albo educatori e pedagogisti

Albo educatori e pedagogisti: c’è la proroga Il ministero della Giustizia annuncia la proroga per l'iscrizione al nuovo albo degli educatori e pedagogisti, in scadenza il 6 agosto

Albo educatori e pedagogisti

Albo educatori e pedagogisti, c’è più tempo per iscriversi al nuovo albo istituito con la legge n. 55/2024.

La legge recante “Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali” disciplina infatti entrambe le professioni e istituisce i relativi albi, fissando i requisiti e le condizioni per l’iscrizione.

Proroga scadenza

La scadenza, inizialmente prevista per il 6 agosto, sarà quindi prorogata.

I ministeri interessati, afferma via Arenula in una nota, “sono al lavoro per predisporre il testo ed inserirlo nel primo provvedimento normativo utile. L’obiettivo è garantire agli operatori del settore, per il nuovo anno scolastico che partirà a settembre, di poter continuare a svolgere i loro servizi educativi e socio-pedagogici”.

Incontro con le associazioni di settore

Il ministero della Giustizia, sempre a partire da settembre, incontrerà le associazioni più rappresentative del settore al fine di assicurare pieno supporto ai soggetti coinvolti dall’attuazione della legge istitutiva del nuovo Ordine professionale.

 

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esame avvocati 2024

Esame avvocati 2024: domande dal 2 ottobre In Gazzetta Ufficiale il decreto firmato dal Guardasigilli relativo all'esame di stato per avvocati 2024. Le domanda di partecipazione vanno inviate dal 2 ottobre e sino al 12 novembre 2024

Esame avvocati 2024

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato il decreto ministeriale 24 luglio 2024 relativo all’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso le sedi di Corti di appello di Ancona, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino, Trento, Trieste, Venezia e presso la Sezione distaccata di Bolzano della Corte di appello di Trento.

Le domande di partecipazione alla sessione 2024 dovranno essere inviate per via telematica, seguendo le modalità indicate nel decreto, dal 2 ottobre al 12 novembre 2024.

I dettagli nella SCHEDA DI SINTESI

Le prove

L’esame di Stato si articola in una prova scritta e una orale. Quella scritta viene svolta sui temi formulati dal ministero della Giustizia ed ha ad oggetto la redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su quesito proposto in materia scelta dal candidato tra il diritto civile, penale e amministrativo.

La prova orale si svolge a non meno di 30 giorni di distanza dal deposito dell’elenco degli ammessi presso ciascuna Corte d’appello ed è articolata in tre fasi: – la prima ha ad oggetto “l’esame e la discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia scelta preventivamente dal candidato tra il diritto civile, il diritto penale e il diritto amministrativo”; – la seconda verte sulla discussione di brevi questioni che dimostrino le capacità argomentative e di analisi giuridica del candidato relative a tre materie scelte preventivamente dal candidato, di cui una di diritto processuale; la terza fase, infine, riguarda la dimostrazione della conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

La domanda di partecipazione

La domanda di partecipazione all’esame deve essere inviata telematicamente a partire dal 2 ottobre e sino al 12 novembre 2024. Ai fini dell’ammissione, il candidato e’ tenuto al pagamento di complessivi euro 78,91 (settantotto/91), utilizzando la procedura di iscrizione all’esame, ove nell’apposita sezione saranno presenti due istanze di pagamento digitale da assolvere tramite la piattaforma PagoPA. La prima istanza di pagamento e’ composta dalla tassa di euro 12,91 (dodici/91) e dal contributo spese di euro 50,00 (cinquanta), per un totale di 62,91 (sessantadue/91), la seconda istanza riguarda il pagamento dell’imposta di bollo di euro 16,00 (sedici). Il mancato pagamento entro la data di scadenza della domanda di partecipazione comporta l’esclusione dalla procedura.

Il candidato deve collegarsi al sito internet del Ministero della giustizia, alla voce «strumenti/concorsi, esami, assunzioni» ed effettuare la relativa registrazione, utilizzando unicamente l’autenticazione SPID di secondo livello, CIE o CNS.  A seguito dell’accesso, il candidato verrà guidato dalla procedura informatica all’accettazione dei dati per la privacy e il trattamento dati e per la compilazione della domanda e, dopo aver registrato in modo permanente i dati, procederà prima al pagamento degli importi dovuti e, successivamente, all’invio della domanda.

Al termine della procedura di invio verrà visualizzata una pagina di risposta che contiene il collegamento al file, in formato .pdf, «domanda di partecipazione».

E’ necessario selezionare la Corte di appello cui è diretta la domanda e indicare, altresì. il Consiglio dell’ordine degli avvocati, che ha certificato o che certificherà, il compimento della pratica forense. Possono presentare la domanda di ammissione all’esame di abilitazione esclusivamente coloro che abbiano completato la prescritta pratica professionale entro il giorno 10 novembre 2024.

La domanda si intende inviata quando il sistema genera la ricevuta contenente il codice identificativo e il codice a barre, che e’ messa a disposizione del candidato nella propria area riservata.

Candidati con disabilità e con DSA

I candidati con disabilità devono indicare nella domanda l’ausilio necessario, nonché l’eventuale necessità di tempi aggiuntivi, producendo la relativa documentazione sanitaria.

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compensi avvocato inesigibili

Compensi avvocato inesigibili se soggetti a condizione Compensi avvocato: se il pagamento è soggetto a condizione mista perché dipende dall’adempimento di un terzo si applica l’art. 1358 c.c.

Inesigibilità compensi avvocato se sottoposti a condizione

Un avvocato non può esigere il pagamento dei propri compensi da un cliente quando la loro corresponsione è subordinata all’adempimento di un terzo. Questa situazione configura una condizione mista, regolata dall’art. 1358 del codice civile, che impone alle parti di agire nel rispetto del principio della buona fede durante la pendenza della condizione. Lo ha sancito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19022-2024.

Azione per il pagamento del compenso

Un avvocato, che assiste due clienti in diverse cause, stipula con loro un patto di quota lite a causa delle difficoltà previste nella causa originale. Dopo la sentenza di primo grado e il ricorso in appello, le parti raggiungono un accordo per risolvere l’intera questione, firmato da tutti i soggetti coinvolti. Alla scadenza del termine previsto per il pagamento, gli assistiti non provvedono però al pagamento del preavviso dell’avvocato. Al legale non resta che richiedere il versamento dell’importo a lui dovuto stabilito in sentenza o concordato nel patto do quota lite o in ultimo quello concordato nell’accordo di transazione.

Compenso residuo: condizionato al pagamento del Condominio

Gli assistiti si oppongono alla richiesta, sostenendo di aver già provveduto al pagamento di quanto stabilito dalla sentenza. Il pagamento dell’importo residuo del compenso è infatti condizionato  dall’incasso delle somme dovute dal condominio, che però non ha ancora provveduto.

Compenso Avvocato: accoglimento parziale della domanda

Il Tribunale di Napoli accoglie in parte la domanda dell’avvocato e condanna i clienti a pagare una somma inferiore a quella richiesta.

Condizione causale o mista, non meramente potestativa

I clienti ricorrono quindi in Cassazione, poiché a loro dire la clausola relativa all’esigibilità dei compensi è stata interpretata in maniera erronea.

Essi sostengono che la clausola dell’accordo transattivo obbliga al pagamento dei compensi entro dieci giorni dall’incasso delle somme dal condominio, che non ha ancora pagato. Essi precisano inoltre che l’importo indicato nell’accordo si riferisce al saldo e non all’acconto già versato. Per loro infine la condizione deve considerarsi casuale, al massimo mista, ma non meramente potestativa come interpretato dal Tribunale.

Condizione “Potestativa” e “Meramente Potestativa”

La Cassazione in motivazione ricorda che una condizione è “meramente potestativa” quando il suo avveramento dipende esclusivamente dall’arbitrio di parte.

La condizione è invece “potestativa” quando dipende da valutazioni di interesse e convenienza, influenzate da fattori esterni che incidono sulla volontà del contraente, anche se la decisione finale è a discrezione dell’interessato.

Condizione mista: buona fede in pendenza della condizione art. 1358 c.c.

Nel caso di specie non sussiste una condizione meramente potestativa, come sostenuto dal Tribunale, il pagamento delle competenze professionali dell’avvocato è condizionato dall’adempimento del condominio terzo, trattasi quindi di una condizione mista poiché il suo avveramento dipende dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti.

La disciplina dell’art. 1358 del Codice Civile, che impone la buona fede durante la pendenza della condizione, si applica anche in questo caso.

La Cassazione accoglie quindi il primo e il secondo motivo del ricorso, con conseguente assorbimento del terzo motivo e con rinvio al Tribunale in diversa composizione per riconsiderare la pretesa dell’avvocato alla luce dell’accordo transattivo e delle pattuizioni in esso contenute.

 

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avvocato trascurato abbandono difesa

Avvocato “trascurato”: è abbandono della difesa Cassazione a Sezioni Unite: abbandono della difesa, illecito disciplinare che comporta la violazione di diversi principi sanciti dalle norme deontologiche

Abbandono della difesa: plurimi i principi violati

L’ingiustificato abbandono della difesa è una condotta a cui consegue la violazione di plurimi e fondamentali principi deontologici: il diligente adempimento del mandato (articolo 26), il dovere di probità e dignità (articolo 9), il dovere di fedeltà (articolo 10) e il dovere di coscienziosa diligenza (articolo 12). Lo hanno chiarito le sezioni unite della Cassazione nella sentenza n. 20877-2024.

Abbandono della difesa per l’avvocato che salta due udienze

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina competente per territorio dispone la sanzione disciplinare della censura nei confronti di un avvocato. Il legale ricorre al CNF che però respinge il ricorso.

L’avvocato è incolpato di aver violato gli articoli 1, 10, 12 e 26 comma 3 del Codice Deontologico Forense perché dapprima ha assunto l’incarico di difensore di un privato, poi però non ha adempiuto fedelmente al proprio incarico. Il professionista non avrebbe preso parte ad alcuna udienza, trascurando in questo modo gli interessi del suo assistito.

Le accuse mosse all’avvocato

L’avvocato è accusato di aver abbandonato la difesa del suo assistito, imputato in un processo penale, non prendendo parte a due udienze. Il CNF ha concluso infatti che:

  • l’avvocato ha avuto conoscenza, a mezzo notifica, della data delle due udienze penali disertate;
  • lo stesso non può invocare l’errore inevitabile per il fatto di aver assunto la difese del cliente in due processi con imputazioni diverse, ma con un tratto comune a entrambi;
  • per integrare l’illecito disciplinare è sufficiente la suitas della condotta, non essendo necessario dimostrare la consapevolezza della illegittimità delle proprie azioni;
  • la censura è una sanzione corretta perché prevista per la violazione dell’art. 26 comma 3 del Codice Deontologico;
  • non rileva la nomina successiva dell’avvocato da parte dello stesso cliente per scontare la pena in forma alternativa.

Il ricorso in Cassazione

L’avvocato nel ricorrere in Cassazione contro la decisione del CNF nel primo motivo evidenzia la possibilità di richiedere la sospensione della esecutorietà della decisione nel ricorso, non essendo necessario proporla in forma autonoma.

Con il secondo motivo invece lamenta la violazione dell’art. 26 comma 3 del Codice deontologico evidenziando che il mero errore non integrerebbe la colpa, di cui non sussiste prova alcuna. Il legale sottolinea inoltre come la trascuratezza di cui è stato accusato non avrebbe cambiato l’esito del giudizio penale del suo assistito. La responsabilità per colpa lieve che gli è stata addebitata avrebbe potuto assumere rilievo solo sotto il profilo civilistico, non deontologico.

Per il difensore la trascuratezza non integra quindi l’illecito disciplinare previsto dall’art. 26 comma 3 del Codice deontologico.

Abbandono della difesa e violazioni deontologiche

La Cassazione rigetta il ricorso precisando che il Codice Deontologico non ha carattere normativo. Esso è composto da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono dati per dare attuazione ai valori che caratterizzano la professione e per garantire la libertà, la sicurezza e l’inviolabilità della difesa. La violazione del Codice  Deontologico rileva in sede giurisdizionale solo quando è ricollegabile all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge come previsto dall’articolo 56 comma 3 del r.d.l n. 1578/1933.

Nessuno di questi vizi però è stato riscontrato in relazione ai motivi di impugnazione del secondo motivo. La coscienza e la volontà sono nel dominio anche solo potenziale dell’azione o dell’omissione. Vi è quindi una presunzione di colpa per l’atto sconveniente vietato a carico di chi lo commette. Spetta all’accusato dimostrare l’errore inevitabile, non superabile con l’uso della normale diligenza oppure il sopravvenire di una causa esterna. Non è invece configurabile l’imperizia incolpevole perché il professionista legale è tenuto a conoscere il sistema delle fonti. Anche per quanto riguarda l’entità della trascuratezza riscontrata dal giudice disciplinare la Cassazione esclude la sussistenza del vizio censurabile.

La responsabilità deontologica dell’avvocato

L’articolo 26 del Codice Deontologico forense al comma 3 dispone “Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.” L’avvocato si è reso responsabile di mancata assistenza e difesa nel procedimento. Il giudizio sulla trascuratezza spetta all’organo disciplinare e non è sindacabile in sede di Cassazione. Non rileva, come sostenuto dall’avvocato ricorrente, che l’azione non porti a conseguenze pregiudizievoli per il cliente. Tale affermazione è del tutto estranea alla formulazione della norma e ai principi di decoro e dignità della professione forense. Privo di fondamento è anche il motivo con cui il ricorrente ha contestato la sanzione applicata. La sentenza impugnata ha spiegato che lingiustificato abbandono della difesa lede diversi e fondamentali principi deontologici:

  • il diligente adempimento del mandato (articolo 26);
  • il dovere di probità e di dignità (articolo 9);
  • il dovere di fedeltà (articolo 10);
  • il dovere di coscienziosa diligenza (articolo 12).

Insindacabile il giudizio sulla gravità della condotta espresso dal giudice disciplinare.

 

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avvocati condotta irreprensibile

Avvocati: come valutare la condotta irreprensibile Le Sezioni Unite della Cassazione si esprimono sulla valutazione del requisito della condotta irreprensibile dell'avvocato

Condotta irreprensibile avvocato

La valutazione del requisito della condotta irreprensibile del dottore, che fa istanza per iscriversi all’albo dei praticanti, deve essere compiuta senza tenere conto dell’esito dell’eventuale procedimento penale e della qualità di imputato del richiedente. Lo hanno chiarito le sezioni unite civili della Cassazione nella sentenza n. 19726-2024.

Iscrizione registro praticanti

Nella vicenda, un Consiglio dell’ordine degli avvocati competente per territorio respinge la richiesta di iscrizione all’albo dei praticanti avvocati di un dottore perché il  richiedente non soddisfa il requisito della condotta irreprensibile prevista dai canoni del codice deontologico forense, articolo 17, comma uno, lettera H della legge n. 247/2012.

Il dottore ha infatti riportato una condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, è sottoposto a procedimento per il reato di ricettazione e nei suoi confronti sono in corso procedimenti penali per guida in stato di ebrezza e calunnia.

Non basta valutare le condotte penalmente rilevanti

Il dottore ricorre al Consiglio Nazionale Forense (C.N.F) che però rigetta il ricorso. Il COA avrebbe infatti valutato correttamente la presenza di elementi ostativi all’accoglimento della richiesta di iscrizione. Le condotte del dottore non risultano conformi alle regole deontologiche e al diritto in generale. Questo incide negativamente sulla affidabilità soggettiva del richiedente e pone dei dubbi sulla sua capacità di svolgere correttamente la professione.

Nel caso di specie le condotte penalmente rilevanti del dottore non possono condurre a un giudizio positivo in ordine alla sussistenza del requisito della condotta irreprensibile. I comportamenti del dottore tenuti al di fuori dell’attività professionale  e nei confronti dei soggetti terzi risultano lesivi della probità e del decoro della professione perché ne ledono l’immagine  e la dignità, con ripercussioni negative dell’intera classe forense.

Condotte di rilevo penale lontane non rilevano

Detto questo, per il CNF non possono essere considerate ostative all’iscrizione nel registro dei praticanti condotte occasionali o lontane, se non sono in grado di incidere sulla affidabilità attuale del soggetto a svolgere correttamente l’attività professionale.

Le condotte devono incidere negativamente sulla reputazione

Il dottore si rivolge agli Ermellini per la cassazione della pronuncia del CNF ricordando a sua difesa che:

  • il reato per il quale era stato condannato era estinto;
  • la qualità di imputato non consentiva di ritenerlo colpevole;
  • precludergli la formazione necessaria s superare l’esame esami di Stato vanifica i sacrifici fatti e ostacola il suo diritto a un lavoro futuro.

La Cassazione accoglie il motivo sollevato dal dottore perché fondato. Gli Ermellini precisano che “L’essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense costituisce un requisito di chiusura e di completamento: un requisito che, affidato a una formula meno enfatica e solenne, e più circostanziata, rispetto a quella previgente, prende li posto della condotta “specchiatissima ed illibata”, alla quale si riferiva, all’art. 17, la legge professionale forense del 1933.”

La condotta irreprensibile racchiude al suo interno un insieme di requisiti morali a tutela dell’interesse pubblico e dell’affidamento della clientela e della collettività. Essa è determinata dall’assenza di condotte costituenti reato in grado di menomare la reputazione del soggetto e della professione, ma non solo. La condotta irreprensibile non è compromessa solo dalle condotte che costituiscono reato e che sono collegate allo svolgimento della professione, tale requisito riguarda la condotta generale dell’iscritto. Occorre però fare una distinzione tra le condotte che rilevano ai fini della valutazione perché incidono sulla affidabilità del soggetto da quelle che riguardano la sfera privata e la libertà individuale e che quindi non rilevano.

I requisiti necessari ai fini dell’iscrizione devono essere valutati con rigore, tenendo conto del loro grado di incidenza sulla attività professionale. “A tal fine, la valutazione deve ricomprendere la natura e l’occasionalità delle condotte ostative, la distanza nel tempo e, comunque, tutti quegli elementi che consentono di poter valutare l’affidabilità del soggetto all’espletamento della professione o allo svolgimento della pratica professionale.”

L’ordine professionale, nel valutare la condotta irreprensibile, deve accertare se i fatti commessi dal candidato possano dare luogo, all’esito di un procedimento disciplinare, alla sanzione della interdizione. A tale fine rileva la gravità delle condotte e la loro capacità di rendere il soggetto inadeguato sotto il profilo della onorabilità nell’esercizio della professione.

Il principio

La rilevanza penale di una condotta quindi è in grado di incidere sulla valutazione della condotta irreprensibile?

Per la Cassazione la condizione di imputato del richiedente non rileva in via esclusiva, il CNF infatti “avrebbe dovuto considerare se le condotte, non prossime nel tempo e per le quali l’imputato si era dichiarato innocente, fossero state accertate anche dal giudice penale, ancorché con sentenza non ancora divenuta irrevocabile, e, in caso positivo, valutare se esse, per il loro concreto disvalore secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense, fossero tali da incidere, anche considerando l’epoca della loro commissione, sulla reputazione e sull’immagine dell’aspirante a svolgere il ruolo attribuito dall’ordinamento al professionista forense”. 

 

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Portale delle vendite pubbliche: accesso tramite Spid Dal 7 luglio il Portale delle vendite pubbliche ha una versione aggiornata che permette l'accesso anche tramite Spid

Nuovo Portale delle vendite pubbliche

Dal 7 luglio il nuovo Portale delle Vendite Pubbliche è attivo in una versione aggiornata che consente l’accesso anche tramite Spid. Lo comunica il ministero della Giustizia, con una nota del Dgsia diretta al CNF e a tutti i Consigli degli Ordini degli Avvocati.

Si tratta, comunica il dicastero, di un “sostanziale aggiornamento dell’architettura applicativa ed un ampliamento delle possibilità di autenticazione, aggiungendo all’autenticazione tramite CNS quella tramite le modalità SPID e CIE”.

Criticità in fase di risoluzione

Il ministero raccomanda di utilizzare “una sola modalità di autenticazione tra quelle disponibili, evitando di cambiarla nell’ambito della stessa sessione, in quanto è stata riscontrata al riguardo un’instabilità del sistema in corso di risoluzione”. Altra problematica, alla luce dei collaudi effettuati, riguarda alcune tipologie di smart-card tramite CNS che creano delle criticità in fase di autenticazione.

Tuttavia, entrambe sono in corso di analisi e risoluzione.

Segnalazioni eventuali problematiche

Il ministero invita, comunque, a “segnalare prontamente eventuali problematiche di autenticazione con smart-card all’indirizzo email assistenzapvp@reply.it o assistenzatecnicapvp.dgsia@giustizia.it in modo da consentire le opportune attività di risoluzione ed a privilegiare in tali casi l’accesso tramite SPID”.

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avvocati domande bandi assistenza

Avvocati: al via le domande per i bandi assistenza Cassa Forense ha pubblicato le domande di partecipazione per i bandi assistenza 8, 9, 12, 14 e 15 del 2024

Domande bandi Cassa Forense

Al via le domande per partecipare ai bandi assistenza di Cassa Forense. L’ente previdenziale degli avvocati, infatti, ha pubblicato le domande di partecipazione a diversi bandi indetti per l’anno 2024, sia a sostegno della professione che della famiglia.

Nello specifico, le domande di partecipazione sono aperte a far data dal 16 luglio per i seguenti bandi:

Bando n. 8/2024

per l’assegnazione di contributi ai fini dell’organizzazione degli studi – Persone Fisiche (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 9/2024

per l’assegnazione di contributi ai fini dell’organizzazione degli studi – Persone Giuridiche (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 12/2024

per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose (art. 10 lett. d Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della famiglia), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 15/10/2024;

Bando n. 14/2024

per l’assegnazione di contributi in favore per favorire l’esercizio della professione da parte di iscritti con disabilità (art. 3 lett. a7 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 15/2024

per l’assegnazione di contributi per attrezzare una sala video conferenze nello studio legale (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024.

Come fare domanda

Tali domande potranno essere presentate esclusivamente tramite l’apposita procedura on-line attivata nell’area riservata del sito internet della Cassa.

È possibile consultare il testo integrale dei bandi nell’apposita area dedicata  del sito internet della Cassa.

Leggi anche Cassa Forense: pubblicati 15 bandi assistenziali 2024

sospeso avvocato non paga affitto

Sospeso l’avvocato che non paga l’affitto

Illecito disciplinare avvocato

Va sospeso l’avvocato che non paga l’affitto. Commette, infatti, un illecito disciplinare l’avvocato che non adempie le obbligazioni verso terzi derivanti da un contratto di locazione, causando un debito di oltre 50.000 euro per bollette di utenze e canoni insoluti. Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) nella sentenza n. 118/2024 ha ritenuto che tale comportamento violi l’art. 64 del Codice Deontologico Forense. Gli avvocati invero hanno il dovere di adempiere a tutte le loro obbligazioni, anche verso i terzi. La violazione di tale dovere può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari, come la sospensione dall’attività professionale.

Canoni e bollette non pagate: procedimento disciplinare per l’avvocato

Un avvocato viene sottoposto a un procedimento disciplinare a cui consegue la sanzione disciplinare della sospensione dall’attività professionale per 4 mesi. Il legale è stato ritenuto responsabile del mancato pagamento dei canoni di locazione dell’unità immobiliare adibita a studio, delle utenze di acqua e gas e degli oneri condominiali.

Il legale si è reso responsabile anche della violazione degli obblighi di custodia e di manutenzione degli impianti, occupando i locali in violazione della normativa sulla sicurezza, per poi abbandonarli lasciandoli in un grave stato di degrado, inagibilità e inutilizzabilità con conseguenti danni e oneri a carico del locatore.

L’avvocato impugna la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina davanti al CNF invocando  la propria assenza di responsabilità, eccependo il travisamento dei fatti e il difetto di prova e contestando l’eccessività della sanzione.

L’avvocato che non paga i canoni lede l’immagine della categoria

Per il CNF però il ricorso dell’avvocato è infondato e va rigettato.

L’avvocato ha il dovere di adempiere puntualmente alle proprie obbligazioni, anche nei confronti dei terzi. Tale dovere deriva sia da norme giuridiche che deontologiche. L’articolo 64 del Codice di deontologia forense obbliga l’avvocato ad adempiere le obbligazioni che lo stesso assume in confronti dei terzi. Il mancato adempimento di detti obblighi crea un danno all’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri professionali. Tale condotta inoltre, danneggia l’immagine della professione forense nel suo complesso.

L’illecito risulta ancora più grave perché l’avvocato non ha adempiuto ai propri obblighi contrattuali neanche dopo aver ricevuto protesti, sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento.

Corretta la sanzione applicata, la violazione del solo articolo 64 del codice deontologico prevede infatti la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione da un minimo di 2 a un massimo di 6 mesi. Sulla misura della sanzione hanno inciso la durata a delle condotte, i danni economici arrecati al locatore, i precedenti disciplinari del legale e il discredito che tali condotte hanno arrecato all’immagine della categoria forense nel suo complesso.

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cassa forense piattaforma avvocati

Cassa Forense: è nata la piattaforma per gli avvocati Nasce da oggi 18 luglio la piattaforma digitale unificata per gli avvocati (PDUA). Militi (Cassa Forense): "Un'idea condivisa da tutte le componenti dell'avvocatura"

PDUA al via

Cassa Forense abilita da oggi la piattaforma per gli avvocati (PDUA). “Dalle ore 13 di oggi tutti i colleghi potranno autenticarsi e accedere a tutti i servizi del pianeta giustizia”, attraverso la nuova Piattaforma digitale unificata degli avvocati, realizzata da Cassa forense”. E’ quanto ha annunciato poco fa il presidente dello stesso Ente di previdenza professionale Valter Militi, alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari e del presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, nel corso della presentazione del nuovo servizio gratuito per gli iscritti.
Si tratta, ha proseguito il vertice dell’Istituto pensionistico dei 236.946 legali, di “un’idea condivisa da tutta l’avvocatura. La tecnologia sta cambiando il modo di svolgere la nostra attività professionale”, così, ha incalzato Militi, il ministero di via Arenula “ci ha dato una mano nel realizzare questa infrastruttura digitale”.

Cosa si può fare con PDUA

Con PDUA si può, tra l’altro, si ricorda, “accedere ai dati e ai documenti in qualunque momento e ovunque, da qualsiasi dispositivo, anche smartphone e tablet, fruire di uno spazio personale ‘cloud storage’, dove creare, consultare e scaricare i fascicoli, le anagrafiche dei clienti, delle controparti e dei difensori, effettuare ricerche rapide all’interno del sistema grazie ai filtri di ricerca avanzati”, nonché “gestire il processo civile telematico, consultare i registri di cancelleria e, con il redattore, compilare gli atti ed effettuarne il deposito”. Disponibile anche l’agenda sincronizzata e una vetrina per le software house.

Avvocatura adeguata ai tempi

Per il presidente del CNF, Greco, “l’avvocatura non può restare inerte” dinanzi ai cambiamenti generali, “non può rimanere quella che era negli anni ’80, ’90, ma neppure nel 2012, quando fu approvata la riforma della professione forense – per cui occorre – adeguarsi ai tempi, altrimenti rischiamo di rimanere fuori, rispetto ad una società che si evolve”.

avvocato problemi salute mandato

L’avvocato con problemi di salute deve rinunciare al mandato Per il CNF, l'avvocato che ha problemi di salute deve dismettere il mandato se non può assolvere la professione nel rispetto delle regole

Problemi di salute non scriminano gli illeciti disciplinari

Il CNF nella sentenza n. 127-2024, pubblicata il 15 luglio 2024 sul sito del Codice deontologico, precisa che l’avvocato con problemi di salute deve rinunciare al mandato; non è giustificato e quindi è comunque punibile se ha commesso plurimi illeciti disciplinari connotati da una certa gravità. I problemi personali e familiari possono rilevare al limite solo ai fini del trattamento sanzionatorio. Confermata quindi la sospensione dalla professione per 4 anni.  

Avvocato: sospensione dalla professione per 4 anni

Nella vicenda, un avvocato viene sottoposto a diversi procedimenti disciplinari per vari capi di incolpazione. I procedimenti vengono riuniti e conclusa l’istruttoria dibattimentale l’avvocato viene sanzionato con la sospensione dall’attività professionale per 4 anni  a causa del numero e della gravità delle contestazioni a sua carico, di preesistenti procedimenti disciplinari e di altri ancora aperti.

L’avvocato ricorre al CNF per eccepire la prescrizione di alcuni procedimenti, per chiedere la sospensione in relazione ad alcuni capi di incolpazione, ma soprattutto per chiedere l’assoluzione dagli addebiti che gli sono stati contestati e in subordine la riduzione della sanzione disciplinare applicata.

Problemi di salute e familiari non considerati

Il CNF fissa l’udienza pubblica per la trattazione del ricorso, ma la difesa dell’incolpato presenta istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’interessato a causa di un ricovero ospedaliero per un intervento chirurgico.

Avviato e istruito il procedimento il CNF respinge il ricorso dell’avvocato perché infondato. Il ricorrente nel difendere la propria posizione si duole del fatto che non siano state prese in considerazione le sue condizioni di salute (problemi cardiaci) e i suoi problemi familiari (separazione dalla moglie) a giustificazione delle manchevolezze del suo operato professionale.

Problemi di salute e personali non scriminano illeciti gravi

Il CNF però dichiara di condividere il pensiero e le conclusioni del Consiglio territoriale. I problemi di salute e familiari possono infatti incidere, al limite, sul trattamento sanzionatorio da applicare, ma non sulla punibilità dell’illecito disciplinare.

Nel caso specie, inoltre, non si possono trascurare gli innumerevoli capi di incolpazione conseguenti alla contestazione di gravi inadempienze, tra le quali assumono particolare rilievo quelle che si sono tradotte in veri e propri raggiri commessi in danno dei clienti. Le condotte contestate al legale sono risultate sistematiche, ripetute e seriali, frutto di una condotta connotata dalla volontà di raggirare, che reca un danno enorme al prestigio e alla immagine della classe forense nel suo complesso.

Avvocato deve dismettere il mandato

Il CNF ribadisce quindi che i problemi di salute o personali non possono giustificare le condotte dell’avvocato. Quando l’avvocato vive situazioni così gravi da ostacolare lo svolgimento della professione e a compromettere l’adempimento di tutti i doveri che la stessa comporta, il professionista deve dismettere il mandato e rifiutare eventuali nuovi incarichi se riconosce di non poterli adempiere adeguatamente.

Atteggiamento psicologico teso al raggiro e alla menzogna

Nessun problema di salute può giustificare così tanti illeciti come quelli commessi dal ricorrente, che ha dimostrato spregiudicatezza nel mentire e ingannare i clienti con raggiri e informazioni non veritiere sui contenziosi avviati.

Nel rigettare il ricorso il CNF sottolinea infatti l’atteggiamento psicologico del legale caratterizzato dal disprezzo per la sfera giuridica altrui, per il rapporto di colleganza e per la fiducia che i clienti avevano riposto in lui.

Il CNF sottolinea infatti che “Nella presente vicenda, al di là delle contestate fattispecie tipizzate di illecito deontologico, riveste particolare importanza la gravità della violazione ai principi ed alle norme generali di correttezza, lealtà, dignità, probità, decoro oltre che al rapporto fiduciario”. 

Va quindi confermata la sospensione dall’esercizio della professione per la durata di 4 anni a causa della gravità e del numero degli illeciti commessi dall’avvocato ricorrente.

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