corte di Cassazione però respinge il ricorso perché infondato. Le censure si concentrano sull’errata applicazione dell’esimente prevista dall’art. 598 cod. pen. e vengono esaminate congiuntamente.

L’articolo 598 c.p, che si occupa delle offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati davanti  alle autorità amministrative e giudiziarie, per finalità di rilievo nella presente causa, dispone che “1. Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all’Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un’Autorità amministrativa, quando le offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.”

L’art. 598 c.p.

Dalla lettera della norma emerge che l’art. 598 cod. pen. protegge la libertà di difesa, coprendo gli atti funzionali a questo diritto anche se offensivi, purché inseriti nel contesto difensivo.

Lo stesso ricorrente ha ricordato che la non punibilità prevista dall’articolo 598 cod. pen. richiede la sussistenza di due soli requisiti, ossia che le offese riguardino l’oggetto della causa o del ricorso presentato davanti all’autorità giudiziarie o amministrativa e che le stesse siano funzionali alla tesi difensiva prospettata.

Non è necessario neppure che le offese siano veritiere o strettamente necessarie, le stesse devono essere correlate alla causa e questo principio è stato applicato dalla Corte d’Appello, che ha ritenuto le frasi degli imputati funzionali alla difesa dei loro clienti.

Allegati

concorso 400 notai

Concorso notai: 400 posti Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo bando di concorso per 400 posti di notaio. Domande entro 30 giorni

Concorso notai 2024

E’ disponibile sul sito del Ministero l’avviso relativo al nuovo bando di concorso per 400 posti di notaio di cui al provvedimento del 12 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 50, 4a serie speciale, Concorsi ed esami, il 21 giugno scorso.

Le domande vanno inviate esclusivamente per via telematica entro trenta giorni, a  decorrere dalla pubblicazione in GU, e redatte compilando l’apposito form,

Le prove

Previste prove scritte ed orali.

Esame scritto

In particolare, l’esame scritto consta di tre distinte prove teorico-pratiche, riguardanti un atto di ultima volontà e due atti tra vivi, di cui uno di diritto commerciale. In ciascun tema sono richiesti la compilazione dell’atto e lo svolgimento dei principi attinenti agli istituti giuridici relativi all’atto stesso.

Esame orale

L’esame orale consta invece di tre distinte prove sui seguenti gruppi di materie:

  • diritto civile, commerciale e volontaria giurisdizione, con particolare riguardo agli istituti giuridici in rapporto ai quali si esplica l’ufficio di notaio;
  • disposizioni sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili;
  • disposizioni concernenti i tributi sugli affari.

Diario d’esame

I candidati ai quali non sia stata comunicata l’esclusione dal concorso, sono tenuti a presentarsi per sostenere le prove scritte, a pena di decadenza, nel luogo, giorno ed ora indicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica – 4a serie speciale – “Concorsi ed Esami” del 13 settembre 2024.

Maggiori info sono disponibili anche sul sito del ministero della giustizia.

accesso atti cliente avvocato

Il cliente può accedere agli atti che riguardano l’avvocato L’accesso “difensivo” costituisce una fattispecie ostensiva connotata dall’onere di dimostrare la necessità della conoscenza dell’atto rispetto alla tutela della propria posizione

Rigetto istanza di accesso agli atti

Nel caso in esame, il Coniglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma aveva dichiarato inammissibile l’istanza di accesso agli atti avanzata da una cliente, nell’ambito del procedimento disciplinare a carico del proprio avvocato. In particolare. l’accesso era stato chiesto poiché il cliente aveva dei dubbi sulla legittimità dei compensi professionali richiesti.

La richiesta di accesso agli atti veniva nella specie respinta in quanto la stessa era stata ritenuta esplorativa, non essendo specificato il rapporto tra i documenti oggetto di accesso agli atti e le ragioni di difensive, ponendosi pertanto in contrasto con il diritto alla tutela della riservatezza di soggetti terzi.

La cliente aveva impugnato la decisione del CdO di Roma, chiedendo l’annullamento del rigetto.

L’interesse conoscitivo di carattere “difensivo”

Il Tar Lazio, con sentenza n. 9314/2024, ha ritenuto che, nel caso di specie, venisse in rilievo un’ipotesi di accesso difensivo, come tale ammissibile.

In particolare, il Tar, ripercorrendo la giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto, ha affermato che “l’accesso “difensivo” costituisce una fattispecie ostensiva idonea a superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi, ma al contempo è connotata dall’onere stringente di dovere dimostrare la ‘necessità’ della conoscenza dell’atto o la sua ‘stretta indispensabilità’, nei casi in cui l’accesso riguarda dati sensibili o giudiziari”.

Inoltre “la necessità (…) della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio”.

Valutazione ammissibilità

In relazione a quanto sopra, il Tar ha altresì specificato che la Pubblica Amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto in sede d’impugnazione non devono svolgere ex ante alcuna valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto, poiché un simile apprezzamento compete solo all’autorità giudiziaria investita della questione, salvo il caso di un’evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990. Resta in ogni caso fermo l’obbligo di puntuale motivazione a carico del richiedente, anche al fine di dimostrare il suddetto nesso cauale.

Applicando i suddetti principi giurisprudenziali al caso di specie, il Tar ha ritenuto che la richiesta di accesso agli atti formulata dalla cliente e volta ad ottenere copia di tutti gli atti, le delibere e i verbali relativi ai procedimenti disciplinari a carico dell’avvocato doveva essere (parzialmente) accolta.

Interesse diretto e concreto

Rispetto a tali documenti, ha proseguito il Tar, “la ricorrente ha rappresentato di avere un interesse diretto, concreto e attuale alla loro ostensione, connesso alla controversia (…) in merito alla debenza di taluni compensi professionali, sfociata in due procedimenti contenziosi allo stato pendenti”; per tali documenti sussiste dunque un nesso di strumentalità con la situazione finale che l’istante intende tutelare.

Per quanto infine attiene alla tutela della riservatezza dell’avvocato, deve ritenersi che, nel bilanciamento di interessi contrapposti, prevalga nel caso di specie il diritto dell’istante all’ostensione dei documenti richiesti per la tutela della propria posizione giuridica.

Responsabilità avvocato: vale la regola del più probabile che non In tema di responsabilità dell’avvocato, la regola probatoria del “più probabile che non”, si applica non solo al nesso causale tra la condotta e l’evento, ma anche al nesso tra quest’ultimo e i danni prodotti

Risarcimento danni per negligente adempimento avvocato

Nel caso di specie, il cliente aveva adito il Giudice di merito per ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso lamentati in conseguenza del negligente adempimento da parte dell’avvocato delle obbligazioni professionali dallo stesso assunte e derivanti da un incarico di patrocinio nell’ambito di una causa penale.

Il Giudizio di merito si era concluso con la decisione della Corte d’appello di Brescia che, confermando gli esiti cui era giunto il giudice di primo grado, aveva rigettato la richiesta risarcitoria formulata dal cliente.

Avvero tale decisione il cliente aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, contestando, in particolare e per quanto qui rileva, che nel corso del giudizio di merito, nonostante fosse stata raggiunta la prova circa la negligenza professionale del proprio difensore, tale condotta non era stata ritenuta dal Giudice di secondo grado idonea a dimostrare il nesso causale tra quest’ultima ed il danno subito dal cliente.

Responsabilità avvocato: regola del più probabile che non

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15719-2024, ha rigettato il ricorso proposto dal cliente ed ha condannato quest’ultimo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Per quanto in particolare attiene al motivo d’impugnazione sopra indicato, la Corte ha ripercorso la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, secondo cui “in tema di responsabilità professionale dell’avvocato per omesso svolgimento di un’attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo (…) e le conseguenze dannose risarcibili”, attraverso un giudizio di tipo prognostico, ovvero valutando quale sarebbe potuto essere l’esito dell’attività professionale se questa non fosse stata (colposamente) omessa.

Negligenza professionale e danno al cliente

Ciò posto, il Giudice di legittimità, riferendo quanto accertato dalla Corte d’appello, ha precisato che, nel caso di specie, non fosse possibile ritenere che la negligenza professionale dell’avvocato abbia prodotto il danno dedotto dal cliente, poiché sarebbe mancata la prova “che, se anche la prestazione professionale (…) fosse stata regolarmente adempiuta dal convenuto, l’esito finale del relativo processo sarebbe stato più favorevole” al cliente in base ad una valutazione prognostica basata sul criterio del “più probabile che non”, confermando di conseguenza gli esiti processuali raggiunti al termine del giudizio di merito.

 

Allegati

Magistrati e avvocati dello Stato: stipendi più alti Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dpcm che prevede l'incremento con decorrenza 1° gennaio 2024 degli stipendi del personale di magistratura ed equiparati in virtù delle variazioni Istat

Adeguamenti stipendi e indennità magistrati e avvocati dello Stato

Parte l’adeguamento triennale degli stipendi e delle indennità dei magistrati e degli avvocati dello Stato. Lo prevede il dpcm del 3 giugno scorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 giugno, in virtù delle variazioni comunicate dall’Istat.

Stipendi e indennità su del 6,69%

In particolare, l’art. 1 prevede che “le misure degli stipendi del personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, dell’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e dell’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2021, sono incrementate del 6,69 per cento, con decorrenza 1° gennaio 2024, con conseguente conguaglio, con la medesima decorrenza 1° gennaio 2024, degli acconti corrisposti negli anni 2022 e 2023″.

Acconti per il triennio successivo

L’art. 2 prevede, inoltre, che l’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e l’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2024, come determinate dall’art. 1 del decreto, “sono ulteriormente incrementate, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, del 2,01 per cento, con decorrenza, rispettivamente, dal 1° gennaio 2025 e dal 1° gennaio 2026, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale successivo”.

Risorse

L’art. 3, prevede infine che al relativo onere, che costituisce spesa avente natura obbligatoria, si provvede a valere sulle disponibilità dei pertinenti capitoli di bilancio delle amministrazioni interessate.

Il decreto è stato trasmesso alla Corte dei Conti e registrato l’11 giugno 2024.

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