sanzionato il praticante avvocato

Sanzionato il praticante avvocato che “abbrevia” Configura illecito deontologico il praticante avvocato che omette di indicare per esteso il titolo nella propria carta intestata

Attività professionale senza titolo

Sanzionato il praticante avvocato che omette il titolo. Lo stesso infatti va inserito per esteso onde evitare nei terzi il convincimento che si tratti di professionista abilitato. E’ quanto emerge dalla decisione n. 1/2024 del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Napoli, pubblicata il 4 febbraio 2025 sul sito del Codice deontologico Forense, che ha sanzionato un praticante avvocato per non aver utilizzato nella propria carta intestata il titolo per esteso inserendo soltanto la dicitura “Studio legale”.

Illecito di cui all’art. 36 comma 1 Cdf

Per il Cdd, dunque, “configura l’illecito di cui all’art. 36 comma I CdF (uso di titolo professionale non conseguito ovvero svolgimento di attività in mancanza di titolo) la condotta del praticante avvocato che utilizza nella propria carta intestata la dicitura ‘Studio Legale’ omettendo di indicare per esteso il titolo di ‘praticante avvocato’ dal momento che tale indicazione è idonea ad ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire ad un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense, così inducendo in errore il cliente sui titoli del professionista”.

Obbligo di diligenza

“Né le indicazioni errate od omissive riportate dalla carta intestata utilizzata dal professionista possono ricondursi a incolpevoli distrazioni, in quanto – ha concluso il CDD confermando la sanzione – l’obbligo di diligenza cui è sottoposto il praticante avvocato impone a quest’ultimo di controllare diligentemente la propria carta intestata prima di farne un uso rivolto al pubblico”.

 

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interruzione trattative stragiudiziali

Interruzione trattative stragiudiziali: l’avvocato deve comunicarla Interruzione trattative stragiudiziali: viola l’articolo 46 comma 7 l’avvocato che non la comunica al collega di controparte

Avvocato non comunica l’interruzione delle trattative

E’ responsabile sotto il profilo disciplinare l’avvocato che non comunica al collega della controparte l’interruzione delle trattative stragiudiziali. Dalla sentenza del CNF n. 291/2024 risulta infatti che l’avvocato non ha informato il collega avverso del deposito di un ricorso per la regolamentazione del diritto di visita e la determinazione dell’assegno di mantenimento per un minore.

Interruzione trattative stragiudiziali non comunicata

Il procedimento disciplinare trae origine dall’esposto di un Avvocato. L’esponente ha lamentato di non essere stato informato dal collega difensore della parte avversa del deposito di un ricorso giudiziale, in pendenza di trattative stragiudiziali. Nel novembre 2017 si è tenuto un incontro tra le parti e i loro legali presso lo studio del collega incolpato, nel corso del quale quest’ultimo ha omesso di comunicare il deposito del ricorso. A distanza di due settimane circa l’avvocato ha inviato una comunicazione alla controparte senza menzionare ancora una volta il deposito del ricorso. Solamente a inizio dicembre 2017 ha informato il collega della volontà del proprio assistito di procedere con la notifica del ricorso.

L’Avvocato denunciato ha ammesso di aver depositato il ricorso il 3 novembre 2017. Lo stesso sostiene però di averlo comunicato alla controparte durante il primo incontro di novembre. Nelle sue difese ha evidenziato anche che con una comunicazione di fine ottobre 2017 aveva avvisato che, in assenza di un incontro entro la settimana successiva, avrebbe proceduto con il deposito del ricorso.

Avvocato responsabile della violazione dell’art. 46 CDF

Il CDD competente per territorio ha ritenuto l’Avvocato denunciato responsabile della violazione dell’art. 46, comma 7, del Codice Deontologico Forense. Lo stesso però ha considerato la condotta di ridotta gravità e ha applicato la sanzione dell’avvertimento. Il CDD ha motivato la propria decisione evidenziando che lo scambio di email tra i legali dimostrava l’esistenza di trattative stragiudiziali. Pertanto, il deposito del ricorso senza preventiva comunicazione rappresentava una violazione disciplinare.

L’Avvocato incolpato ha quindi impugnato la decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF), sostenendo che il CDD avrebbe erroneamente interpretato gli elementi probatori, non considerando la documentazione prodotta. La decisione sarebbe stata presa in modo acritico, senza valutare adeguatamente le circostanze del caso. La condotta contestata infine sarebbe stata meritevole solo di un richiamo verbale in presenza di una violazione.

Obbligo di comunicazione al collega

Per il CNF però i motivi di impugnazione sono infondati per cui ha confermato la decisione del CDD. Il Consiglio Nazionale Forense ha sottolineato che l’obbligo deontologico di comunicare l’interruzione delle trattative è finalizzato a garantire trasparenza e correttezza nei rapporti tra colleghi. L’Avvocato, partecipando all’incontro dei primi di novembre, ha implicitamente riconosciuto l’esistenza di trattative in corso, pertanto avrebbe dovuto informare la collega del deposito del ricorso. Il CNF ha evidenziato inoltre che la normativa deontologica in materia di diritto di famiglia impone un’attenzione particolare agli interessi del minore. L’Avvocato ha infatti il dovere di ridurre il conflitto tra le parti e favorire una soluzione condivisa. Importantissima la trasparenza nei rapporti tra colleghi nelle cause di diritto di famiglia.

 

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gratuito patrocinio

Gratuito patrocinio: l’Ocf denuncia il blocco dei pagamenti L'Organismo Congressuale Forense denuncia il blocco dei pagamenti ai difensori che hanno garantito assistenza legale ai cittadini beneficiari del gratuito patrocinio

Gratuito patrocinio: la denuncia dell’Ocf

Gratuito patrocinio: “Da mesi gli avvocati attendono di essere pagati per il lavoro svolto, mentre il Ministero della Giustizia resta immobile. I fondi destinati a questi compensi sono esauriti da ottobre, e in molti Fori la crisi era già evidente da tempo. Avvocati che hanno emesso fattura in autunno confidando in un pagamento dovuto per legge sono ancora in attesa, senza alcuna certezza su quando e se riceveranno il compenso”. E’ quanto denuncia l’Organismo Congressuale Forense, in merito allo stallo nei pagamenti ai difensori che hanno garantito assistenza legale ai cittadini beneficiari del patrocinio a spese dello Stato.

Qui il documento predisposto dall’Ocf

La denuncia

“Questa situazione non è solo il risultato di uno stanziamento insufficiente, ma l’ennesima dimostrazione di una gestione politica e amministrativa non responsabile. Il Ministero della Giustizia continua a ignorare un problema strutturale, mescolando i fondi destinati al patrocinio gratuito all’interno della voce di bilancio 1360, insieme a spese completamente diverse e non rinunciabili, come trasferte di funzionari, indennità per periti e testimoni, costi di estradizione e notifiche di atti esenti. Un vero e proprio caos contabile che impedisce di garantire il diritto alla difesa per chi non ha mezzi economici, violando l’articolo 24 della Costituzione” prosegue la nota.

Le richieste

“In questo modo – scrive ancora l’Ocf – si mette in ginocchio la giustizia per i più deboli. Sempre più avvocati, esasperati da questa situazione, si stanno cancellando dagli elenchi dei difensori per i non abbienti e perfino dalle liste dei difensori d’ufficio. Questo vuoto rischia di privare le persone più vulnerabili della tutela legale a cui hanno diritto, con conseguenze gravissime per l’intero sistema giudiziario”.

Da qui la richiesta di un intervento celere: “il pagamento immediato degli arretrati, la separazione dei fondi destinati al patrocinio da altre voci di bilancio e un’adeguata previsione di risorse nel bilancio del Ministero della Giustizia”.

cancellazione sospesa

Cancellazione sospesa per l’avvocato che ha cause di valore Cancellazione sospesa dalla sezione degli avvocati stabiliti per il legale che deve riassumere cause appese di ingente valore

Cancellazione sospesa per l’avvocato

Cancellazione sospesa per l’avvocato che deve riassume perentoriamente cause di ingente valore entro il 31 gennaio 2025. Lo hanno deciso le Sezioni Unite della Cassazione con l’ordinanza interlocutoria n. 1899/2025. La prova dei giudizi pendenti e la richiesta del PM di accogliere le richieste dell’avvocato hanno convinto le SU ad accogliere le richieste del legale. Sospesa pertanto l’esecuzione della sentenza con cui il CNF ha disposto la cancellazione del legale dalla sezione speciale degli avvocati stabiliti.

Richiesta di sospensione della cancellazione dall’albo

Un avvocato ha presentato ricorso in Cassazione contro il provvedimento del Consiglio Nazionale Forense (CNF) che ha disposto la sua cancellazione dalla sezione speciale dell’albo degli avvocati stabiliti. La motivazione della cancellazione risiedeva nell’assenza del titolo di studio necessario. Tuttavia, il legale ha chiesto anche la sospensione dell’esecuzione della decisione, sottolineando un aspetto cruciale: deve riassumere urgentemente alcune cause di ingente valore economico entro il termine perentorio del 31 gennaio 2025. Un eventuale ritardo potrebbe compromettere il corretto svolgimento dei processi e arrecare danni ai clienti coinvolti.

Cancellazione sospesa: avvocato può seguire giudizi pendenti

La Cassazione ha esaminato la richiesta e ha accolto l’istanza del ricorrente, sospendendo l’esecuzione della sentenza del CNF. La decisione è motivata da due elementi principali.

  • In primo luogo, l’avvocato ha fornito prove concrete dell’esistenza di procedimenti in corso di rilevante importanza economica, per i quali è necessaria la sua immediata riassunzione.
  • In secondo luogo, il termine del 31 gennaio 2025 è perentorio e non prorogabile. La cancellazione dall’albo, infatti, ha comportato un’automatica interruzione dei processi in cui il legale era coinvolto, rendendo indispensabile la sua reintegrazione per garantire la continuità della difesa.

Un ulteriore elemento a sostegno della sospensione è la richiesta del Pubblico Ministero, che ha espresso parere favorevole all’accoglimento del ricorso dell’avvocato. La Cassazione, pur sospendendo l’esecuzione della decisione del CNF, ha chiarito che la questione principale resta aperta: dovrà essere esaminata nel merito ogni singola motivazione dell’impugnazione presentata dal legale. La decisione definitiva sulla validità della cancellazione sarà dunque presa successivamente, ma nel frattempo l’avvocato potrà continuare ad esercitare la professione e adempiere agli obblighi processuali urgenti.

 

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Statuto europeo delle professioni: la richiesta dell’AIGA L'Associazione Italiana Giovani Avvocati invoca uno statuto europeo delle professioni per una definizione comune del concetto di libero professionista

Uno Statuto europeo delle professioni. E’ quanto invoca l’AIGA, l’Associazione Italiana Giovani Avvocati.

“Trovare una definizione comune europea del concetto di libero professionista, anche mediante l’adozione di uno Statuto europeo delle libere professioni, è una necessità”. Lo ha detto Carlo Foglieni, presidente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA), nel corso dell’evento “I professionisti e l’Europa delle competenze”, tenutosi in diretta dal Parlamento Europeo con la partecipazione dell’europarlamentare Roberto Vannacci e di diversi rappresentanti delle professioni.

“Le libere professioni – ha affermato nel corso del suo intervento il presidente Foglieni – si caratterizzano per determinati elementi che le differenziano inevitabilmente dalle altre attività economiche. Come le prestazioni d’opera intellettuale, sulla base di specifica qualificazione e abilitazione professionale, svolte, in modo autonomo e indipendente, sotto la responsabilità del professionista e sulla base di un rapporto di fiducia con l’assistito, nel rispetto di un codice deontologico e sotto il controllo di un’organizzazione professionale”.

“Per tale motivo – conclude il presidente dei Giovani Avvocati – le libere professioni non possono essere equiparate alle imprese né alle altre professioni regolamentate e definite dalla direttiva 2005/36/CE, ma necessitano di una specifica disciplina che ne valorizzi il carattere pubblicistico”.

Codice contratti pubblici: non si applica agli ordini degli avvocati Codice dei contratti pubblici: il COA di Milano delibera l'inapplicabilità agli ordini degli avvocati e invita il legislatore a chiarire

Codice contratti pubblici e Ordini Forensi

Il tema dell’applicazione del Codice dei contratti pubblici agli Ordini professionali è oggetto di un dibattito acceso e ancora irrisolto. L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e il TAR del Lazio, con la sentenza n. 7455 del 16 aprile 2024, hanno espresso la posizione secondo cui tale Codice dovrebbe essere applicabile anche agli Ordini professionali. Tuttavia, l’Ordine degli Avvocati di Milano, in linea con il Consiglio Nazionale Forense (CNF), ha assunto una posizione opposta.

Con una delibera adottata il 16 gennaio 2025, l’Ordine milanese ha affermato che gli Ordini non rientrano nell’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Codice dei contratti pubblici: ragioni dell’inapplicabilità

Le ragioni di questa posizione sono molteplici e radicate nella natura degli Ordini professionali. Questi, ai sensi dell’articolo 24 dell’Ordinamento Forense sono enti pubblici non economici di carattere associativo dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria e non dipendono quindi dalla finanza pubblica. La loro struttura e funzione li distinguono dagli enti pubblici economici e dalle amministrazioni pubbliche in senso stretto. Il Codice dei contratti pubblici, pensato per garantire trasparenza e concorrenza negli appalti pubblici, non risulta coerente con il ruolo e le attività svolte dagli Ordini professionali, come gli Ordini degli Avvocati.

 

Un altro punto critico è rappresentato dagli oneri burocratici che deriverebbero dall’applicazione del Codice. Gli Ordini sarebbero costretti a gestire processi complessi e onerosi, senza che ciò comporti un reale beneficio. L’obbligo di rispettare procedure rigide rischierebbe di compromettere l’efficienza operativa degli Ordini, che già agiscono in un ambito fortemente regolamentato.

Inoltre, recenti interventi normativi hanno già escluso espressamente l’applicazione di molte disposizioni del diritto amministrativo agli Ordini professionali, riconoscendo la loro natura associativa e la specificità delle loro funzioni. Questo rafforza la convinzione che l’applicazione del Codice dei contratti pubblici agli Ordini sia non solo ingiustificata, ma anche incoerente con il quadro normativo vigente.

Consiglio dell’Ordine di Milano: richieste

Alla luce di ciò, la delibera dell’Ordine degli Avvocati di Milano chiede il riconoscimento ufficiale dell’inapplicabilità del Codice dei contratti pubblici agli Ordini professionali. Propone inoltre una modifica legislativa che chiarisca definitivamente la questione. Secondo l’Ordine, è necessario evitare che interpretazioni divergenti possano creare incertezze o difficoltà operative.

La delibera invita anche tutti gli Ordini professionali a collaborare per adottare una posizione condivisa. Si sollecita un intervento normativo che confermi in modo inequivocabile l’esclusione degli Ordini dall’ambito di applicazione del Codice. Solo attraverso un’azione comune e mirata è possibile ottenere un chiarimento normativo che tuteli l’autonomia degli Ordini e ne garantisca l’efficacia operativa.

 

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Avvocato in ritardo: il giudice non è tenuto ad aspettare Si tratta infatti, afferma la Cassazione, di una mera prassi che risponde al buon senso e al rispetto del ceto forense ma che non è imposta da alcuna norma

Ritardo avvocato in udienza

Avvocato in ritardo? Non c’è alcun obbligo per il giudice di attendere il legale che si presenti anche se soltanto dopo pochi minuti in udienza. Questo quanto affermato dalla quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 2779/2025, respingendo il ricorso di un uomo condannato in appello per furto aggravato.

Breve ritardo

L’avvocato sosteneva di avere tardato soltanto qualche minuto in quanto impegnato in altra aula, ma il giudice, previa nomina di difensore d’ufficio, aveva chiuso il verbale.

Mera prassi attendere l’avvocato

La Cassazione, nel ritenere la risposta della Corte territoriale “logica ed adeguata”, ha spiegato che “la prassi di attendere il difensore di fiducia, anche per qualche tempo dopo che è decorso l’orario fissato per l’udienza, risponde alle regole di buon senso e rispetto del ceto forense ma non è imposto da alcuna norma e dunque la sua violazione non determina alcuna nullità processuale”.

Da qui il rigetto del ricorso.

 

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carta dei principi

Avvocati tenuti ad un uso consapevole dell’AI Carta dei principi Avvocati AI: il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano realizza il progetto HOROS, per l’uso consapevole dell’AI

Carta dei principi degli avvocati nell’uso dell’AI

La “Carta dei principi per un uso consapevole di strumenti di intelligenza artificiale in ambito forense” ha visto la luce grazie all’Ordine degli Avvocati di Milano.

Nel documento il Presidente dell’Ordine che ha realizzato il progetto mette in evidenza le potenzialità dell’Intelligenza artificiale, ma anche i rischi collegati a un uso scorretto di questo strumento. L’obiettivo da perseguire consiste infatti nell’adattamento della professione forense alle nuove tecnologie senza intaccare i principi fondanti dell’attività forense.

Il titolo dato alla Carta dei principi è particolarmente significativo. “Horos”infatti vuole dire “confine” a significare i limiti che gli avvocati devono stabilire in relazione all’uso dell’intelligenza artificiale in ambito Forense.

Principi sull’uso della AI

La Carta si apre con l’esposizione dei principi generali che gli avvocati devono rispettare nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale: legalità, correttezza, trasparenza e responsabilità nel rispetto della normativa interna e comunitaria.

L’Ai inoltre non deve ledere i diritti, ma soprattutto la fiducia dei clienti nei riguardi dell’avvocatura. Vengono poi dettagliati i principi della Carta a cui gli avvocati devono attenersi, ovvero:

  • dovere di correttezza;
  • trasparenza nell’uso dell’intelligenza artificiale;
  • centralità della decisione umana;
  • protezione dei dati e riservatezza;
  • Sicurezza informatica;
  • valutazione del rischio dell’utilizzo di sistemi AI in ambito forense;
  • diversità e sostenibilità ambientale;
  • formazione continua e Re-Skilling;
  • tutela del diritto d’autore.

Questa Carta vuole essere di ispirazione affinché altri Consigli dell’Ordine realizzino un proprio documento. La tecnologia ha un impatto notevole sulla giustizia da diversi anni. L’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenta una vera e propria rivoluzione a cui i giuristi non possono restare indifferenti. Occorre però un uso consapevole e misurato di questo strumento potentissimo, che può rappresentare un valido aiuto nella tutela dei diritti.  L’intelligenza artificiale infatti non deve essere utilizzata solo per migliorare l’efficienza del lavoro dei giuristi, ma come uno strumento al servizio della giustizia.

 

 

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formazione continua avvocati

Formazione continua avvocati 2025 Il Consiglio Nazionale Forense ha emanato apposita delibera per disciplinare la formazione continua avvocati 2025

Formazione continua avvocati: le indicazioni del CNF

Formazione continua avvocati: anche l’anno solare dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025 non verrà conteggiato ai fini del triennio formativo di cui al comma 3 dell’art. 12 del Regolamento CNF 6 del 16 luglio 2014 e ss mm. E’ una delle indicazioni fornite dal Consiglio Nazionale Forense con la delibera del 13 gennaio 2025.

Vengono “prorogate”, in sostanza, le medesime disposizioni degli scorsi anni, a partire dall’emergenza Covid19.

I crediti formativi necessari

Quanto ai crediti formativi necessari, viene previsto che “nell’anno solare dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025 ciascun iscritto adempie l’obbligo formativo di cui all’art. 11 della L. 247 del 31 dicembre 2012 mediante il conseguimento di minimo quindici crediti formativi, di cui almeno tre nelle materie obbligatorie di ordinamento e previdenza forensi e deontologia ed etica professionale e dodici nelle materie ordinarie”.

Formazione a distanza

Infine, viene data la possibilità anche per quest’anno di acquisire i crediti formativi integralmente in modalità FAD.

avvocato e direttore ivg

Avvocato e direttore IVG: c’è incompatibilità? Il Consiglio Nazionale Forense risponde al quesito sottoposto dal COA di Crotone sull'incompatibilità o meno tra l'esercizio della professione forense e il ruolo di direttore dell'IVG

Avvocato e direttore IVG: il quesito al CNF

Avvocato e direttore IVG, si può? E’ il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Crotone ad aver recentemente sollevato il quesito di particolare rilevanza deontologica e normativa.

Nello specifico, il COA ha chiesto al CNF di sapere se è compatibile l’esercizio della professione forense con l’attività di direttore dell’IVG (Istituto Vendite Giudiziarie) nell’ambito dello stesso circondario di tribunale.

Il parere del CNF

Il CNF ha risposto con parere n. 58/2024 pubblicato il 9 gennaio 2025 sul sito del Codice deontologico.

Innanzitutto, occorre ricordare che l’art. 18 del Codice Deontologico Forense disciplina le cause di incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato, stabilendo che l’avvocato deve astenersi da attività che possano compromettere il decoro e la dignità della professione, o che determinino un conflitto di interessi. Tra le attività potenzialmente incompatibili figurano quelle che comportano subordinazione o che richiedano l’assunzione di responsabilità gestionali di un’impresa.

Fatte queste premesse, il Consiglio ha affermato che “fermo restando che l’attività di delegato alle vendite giudiziarie è una delle attività che l’avvocato può esercitare – su incarico del giudice – nel caso sottoposto all’esame sarà il COA a dover verificare, nell’esercizio della propria autonomia di valutazione, se l’attività di Direttore dell’IVG sia tale da configurare l’esistenza di una delle cause di incompatibilità previste dall’articolo 18 della legge professionale, anche alla luce delle valutazioni circa la natura giuridica dell’IVG”.