mobbing punito come stalking

Mobbing punito come stalking Mobbing punito come stalking se il superiore mortifica il sottoposto e lo stesso è costretto a cambiare abitudini e accusa uno stato d’ansia

Mobbing come stalking, la sentenza della Cassazione

Il mobbing va punito come stalking se il professore tiene condotte reiterate e sconvenienti nei confronti delle specializzande e vessa i dissidenti. Questa la decisione contenuta nella sentenza n. 32770/2024 con cui la Cassazione ha accolto il ricorso del PM e respinto quello dell’indagato.

Violenza sessuale e molestie nel contesto accademico

Il Tribunale del riesame riforma l’ordinanza del GIP, annullando la misura cautelare disposta in relazione ai reati di violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Questi ultimi sono stati riqualificati come molestie art. 660 codice penale, tranne alcuni episodi riqualificati come violenza sessuale. Il Tribunale sostituisce la misura degli arresti domiciliari con il divieto di dimora e la misura interdittiva che impone il divieto di esercitare uffici direttivi presso persone giuridiche e imprese per 12 mesi.

Ansia e alterazione delle abitudini di vita

Contro la decisione ricorrono il PM e l’indagato. Il PM rileva in particolare il vizio di motivazione in ordine alla contestata accusa di atti persecutori.

Il PM evidenzia che le persone offese sono state costrette a cambiare diverse abitudini di vita a causa delle condotte dell’indagato. Le specializzande hanno infatti iniziato a camminare sempre dietro il professore, a non entrare mai da sole all’interno di stanze in cui lo stesso si trovava e a evitare qualsiasi occasione conviviale con lo stesso. Per il PM inoltre il Tribunale non ha valorizzato a sufficienza lo stato d’ansia che ha colpito una persona offesa in particolare.

Stalking: manca la reiterazione

Per il professore invece non sarebbero integrati tutti gli elementi costituivi del reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p.

Per il ricorrente il delitto di stalking commesso in ambito occupazionale non si risolve nell’accertamento di una situazione di cosiddetto mobbing lavorativo. La rilevanza penale della condotta di mobbing lavorativo si ravvisa ove nella specie siano integrati gli elementi costitutivi delle fattispecie di maltrattamento ovvero di stalking. In quest’ultimo caso, la differenza tra mobbing e stalking lavorativo si apprezza proprio per la presenza, in questo secondo caso di uno dei tre eventi contemplati dalla norma penale.” 

Eventi che, nel caso specifico che lo riguarda, sono del tutto assenti anche nella forma indiziaria. Manca comunque la reiterazione della condotta richiesta dal reato di stalking. Nessuna delle persone offese inoltre ha contestato “un perdurante e grave stato di ansia o di paura.” Travisata inoltre dal giudice del riesame la nozione di “alterazione delle abitudini di vita.

Mobbing punito come stalking: accertare gli eventi art. 612 bis c.p.

La Cassazione nell’esaminare i due ricorsi respinge quello dell’indagato e accoglie quello del PM, fornendo importanti precisazioni soprattutto sul reato di mobbing punito come stalking.

Per la Cassazione le molestie sessuali possono integrare tanto il reato di cui all’art. 660 c.p che quello di atti persecutori o stalking di cui all’articolo 612 bis c.p.

Il criterio distintivo tra i due reati sono le conseguenze dello stesso. Il reato di stalking si configura infatti quando le condotte cagionano nella vittima un perdurante e grave stato dansia ovvero lalterazione delle proprie abitudini di vita.

Nel caso di specie all’indagato sono stati contestati atteggiamenti abituali e generalizzati molto sconvenienti. L’indagato si è reso protagonista di contatti fisici non richiesti, battute e provocazioni, molte a sfondo sessuale, rivolte alle specializzande anche in presenza di terze persone, incurante di risultare sgradito e non solo. Lo stesso ha tenuto condotte vessatorie e marginalizzanti nei confronti degli specializzandi che lo hanno contestato.

Non si può ignorare nel quadro complessivo la natura del rapporto che legava l’indagato agli specializzandi. Esso non era solo lavorativo, ma anche gerarchico. Il professore rivestiva una posizione di superiorità in grado di incidere sul percorso formativo e professionale dei sottoposti. Ragione per la quale gli stessi si trovavano in una posizione di maggiore difficoltà nel reagire e ribellarsi. Il tutto aggravato dalla convinzione di intoccabilità del professore.

Condotte ostili e reiterate per mortificare e isolare

Nel respingere il ricorso dell’indagato la Cassazione precisa che sussiste il reato di stalking in caso di mobbing del datore di lavoro quando lo stesso “ponga in essere una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell’esprimere ostilità vero il dipendente e preordinati alla sua mortificazione e al suo isolamento nell’ambiente di lavoro”. 

Accertare gli eventi richiesti dall’art. 612 bis c.p.

La Cassazione, a conclusione della decisione, chiede ai giudici del rinvio di verificare l’abitualità delle molestie e, in caso affermativo, di verificare se, per effetto delle stesse, in danno delle persone offese si siano verificati gli eventi richiesti dall’articolo 612 bis c.p per integrare il reato di stalking.

 

Sull’argomento leggi anche questi articoli “Mobbing verticale e maltrattamenti” e “Stalking: indici sintomatici ansia o timore

traffico influenze illecite

Traffico influenze illecite Traffico di influenze illecite: come cambia l’articolo 326 bis c.p. in virtù della Riforma Nordio in vigore dal 25 agosto 2024

Traffico influenze illecite: com’era e com’è ora

Il reato di traffico di influenze illecite, disciplinato dall’articolo 346 bis c.p., è stato modificato di recente dalla Legge Nordio, in vigore da domenica 25 agosto 2024.

Vediamo com’era formulato l’articolo 346 bis del codice penale e come è cambiato dopo l’entrata in vigore del testo di legge che ne ha rinnovato il contenuto.

Traffico influenze illecite: art. 346 bis c.p. fino al 24 agosto 2024

L’art. 346 bis c.p nella versione vigente fino al 24 agosto 2024 punisce chiunque, al di fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione per l’esercizio della funzione, per atto contrario ai doveri d’ufficio, in atti giudiziari e in quelli contemplati dall’articolo 322 bis c.p, sfruttando o vantando relazioni esistenti o affermate con un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti contemplati dall’articolo 322 bis c.p fa dare o promettere indebitamente a se stesso o ad altri denaro o altre utilità come corrispettivo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all’articolo 322 bis c.p.

Il reato si configura anche quando il denaro o altra utilità venga erogato per remunerare il pubblico ufficiale o gli altri soggetti indicati in relazione all’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri.

La pena

La pena prevista in questi casi è della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena è prevista nei confronti di chi indebitamente dà o promette denaro o altre utilità.

Nel caso in cui il soggetto che indebitamente fa dare o promettere per sé o altri denaro o altre utilità rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio la pena è aumentata.

Sono previsti aumenti di pena anche nei seguenti casi:

  • se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie;
  • se i fatti sono commessi per remunerare il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio o uno dei soggetti indicati nell’articolo 322 bis c.p in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio oppure in relazione all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Le pene sono invece diminuite in presenza di fatti di particolare tenuità.

La ratio del reato di traffico di influenze illecite

La norma si pone l’obiettivo di tutelare la pubblica amministrazione dal traffico illecito diretto o indiretto delle pubbliche funzioni.

Il traffico di influenze illecite è un reato di pericolo perché anticipa fortemente la tutela. Esso si consuma infatti nel momento in cui si da il denaro o si accetta la promessa della remunerazione per corrompere poi il funzionario pubblico.

Traffico influenze illecite: le novità della legge Nordio

Il reato di traffico di influenze illecito è stato inserito nel codice penale dalla legge Severino n. 120/2012. La legge n. 3/2019, meglio nota come “spazza corrotti” ha modificato il testo dell’articolo 346 bis c.p. In entrambi i casi il testo presentava un contenuto fortemente repressivo.

La legge Nordio, nel modificare il testo dell’articolo 346 bis c.p ha invece limitato le fattispecie ai casi più gravi, tenuto conto delle osservazioni della dottrina e delle evoluzioni giurisprudenziali.

Art. 346 bis c.p: cosa cambia

La legge conserva l’ipotesi della mediazione ed elimina quella della millanteria. In pratica affinché si configuri il reato è necessario l’utilizzo effettivo delle relazioni tra il mediatore e il pubblico ufficiale, le stesse non dovranno quindi essere solo vantate. Le stesse dovranno essere reali, non solo affermate.

L’utilità alternativa al denaro che il faccendiere promette deve avere natura economica. Sono esclusi altri tipi di vantaggi.

L’atto di farsi dare o promettere denaro o altro può avere due finalità:

  • remunerare il PU per le sue funzioni;
  • realizzare un’altra mediazione illecita.

Elevato infine a un anno e sei mesi il minimo edittale della pena.

Il testo dell’articolo 346 bis c.p. dal 25 agosto 2024

Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, e’ punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. 

Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. 

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica.

La pena e’ aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio o una delle qualifiche di cui all’articolo 322-bis. 

La pena e’ altresì aumentata se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”. 

 

Vuoi approfondire? Leggi anche l’articolo “Legge Nordio: in vigore dal 25 agosto

processo penale telematico

Processo penale telematico: nuove regole dal 30 settembre Processo penale telematico: dal 30 settembre in vigore le nuove specifiche tecniche per il deposito di atti e allegati

Dal 30 settembre efficaci le nuove specifiche tecniche

Novità in arrivo per il processo penale telematico. Emanate le specifiche tecniche previste dal comma 1 dell’art. 34 del DM n. 44/201, modificato dal DM n. 217/2023.

Il testo contiene 31 articoli, di questi gli articoli 15, 18, e 19 riguardano nello specifico il processo penale.

Processo penale telematico: requisiti dell’atto penale

L’articolo 15 delle specifiche tecniche prevede che l’atto penale da depositare in formato documento informatico debba essere in possesso di determinati requisiti. Esso deve essere:

  1. in formato PDF o PDF/A;
  2. privo di elementi attivi;
  3. il risultato della trasformazione di un documento testuale senza limiti per le operazioni di selezione e di copia di parti. Inammissibile la scansione di immagini;
  4. sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna;
  5. privo di protezione da password.

Per gli atti che le parti formano personalmente, se depositati come atto principale, è permessa la scansione di un documento analogico purché in bianco e nero e con una risoluzione pari a 200 DPI.

Il documento ha la struttura PAd-ES-BES o PAd-ES Part 3 o CAdES-BES.

Le firme digitali o elettroniche certificate vanno apposte nella modalità “firme elettroniche indipendenti” o parallele. Ogni soggetto deve quindi firmare il medesimo documento con propria chiave privata senza che rilevi l’ordine di apposizione.

Portale notizie di reato: trasmissione degli atti

Gli atti e i documenti da trasmettere in modalità telematica agli uffici del pubblico ministero da parte degli ufficiali e degli agenti della polizia giudiziaria relativi a notizie di reato avviene attraverso il PNR a cui si accede dall’indirizzo https://portalendr.giustizia.it/NdrWEB/home. 

L’art. 18 al comma 2 descrive la procedura di abilitazione dei referenti interni agli uffici del PM.

Il comma 3 descrive la procedura di abilitazione dei referenti del PNR degli uffici fonte.

Il comma 4 infine descrive la procedura di abilitazione degli operatori degli uffici fonte.

Gli atti in forma di documento informatico devono rispettare i requisiti sopra indicati nell’articolo 15, mentre gli allegati possono essere inviati nei formati indicati nell’articolo 16, validi anche per il processo civile.

Previsto un meccanismo di generazione della ricevuta di accettazione e la possibilità di visionare lo stato della comunicazione, come dettagliato dai commi 13 e 14 dell’articolo 18.

Trasmissione atti da parte di avvocati e praticanti

L’articolo 19 disciplina le modalità di trasmissione degli atti da parte dei soggetti abilitati esterni al procedimento penale. Devono intendersi come soggetti esterni coloro che sono iscritti al ReGIndE e che sono avvocati, praticanti a abilitati, avvocati di enti pubblici e funzionari di enti pubblici, questi ultimi limitatamente a coloro che appartengono all’Avvocatura di Stato.

Questi soggetti possono trasmettere gli atti in forma di documenti informatico (art. 15) e gli allegati nei formati indicati dall’articolo 16 mediante il PDP, a cui si accede dal seguente indirizzo https://pst.giustizia.it tramite l’area riservata.

La dimensione massima di ogni deposito relativa ad atti e allegati e di 60 MB per ogni file con un massimo di 600 MB per il deposito complessivo.

Processo penale telematico: esiti del deposito

Conclusa la trasmissione dell’atto nel rispetto dei requisiti indicati dai commi 3, 4, 5 e 6 di cui all’art. 19 il PDP, una volta conclusa la procedura, genera la ricevuta di accettazione del deposito, scaricabile in formato PDF e comunque a disposizione del difensore sul PDP.

Il difensore può verificare inoltre lo stato del deposito dalla sezione “consultazione depositi.”

Il deposito può restituire diversi esiti: inviato, in transito, accettato, in verifica, rifiutato, errore tecnico, in questi ultimi tre casi il sistema comunica che si è verificata un’anomalia bloccante.

Qualora sia necessario provvedere a un nuovo deposito il difensore viene informato tramite il messaggio di stato del deposito.

decreto carceri cosa prevede

Decreto carceri: in vigore la legge di conversione La legge di conversione del decreto carceri, che vuole rendere il carcere più umano e risolvere i problemi del sovraffollamento, è stata pubblicata in GU ed è in vigore dal 10 agosto 2024. Nel testo anche il rinvio del tribunale della famiglia

Decreto carceri: più agenti e misure per il sovraffollamento

La legge n. 112/2024 di conversione del decreto Carceri, dopo il sì definitivo della Camera sul ddl già approvato dal Senato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 10 agosto 2024.

Il testo prevede misure urgenti, soprattutto in ambito penitenziario e rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

Ecco le principali novità:

Assunzioni polizia penitenziaria

Il provvedimento prevede l’assunzione di 1000 unità (500 nel 2025 e 500 nel 2026) per rinforzare il corpo della polizia penitenziaria. Autorizza anche lo scorrimento delle graduatorie relative agli ultimi concorsi per funzionari e ispettori di polizia penitenziaria.

Incremento dei ruoli dirigenziali e indennità aggiuntiva

Il testo incrementa anche la dotazione organica dei dirigenti penitenziari. Nel corso dell’esame in Commissione è stata stabilita, con il nuovo articolo 2 bis, l’implementazione della dotazione organica del personale che fa parte della carriera dirigenziale penitenziaria del Ministero della Giustizia.

In sede referente è stato introdotto l’articolo 2 ter, che prevede un’indennità annua lorda, aggiuntiva per il personale del Comparto Funzioni Centrali dei ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Medici e istituti penitenziari

In base al nuovo art. 2 quater, i medici convenzionati che operano presso gli istituti penitenziari, fermo restando il rispetto degli accordi collettivi nazionali per quanto riguarda il servizio minimo in carcere, possono svolgere anche un altro incarico per il SSN, fino al completamento delle 38 ore a settimana.

Il nuovo art. 2 quinquies permette invece alle aziende e agli enti del SSN di avviare procedure concorsuali entro il 31 dicembre 2026 per assumere medici da destinare agli istituti penitenziari, stabilendo regole meno rigide di partecipazione.

Dati sanitari dei detenuti

Il nuovo articolo 6 bis prevede che il Ministero della Giustizia e quello della Salute condividano i dati sanitari dei detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze.

Misure per un “carcere più umano”

Durante l’esame in Commissione l’introduzione del nuovo art. 4 bis ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, per affrontare il grave problema del sovraffollamento.

Strutture residenziali

Il decreto istituisce inoltre un elenco di strutture residenziali in grado di accogliere i detenuti che devono reinserirsi socialmente una volta scontata la pena e che sono privi di abitazione e condizioni sociali, economiche e di salute in grado di consentirgli un sostentamento.

Colloqui telefonici

Il testo interviene sui benefici e sui trattamenti previsti per i detenuti. Un regolamento dovrà disciplinare l’incremento delle telefonate settimanali e mensili concesse. Nel frattempo si possono autorizzare colloqui telefonici in misura superiore a due al mese.

Reinserimento in società

Il decreto dedica particolare attenzione al reinserimento dei detenuti in società. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, prevede che il PM, prima di emettere l’ordine di esecuzione e dopo aver verificato l’esistenza di periodi di custodia cautelare o pena fungibile, trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza se il condannato ha 70 anni o più e se la pena residua che lo stesso deve espiare, tenuto conto delle detrazioni per la liberazione anticipata, è compresa tra i 2 e i 4 anni. Il tutto per disporre la detenzione domiciliare fino alla concessione di misure alternative. Procedura similare è prevista per i detenuti che si trovano agli arresti domiciliari per gravissime condizioni di salute.

Liberazione anticipata e benefici premiali

Il PM sarà tenuto a indicare nel dettaglio, all’interno dell’ordine di esecuzione della pena, le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. In questo modo il detenuto ha subito contezza del termine finale della pena da scontare. Nello stesso provvedimento il pm deve avvisare il condannato che la mancata partecipazione al processo di rieducazione comporterà la non applicazione delle detrazioni.

Il magistrato di sorveglianza sarà obbligato a verificare la presenza dei requisiti necessari per la concessione dei benefici premiali (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare o analoghi).

Servizio di volontariato

In sede di esame in Commissione è stato introdotto anche il nuovo art. 10 bis che prevede per il condannato che non offra garanzie di reinserimento lavorativo, la possibilità di svolgere un servizio di volontariato o di utilità sociale senza remunerazione.

Minori e tossicodipendenti nelle comunità

I minori e i tossicodipendenti verranno trasferiti dalle carceri alle comunità sia per porre rimedio al sovraffollamento carcerario che perché necessitano di cure particolari.

Niente giustizia riparativa al 41-bis

Per i detenuti  al 41 bis, il carcere destinato a terroristi e mafiosi, infine, nessun accesso alla giustizia riparativa.

Allegati

Come cambia il processo in Cassazione La legge di conversione del dl Infrastrutture che prevede interventi urgenti di interesse strategico e modifiche al processo penale è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 21 agosto 2024

Dl Infrastrutture, in vigore la legge che cambia il processo in Cassazione

Ecco come cambia il processo in Cassazione. Il decreto legge n. 89/2024 (recante disposizioni urgenti per le infrastrutture, gli investimenti di interesse strategico, il processo penale e lo sport) approvato dal Governo il 24 giugno scorso è stato convertito in legge il 5 agosto 2024 e la relativa legge di conversione n. 120/2024 e il testo coordinato sono stati pubblicati in Gazzetta il 20 agosto per entrare in vigore il 21 agosto 2024.

Vai al dossier della Camera sul Dl Infrastrutture

Ecco le principali novità:

Processo penale più efficiente

La nuova legge interviene sugli articoli 610 “Atti preliminari” e 611 “Procedimento” del codice di procedura penale per rendere il processo penale in Cassazione più efficiente, prevedendone l’applicazione ai ricorsi che verranno presentati dopo il 30 giugno 2024.

Stop alle udienze pubbliche

La prima modifica riguarda gli atti preliminari del ricorso in Cassazione e in particolare il comma 5 dell’articolo 610 c.p.c che in base alla nuova formulazione assume il seguente tenore: “Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dellarticolo 611”.

Stop quindi alle udienze pubbliche in questa fase del giudizio, il ricorso in Cassazione sarà deciso in Camera di Consiglio senza le parti e non più in udienza, fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 611 c.p.c

Termini ridotti

Dopo questo nuovo periodo il provvedimento aggiunge il seguente “Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima delludienza.”  Nei procedimenti da trattare in camera di consiglio il termine viene portato ad almeno 20 giorni prima dell’udienza.

Camera di consiglio

La modifica che interviene sull’art. 611 c.p.p che si occupa del procedimento in Camera di Consiglio, prevede invece l’aggiunta al comma 1 del periodo in grassetto: “La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare memorie di replica a tre giorni.” Ridotti quindi anche i termini per la presentazione di motivi nuovi e memorie.

Richieste irrevocabili

Il primo periodo del comma 1 ter è invece sostituito dal seguente: “Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127”.

Con questa modifica si riducono invece i termini per la richiesta di trattazione in pubblica udienza o per la richiesta di trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi previsti dal comma 1 bis alle lettere a) e b).

Soppresso infine il comma 1-quinquies che prevede i termini per la notifica o la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza nei procedimenti da trattare in Camera di Consiglio.

Infrastrutture di interesse strategico e sport

Quanto alle infrastrutture, il testo prevede diversi interventi sui settori di carattere strategico.

Si provvede a disciplinare l’aggiornamento dei piani economici e finanziari per le concessioni autostradali, si vuole garantire l’operatività tempestiva alla società che si occupa della costruzione del ponte sullo stretto di Messina, si razionalizzano compiti e funzioni dei commissari straordinari. Il decreto vuole dare un nuovo impulso al completamento delle opere della rete transeuropea dei trasporti, consentire l’avvio della operatività dell’Autorità per la laguna di Venezia, assicurare la realizzazione e il completamento delle opere stradali, idriche e delle ferrovie regionali, s accelerare gli interventi di bonifica nel sito di Cogoleto Stoppani, intervenire in materia di reperimento e stoccaggio della CO2 istituendo un comitato ad hoc, sostenere gli interventi strutturali della regione Liguria e il completamento del Polo universitario di Ingegneria e rafforza infine l’operatività della fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e dei teatri di Bari.

Il titolo II contiene le norme sugli investimenti di interesse strategico rappresentanti dagli investimenti nel Continente africano, dall’attuazione del Piano Mattei e dalla internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per quanto riguarda, infine, lo sport la nuova legge prevede la proroga di un anno della soppressione del vincolo relativo ai tesseramenti giovanili.

Allegati

pec efficace ufficio chiuso

Pec efficace anche se l’ufficio è chiuso La Cassazione chiarisce che l'invio via pec si considera efficace anche se l'ufficio è chiuso in base alla data di ricezione

Deposito telematico

Anche se l’ufficio è chiuso, l’invio via pec è da considerarsi efficace in base alla data di ricezione entro le 24 ore dalla scadenza, mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un termine perentorio, occorre tenere conto della conoscenza effettiva dell’atto che avviene nell’orario di apertura dell’ufficio al pubblico. Lo ha chiarito la seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 28067/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza di primo grado ritenendo superato il termine per il deposito della stessa.

L’imputato adiva la Cassazione denunciando, tra l’altro, inosservanza della legge processuale prevista a pena di decadenza (art. 606, comma 1, lett. c, ni riferimento agli artt. 585, comma 1, lett. a, cod. proc. pen. e 87 bis, comma 1, ultima parte del d.lgs. 150/2022), per avere la Corte di merito stimato intempestiva l’impugnazione della sentenza di primo grado, nonostante l’atto di appello fosse stato trasmesso a mezzo p.e.c., come consentito dall’art. 87 bis, cit., e pervenuto presso la Cancelleria del giudice a quo entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile per il deposito dell’impugnazione.

Il processo telematico

Per gli Ermellini, il ricorso è ammissibile e fondato giacchè iI giudice dell’impugnazione non ha tenuto conto del fatto che l’atto era stato trasmesso tempestivamente (a normativa vigente) dal difensore dell’imputato. Il processo telematico (non ancora completamente attuato), proseguono dalla S.C. “trova però già nella legislazione d’urgenza legata ai recenti eventi pandemici il suo archetipo attuativo: cessata l’efficacia della normativa emergenziale al 31 dicembre 2022, il legislatore è intervenuto con la legge 03 dicembre 2022, n. 199 (di conversione del d.l. n. 162/2022), introducendo il comma 6 -bis all’art. 87 d.lgs. n. 150/2022 che riproduce in sostanza la vecchia disciplina emergenziale sul deposito telematico degli atti e prevede che il deposito di essi si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento”. Per cui, “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”. E allo stato, “questa è la disciplina in vigore per li deposito degli atti, fino a quando non diventeranno concretamente operative le nuove disposizioni del processo penale telematico. L’art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022, a sua volta introdotto dall’art. 5 quinquies della legge n. 199/2022, al comma 1, stabilisce – infatti – che, fino a quando non diventeranno operative le disposizioni sul processo penale telematico ovvero fino a quando, prima di quel momento, non divenga possibile l’inserimento di quello specifico atto nel portale telematico (nel qual caso non sarà più consentito li deposito a mezzo PEC), per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell’articolo 87, comma 6 – bis, e da quelli individuati ai sensi del comma 6 – ter della medesima disposizione, «è consentito li deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Irrilevante l’apertura al pubblico dell’ufficio

L’appello spedito a mezzo p.e.c. entro le ore 24.00 del quindicesimo giorno dal deposito della sentenza accompagnata da motivazione contestuale doveva, pertanto, certamente ritenersi tempestivo. Nè può, in contrario, proseguono i giudici, ” esser considerato l’unico arresto in apparente, ma non effettivo, dissenso (Sez. 6, n. 8599 del 2/12/2021, dep. 2022, Rv. 283105, in motiv., sub 5. e 5.2., pag. 5 e ss.), che sembrerebbe valorizzare l’orario di apertura al pubblico dell’ufficio giudiziario”. Tale ultima sentenza si riferisce, infatti, “alla differente fattispecie processuale che mette in stretta sequenza connettiva, li termine utile per l’impugnazione incidentale nel sub-procedimento cautelare (le ore 24.00 del giorno ultimo) e il dies a quo di decorrenza del termine indicato al comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen. Tale ultima pronuncia prende in considerazione, infatti, ai fini della tempestività dell’istanza di riesame, la data e l’ora di ricezione telematica (le ore 24 dell’ultimo giorno utile dei dieci concessi dal legislatore processuale); mentre ai fini della tempestività della trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente (5 giorni) individua il dies a quo, in quello in cui la Cancelleria (secondo l’orario di apertura al pubblico, che solo in questo caso riprende a spiegare effetti procedimentali) ha preso lettura della comunicazione, inviata a mezzo p.e.c. in ora di chiusura al pubblico dell’ufficio”.

Si tratta di profili, si legge in motivazione, “che nell’ambito del sistema normativo delineato dal legislatore processuale sono connessi e complementari, nel senso che al deposito tempestivo della richiesta nella cancelleria del Tribunale consegue, di solito, la conoscenza dell’impugnazione da parte dello stesso Tribunale e, quindi, il decorso del termine previsto per la trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente; momenti che, tuttavia, possono non coincidere a seguito della entrata in vigore della legge n. 176 del 2020 (il cui principio ha poi trovato conferma nella disciplina attualmente vigente), giacché è possibile che l’istanza sia utilmente ‘trasmessa’ in un dato giorno (entro le ore 24, in orario di chiusura al pubblico dell’ufficio giudiziario), ma che della stessa l’ufficio venga obiettivamente a conoscenza il giorno successivo (quando l’ufficio si apre al rapporto col pubblico)”.

In tali casi, dunque, “il termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non può che decorrere da quando l’atto che innesca la sequenza procedimentale che il legislatore intende sollecitare è ‘conosciuto’, cioè dal momento in cui l’ufficio viene a conoscenza della richiesta di riesame. Diversamente, la reale estensione del termine perentorio (5 giorni) del sub-procedimento dipenderebbe da variabili rimesse alla mera volontà dell’istante, che trasmettendo l’atto per via telematica in orario in cui certamente l’ufficio non è aperto al pubblico (ad es. oltre le ore 20) provocherebbe la riduzione di un giorno del termine perentorio previsto dalla legge per la tempestiva trasmissione degli atti”.

Il principio di diritto

Il principio che orienta la fattispecie, conclude quindi la Cassazione, può pertanto essere declinato nei seguenti termini: “L’estensione oraria (ore 24.00) del termine utile per proporre impugnazione per via telematica spiega effetti in relazione all’attività ricettiva dell’amministrazione; mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un dato termine perentorio, per effetto della tempestiva presentazione dell’istanza, non può che tenersi conto della conoscenza effettiva dell’atto che innesca il procedimento e, dunque, dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio”.
Da qui, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

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omessa notifica fissazione udienza

Omessa notifica fissazione udienza: scatta la nullità La Cassazione ricorda che l'omessa notifica dell'avviso della fissazione dell'udienza integra una nullità di ordine generale

Mancata comunicazione udienza

L’omessa notifica dell’avviso della fissazione dell’udienza integra una nullità di ordine generale assoluta e insanabile. Così la prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 22266/2024 decidendo il ricorso di un condannato avverso l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza. 

La vicenda

L’uomo eccepiva la nullità del provvedimento per omessa notifica dell’avviso dell’udienza camerale (allo stesso e al difensore). La mancata conoscenza del procedimento, sosteneva, “avrebbe determinato l’assenza dell’interessato e del proprio difensore di fiducia, per come desumibile dal verbale di udienza”.
Per la Cassazione, il ricorso è fondato.

Il principio di diritto

Dall’esame della documentazione risultava effettivamente che l’udienza era stata tenuta nonostante l’omessa notifica del decreto di citazione al condannato e al suo difensore. “E’ stata preclusa al ricorrente – afferma quindi la S.C. – ogni difesa, in violazione del diritto al contraddittorio”.
Deve, pertanto, essere fatta applicazione del principio, consolidatosi per effetto dell’intervento delle Sezioni Unite, per cui «l’omessa notificazione dell’avviso della fissazione dell’udienza, in quanto equiparabile al
decreto di citazione nel procedimento ordinario e attinente all’intervento dell’interessato e alla sua assistenza tecnica, integra una nullità di ordine generale, assoluta e insanabile, dell’udienza e degli atti successivi, compresa l’ordinanza conclusiva, ai sensi del combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lett. C), e 179, comma 1, cod. proc. pen.» (tra le altre, Sez. U, n. 24630/2015, n. 2418/1998).

L’annullamento, concludono gli Ermellini, deve essere disposto con rinvio in adesione all’orientamento
più recente secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, ove li provvedimento impugnato sia affetto da nullità assoluta per violazione del contraddittorio, deve disporsi l’annullamento con rinvio, dovendosi applicare la regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 623, comma 1, lett. b) e 604, comma 4, cod. proc. pen., che prevede l’adozione di tale provvedimento qualora venga accertata una causa di nullità ex art. 179 cod. proc, pen.» (cfr., tra le altre, Cass. n. 14568 del 21/12/2021).

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phishing

Phishing: cos’è e come tutelarsi Phishing: truffa informatica che sfrutta le paure dei navigatori del web per rubare i dati e mettere in atto diversi illeciti penali

Phishing: cos’è

Il phishing è un attacco informatico che ha la finalità di rubare i dati e le informazioni personali dei navigatori di Internet.

Il phishing inganna psicologicamente l’utente, sfruttando i suoi timori, per sottrargli ad esempio i dati di accesso ai conti correnti o ai documenti di identità. Il criminale impiega poi questi dati per compiere illeciti penali, senza che la vittima se ne accorga, salvo nel momento in cui si sente accusare di condotte penalmente rilevanti.

Come si realizza

Il mezzo preferito per carpire le informazioni altrui è senza dubbio la posta elettronica.

In genere le e-mail presentano un logo o un indirizzo che richiama quello di enti od organizzazioni attendibili, come istituti di credito o servizi postali. Per rubare i dati le e-mail segnalano di solito l’esistenza di un problema di sicurezza relativo all’account della banca o della posta di cui la vittima è titolare. C’è quindi un invito a cliccare un link per la risoluzione del problema. L’utente è quindi portato a inserire i propri dati personali, che vengono immediatamente indirizzati sul sito falso del criminale. Una volta che l’utente entra nel sito del cracker subisce in genere anche un danno al proprio divella a causa di virus, trojan e malware.

Phishing: quali reati può configurare

Il phishing è quindi una condotta illecita che può realizzare diverse fattispecie criminose.

Il primo è il reato di sostituzione di persona contemplato dall’articolo 494 c.p. C’è poi l’accesso abusivo in un sistema informatico o telematico previsto e disciplinato dall’articolo 615 ter c.p. La condotta però può anche configurare il reato di falsificazione di comunicazione telematica di cui all’articolo 617 sexies c.p, la truffa di cui all’articolo 640 c.p o la frode informatica punito dall’articolo 640 ter c.p. L’articolo 167 del Codice in materia di protezione dei dati personali contenuto nel decreto legislativo n. 196/2003 e riformato per adeguare questo testo di legge al regolamento UE 2016/679 punisce infine il trattamento illecito di dati che prevede l’intervento del PM e del Garante Privacy.

Come tutelarsi

La prima strategia per evitare che i dati personali vengano rubati per commettere illeciti consiste nel prestare molta attenzione alla creazione dei datti, ma soprattutto al loro utilizzo e alla loro diffusione.

Occorre poi stare attenti al tono di email e SMS. Il phishing, come anticipato, sfrutta le paure degli utenti della rete, per cui tendono ad avere sempre un tono allarmistico.

Prima di aprire una e-mail è sempre bene controllate l’indirizzo del mittente. In genere è possibile rendersi conto subito che si tratta di indirizzi fasulli.  Questi indirizzi e-mail infatti spesso non contengono neppure il nome dell’ente o della banca che lo invia e, se lo contengono, presentano caratteri particolari, da cui è facile intuire che non sono ufficiali.

Una volta aperta la e-mail evitare di aprire qualsiasi link contenuto al suo interno. Per un controllo veloce è possibile passare il mouse sopra il link o inserirlo nella barra in cui si inserisce l’indirizzo del motore di ricerca.

Un altro aspetto molto importante da considerare è rappresentato dalla connessione. Meglio scegliere connessioni sicure ed evitare connessioni Wi-Fi sconosciute o senza password. Verificare inoltre la presenza del protocollo HTTPS e il nome del dominio.

Come sporgere denuncia

Le vittime del raggiro tramite il phishing che hanno subito il furto dei propri dati possono fare denuncia attraverso il servizio dedicato del sito Commissariato della Polizia di Stato.

Lo sportello per la sicurezza degli utenti del web può essere utilizzato per denunciare o segnalare tutta una serie di reati informatici come il phishing appunto, ma anche il cyberbullismo, il romance scam, la violazione del diritto d’autore, lo spamming, il cyberstalking, la pedofilia online, il cyberstalking e tante altre condotte criminali online.

La denuncia che viene inviata tramite questo sito è seguita dall’apertura di un fascicolo, che viene poi inviato alla Procura della Repubblica per poter procedere.

giurista risponde

Nesso di causalità e interruzione da concause successive Il nesso di causalità che collega le condotte omissive o commissive dell’imputato all’evento lesivo prodotto, può essere interrotto da concause successive idonee a determinare l’evento?

Quesito con risposta a cura di Beatrice Parente ed Elisa Visintin

 

Con riferimento al nesso di causalità, fermo il principio della c.d. equivalenza delle cause o della conditio sine qua non, le cause sopravvenute intanto possono giudicarsi atte ad interrompere il nesso di causalità con la precedente azione o omissione dell’imputato, in quanto diano luogo ad una sequenza causale completamente autonoma da quella determinata dall’agente, ovvero ad una linea di sviluppo dell’azione precedente del tutto autonoma ed imprevedibile, ovvero ancora nel caso in cui si prospetti un processo causale non totalmente avulso da quello antecedente, ma caratterizzato da un percorso totalmente atipico, di carattere assolutamente autonomo ed eccezionale ovverosia integrato da un evento che non si verifica se non in fattispecie del tutto imprevedibili, tali non essendo ad esempio, l’eventuale errore medico. – Cass., sez. IV, 14 marzo 2024, n. 10656.

L’art. 41 c.p. afferma a tal proposito, il principio dell’equivalenza delle cause, stabilendo da un lato la responsabilità del soggetto agente seppure in presenza di cause indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, qualora sia provato che l’evento lesivo si sarebbe comunque verificato a prescindere da esse. Dall’altro la non responsabilità del soggetto agente innanzi a cause sopravvenute del tutto eccezionali, atipiche ed anomale rispetto al decorso dei fatti, in base ad un giudizio prognostico e controfattuale.

Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a valutare la sussistenza del nesso di causalità tra le condotte omissive dell’agente e l’evento morte del soggetto leso, tenuto conto delle cause determinanti la morte. In primo e secondo grado era stata riconosciuta la responsabilità dell’imputato, in considerazione di una ricostruzione dei fatti che vedeva l’imputato aver posto in essere una condotta omissiva causativa dell’incidente mortale, senza la quale la preesistente condizione medica dell’infortunato non sarebbe degenerata a tal punto da causarne il decesso. Per tutto il giudizio di merito infatti, la dinamica dell’infortunio non è mai stata oggetto di contestazione, ad esserlo invece è stato il nesso di causalità che ricollega l’evento morte alle condotte dell’agente, non potendosi escludere – a dire del ricorrente – che il decesso fosse sopraggiunto per causa anomala ed indipendente rispetto alle lesioni di cui all’infortunio.

Viene proposto quindi ricorso per Cassazione, contestando violazione di legge penale e vizio di motivazione quanto al ritenuto nesso causale tra la condotta dell’imputato e il decesso della vittima. Il prevalente e consolidato orientamento interpretativo del disposto dell’art. 41, comma 2 c.p., più volte riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità e sopra riportato è stato ripreso nella decisione de qua della Corte che, ritenendo il motivo infondato ha rigettato il ricorso.

Contributo in tema di “Nesso di causalità, condotte omissive e commissive e interruzzione da concause successive”, a cura di Beatrice Parente ed Elisa Visintin, estratto da Obiettivo Magistrato n. 74 / Maggio 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

reato di minaccia

Reato di minaccia Il reato di minaccia si configura qualora un soggetto minacci un altro di un danno ingiusto, se aggravato è punito con la reclusione

Reato di minaccia: cos’è

La minaccia è un reato contemplato dall’art. 612 del codice penale. Esso si configura quando un soggetto minaccia un altro soggetto di cagionargli un danno ingiusto. La norma tutela la libertà morale e psichica contro ogni tipo di condotta in grado di creare un turbamento derivante dal prospettare un male ingiusto alla vittima. Il danno minacciato può consistere in una lesione o nella sola messa in pericolo di un interesse che ha rilievo giuridico. L’ingiustizia del danno si riferisce ai danni che vengono cagionati da condotte illecite.

Il reato di minaccia è definito “di pericolo” perché non richiede il verificarsi di un evento, è sufficiente che il male venga  prospettato e che questo induca nella vittima il timore che il danno minacciato si potrebbe effettivamente verificare.

Procedibilità del reato di minaccia

Il reato di minaccia è punibile a querela della persona offesa.

Si procede d’ufficio se:

  • la minaccia si realizza in uno dei modi contemplati dall’articolo 339 del codice penale;
  • la minaccia è grave e ricorrono circostanze aggravanti con effetto speciale diverse dalla recidiva;
  • la persona offesa è incapace per età o per infermità.

Minaccia aggravata: art. 339 c.p.

La minaccia è aggravata se il soggetto agente la commette:

  • durante manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico o aperto al pubblico;
  • con l’uso delle armi;
  • da un soggetto dal volto coperto;
  • da più soggetti riuniti;
  • con uno scritto anonimo;
  • ricorrendo alla forza intimidatorie di associazioni segrete, esistenti o anche solo supposte;
  • lanciando o utilizzando corpi contundenti o altri oggetti idonei a offendere come i fuochi d’artificio, tutti oggetti che creano situazioni di pericolo per le persone.

Elemento soggettivo

Per integrare il delitto di minaccia la legge richiede che il soggetto agisca con dolo generico ossia con la coscienza e la volontà di minacciare un altro soggetto di un danno ingiusto.

Come è punito il reato di minaccia

Il reato di minaccia viene punito con una multa che può arrivare fino a 1.032,00 euro.

Se la minaccia è grave o è commessa nei modi previsti dall’articolo 339 c.p il reato è punito con la pena della reclusione fino a un anno.

Minaccia: rapporto con altri reati

Il reato di minaccia può essere confuso con altri reati contro la persona, ma può anche rappresentare una componente di altre condotte illecite complesse. La Cassazione nel tempo ha fornito importanti chiarimenti al riguardo.

Minaccia in concorso con violenza privata

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 50702/2019 ha chiarito che: “il reato di violenza privata si distingue dal reato di minaccia per la coartata attuazione da parte del soggetto passivo di un contegno (commissivo od omissivo) che egli non avrebbe assunto, ovvero per la coartata sopportazione di una altrui condotta che egli non avrebbe tollerato. Ne consegue che i due reati, pur promossi da un comune atteggiamento minatorio, dando luogo ad eventi giuridici di diversa natura e valenza, concorrono tra loro.”

Minacce assorbite dal reato di maltrattamenti in famiglia

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 17599/2021 ha precisato che il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe il delitto di minaccia previsto dall’art. 612 c.p. purché le minacce rivolte alla persona offesa non siano il risultato di una condotta criminosa autonoma e indipendente, ma costituiscano una delle condotte per mezzo delle quali si mette in atto il reato di maltrattamenti.

Minacce assorbite o in concorso con il reato di stalking

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 12720/2020 ha sancito che il delitto di minaccia contemplato dall’art. 612 c.p. è assorbito da quello di atti persecutori disciplinato dall’art. 612 bis c.p a condizione che le minacce vengano poste in essere nello stesso contesto temporale e fattuale che integrano lo stalking. Qualora invece le minacce risalgano a un periodo anteriore all’inizio degli atti persecutori allora le minacce concorrono con il reato di stalking.

 

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