Cassa Forense: online il certificato di iscrizione L'ente previdenziale degli avvocati comunica che è disponibile la funzione per il rilascio del certificato attestante l'iscrizione nonchè la certificazione fiscale dei versamenti

Due comunicazioni di Cassa Forense informano gli avvocati che sono disponibili le funzioni web per il rilascio di certificati necessari ai fini previdenziali e fiscali.

Certificato di iscrizione alla Cassa online

Dal 10 settembre, in particolare, comunica l’ente previdenziale degli avvocati è in linea la funzione web per il rilascio, in tempo reale, del certificato attestante l’iscrizione alla Cassa per agli avvocati e praticanti iscritti alla Gestione Previdenziale.

La procedura, appositamente realizzata è disponibile sul sito nella sezione “accesso riservato – posizione personale – istanze on line – iscrizioni – certificato iscrizione cassa avvocato/praticante.

Certificazione fiscale dei versamenti

A partire dal 23 settembre scorso, inoltre, è disponibile online la funzione per ottenere la Certificazione dei versamenti contributivi eseguiti nell’anno solare, valida ai fini fiscali.

legittimo impedimento

Legittimo impedimento negato se il viaggio è per motivi familiari Legittimo impedimento: il viaggio all’estero dell'avvocato per motivi di famiglia non è un’impossibilità assoluta che legittima il rinvio d’udienza 

Legittimo impedimento avvocato

Il legittimo impedimento non si configura se il motivo  addotto per il rinvio è un viaggio all’estero per motivi familiari. Lo hanno chiarito le SU della Corte di Cassazione nella sentenza n. 24268-2024.

Avvocato non adempie al mandato: sospeso per un anno

Una donna si rivolge a Consiglio dell’Ordine degli Avvocati locale nel quale espone di essersi rivolta a un avvocato per avviare una causa di lavoro. La stessa dichiara di aver consegnato al professionista, a titolo di anticipo, 300,00 euro.

La donna, qualche tempo dopo, contattava l’avvocato per chiedere aggiornamenti sulla pratica e dopo alcune rassicurazioni apprendeva dagli uffici giudiziari che in realtà il procedimento non era stato iscritto a ruolo. La cliente si era quindi recata dall’avvocato per chiedere spiegazioni e lo stesso gli aveva spiegato che era preferibile avviare una conciliazione. La donna fa presente però che l’avvocato, una volta ottenuta l’autorizzazione per avanzare la proposta conciliativa, le riferiva di non ricordarsi della stessa, chiedendo di essere ricontattato. A quel punto l’esponente revocava il mandato, chiedeva la restituzione del racconto e della documentazione trasmessa senza ricevere però riscontro alcuno. Il Consiglio di Disciplina disponeva il rinvio giudizio dell’avvocato per essere venuto meno al dovere di adempiere al mandato e per  non aver provveduto alla restituzione dei documenti alla cliente. Il giudizio disciplinare si concludeva con la sospensione dell’avvocato dall’esercizio della professione per la durata di un anno.

Legittimo impedimento: il CNF nega il rinvio d’udienza

Il legale impugnava la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense, che accogliendo in parte il ricorso, riduceva la sospensione a sei mesi. L’avvocato ricorreva infine davanti alla Corte di Cassazione e con il secondo motivo di doglianza fa presente di aver presentato istanza di rinvio formalizzata in data 9 ottobre 2023 per un impedimento a comparire all’udienza del 18 ottobre 2023. Istanza che però il CNF non ha preso in considerazione.

Legittimo impedimento: impossibilità assoluta non mera difficoltà

La Cassazione dando precedenza a questo motivo procedurale precisa che, secondo costante giurisprudenza delle Sezioni Unite nel giudizio disciplinare che si svolge davanti al Consiglio Nazionale Forense l’incolpato ha il diritto di ottenere il rinvio dell’udienza se sussiste un legittimo impedimento a comparire ai sensi dell’articolo 420 ter c.p.p. L’impedimento però deve essere assoluto e non può essere rappresentato da una difficoltà qualsiasi.

Il viaggio all’estero per motivi familiari non è un’impossibilità assoluta a comparire

Nel caso di specie l’avvocato ha presentato istanza di rinvio dell’udienza del 18 ottobre 2023 perché quel giorno si sarebbe trovato all’estero per motivi familiari. Il CNF però non ha disposto il differimento perché il ricorrente non ha dato prova del suo legittimo impedimento che, come già precisato, deve essere rappresentato da un impedimento assoluto e non da una mera situazione di difficoltà. In assenza di prove relative all’indifferibilità del viaggio all’estero, il solo acquisto dei biglietti non dimostra l’ineluttabilità dell’impegno. L’avvocato  ben sapeva che il viaggio in Albania sarebbe stato incompatibile con la sua presenza in udienza. La condizione di impossibilità a comparire fatta valere dal legale nel ricorso non è quindi corredata da un riscontro idoneo. Ragione per la quale il motivo relativo al legittimo impedimento deve essere respinto.

 

Leggi anche: “Legittimo impedimento avvocati: primo sì alla riforma

Giovani avvocati: serve un compenso minimo La proposta dell'AIGA che sarà rilanciata dal 26 al 28 settembre a Napoli durante il Congresso nazionale dell'associazione

Aiga: “introdurre compenso minimo per giovani avvocati”

Per i giovani avvocati “introdurre il compenso minimo inderogabile è una necessità. Per permettere alle nuove generazioni di rimanere sul mercato, c’è bisogno di un segnale forte da parte delle istituzioni: non possiamo più attendere”. A dirlo è Carlo Foglieni, presidente Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati), che organizza a Napoli, dal 26 al 28 settembre prossimi, il Congresso straordinario 2024.

“Sarà l’occasione per incontrarsi e porre alla politica alcune proposte per risollevare le sorti dell’avvocatura – sottolinea Foglieni -. Siamo convinti che serva un maggior welfare e più attenzione verso le donne, con il superamento del gender gap”.

Ma il focus è sempre rivolto ai giovani, “alle prese con numerose difficoltà. Oltre a un vero e giusto equo compenso, che comprenda anche una radicale accelerazione della procedura per il recupero del compenso professionale, sarebbe opportuno incentivare le Startup degli studi legali, mediante l’introduzione di un regime gestionale e fiscale agevolato (sulla falsa riga dei vecchi minimi) e incentivi economici mirati, possibilmente a fondo perduto, anche attraverso il coinvolgimento delle Regioni e della Cassa Previdenziale”.

Le barriere all’attività professionale

Restano in piedi, poi, le “barriere anagrafiche, che non agevolano lo svolgimento dell’attività professionale da parte delle nuove generazioni. Penso all’assurda regola dei due anni di anzianità per essere iscritti nell’Elenco del patrocinio a spese dello Stato, oppure al mancato rispetto del principio di rotazione nell’assegnazione degli incarichi da parte dei magistrati che, giustificandosi dietro la necessità di avere ausiliari di loro fiducia, tendono a scegliere sempre gli stessi professionisti, quasi mai giovani: prevedere un sistema automatizzato di assegnazione degli incarichi, come già avviene per le difese d’ufficio, così da garantire una volta per tutte trasparenza e pari opportunità, potrebbe essere una soluzione”.

Le proposte per i praticanti

Foglieni illustra anche le proposte di Aiga per i praticanti: “Siamo alle prese con un calo di laureati in giurisprudenza che negli ultimi anni è stato superiore al 4 per cento. La professione non è più attrattiva, anche in questo caso servono soluzioni radicali come l’introduzione di un compenso minimo sin dall’inizio del praticantato, una battaglia storica dell’Aiga, promuovendo la pubblicazione di bandi regionali per il riconoscimento di contributi per i tirocini obbligatori. Di fondamentale importanza sarà poi reintrodurre il Patrocinio abilitativo, non solo per permettere al praticante di percepire un compenso extra, ma anche per responsabilizzarlo sin da subito”. “E non dimentico – conclude Foglieni – la necessità di rivedere l’attuale sistema delle Scuole Forensi e l’Esame di Stato”.

avvocato specialista

Avvocato specialista per comprovata esperienza In vigore il regolamento del Consiglio Nazionale Forense sul procedimento amministrativo per il conseguimento del titolo

Regolamento del CNF n. 3/2024

Avvocato specialista per comprovata esperienza: è in vigore il regolamento del Consiglio Nazionale Forense n. 3/2024 recante “il procedimento amministrativo relativo al conseguimento del titolo” ai sensi del combinato disposto degli artt. 6 e 8 del dm n. 144/2015 e ss.mm.ii.

La domanda

La presentazione della domanda va inoltrata dall’interessato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza il quale, verificata la regolarità della documentazione, la trasmette al CNF entro 30 giorni decorrenti dalla data di presentazione.

Il Consiglio dell’Ordine, nel caso in cui la documentazione prodotta dall’istante non sia regolare, può richiedere integrazioni istruttorie. In tal caso, il termine di cui al comma 1 è sospeso per 10 (dieci) giorni decorrenti dalla richiesta di integrazione.

La presentazione della istanza da parte dell’interessato, la eventuale richiesta di integrazione istruttoria da parte del Consiglio dell’Ordine e la trasmissione al Consiglio Nazionale Forense devono avvenire esclusivamente mediante la piattaforma dedicata.

I requisiti necessari

Il Consiglio dell’Ordine, ai fini della regolarità della domanda, verifica che l’istante: a) abbia maturato un’anzianità di iscrizione all’albo di almeno otto anni: b) non abbia riportato, nei tre anni precedenti la presentazione della domanda, una sanzione disciplinare definitiva, diversa dall’avvertimento, conseguente ad un comportamento realizzato in violazione del dovere di competenza o di aggiornamento professionale; c) non abbia subìto, nei due anni precedenti la presentazione della domanda, la revoca del titolo di specialista.

Il COA verifica, altresì, che l’istante abbia prodotto una relazione relativa agli incarichi computati allegando atti e/o documenti richiamati nella relazione medesima, nonchè, “che la relazione e gli atti e/o i documenti allegati siano anonimi o pseudonimizzati”.

Il procedimento

Il procedimento è di competenza del Consiglio Nazionale Forense, il quale, ricevuta la trasmissione dell’istanza da parte del Consiglio dell’Ordine, per il tramite del Comitato per le specializzazioni forensi, verifica la regolarità formale della istanza e in caso negativo procede a richiedere integrazioni istruttorie all’istante.

Il CNF, ricevuto il decreto del Ministro della giustizia di nomina dei componenti di competenza ministeriale, per il tramite del funzionario di riferimento, organizza il colloquio di verifica che può svolgersi anche da remoto.

Quindi, ricevuta la comunicazione della commissione di valutazione, nella prima seduta amministrativa utile: a) in caso di esito positivo, delibera il conferimento del titolo, dandone comunicazione all’istante ed al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, ai fini dell’iscrizione negli elenchi di cui all’articolo 5 del Decreto 144 del 2015 e ss. ii. e mm.; b) in caso di esito negativo, convoca l’istante per un secondo colloquio da svolgersi a cura del Comitato per le specializzazioni forensi.

In ogni caso il provvedimento conclusivo va adottato entro 180 giorni decorrenti dalla presentazione della domanda.

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legittimo impedimento avvocati

Legittimo impedimento avvocati, CNF: “Passo avanti sui diritti” Il Consiglio Nazionale Forense plaude all'approvazione del ddl sul legittimo impedimento degli avvocati da parte del Senato (ora alla Camera per la seconda lettura)

Un “Passo avanti per rispetto diritti degli avvocati“. Così il Consiglio Nazionale Forense, plaudendo all’approvazione del ddl sul legittimo impedimento degli avvocati da parte del Senato. Il testo, si ricorda, è stato licenziato il 18 settembre scorso da parte di palazzo Madama, nella versione modificata dalla Commissione Giustizia, e ora è alla Camera per la seconda lettura e l’approvazione definitiva.

Il CNF, si legge nella nota ufficiale, “esprime grande soddisfazione per l’approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge n. 729 in tema di legittimo impedimento del difensore. Questo importante provvedimento, frutto di un costante impegno del CNF, riconosce e tutela il diritto degli avvocati a svolgere il proprio ruolo senza pregiudicare il diritto alla difesa dei cittadini”.

Con il ddl, riassume il Consiglio, si estende la possibilità di ottenere il rinvio dell’udienza penale per motivi legati alla salute dei figli o dei familiari dell’avvocato, garantendo una maggiore attenzione alle esigenze personali e familiari. Inoltre, viene introdotta la remissione in termini nel processo civile e la possibilità di rinvio delle udienze per cause di forza maggiore, malattia improvvisa, infortunio, gravidanza o per la necessità di assistenza ai figli e familiari con disabilità o affetti da gravi patologie.

“Questo risultato rappresenta un riconoscimento fondamentale per gli avvocati e, soprattutto, per i diritti dei loro assistiti. La tutela delle esigenze personali e familiari dei difensori – dichiara il Presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco – è imprescindibile per garantire un esercizio sereno della professione forense”.

 

Legittimo impedimento avvocati: primo sì alla riforma Il Senato ha approvato il ddl sul legittimo impedimento degli avvocati, professionisti ma anche individui meritevoli di tutela

Legittimo impedimento: il Senato approva

Nella giornata di mercoledì 18 settembre 2024, il Senato ha approvato il disegno di legge 729 della senatrice leghista Erika Stefani sul legittimo impedimento del difensore nel testo modificato dalla Commissione Giustizia con un nuovo titolo “Disposizioni in materia di legittimo impedimento del difensore”.

Il testo interviene sull’articolo 153 del codice di procedura civile, sull’articolo 81 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e sull’articolo 420 ter del codice di procedura penale.

Le modifiche contenute nella proposta della senatrice sono finalizzate a tutelare maggiormente la classe forense in materia di legittimo impedimento. L’avvocatura, fino a oggi, è stata spesso vittima di pregiudizio e discriminazione. Da anni gli avvocati segnalano una grande difficoltà nel ricevere un trattamento equo in presenza di una problematica familiare o di salute improvvisa e fonte di preoccupazione.

Senza pregiudicare il diritto di difesa non si possono obbligare gli avvocati, con gravi difficoltà familiari, personali o di salute, di presenziare alle udienze o “sanzionare” la loro assenza con la decadenza dai termini. Gli avvocati sono professionisti, ma anche individui con un loro privato, spesso difficoltoso da gestire, che meritano quindi rispetto e comprensione al pari di altre categorie, che per motivi meno gravi, non incontrano tutte le difficoltà della classe forense.

Rimessione in termini per l’avvocato impossibilitato

Il nuovo comma dell’articolo 153 del codice di procedura civile, dedicato all’improrogabilità dei termini perentori, prevede la possibilità per l’avvocato, di essere rimesso in termini con provvedimento del giudice, o del presidente del tribunale, prima della costituzione delle parti, quando detti impedimenti non gli permettono di delegare le funzioni nella gestione del proprio mandato. Ciò qualora riesca a dimostrare con idonea certificazione di essere incorso nelle decadenze per cause a lui non imputabili o derivanti da caso fortuito o forza maggiore, malattia improvvisa, infortunio, particolari condizioni di salute legate allo stato di gravidanza, per la necessità di assistere i figli o i familiari con disabilità o con grave patologia o per il bisogno improrogabile di provvedere alla cura della prole in età infantile o in età scolare.

Rinvio d’udienza se l’avvocato è impossibilitato a comparire

Il nuovo comma che invece va ad aggiungersi all’articolo 81 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che punisce con sanzione disciplinare il difensore che non rispetti i termini fissati nel calendario del giudice, nella formulazione della Commissione, prevede il rinvio a una nuova udienza quando l’assenza dell’avvocato è dovuta a un’impossibilità assoluta di comparire per le seguenti ragioni:

  • caso fortuito;
  • forza maggiore;
  • improvvisa malattia;
  • infortunio;
  • particolari condizioni di salute legate allo stato di gravidanza;
  • necessità di assistere i figli o familiari con disabilità o grave patologia;
  • esigenze improrogabili di cura dei figli in età infantile e scolare. 

Comunicazione via pec

Il rinvio di udienza è concesso quando l’avvocato, per le suddette ragioni, non possa delegare le proprie funzioni e tali necessità siano comprovate da idonea certificazione da produrre “se possibile, prima dell’inizio dell’udienza, o comunicate alla cancelleria del giudice che procede anche a mezzo pec nei medesimi termini, il giudice dispone il rinvio a nuova udienza”.

La norma precisa comunque che l’assenza di una comunicazione anticipata della causa dell’impedimento, se giustificata, non costituisce un valido motivo di rigetto dell’istanza per il rinvio di udienza. La disposizione comunque non si applica in presenza di un mandato congiunto.

Legittimo impedimento nel processo penale

L’ultima norma su cui interviene il disegno di legge è l’articolo 420 ter del codice di procedura penale e precisamente il comma 5, che alla luce delle novità previste dal disegno di legge dovrebbe assumere la seguente formulazione letterale: “Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l’assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento proprio, della prole o dei fa­ miliari per comprovati motivi di salute prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito”.

Anche nel processo penale il legittimo impedimento per ragioni proprie del difensore o per problematiche legate alla prole o ai familiari, diventano motivi di rinvio ad una nuova udienza da parte del giudice, che provvede, anche d’ufficio, con ordinanza.

Plauso dell’avvocatura al ddl

Immediato il plauso dell’avvocatura. Per l’OCF, si tratta di “una norma di civiltà”. Per l’Aiga, il ddl consente finalmente agli avvocati e alle avvocate il diritto di chiedere la restituzione in termini e il rinvio dell’udienza qualora siano incorsi in decadenze o siano impossibilitati a presenziare l’udienza per cause a loro non imputabili derivanti da problematiche di salute, cura dei figli minori e dei parenti con disabilità e altre cause che gli impediscano di delegare le funzioni relative alla gestione del mandato.

Il presidente nazionale Carlo Foglieni ritiene che l’approvazione di questo disegno di legge rappresenti “un altro importante passo per la tutela degli avvocati  e delle avvocate anche nelle loro qualità di individui”.

niente rimessione in termini

Niente rimessione in termini per l’ignoranza del difensore La rimessione in termini non può essere concessa al difensore che decade dai termini per proporre l’istanza per la trattazione orale

Rimessione in termini: non opera per il difensore ignorante

L’autorità giudiziaria non può concedere la rimessione in termini al difensore che ignora il funzionamento del processo e presenta istanza di trattazione orale nello stesso ricorso per Cassazione. Il legale avrebbe dovuto infatti presentare istanza apposita e separata dopo la fissazione dell’udienza entro un termine preciso da cui però è decaduto. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 34695/2024.  

Respinta l’istanza per la trattazione orale

La Corte d’appello conferma la condanna penale dopo aver accertato la responsabilità dell’imputato relativa alla commissione del reato in materia elettorale, previsto dall’art. 87 del “Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali” contenuto nel DPR n. 570/1960.

Il difensore impugna la sentenza di fronte alla Corte di Cassazione sollevando 4 motivi di doglianza. Nel terzo motivo il difensore lamenta la mancata concessione della remissione in termini.

Nel caso di specie il difensore dell’imputato con il ricorso in Cassazione chiede la trattazione orale della causa. Con nota del 24.06.2024 insiste ancora, ma il Presidente glielo nega. Il giorno 25.06.2024 il difensore presenta quindi una nuova istanza, chiedendo la remissione in termini e sollevando questione di illegittimità costituzionale. Il legale ritiene infatti che all’istanza proposta con l’atto di impugnazione di trattazione orale della causa non debba seguire una autonoma istanza.

Con memoria del 05.07.2024 il difensore dichiara di aderire all’astensione proclamata dalle Camere Penali, poi però insiste per il riconoscimento della prescrizione del reato.

Difensore decaduto dai termini per la trattazione orale

La Corte di Cassazione, nell’analizzare le questioni preliminari di doglianza sollevate dal difensore dell’imputato, precisa che se l’istanza di remissione viene richiesta dal difensore per l’ignoranza della legge processuale, quest’ultima non è equiparabile al caso fortuito o alla forza maggiore che possono legittimare la restituzione dei termini.

Rimessione in termini: oneri di diligenza per difensore e imputato

L’imputato e il difensore sono gravati da precisi oneri di diligenza, che valgono anche in relazione al termine di decadenza per proporre l’istanza di trattazione orale.

Quando il difensore ha proposto con l’atto di impugnazione l’istanza per la trattazione orale della causa ha commesso un errore.  Il legale avrebbe infatti dovuto presentare un’istanza apposita dopo la fissazione dell’udienza. Questa previsione consente una migliore organizzazione dell’udienza e permette alla difesa di partecipare all’udienza dopo che la stessa è stata fissata. Non è infatti possibile conoscere questa informazione, ossia la data di fissazione dell’udienza,  se l’istanza viene presentata nell’atto di impugnazione.

Il difensore nel ricorso ha anche richiamato impropriamente le norme del codice di procedura perché per tutti i ricorsi presentati fino al 30 giugno 2024, compreso quello presentato davanti alla Corte di cassazione, valgono le regole previste dall’articolo 23, comma 8 del decreto legge n. 137/2020.

Senza trattazione orale non rileva l’istanza di rinvio per sciopero

L’istanza di rinvio per adesione all’astensione organizzata dalle camere penali infine non è rilevante perché l’autorità giudiziaria non ha disposto la trattazione orale della causa. Questo perché, sempre in base alle disposizioni emergenziali emanate durante la pandemia, in mancanza di istanze tempestive per la discussione orale, è priva di effetti l’istanza di rinvio per adesione, perché l’istante non ha comunque il diritto di partecipare all’udienza camerale. L’autorità giudiziaria può concedere il rinvio solo per atti o adempimenti che richiedono la presenza del difensore, non necessari in un procedimento che si svolge tramite trattazione scritta.

 

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avvocati in scadenza contributi

Avvocati: in scadenza i contributi minimi obbligatori 2024 Cassa Forense comunica che dal 10 settembre sono disponibili le modalità pagoPA e F24 per saldare i contributi in scadenza il 30 settembre

Al via il pagamento della quarta dei contributi minimi obbligatori 2024, in scadenza il 30 settembre.

Cassa Forense ha reso noto infatti che “la funzione per la generazione e la stampa dei moduli di pagamento – pagoPA ed F24 – della quarta rata dei contributi minimi obbligatori del 2024 – è – disponibile, dalle ore 9,00 del giorno 10 settembre 2024, tramite la sezione “Accessi riservati/posizione personale“, mediante l’utilizzo dei  codici personali Pin e Meccanografico”.

La quarta rata, ricorda la Cassa, “comprende la rivalutazione ISTAT, prevista dall’art. 21 del Regolamento Unico della previdenza Forense, per l’anno 2024 (+ 5,4%) nonché il contributo di maternità pari ad € 96,76″.

Il 30 settembre è prevista anche la scadenza per l’invio telematico del Modello 5 e del Modello 5-Ter oltre ai contributi integrativi in autoliquidazione connessi a quest’ultimo.

Avvocato: per difendersi da solo serve l’iscrizione all’albo L’avvocato stabilito non può difendersi da solo davanti al CNF: lo ius postulandi spetta a chi è iscritto all’albo degli avvocati

Avvocato stabilito: iscrizione all’albo per difendersi da solo

L’avvocato stabilito non può difendersi da solo davanti al CNF perché privo dello ius postulandi. Esso è iscritto infatti in una sezione speciale dell’albo, non nell’albo ordinario degli avvocati. A sostegno di questa tesi ci sono diverse disposizioni normative. L’art. 7 del Regio decreto 1578/1933 dispone infatti che la difesa, l’assistenza e la rappresentanza in giudizio possono essere esercitate solo da un “avvocato”.

L’art. 8. Del decreto legislativo n. 96/2001 invece dispone che: nei giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessario la nomina di un difensore, lavvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato.” Lo hanno chiarito le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 24279-2024.

Senza iscrizione all’albo degli avvocati niente ius postulandi

Il Consiglio distrettuale di disciplina sanziona un avvocato disponendone la sospensione per due mesi dall’attività professionale. Lo stesso, nella qualità di avvocato stabilito, è stato ritenuto responsabile di aver utilizzato impropriamente il titolo italiano di “avv./avv. S” generando confusione sul titolo professionale dello Stato ospitante.

Il legale impugna la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense, che lo dichiara inammissibile. Il ricorso infatti è stato presentato in proprio dall’avvocato, che all’epoca dei fatti era iscritto nella sezione speciale degli avvocati stabiliti e non nell’albo ordinario degli avvocati e quindi non poteva esercitare lo ius postulandi.

Patrocinio davanti al CNF: serve l’intesa con un avvocato

L’avvocato contesta la decisione del CNF davanti alla Corte di Cassazione, che però rigetta il ricorso.

Sulla questione centrale dello ius postulandi e del titolo di avvocato necessario alla difesa tecnica in proprio la Cassazione ricorda di aver già ribadito che non tutti possono esercitare la difesa ed assumere il patrocino davanti al Consiglio Nazionale Forense, ma solo quei soggetti a cui la legge riconosce tale potere e che, in virtù di determinate qualità personali, sono iscritte all’albo professionale degli avvocati.

Fatta questa precisazione, in relazione al caso di specie la Corte richiama l’articolo 8 del decreto legislativo n.  96/2001. Il comma 1 di detta norma dispone nello specifico che: Nell’esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessaria la nomina di un difensore, l’avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con l’autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell’osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori». Il comma 2 precisa inoltre che: L’intesa di cui al comma 1 deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all’autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell’assistito.” 

L’avvocato stabilito non ha un autonomo ius postulandi

L’avvocato stabilito cittadino di uno dei Paese UE, che esercita in Italia in modo stabile la professione e che è iscritto in una sezione speciale dell’albo non ha un autonomo ius postulandi. Costui può svolgere la difesa, l’assistenza e la rappresentanza in giudizio solo se agisce “di intesa con un professionista abilitato” debitamente documentata.

Detto soggetto, in assenza dell’intesa suddetta, non può neppure stare in giudizio senza il ministero di un difensore.

 

Leggi anche gli altri articoli dedicati agli avvocati nella sezione “Professioni

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riscossione coattiva

Riscossione coattiva: in dubbio il meccanismo di Cassa Forense Alle Sezioni Unite della Cassazione il compito di risolvere importanti questioni giuridiche del meccanismo di riscossione dell'ente previdenziale degli avvocati

Riscossione coattiva Cassa Forense alle Sezioni Unite

Il meccanismo di riscossione coattiva delle somme dovute a Cassa Forense è in dubbio. Ora spetta alle Sezioni Unite della Cassazione risolvere diverse e importanti questioni giuridiche in materia.

Non riscosso per riscosso e dichiarazione di inesigibilità

Cassa Forense in passato ricorreva al meccanismo del “non riscosso  per riscosso”. Grazie a questo sistema Cassa Forense poteva ricevere dall’agente di riscossione le somme a questa dovute anche se non riscosse realmente. Questo sistema però è stato abrogato e da allora Cassa Forense non ha più potuto riceve le somme dall’agente di riscossione in anticipo, anche se non riscosse.

Il nuovo sistema prevede infatti che in caso di omessa riscossione delle somme dovute alla Cassa, l’agente possa ottenere il “discarico per inesigibilità”. Il tutto in danno di Cassa Forense. Diverse leggi hanno poi prorogato i termini per la dichiarazione di inesigibilità,  confondendo un sistema di  che per natura dovrebbe essere ordinato. Questo in sintesi il contenuto dell’ordinanza n. 24043/2024 della prima sezione civile della Cassazione.

Cassa Forense: decreto ingiuntivo per somme indicate nei ruoli

Cassa Forense ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti di Equitalia Sud S.p.a a causa del pagamento parziale delle somme indicate nei ruoli relativi alla zona di Napoli emessi dal 1996 al 2008. Il Tribunale rigetta l’opposizione di Equitalia. La Corte d’Appello invece accoglie l’appello di Equitalia Sud (poi Agenzia delle Entrate riscossione) e revoca il decreto. Cassa Forense ricorre quindi alla Corte di Cassazione.

Riscossione coattiva: uso distorto della legge a causa delle proroghe

Il Collegio esamina nel dettaglio il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento e rimette la causa alla prima sezione per valutare se assegnare la trattazione alle Sezioni Unite.

Il meccanismo di riscossione dei crediti di Cassa Forense in passato si basava sul  sistema del “non riscosso per riscosso”. Grazie a questo meccanismo Cassa Forense poteva incassare il quantum a lei dovuto dopo la consegna dei ruoli al concessionario, che ne diventava debitore per l’intero.

Il concessionario infatti anticipava le somme alla Cassa alle varie scadenze, anche se non le aveva riscosse.  Il decreto legislativo  112/1999 però abroga questo meccanismo.

In base alle nuove regole il concessionario non ha più l’obbligo di anticipare le somme alla Cassa Forense, ma prima le incassa e solo dopo ha l’obbligo di versarle. Per le somme non riscosse il concessionario può avere il “discarico per inesigibilità”.

Nel tempo si susseguono poi varie leggi, che dispongono diverse proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità. L’ordinato meccanismo di riscossione previgente va in confusione e si crea incertezza sull’esito dei procedimenti in corso e sulla possibilità per Cassa Forense di recuperare in modo diretto gli importi alla stessa dovuti.

Riscossione coattiva tramite ruoli: è compatibile con la CEDU?

La questione che la Cassazione chiede alle Su di dipanare è la seguente: Se, in tema di riscossione coattiva tramite ruoli dei crediti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, il quadro normativo complessivo, in particolare quello disciplinato dalle leggi n. 228/2012 e n.190/2014, sia compatibile o meno con lart. 6 par. 1 CEDU, quale norma interposta in relazione al parametro di cui allart. 117, primo comma, Cost., avuto riguardo ai seguenti profili: 

  1. la ricorrenza, nella specie, di elementi sintomatici di un uso distorto della funzione legislativa, come individuati nella pronuncia n. 210/2021 della Corte Costituzionale (ADER, ente pubblico, è parte del giudizio; il primo intervento legislativo che ha inciso significativamente sul meccanismo del discarico, pur prevedibile, è avvenuto nel 2012, mentre quello precedente, parimenti finalizzato a perseguire esigenze di razionalizzazione del sistema di riscossione mediante ruolo, risale al 1999);
  2. lincidenza, nella ponderazione dei motivi imperativi di carattere generale, sia della preponderanza di considerazioni di natura finanziaria (Cfr. Corte Cost. n.145/2022), sia della necessità di bilanciamento dellinteresse generale con quello legato alla finalità solidaristica della Cassa, in tesi pregiudicata nel suo equilibrio finanziario in considerazione dellelevato numero di debitori, dellaccumularsi negli anni delle poste in riscossione tramite ruoli e dellingentissimo importo complessivo dei crediti già dichiarati inesigibili o a rischio di inesigibilità;
  3. il continuo e prolungato susseguirsi negli anni delle proroghe dei termini per la dichiarazione di inesigibilità, in quanto i meccanismi comportanti una lunghissima dilazione temporale” sono difficilmente compatibili con la fisiologica dinamica di una riscossione ordinata e tempestivamente controllabile delle entrate (Corte Cost. n.51/2019 e Corte Cost. n.18/2019);
  4. la duratura incertezza, derivante dalle suddette proroghe, sullesito della riscossione e sulla definizione dei rapporti debitori, nonché, di riflesso, lallungamento considerevole della durata del processo;
  5. lincidenza delle suesposte considerazioni sullefficace esperibilità di rimedi alternativi (azione diretta della Cassa verso gli iscritti debitori), che deve concretarsi nella ragionevole possibilità di preservare le proprie ragioni, senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte” (Corte Cost. n. 210/2021)”.

 

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