nuova aggressione avvocati

Nuova aggressione avvocati, AIGA: serve legge L'Associazione dei giovani avvocati esprime piena solidarietà al legale minacciato in carcere e sollecita il legislatore ad intervenire

Nuova aggressione avvocati

Serve l’intervento del legislatore di fronte alle aggressioni agli avvocati. “La misura è colma” avverte l’Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) esprimendo piena e incondizionata solidarietà all’avvocato del foro di Santa Maria Capua Vetere per le minacce ricevute nei giorni scorsi durante il processo per i fatti commessi nel carcere “F. Uccella” in danno dei detenuti.

“Appare quantomai necessario, in questo periodo storico, adottare ogni iniziativa a difesa della categoria forense, associandosi, con determinazione, al grido di giustizia lanciato dall’AIGA, nella persona del Presidente avv. Carlo Foglieni” si legge nella nota stampa dell’associazione.

Questo di fronte a un fatto che “esprime una preoccupante similarità” rispetto alla vicenda denunciata da un’avvocatessa in occasione della conferenza “Il pericolo di essere avvocati”, tenutasi lo scorso gennaio presso la sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.

Ancora una volta, denunciano i giovani avvocati, “la Toga risulta bersaglio di rigurgiti antidemocratici e – fatto ancor più grave – senza che sia adottato alcun espresso provvedimento, da parte delle autorità preposte, che ne tuteli l’onore ed il prestigio”.

Tutela normativa alla categoria forense

Risulta quindi doveroso “fornire una tutela normativa alla Categoria forense, relativamente alle ipotesi di aggressioni subite da esercenti le professioni legali, nell’esercizio ed in occasione della funzione svolta, così come previsto per coloro che esercitano una funzione sanitaria”.

Per cui, rincara l’Aiga, “non è più procrastinabile un intervento legislativo in tal senso: vi è la consapevolezza che dietro ogni simile aggressione si celi un attacco frontale ai valori dello stato di diritto e del giusto processo: l’Avvocato – lo si ribadisce – costituisce un pilastro della giurisdizione, e va tutelato in quanto tale”.

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Avvocato cancellato e riabilitato: cumula l’anzianità? Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce che è possibile cumulare diversi periodi di iscrizione, ferma restando la detrazione del periodo in cui l’avvocato è stato cancellato

Il quesito

Il CNF si è espresso con parere n. 11/2024 (pubblicato sul sito del Codice deontologico il 5 maggio 2024) sul quesito sottopostogli dal Consiglio dell’Ordine di Vibo Valentia. In particolare, il COA chiedeva di sapere “se l’avvocato cancellato dall’albo per perdita del requisito della condotta irreprensibile a seguito di condanna penale e successivamente reiscritto a seguito della riabilitazione – potesse – cumulare i periodi di anzianità ai fini dell’iscrizione nell’elenco degli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato”.

La risposta del CNF è resa nei seguenti termini: secondo il costante orientamento domestico in sede consultiva (cfr. ex multis i pareri nn. 33/2023, 57/2018, 40/2017), “ai fini del computo dell’anzianità anche in relazione all’iscrizione nell’elenco dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato – è consentito – di cumulare diversi periodi di iscrizione, ferma restando l’ovvia detrazione del periodo o dei periodi in cui l’avvocato è stato cancellato”.

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Avvocato coperto dall’assicurazione anche se non ha risarcito il cliente La Cassazione afferma che l'obbligo di tenere indenne l’assicurato da quanto questi deve pagare al danneggiato, sorge in dipendenza della responsabilità civile, già al tempo dell’avveramento del rischio dedotto in contratto da indennizzare

Eccezione di non indennizzabilità

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione prende avvio dalla contestazione, formulata dalla compagnia assicurativa in sede di legittimità, in relazione alla ritenuta violazione/falsa applicazione dell’art. 1917 c.c. da parte della sentenza impugnata con cui è stata rigettata l’eccezione di non indennizzabilità del sinistro denunciato dall’assicurato.

Nella specie, la compagnia assicurativa ha contestato il fatto che, al momento dell’esercizio dell’azione giudiziaria nei confronti dell’assicurazione, l’assicurato, un avvocato, non aveva ancora risarcito i danni cagionati ai terzi in ragione della sua responsabilità civile derivante da errore professionale.

Rispetto a tali circostanze, l’assicuratore aveva rilevato che, il pagamento dell’indennizzo direttamente all’assicurato, avrebbe potuto determinare un suo ingiustificato arricchimento qualora i terzi non si fossero successivamente attivati per ottenere il risarcimento del danno subito.

Obbligo di tenere indenne l’assicurato

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13897-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato la società assicurativa al pagamento delle spese processuali.

Per quanto, in particolare, attiene alla contestazione sopra descritta, la Corte ha ritenuto il motivo non fondato, rilevando come non fosse censurabile l’accertamento compiuto dal Giudice di merito in relazione all’inadempimento dell’assicuratore, anche in ragione del pignoramento attivato dai clienti dell’assicurato nei suoi confronti a causa del mancato pagamento di quanto loro spettante, nonché al mancato adempimento del corrispondente obbligo dell’assicuratore di attivarsi per la liquidazione dell’indennizzo.

Sul punto la Corte ha richiamato il principio, elaborato dalla giurisprudenza formatasi sull’argomento, in base al quale “l’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne il proprio assicurato dalla responsabilità civile, regolato dall’art. 1917 cod. civ., sorge nel momento in cui l’assicurato causi un danno a terzi, costituendo tale evento l’oggetto del rischio assicurato”.

Ne consegue, ha proseguito la Corte, che sulla base del suddetto principio “la liquidità del debito da risarcire al terzo danneggiato non è (…) condizione necessaria della costituzione in mora dell’assicuratore”.

Pertanto l’inadempimento dell’assicuratore si configura allorquando lo stesso abbia rifiutato il pagamento senza attivarsi per accertare la sussistenza o meno di un fatto colposo addebitabile all’assicurato; tale accertamento compete al giudice di merito e viene compiuto con riferimento al momento in cui l’assicuratore ha ricevuto la domanda di indennizzo.

In definitiva, la Corte ha affermato che “l’obbligo di tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare al terzo non può dirsi sussistere solo in riferimento al tempo in cui diviene liquido ed esigibile il credito del terzo danneggiato, laddove il fatto dannoso del responsabile civile non sia seriamente contestabile e l’assicuratore non si sia attivato dopo la comunicazione di sinistro ricevuta dall’assicurato, in quanto esso sorge in dipendenza della responsabilità civile, dedotta nel contratto di assicurazione, già al tempo dell’avveramento del rischio da indennizzare”.

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equa riparazione avvocato

Equa riparazione: non c’è bisogno dell’avvocato La Cassazione ha ricordato che la domanda di equa riparazione può essere proposta anche dalla parte personalmente e non è più necessario che sia proposta a mezzo di un difensore

L’equa riparazione e la procura speciale

La vicenda giudiziaria che ci occupa prende avvio dalla decisione adottata dalla Corte d’appello di Napoli con la quale veniva confermata l’inammissibilità, per difetto di procura, del ricorso proposto per il riconoscimento dell’indennizzo da eccessiva durata della procedura fallimentare.

Nella specie, la procura era stata considerata carente poiché non era stato specificamente indicato il numero di procedimento nell’abito del quale l’assistito la voleva far valere, ma era stato inserito un generico riferimento al suo utilizzo per la richiesta di equa riparazione.

La Corte d’appello aveva inoltre aggiunto che il difetto di procura non poteva essere sanato con altra depositata in un secondo momento.

Avverso la suddetta decisione il richiedente l’equa riparazione aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La richiesta personale dell’equa riparazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11385-2024, ha accolto, per quanto qui rileva, il ricorso proposto.

In particolare, la Suprema Corte, dopo aver ripercorso il quadro normativo relativo alla disciplina sull’equa riparazione ha affermato che “Nel caso di specie è pacifico che il ricorso originario sia stato sottoscritto dal ricorrente. Quindi, indipendentemente dal fatto che se la parte si avvale di un difensore, la procura sottoscritta con autenticazione di firma da parte del difensore (…) non possa non essere speciale, cioè, riferita ad un singolo processo, il ricorso doveva essere ritenuto ammissibile come proposto dalla parte personalmente”.

Inoltre, ha rilevato la Corte, la soluzione prescelta dal Giudice di merito, non tiene conto del principio generale di conservazione degli atti processuali che, in via generale e come costantemente ribadito dalla giurisprudenza, deve sempre trovare applicazione.

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Decreto ingiuntivo: fino a 10mila euro lo emette l’avvocato E' quanto prevede la proposta di legge all'esame della Commissione Giustizia della Camera che riconosce agli avvocati il potere di emettere decreti ingiuntivi semplificati per crediti fino a 10mila euro

Decreto ingiuntivo semplificato: finalità

Il procedimento di ingiunzione semplificato è oggetto della proposta di legge C.1374 presentata il 10 agosto 2023 dal deputato D’Orso Valentina, assegnata alla II Commissione Giustizia della Camera.

La proposta nasce dalla necessità di sopperire alla graduale chiusura di diversi uffici dei giudici di pace, che comporterà un inevitabile sovraccarico di lavoro per gli uffici limitrofi che resteranno aperti.

Ingiunzioni di pagamento: potere agli avvocati

Il decreto ingiuntivo semplificato si inserisce nel solco di quei provvedimenti per i quali non è necessario il vaglio preventivo dell’autorità giudiziaria, come avvenuto con la Direttiva sul credito ipotecario n. 2014/17/UE, che si è ispirata alla disciplina vigente negli Stati Uniti e nel Regno Unito e che è stata recepita con il decreto legislativo n. 72/2016.

La proposta vuole infatti conferire agli avvocati il potere di emettere ingiunzioni di pagamento per crediti di importo non superiore a 10.000 euro.

Decreto ingiuntivo semplificato nel codice di procedura civile

La novità legislativa proposta comporta l’introduzione degli articoli 656 bis, 656 ter, 656 quater, 656 quinques e 656 sexies  all’interno del nuovo capo I bis del codice di procedura civile dedicato al procedimento di ingiunzione semplificato.

Per quanto compatibili si applicheranno al procedimento anche gli articoli 645, 648, 649, 650, 652, 653 e 654 c.p.c

In base al nuovo articolo 656 bis, l’avvocato munito di mandato professionale, su richiesta del suo assistito, creditore di un importo non superiore a 10.000 euro, potrà emettere un atto di ingiunzione per intimarne il pagamento al debitore nel termine di 40 giorni.

Il provvedimento dovrà contenere anche l’avvertimento al debitore di poter fare opposizione al decreto stesso sempre nel termine di 40 giorni e che, in mancanza di opposizione, il decreto verrà dichiarato esecutivo dal giudice.

In questo modo il creditore potrà procedere all’esecuzione forzata nei confronti del debitore:

  • se il credito risulta da una prova scritta;
  • se il credito riguarda onorari dovuti per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborsi ad avvocati, ufficiali giudiziari, cancellieri o altri soggetti che abbiano fornito la propria opera in occasione di un processo;
  • se il credito fa riferimento a diritti, onorari e rimborsi spettanti a notai o professionisti che esercitino arti o professioni per i quali esistono tariffe legali approvate.

Quando l’avvocato predispone il decreto indica anche le spese e gli onorari a lui dovuti applicando i parametri professionali previsti e intimando al debitore di procedere al pagamento anche di questi importi.

La sussistenza dei requisiti indicati dall’articolo 656 bis è molto importante, l’articolo 656 sexies considera infatti illecito disciplinare l’omissione dolosa o con colpa grave della verifica dei requisiti di legge richiesti per l’emanazione del decreto ingiuntivo semplificato.

Opposizione a decreto ingiuntivo

Il debitore che intende fare opposizione al decreto ingiuntivo deve proporla al giudice competente con atto di citazione notificato presso l’avvocato che ha emesso il decreto.

Nel corso della prima udienza il giudice dovrà verificare che il decreto sia stato emesso in presenza dei requisiti richiesti dall’articolo 656 bis. La loro assenza comporterà la dichiarazione di nullità dell’atto e la condanna del creditore al pagamento delle spese legali maturate fino a quel momento in favore del debitore, oltre al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende di importo pari al doppio del contributo unificato dovuto per la domanda da proporre in via ordinaria.

Esecutorietà del decreto ingiuntivo semplificato

La mancata opposizione al decreto ingiuntivo nel termine di 40 giorni o la mancata costituzione del debitore opponente nel giudizio di opposizione comporta invece la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo da parte del giudice, se il creditore ne fa istanza e se il decreto presenta tutti i requisiti richiesti dall’articolo 656 bis.

L’istanza del creditore, contenuta in un ricorso, deve indicare i documenti probatori che giustificano il diritto di credito vantato e deve essere depositata insieme al decreto di ingiunzione, ai documenti probatori e a una dichiarazione con cui conferma l’intero credito o uno di importo inferiore, se il debitore gli ha corrisposto delle somme dopo la notifica dell’ingiunzione.

Quando l’ingiunzione diventa esecutiva, l’opposizione non può essere né proposta né proseguita a meno che, ai sensi dell’art. 650 c.p.c, il debitore dimostri non averne avuto tempestiva conoscenza a causa di una notifica irregolare, di un caso fortuito o di una forza maggiore.

Se risulta o è probabile che il debitore non abbia ricevuto l’ingiunzione, il giudice dispone il rinnovo della notifica.

Atto di ingiunzione nullo

Come anticipato, l’atto di ingiunzione è dichiarato nullo con decreto del giudice quando viene emanato in assenza dei requisiti richiesti dall’articolo 656 bis. La nullità non impedisce tuttavia al creditore di proporre la domanda per il recupero del credito in via ordinaria.

Può accadere comunque che dopo l’ingiunzione il debitore corrisponda una parte delle somme indicate del decreto al creditore. In questo caso il giudice ordinerà al creditore di restituirle e lo condannerà al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende, pari al doppio della somma dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione della domanda ordinaria.

 

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esame avvocato

Esame avvocato L’esame avvocato si compone di fase scritta e orale e ha ad oggetto sia materie di diritto sostanziale che di diritto processuale

Esame avvocato cos’è e come funziona

L’esame avvocato è la prova necessaria ai laureati in giurisprudenza per conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

Per parteciparvi, occorre prima aver terminato il periodo di tirocinio prescritto dalla legge presso studi legali e uffici giudiziari.

Come si svolge l’esame avvocato 2024

La disciplina dell’esame di avvocato è stata, negli anni recenti, oggetto di discussioni e modifiche, originate dal periodo emergenziale del 2020.

Quest’anno, la prova scritta dell’esame per l’abilitazione alla professione di avvocato si è svolta a dicembre, con la redazione di pareri in ambito di diritto civile e diritto penale e la redazione di un atto di diritto civile, penale o amministrativo.

Il tasso degli elaborati considerati idonei al superamento della prova scritta è stato del 55%, un dato definito “confortante” dal presidente della commissione centrale dell’esame.

La prova orale si svolge a partire dal mese di maggio 2024 ed è disciplinata sul modello dell’orale “rafforzato” proprio del periodo emergenziale, modalità di cui è caldeggiata, da parte di alcune associazioni di categoria, la riproposizione anche per l’anno a venire.

Le tre fasi della prova orale dell’esame avvocato

La prova orale dell’esame avvocato si compone di tre fasi, da svolgersi senza soluzione di continuità in un’unica seduta. La durata complessiva della prova per il candidato dev’essere al massimo pari a circa un’ora e mezzo.

La prova orale comincia con la somministrazione al candidato di un caso pratico da discutere davanti ai commissari d’esame. Attraverso la soluzione proposta dal candidato, è possibile valutare le sue conoscenze di diritto sostanziale e processuale, nella materia che quest’ultimo ha scelto prima dello svolgimento dell’esame, tra diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo.

La seconda fase consiste nel classico esame, attraverso le domande della commissione, delle conoscenze e delle capacità di esposizione da parte del candidato. Oggetto delle domande sono le materie scelte tra diritto civile, penale (anche negli aspetti processuali) e amministrativo.

Infine, al candidato dell’esame avvocato vengono sottoposti dei quesiti riguardanti l’ordinamento forense e la deontologia della professione.

L’esame è superato nel momento in cui il candidato ottenga nella prova orale un voto di almeno 105 punti, con un minimo di 18 punti in ciascuna materia (non viene, cioè, ammessa la compensazione dei punteggi per le materie in cui il candidato non ottenga almeno 18 punti).

Criteri di valutazione candidati all’esame di abilitazione avvocato

Attraverso una circolare ministeriale, sono stati chiariti anche i criteri di valutazione dell’esame avvocato, che devono essere quelli della chiarezza espositiva e della logicità dei ragionamenti, oltre alla dimostrazione da parte del candidato della concreta capacità di soluzione delle questioni giuridiche e del possesso di un’idonea conoscenza della teoria relativa agli istituti giuridici oggetto di esame.

Vengono, inoltre, ritenuti oggetto di valutazione anche la capacità di operare collegamenti interdisciplinari in occasione dell’esposizione dei vari argomenti, oltre alla necessaria capacità di sintesi.

Rapporto avvocatura 2024 Cassa Forense, in collaborazione con il Censis, ha realizzato, come ogni anno, il rapporto sull'avvocatura 2024

Rapporto avvocatura 2024: i numeri

Lieve diminuzione degli avvocati anche nel 2023 ma anche maggiore familiarità con la tecnologia e l’intelligenza artificiale, che è vista come un’opportunità e non come una minaccia. gLavorare insieme ai colleghi in studi aggregati è ritenuto utile per fare di più e meglio, ma evidenziata anche stanchezza nel rincorrere le continue riforme legislative e preoccupazione per le difficoltà causate dalla burocrazia e dal ritardo nei pagamenti dei loro compensi. Questo dicono i numeri del Rapporto sull’Avvocatura 2024, realizzato come di consueto da Cassa Forense in collaborazione con il Censis e presentato l’8 maggio scorso.

Meno avvocati iscritti alla Cassa

Entrando nel dettaglio, gli iscritti alla Cassa Forense alla data del 31 dicembre 2023 sono 236.946, uomini poco più di 125 mila e donne 111.500. Il numero scende rispetto all’anno precedente, confermando il trend (-1,3%). Permane il saldo negativo tra iscrizioni e cancellazioni: nel 2023 si registrano 8.043 avvocati in meno rispetto all’anno precedente. Le cancellazioni riguardano in particolare le donne con meno di 15 anni di anzianità di iscrizione (54,2%).

Età media avvocati in aumento

L’età media degli avvocati aumenta, è passata da 42,3 anni nel 2002 a 48,3 anni nel 2023. Il fenomeno rispecchia quello dell’invecchiamento generale della popolazione. Aumenta il numero delle giovani avvocate: tra le diverse fasce d’età, la maggior parte delle donne si trova infatti nelle fasce più giovani: il 57,5% degli avvocati sotto i 34 anni e il 55,3% tra i 35 e i 44 anni. Al contrario, più della metà degli iscritti tra i 55 e i 64 anni è composta da uomini (59,9%) come per la maggior parte degli over 65 anni (75,3%). Il più giovane iscritto alla Cassa è un praticante di 22 anni, il più anziano ha 101 anni.

Il 5,7% degli avvocati svolge la professione in monocommittenza, ossia in regime di collaborazione esclusiva. Le proposte di legge per fare decadere l’incompatibilità tra professione forense e lavoro parasubordinato, svolto in esclusiva presso uno studio legale trova il favore del 73,6% degli avvocati.

Reddito avvocati

Il reddito complessivo Irpef aumenta del 5,1%, quello medio annuo per avvocato è di 44.654 euro. Tra il reddito medio degli uomini e quello delle donne ci sono più di 30 mila euro di differenza (e sono le donne a guadagnare di meno). E’ tra le avvocate che si registra il maggior tasso di crescita, 7,1% contro il 4,2% degli uomini. Sono le professioniste tra i 35 e 39 anni di età a incrementare di più i guadagni (11,6%), seguite da quelle della fascia 40-44 anni di età (9,1%). Restano sotto la media i redditi delle donne appartenenti alle classi di età maggiore, a partire dalle professioniste con un’età fra i 45 e i 49 anni (6,2%).

Circa il 70% dei professionisti dichiara un reddito professionale complessivo inferiore a 35 mila euro. Ampia è la distanza che separa in media i redditi di chi esercita la professione nel Nord rispetto al Sud del Paese.

Dal punto di vista economico, la graduatoria per livello di reddito medio acquisito nel 2023 pone al primo posto la Lombardia, con 77.598 euro annui, dato questo che si ottiene dalla media di 45.406 euro dichiarati dalle donne avvocato lombarde e dei 112.408 euro dichiarati dai colleghi uomini.

Le controversie giudiziali rappresentano il 59,3% del fatturato complessivo. Il restante 40,8% proviene dall’attività stragiudiziale.

Avvocati e intelligenza artificiale

Gli avvocati non temono l’Intelligenza Artificiale, indicata solo dal 6% come fattore di rischio professionale ma l’eccesso di adempimenti burocratici, amministrativi e fiscali (37% tra gli uomini e 38,5% tra le donne), il ritardo dei pagamenti da parte degli assistiti (31,5% tra gli uomini e 40,4% tra le donne) e l’eccesso di offerta di servizi legali a causa dell’alto numero di avvocati che esercitano la professione (35,3% tra gli uomini e 28,3% tra le donne).

onorari avvocati parastato

Onorari avvocati parastato: non vanno nel TFS La Corte Costituzionale ha chiarito che le quote onorario percepite dagli avvocati del parastato non vanno computate nel trattamento di fine servizio (TFS)

Quote onorario avvocati del parastato

La Corte costituzionale (sentenza n. 73-2024) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 (Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente), che disciplina il trattamento di fine servizio spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici (cosiddetti parastatali) non soggetti al regime privatistico di trattamento di fine rapporto.
La disposizione scrutinata, si legge nel comunicato ufficiale, “in base all’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità, costituente «diritto vivente», pone a base del calcolo di tale emolumento il solo stipendio tabellare e gli scatti di anzianità, con esclusione di qualsiasi altro compenso”.

La qlc

La questione era stata sollevata dal Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, chiamato a decidere sulla domanda dell’INAIL di restituzione di somme erogate, con riserva, a titolo di indennità di anzianità, ad un proprio dipendente dell’area legale.

La decisione della Consulta

La Consulta ha, anzitutto, ritenuto insussistenti i lamentati vizi di irragionevolezza e irrazionalità, rimarcando come la nozione di stipendio utile alla determinazione dell’indennità di anzianità indicata dal diritto vivente sia, al contrario, coerente con la logica di razionalizzazione che pervade la legge n. 70 del 1975, e, più in generale, con
l’ordinamento del pubblico impiego non contrattualizzato, e rispondente a specifiche esigenze di unificazione del regime giuridico ed economico del personale del parastato, oltre che di controllo e di prevedibilità della spesa pubblica.
È stata esclusa altresì la disparità di trattamento dedotta dal rimettente tra i dipendenti degli enti pubblici appartenenti all’area professionale legale e quelli con qualifica dirigenziale, per il differente status giuridico ed economico delle relative categorie.
Quanto alla censura ex art. 36 Cost., il giudice delle leggi, nel ribadire la propria giurisprudenza secondo la quale l’indennità di anzianità, così come gli altri trattamenti di fine servizio, “integra una forma di retribuzione differita e quindi è presidiata dalle garanzie costituzionali della sufficienza e della proporzionalità alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, ha – tuttavia – precisato che, affinché l’indennità di anzianità possa ritenersi conforme ai canoni costituzionali di sufficienza e di proporzionalità, non deve sussistere una rispondenza pedissequa tra la sua composizione e quella del trattamento economico di attività, tale per cui ogni singola voce della retribuzione debba essere considerata nel trattamento di fine servizio”.
Nel rapporto di lavoro non contrattualizzato, “in cui spetta alla discrezionalità del legislatore individuare, nel rispetto delle garanzie sancite dalla Costituzione, la base retributiva delle singole indennità di fine servizio e la relativa misura, la conformità ai principi espressi dall’art. 36 Cost. deve, invece, ritenersi osservata ove tali indennità esprimano, in proporzione, il trattamento economico fondamentale, che include componenti spettanti in modo fisso e continuativo (stipendio tabellare, incrementi dipendenti dall’anzianità di servizio, assegno per il nucleo familiare, oggi assegno unico)”.
Con riguardo alla “quota onorari”, ha concluso dunque la Corte, la stessa “costituisce un’attribuzione di carattere non fisso, ma accessorio e variabile, che non può, perciò, essere ricompresa nel trattamento economico fondamentale, aggiungendosi alla retribuzione riconosciuta ai legali del parastato, in ragione del loro status di pubblici dipendenti”.

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concorso magistrati

Concorso magistrati: domande entro il 12 maggio Pubblicato sulla GU del 12 aprile, il nuovo concorso, per esami, è destinato a 400 posti di magistrato ordinario

Magistrati: concorso per 400 posti

Pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 30 del 12 aprile 2024 – 4a serie speciale ‘Concorsi ed esami’ – il decreto ministeriale dell’8 aprile 2024 con cui è stato bandito un nuovo concorso, per esami, a 400 posti di magistrato ordinario.

La domanda di partecipazione, da presentarsi entro il 12 maggio 2024, va inviata esclusivamente per via telematica. In particolare, occorre collegarsi al sito www.giustizia.it e autenticarsi – nella sezione dedicata – tramite SPID di secondo livello, Carta di Identità Elettronica oppure Carta Nazionale dei Servizi.

L’indirizzo e-mail indicato dal candidato sarà utilizzato per le notifiche e le successive comunicazioni; la domanda di partecipazione inviata ed il codice identificativo saranno sempre disponibili nell’area riservata del candidato.

Le prove d’esame

Le prove di esame si svolgeranno nelle date, nella sede o nelle sedi di cui al diario contenente la disciplina delle prove scritte che sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 4 giugno 2024.

L’esame consisterà in una prova scritta ed in una orale.

La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici vertenti su:

  1. diritto civile;
  2. diritto penale;
  3. diritto amministrativo.

La prova orale invece verterà sulle seguenti materie:

a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano;

b) procedura civile;

c) diritto penale;

d) procedura penale;

e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario;

f) diritto commerciale e fallimentare;

g) diritto del lavoro e della previdenza sociale;

h) diritto comunitario;

i) diritto internazionale pubblico e privato;

l) elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario;

m) colloquio su una lingua straniera scelta fra le seguenti: inglese, francese, spagnolo e tedesco.

Le prove si svolgeranno secondo le procedure previste dall’art. 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modifiche, e dall’art. 3 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, ovvero con modalità telematiche, ai sensi dell’art. 1 comma 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160.

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bando cassazionisti

Avvocati cassazionisti: pubblicato il bando 2024 E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando 2024 per l'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio in Cassazione e nelle altre giurisdizioni superiori

In GU il bando per avvocati cassazionisti

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale (4a serie speciale ‘Concorsi ed esami’ – n. 29 del 9 aprile 2024) il bando 2024 per l’iscrizione nell’albo degli avvocati cassazionisti.
La sessione d’esame per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori è stata indetta con provvedimento del Dipartimento degli Affari di giustizia-Direzione generale degli affari interni. 

Il termine di presentazione delle domande di ammissione scade il 7 giugno 2024, seguendo anche le istruzioni per il pagamento tramite la piattaforma PagoPA allegate al decreto.

Con successivo decreto ministeriale sarà nominata la commissione esaminatrice.

 

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