scontrino elettronico obbligatorio

Scontrino elettronico obbligatorio  Scontrino elettronico obbligatorio: prevista l'introduzione graduale dello scontrino digitale per pagamenti elettronici

Dallo scontrino cartaceo allo scontrino elettronico obbligatorio

In arrivo lo scontrino elettronico obbligatorio. Nella Risoluzione 7-00286 la VI Commissione della Camera ha affrontato infatti il tema delle modalità di emissione dello scontrino fiscale in relazione alle transazioni elettroniche, proponendo la transizione verso la dematerializzazione. Le ragioni sono di natura ambientale e pratica.

Scontrino cartaceo: documento commerciale

Con l’introduzione della trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate (Decreto Legislativo n. 127/2015), lo “scontrino fiscale” ha acquisito la natura di documento commerciale. La memorizzazione e l’invio telematico dei dati sostituiscono infatti gli obblighi di registrazione e di certificazione fiscale tradizionali.

Vero che il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7.12.2016 ha previsto l’emissione di documenti commerciali per mezzo di strumenti tecnologici sicuri, tuttavia l’emissione su supporto cartaceo resta la norma. Il formato elettronico è infatti possibile solo previo accordo con il destinatario. Questa pratica comporta l’emissione di innumerevoli scontrini cartacei, che però non sono riciclabili come la carta comune. Questo genera un significativo impatto ambientale nella fase di produzione e in quella di smaltimento.

Verso la digitalizzazione: lo scontrino elettronico obbligatorio

Un altro passo verso la digitalizzazione è stato compiuto grazie all’art. 1, co. 74, della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024).  Questa norma, dal 1° gennaio 2026 introduce infatti l’obbligo di collegamento tra gli strumenti di pagamento elettronici (POS) e il registratore di cassa telematico per la registrazione, memorizzazione e trasmissione dei dati dei pagamenti elettronici.

Scontrino elettronico obbligatorio: le tappe

Alla luce di queste innovazioni la risoluzione stabilisce che a partire dal 2027 gli strumenti per i corrispettivi dovranno inviare lo scontrino digitalmente (SMS, email, app) al cliente, a sua scelta.

Questa infrastruttura sarà interoperabile con l’Agenzia delle Entrate, migliorando tracciabilità e trasparenza fiscale e rafforzando la lotta all’evasione. È un passo chiave verso un sistema fiscale più efficiente e sostenibile, integrando l’attuale trasmissione telematica e riducendo l’impatto ambientale della carta.

Queste le tappe per l’introduzione graduale dell’obbligo dello scontrino digitale per i pagamenti elettronici:

  • dal 1° gennaio 2027: imprese della grande distribuzione;
  • dal 1° gennaio 2028: altri soggetti con un volume d’affari superiore a una certa soglia;
  • dal 1° gennaio 2029: tutti i restanti esercenti.

Gli acquirenti potranno richiedere comunque la stampa del documento commerciale, che potrebbe servire per la garanzia o il reso del prodotto.

 

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sanzioni tributarie

Cassazione: le sanzioni tributarie non si ereditano Le sanzioni tributarie non si trasmettono agli eredi. La Cassazione ha ribadito che la morte del contribuente estingue il credito erariale derivante da violazioni fiscali

Sanzioni tributarie: il principio affermato dalla Cassazione

Con l’ordinanza n. 22476/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito che le sanzioni tributarie hanno natura personale e, in caso di decesso del contribuente, non possono essere trasmesse agli eredi.
Una volta documentata la morte del soggetto destinatario della sanzione, viene meno la materia del contendere.

La vicenda processuale

Il caso riguardava un contribuente che deteneva investimenti non dichiarati all’estero. Dalla documentazione acquisita risultavano sanzioni calcolate in misura pari a 246.806 euro per l’anno 2008 e a 216.840 euro per l’anno 2009.
Nel corso del procedimento il contribuente è deceduto (22 giugno 2024) e la questione è giunta in Cassazione.

La normativa applicabile

La Corte ha richiamato l’articolo 8 del decreto legislativo n. 472/1997, che sancisce l’intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni tributarie. Tale previsione discende dal principio di responsabilità personale, già contenuto nell’articolo 2 dello stesso decreto.
In altre parole, la sanzione riguarda esclusivamente la condotta dell’autore della violazione e non può gravare sui suoi successori.

Effetti del decesso: estinzione del credito erariale

Secondo la Cassazione, il credito dell’erario derivante da violazioni tributarie riferibili a persone fisiche si estingue con la morte dell’autore.
Pertanto, una volta accertato il decesso, l’Amministrazione finanziaria non può più pretendere il pagamento e il giudizio deve dichiararsi estinto.

Nessuna condanna alle spese

I giudici hanno inoltre chiarito che non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio. Richiamando l’orientamento già espresso in materia di sanzioni amministrative (Cass. n. 29577/2021), la Corte ha precisato che la morte del destinatario rende superfluo l’esame dei motivi di ricorso e impedisce l’applicazione del criterio della “soccombenza virtuale”.

Allegati

proroga riforma fiscale

Proroga Riforma fiscale: è legge Proroga riforma fiscale: è legge il Ddl approvato in via definitiva dal Senato che proroga i termini della delega

Proroga riforma fiscale: approvazione definitiva del ddl

E’ legge la proroga della riforma fiscale. Il Senato, infatti, nella giornata di martedì 5 agosto, ha approvato in via definitiva il Disegno di legge n. 1591, che va a modificare la legge di delega fiscale n. 111 del 9 agosto 2023, che, l osi ricorda, si compone di 23 articoli suddivisi in 5 titoli.

Il provvedimento è composto da un unico articolo che proroga di dodici mesi i termini della delega, estendendo a 36 mesi il periodo per l’attuazione della riforma.

Ne consegue che il Governo avrà tempo fino al 29 agosto 2026 per l’adozione dei decreti legislativi, e fino al 29 agosto 2028 per quelli correttivi e integrativi.

Le modifiche introdotte

Il testo approvato introduce diverse novità significative.

La delega viene ampliata per includere la possibilità di pagamento parziale o rateizzato non solo per i tributi erariali, ma anche per quelli regionali e locali. Le nuove disposizioni si applicano a tutte le situazioni previste dal Codice della crisi d’impresa, includendo l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

La riforma introduce una revisione organica del settore dei giochi, con l’obiettivo di rafforzare la tutela dei soggetti vulnerabili. La precedente previsione di una riduzione automatica dei limiti di giocata e vincita viene sostituita con un approccio più flessibile. Viene inoltre introdotto un sistema sanzionatorio più ampio e uniforme, che supera la distinzione tra gioco online e offline.

Oltre alla delega, viene prorogato di un anno anche il termine per il riordino dei testi unici fiscali, ora fissato al 31 dicembre 2026. Viene inoltre uniformato lo status dei magistrati tributari a quello della magistratura ordinaria. Da segnalare le norme che riguardano lo status giuridico, i trasferimenti, le sanzioni disciplinari per condotte non conformi e le incompatibilità dei magistrati.

 

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social card 2024

Social Card: chi ne ha diritto e come ottenerla   Cos'è la carta “Dedicata a te”, a cosa serve, chi ne ha diritto e cosa fare per ottenere la Social Card 2024 per le famiglie in difficoltà

Social Card: cos’è

La Social Card o Carta Dedicata a te misura confermata dalle ultime due leggi di bilancio (2023 per il 2024 e 2024 per il 2025) mira a sostenere le famiglie in difficoltà economica, erogando un contributo sotto forma di carta prepagata per l’acquisto di beni di prima necessità e il pagamento di alcune utenze.

I fondi e il decreto ministeriale

Per il 2024 sono stati stanziati 600 milioni di euro, aggiuntivi rispetto alle risorse inutilizzate del 2023.

Il decreto del ministero dell’agricoltura, di concerto con il Mimit, recante le disposizioni attuative e applicative per la carta “Dedicata a te” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 giugno 2024 e definisce in 12 articoli l’intervento che consente a più di un milione di famiglie di acquistare beni di prima necessità.

La Manovra di bilancio 2025 ha confermato la carta Dedicata a te stanziando 500 milioni di euro, 100 milioni in meno rispetto al 2024.

Il Dipartimento per il programma di Governo ha comunicato l’adozione, da parte del Ministro del decreto dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del decreto con cui sono stati individuati i beneficiari e i requisiti per avere diritto alla Carta. Non appena il decreto avrà concluso l’iter dei controlli sarà pubblicato sulla GU. Da segnalare che il primo pagamento avverrà entro il 16 dicembre 2025 con l’obbligo di disporre dell’importo della Carta entro il 28 febbraio 2026.

Requisiti soggettivi e oggettivi

Per avere diritto alla social card “Dedicata a te” è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • essere titolari di un reddito ISEE non superiore a 15.000 euro annui;
  • avere la residenza in Italia;
  • avere la cittadinanza italiana o UE;
  • non essere titolari di altre forme di aiuto;
  • avere un figlio a carico.

Tutti i componenti del nucleo familiare (almeno 3 i componenti) devono essere, inoltre iscritti nell’anagrafe comunale e l’importo complessivo del contributo per ogni nucleo ammonta a 500 euro.

Il contributo non spetta ai nuclei che siano percettori di assegno di inclusione, reddito di cittadinanza o altre misure di inclusione sociale o sostegno alla povertà, Naspi e forme di integrazione salariale o di sostegno nel caso di disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato.

Come richiedere la carta Dedicata a te

A differenza di altre misure di sostegno per le famiglie in difficoltà, la social card “Dedicata a te”non deve essere richiesta. Essa viene assegnata d’ufficio direttamente dai Comuni ai cittadini che ne hanno diritto, purché in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.

Viene erogata tramite carte elettroniche prepagate e ricaricabili messe a disposizione da Poste Italiane e consegnate agli aventi diritto, previa prenotazione presso gli uffici postali abilitati.

Le carte sono operative con accredito del contributo a partire da settembre 2024 con primo pagamento entro il 16 dicembre 2024, mentre l’intera somma va utilizzata entro il 28 febbraio 2025.

Per avere informazioni sulla spettanza della misura è necessario rivolgersi quindi al proprio Comune, consultare il sito web del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali https://www.lavoro.gov.it/ o il sito dell’INPS https://www.inps.it/it/it.html

A cosa serve

La social card è una carta elettronica che consente al titolare di acquistare beni di prima necessità e di sostenere alcune spese necessarie ossia:

  • generi alimentari;
  • prodotti per l’igiene personale e la casa;
  • farmaci;
  • bollette di luce, gas e acqua;
  • ricariche/abbonamenti servizi di trasporto pubblico;
  • canoni di locazione;
  • assegni di frequenza per studenti.

Importo e modalità di utilizzo

L’importo della Social Card, come anticipato, è di 500 euro per nucleo familiare. La carta viene erogata in un’unica soluzione, salvo diverse disposizioni da parte dei Comuni. È possibile prelevare contanti presso gli sportelli ATM o effettuare pagamenti elettronici presso i negozi e le attività convenzionate.

decreto fiscale 2025

Decreto Fiscale 2025: le novità della legge In vigore la legge di conversione del decreto fiscale n. 84/2025: novità per autonomi, società, proroghe per regime di vantaggio e forfettari

Decreto Fiscale 2025 è legge: quali novità

In Gazzetta Ufficiale la legge n. 108/2025 di conversione con modificazioni del Decreto fiscale n. 84/2025 approvato in via definitiva da parte del Senato in data 29 luglio 2025.

La nuova legge è in vigore dal 2 agosto 2025.

Il testo, che ha subito qualche modifica in sede di conversione, introduce diverse novità in vari settori. Vediamo le più importanti.

Le modifiche principali

Il decreto fiscale 2025 prevede le seguenti modifiche:

  • Le spese per vitto, alloggio e trasporto purchésostenute nel territorio italiano con mezzi di pagamento tracciabili non concorreranno al reddito da lavoro dipendente. Le spese sostenute all’estero invece non richiederanno pagamenti tracciabili per la detassazione.
  • I rimborsi delle spese sostenute in Italia per, vitto alloggio, trasporto e viaggio saranno inclusi invece nel reddito imponibile da lavoro autonomo se non sono saranno sostenuti con mezzi di pagamento tracciabili. Non è richiesta la tracciabilità invece per i rimborsi spese relativi a trasferte fuori dal territorio italiano.
  • Dal 2025, i dipendenti delle società di partecipazione non finanziaria (c.d. holding industriali) che ricevono compensi sotto forma di bonus e stock option saranno esentati dall’addizionale IRPEF del 10%. Questo chiarisce e restringe l’ambito di applicazione di tale addizionale, che prima includeva anche queste società.
  • Reddito da usufrutto e diritti reali. La nuova interpretazione distingue:

– se si concede l’usufrutto/diritto reale ma si mantiene un diritto sull’immobile (es. nuda proprietà), il reddito è considerato reddito diverso imponibile;

– Se ci si spoglia completamente del diritto, si genera una plusvalenza tassabile.

  • Gli interessi e i proventi derivanti dall’esercizio di arti e professioni non saranno considerati redditi di lavoro autonomo, ma di capitale. Saranno considerati invece redditi diversi le plusvalenze che derivano dalla cessione onerosa di partecipazioni in associazioni e società professionali.
  • L’applicazione del beneficio fiscale è considerato al netto delle sole diminuzioni occupazionali relative a società controllate o comunque riconducibili, anche per interposta persona, allo stesso soggetto. Eliminato il riferimento alle società collegate.
  • Il termine per i versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi (IRPEF e IRES), IRAP e IVA, destinati ai contribuenti soggetti agli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità fiscale) e ad altri soggetti (come quelli in regime forfetario), è stato posticipato dal 30 giugno al 21 luglio 2025. Di conseguenza, per l’anno 2025, questi versamenti potranno essere effettuati entro i 30 giorni successivi al 21 luglio 2025, con l’applicazione di una maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.
  • Ampliato il regime del reverse charge alle imprese che si occupano di logistica e di trasporto e alle agenzie per il lavoro.
  • È ora obbligatorio specificare, sia nell’atto di autorizzazione che nel processo verbale, le ragioni e le condizioni che rendono necessario un accesso per la verifica fiscale.
  • Nuove regole per la determinazione del reddito in caso di partecipazioni in associazioni e società artistiche o professionali.
  • Semplificata la riduzione delle perdite riportabili, basandosi ora su un criterio più diretto: il doppio della somma dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi, eliminando il riferimento al patrimonio netto. Questa nuova logica si applica anche alle fusioni, dove la riduzione delle perdite riportabili seguirà lo stesso criterio.
  • La disciplina fiscale delle società estere controllate (CFC) viene allineata agli standard internazionali di tassazione minima globale. A partire dal 1° luglio 2025, lo split payment non si applicherà più alle società quotate FTSE-MIB per le operazioni fatturate.
  • Più tempo per le aliquote Imu 2025. Entro il 15 settembre 2025, i Comuni potranno approvare le delibere con il prospetto delle aliquote, anche se in ritardo rispetto alla scadenza del 28 febbraio 2025 o se hanno approvato le aliquote in modo difforme rispetto al prospetto.
  • Per i debiti oggetto della “Rottamazione-quater”, i giudizi in corso si estinguono automaticamente al momento del pagamento della prima rata della definizione agevolata. Il giudice, su richiesta, dichiarerà l’estinzione, rendendo inefficaci le sentenze non definitive. Le somme già versate in tali giudizi non saranno rimborsabili e rimarranno acquisite.

 

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adempimenti e pagamenti fiscali

Adempimenti e pagamenti fiscali: pausa ad agosto 2025 Adempimenti e pagamenti fiscali: nel mese di agosto 2025 è prevista una pausa estiva per contribuenti e Fisco

Adempimenti e pagamenti fiscali sospesi ad agosto 2025

Nel mese di agosto 2025 adempimenti e pagamenti fiscali vanno in pausa.

La sospensione degli adempimenti e dei pagamenti fiscali è una misura che offre diversi vantaggi a contribuenti e professionisti, come la possibilità di pianificare in modo più efficace le scadenze dei mesi di giugno e di luglio, ridurre lo stress ed evitare dimenticanze o ritardi.

Questa pausa estiva, consolidata negli anni e ulteriormente specificata dalla riforma fiscale, ha lo scopo infatti di alleggerire il carico burocratico e consentire una gestione più serena delle attività, soprattutto in un periodo in cui molti usufruiscono delle ferie.

Stop agli invii degli atti

L’articolo 10 del decreto legislativo n. 1/2024 sospende l’invio delle cartelle esattoriali, degli avvisi bonari e delle comunicazioni di irregolarità. Non verranno spediti neppure gli atti di liquidazione del TFR o le lettere di compliance. La sospensione copre l’intero mese di agosto.

Fanno eccezione solo i casi urgenti, gli atti derivanti da notizie di reato e le questioni che riguardano i soggetti con procedure concorsuali.

Pagamenti tributari sospesi

L’articolo 37, comma 11-bis, del decreto legge n. 223/2006 conferma invece la sospensione dei versamenti. I tributi con scadenza tra il 1° e il 20 agosto 2025 slittano. I contribuenti potranno pagarli entro il 20 agosto senza maggiorazioni.

Anche la trasmissione dei documenti da parte dei contribuenti su istanza dell’Agenzia è sospesa.

Dal 1° agosto al 4 settembre 2025 si fermano anche le richieste di informazioni.

In pausa i pagamenti degli avvisi bonari

L’articolo 7-quater, comma 17, decreto legge n. 193/2016 sospende i pagamenti degli avvisi bonari. Questa pausa va dal 1° agosto al 4 settembre e riguarda specificamente gli avvisi bonari.

Intervalli temporali sospensione adempimenti e pagamenti fiscali

Riepilogando, sono tre le fasce temporali che regolano la pausa fiscale.

  • dal 1° al 20 agosto si sospendono gli obblighi fiscali;
  • dal 1° al 31 agosto si ferma l’invio degli avvisi bonari; da controlli automatici
  • dal 1° agosto al 4 settembre si bloccano, tra gli altri, i versamenti conseguenti ai controlli automatici e a controlli formali sulle dichiarazioni dei redditi.

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carta per i nuovi nati

Bonus nuovi nati: cos’è e a chi spetta Il bonus per i nuovi nati è destinato alle famiglie che devono affrontare le prime spese per neonati e figli adottivi

Bonus per i nuovi nati

La legge di bilancio 2025 ha introdotto un bonus per i nuovi nati, una nuova misura di sostegno dedicato alle famiglie, con obiettivo primario di incentivare la natalità e alleggerire il peso economico derivante dall’arrivo di un bambino.

Il bonus per i nuovi nati consiste in un importo di 1.000 euro, erogato una tantum, spettante alle famiglie con un ISEE inferiore a 40.000 euro.

La circolare INPS n. 76 del 14 aprile 2025 definisce i requisiti di accesso, le modalità di presentazione delle domande e il regime fiscale della misura.

Bonus per i nuovi nati: come funziona

Il bonus nuovi nati consiste in un importo, che verrà erogato una tantum e che potrà essere utilizzato per l’acquisto di beni e servizi destinati al neonato.

La misura spetta per ogni figlio nato o adottato dopo il 1° gennaio 2025.

Il Bonus non concorre alla formazione del reddito imponibile.

A chi spetta il Bonus per i nuovi nati

Il bonus viene erogato a chi è in possesso dei seguenti requisiti soggettivi e reddituali:

  1. Cittadini italiani, cittadini UE e familiari dei suddetti cittadini, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
  2. Cittadini di Stati non UE:
  • Titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi; di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.
  • In applicazione della normativa UE e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, possono accedere al bonus anche cittadini extracomunitari in possesso di permessi di soggiorno di durata non inferiore a un anno, anche se non espressamente indicati nella legge di Bilancio 2025.
  1. Soggetti equiparati ai cittadini italiani: come apolidi, rifugiati politici e titolari di protezione internazionale.
  2. Cittadini del Regno Unito: sono equiparati ai cittadini UE se residenti in Italia entro il 31 dicembre 2020. La verifica della residenza a tale data avviene tramite l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) o altri archivi anagrafici. In tal caso, non sono richiesti ulteriori titoli di soggiorno. Per i cittadini del Regno Unito residenti in Italia successivamente al 31 dicembre 2020, si applicano le disposizioni previste per i cittadini extracomunitari in materia di documenti di soggiorno.

Requisiti per l’accesso al Bonus:

  • Residenza: il genitore richiedente deve essere residente in Italia al momento della presentazione della domanda e tale requisito deve sussistere dalla data dell’evento (nascita, adozione, affido preadottivo).
  • ISEE: è necessario un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) del nucleo familiare in cui è presente il figlio per il quale si chiede il contributo, non superiore a 40.000 euro annui. Nel calcolo dell’ISEE minorenni viene neutralizzato l’importo dell’Assegno unico e universale (AUU) erogato ai componenti del nucleo familiare.
  • Data di nascita, adozione o affido preadottivo: il figlio deve essere nato o adottato a partire dal 1° gennaio 2025. Per le adozioni, il contributo può essere richiesto solo per figli minorenni. In caso di affido preadottivo, si considera la data di ingresso del minore nel nucleo familiare su ordinanza del Tribunale per i minorenni. Per le adozioni internazionali, fa fede la data di trascrizione del provvedimento nei registri dello stato civile. In fase di prima attuazione, per i minori adottati a partire dal 1° gennaio 2025 con provvedimento di affido preadottivo antecedente a tale data, è possibile richiedere il bonus con riferimento alla data della sentenza di adozione.

Come richiedere il bonus

Il Bonus nuovi nati 2025 si richiede tramite apposita domanda, presentabile da uno dei genitori (o dal genitore convivente in caso di non convivenza).

Per genitori incapaci o minorenni, la domanda è inoltrata dal genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore, verificando i requisiti del genitore del neonato.

Termine domanda esteso a 120 giorni

Il termine per presentare la domanda (che originariamente andava presentata entro 60 giorni dall’evento di nascita, adozione, affido), a pena di decadenza, è stato esteso dall’INPS, con il messaggio n. 2345/2025, a 120 giorni dalla data dell’evento. Inoltre, per gli eventi verificatisi dal 1° gennaio al 24 maggio 2025, per i quali non è stata presentata la domanda entro il termine di 60 giorni, è possibile presentarla entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del messaggio Inps (ossia dal 24 luglio).

Ai fini dell’istanza, è necessario possedere un ISEE minorenni valido o aver presentato la DSU per il suo calcolo.

Come inoltrare la domanda

La domanda si inoltra (giià a partire dal 17 aprile scorso) tramite il portale INPS (SPID, CIE, CNS, eIDAS), l’app INPS mobile, il Contact Center INPS o gli istituti di patronato.

All’atto della domanda va indicata la modalità di pagamento (accredito su conto IBAN o bonifico domiciliato), con possibilità di utilizzare IBAN già registrati presso l’INPS o indicarne uno nuovo.

L’erogazione avviene in ordine cronologico di ricezione delle domande accolte, nei limiti dei fondi disponibili.

 

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esenzione ici

Esenzione ICI: basta la dimora del contribuente La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della norma che subordinava l’esenzione ICI alla dimora abituale anche dei familiari nell’abitazione principale

La decisione della Corte costituzionale sull’esenzione ICI

Con la sentenza n. 112 del 2025, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. 504/1992, nella parte in cui subordinava l’esenzione dall’Imposta comunale sugli immobili (ICI) all’abituale dimora non solo del contribuente, ma anche dei suoi familiari nell’abitazione principale.

Secondo la Consulta, tale requisito eccede i limiti della razionalità fiscale, comprimendo indebitamente la posizione del contribuente, in violazione degli articoli 3 e 31 della Costituzione.

L’ICI come imposta reale e il criterio oggettivo dell’abitazione

L’ICI, come l’attuale IMU, è un’imposta reale, il cui presupposto è costituito dal possesso, proprietà o altro diritto reale su beni immobili, a prescindere dalle caratteristiche soggettive del contribuente.

L’esenzione per l’abitazione principale si fonda su un criterio oggettivo, ovvero sull’utilizzo effettivo dell’immobile come dimora abituale del contribuente stesso. La norma impugnata andava oltre, imponendo anche la dimora abituale dei familiari, configurando una condizione non coerente con la natura dell’imposta.

La realtà sociale delle famiglie e le dimore separate

La Corte ha richiamato le trasformazioni delle strutture familiari, rilevando che sempre più frequentemente i coniugi o familiari stretti risiedono in luoghi differenti, per ragioni legate a esigenze lavorative, di studio o assistenza ad altri familiari (anziani, malati, ecc.).

In tale contesto, escludere l’esenzione ICI per il solo fatto che i familiari non convivano con il contribuente significa introdurre una penalizzazione irragionevole, che colpisce situazioni personali e familiari del tutto lecite e diffuse.

Violazione dei principi di eguaglianza e tutela della famiglia

La disposizione censurata si traduce, secondo la Corte, in una disparità di trattamento nei confronti del contribuente coniugato ma non convivente, che risulta ingiustificatamente escluso dal beneficio fiscale rispetto a chi, nelle stesse condizioni patrimoniali, risiede con i familiari.

Tale assetto contrasta sia con il principio di eguaglianza tributaria (art. 3 Cost.), sia con il principio di tutela della famiglia (art. 31 Cost.), che impone al legislatore di favorire – e non ostacolare – le esigenze familiari anche quando esse comportano scelte abitative differenti.

bollo auto

Bollo auto: le novità del decreto approvato dal Governo Bollo auto: uno schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede possibili novità per il 2026

Bollo auto: novità in arrivo per il 2026?

Dal 1° gennaio 2026, il bollo auto subirà significative modifiche per i veicoli di nuova immatricolazione, rivoluzionando scadenze, modalità di pagamento e responsabilità. Le auto immatricolate prima di questa data continueranno a seguire le vecchie regole, salvo diverse disposizioni regionali. Lo prevede lo “schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di tributi regionali e locali e di federalismo fiscale regionale n. 276” approvato dal Consiglio dei Ministri che fida attuazione alla delega fiscale, sottoposto a parere parlamentare.

Per approfondire vedi il Dossier del Senato della Repubblica

Nuove scadenze personalizzate

A partire dal 2026, la scadenza del bollo non sarà più fissa, ma personalizzata. Il pagamento dovrà essere effettuato entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di immatricolazione. La validità della tassa resterà di 12 mesi, la data di scadenza però sarà legata alla singola data di immatricolazione. Un cambiamento che richiederà maggiore attenzione da parte degli automobilisti.

Addio alla rateizzazione del bollo auto

Un’altra novità è rappresentata dall‘abolizione della possibilità di rateizzare il bollo per i veicoli immatricolati dal 2026. Attualmente, molte Regioni offrono pagamenti trimestrali o semestrali. Dal 2026, invece, il pagamento sarà annuale e in una soluzione unica. Le Regioni potranno comunque introdurre agevolazioni locali.

Bollo dovuto anche per veicoli fermi

Il bollo auto, dal 2026, sarà legato al possesso del veicolo, non al suo utilizzo. Questo significa che anche i veicoli sottoposti a fermo amministrativo o giudiziario dovranno comunque pagare regolarmente la tassa. L’unica eccezione per l’interruzione del pagamento sarà la perdita del possesso (furto, demolizione, esportazione).

Pagamento nei passaggi di proprietà

Le regole sui passaggi di proprietà saranno più chiare. Il bollo sarà a carico di chi risulta intestatario all’inizio del periodo tributario. Se un’auto viene venduta a maggio, ma il periodo del bollo inizia a marzo, il pagamento sarà a carico del venditore. Questo mira a ridurre i contenziosi e a semplificare la definizione delle responsabilità.

Bollo auto: importi e calcoli come sempre

Invariati gli importi e il calcolo. Il. Bollo continuerà infatti a essere determinato in base alla potenza del motore (kW) e alla classe ambientale. Anche il Superbollo per le auto con oltre 185 kW di potenza rimarrà in vigore. Le esenzioni regionali per auto elettriche, ibride o per disabili permarranno, ma le Regioni decideranno come riconfermarle.

Per facilitare i controlli, verrà istituito l’Archivio Nazionale delle Tasse Automobilistiche (ANTA), un database unico che integrerà le informazioni per una verifica più rapida delle posizioni fiscali dei veicoli.

 

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società di comodo

Società di comodo: disciplina e conseguenze fiscali Società di comodo: cos’è, come viene individuata, la normativa applicabile e le conseguenze fiscali previste dall’Agenzia delle Entrate

Società di comodo: cos’è

Per società di comodo si intende una società che, pur esistendo formalmente, non svolge un’attività economica reale o comunque non genera un volume di ricavi congruo rispetto agli asset patrimoniali di cui dispone. In sostanza, si tratta di entità che rimangono inattive o marginali per evitare la tassazione su redditi effettivi o per gestire beni personali sotto forma societaria.

Le società di comodo, conosciute anche come società non operative, rappresentano pertanto un fenomeno oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore fiscale italiano. La normativa in materia è finalizzata a contrastare l’utilizzo strumentale di strutture societarie costituite non per esercitare un’attività economica effettiva, ma per ottenere vantaggi fiscali indebiti.

La disciplina normativa

La disciplina delle società di comodo è contenuta:

  • nell’art. 30 della Legge 724/1994, che stabilisce i criteri per l’individuazione delle società non operative;
  • e, per gli aspetti sanzionatori e impositivi, nel TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

La normativa è integrata dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate, che forniscono chiarimenti operativi e interpretativi.

Requisiti per essere considerate società “di comodo”

Una società è considerata di comodo se non supera il test di operatività previsto dalla legge. In pratica, occorre confrontare i ricavi effettivi conseguiti con una soglia minima presunta, calcolata in base a determinati coefficienti applicati al valore di alcuni beni patrimoniali (immobili, partecipazioni, beni mobili, ecc.).

I ricavi minimi presunti si calcolano applicando i seguenti coefficienti:

Se i ricavi realizzati risultano inferiori a quelli presunti, la società è classificata come di comodo.

Esclusioni e disapplicazione

La legge prevede cause oggettive di esclusione (es. società in liquidazione, fallimento ecc.) e possibilità di disapplicazione previa istanza all’Agenzia delle Entrate, dimostrando l’impossibilità oggettiva di raggiungere i ricavi minimi.

La disapplicazione può essere:

  • automatica, per situazioni già previste dalla normativa;
  • su istanza, per casi particolari valutati dall’Amministrazione Finanziaria.

Finalità del legislatore

L’obiettivo della normativa è quello di:

  • contrastare l’evasione e l’elusione fiscale;
  • scoraggiare l’uso di società per gestire beni personali senza reale attività d’impresa;
  • incentivare una gestione trasparente e coerente delle strutture societarie.

Le società di comodo sono spesso utilizzate per detenere immobili, autovetture di lusso o partecipazioni, al solo scopo di beneficiare di un regime fiscale più favorevole, simulando una fittizia operatività.

Conseguenze fiscali per le società di comodo

Le società che rientrano nella categoria delle “non operative” subiscono un regime fiscale penalizzante, che include:

1. Imputazione di reddito minimo

Se i ricavi effettivi sono inferiori alla soglia prevista, la società è tassata su un reddito minimo presunto, a prescindere dall’utile contabile.

2. Limitazioni all’uso delle perdite fiscali

Le perdite pregresse non possono essere portate in compensazione del reddito minimo.

3.  Esclusione da possibili compensazioni e rimborsi IVA 

4. IRES maggiorata di 10,5 punti percentuali

5. Sanzioni e controlli

L’Agenzia delle Entrate può applicare sanzioni amministrative in caso di dichiarazioni infedeli e disconoscere il regime societario se ritiene che vi sia un abuso del diritto.

Considerazioni conclusive

Le società di comodo rappresentano una tipologia societaria cui il legislatore dedica attenzione crescente, soprattutto in un contesto economico segnato da crisi e ristrutturazioni aziendali. Il test di operatività costituisce lo strumento principale per intercettare situazioni di inattività o di utilizzo distorto della forma societaria. Tuttavia, non ogni inattività comporta l’automatica applicazione delle penalizzazioni: la possibilità di disapplicazione resta uno strumento di tutela per quelle imprese che, per ragioni oggettive, non raggiungono i ricavi minimi pur mantenendo una finalità economica reale.

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