Violenza sessuale di gruppo Il reato di violenza sessuale di gruppo ex art. 609-octies c.p. è punito con la reclusione da 8 a 14 anni
Violenza sessuale di gruppo: fondamento e nozione
La crescente frequenza dei fatti di stupro collettivo ha indotto il legislatore del ’96 ad elevare ad autonoma figura criminosa la violenza sessuale di gruppo. Essa consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609bis.
In giurisprudenza si è precisato che il «gruppo» rilevante ai fini della fattispecie in esame può essere composto anche solo da due persone (Cass. 7-8-2001, n. 30826).
La norma fa riferimento alla sola commissione in gruppo degli atti di violenza sessuale previsti dall’art. 609bis e non ricomprende le ulteriori fattispecie previste dagli artt. 609quater, comma 1, n. 1) e n. 2) e 609quinquies; resta comunque possibile la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 112 c.p.
Natura giuridica del reato di violenza sessuale di gruppo
Quanto alla natura giuridica, si tratta di un reato necessariamente plurisoggettivo in quanto ai fini della sua sussistenza è richiesta una pluralità di agenti; in particolare, si tratta di un cd. reato plurisoggettivo proprio, in quanto tutti i partecipi sono assoggettati a sanzione penale.
Il delitto di violenza sessuale di gruppo si distingue dal concorso di persone nel delitto di violenza sessuale, perché non è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, l’accordo della volontà dei compartecipi, ma è necessaria la contemporanea ed effettiva presenza dei predetti nel luogo e nel momento della consumazione del reato, in un rapporto causale inequivocabile (Cass. 22-3-2023, n. 12004). Inoltre, quanto all’ammissibilità o meno del concorso eventuale di terzi nel reato necessariamente plurisoggettivo, deve ritenersi che la partecipazione eventuale nel reato di violenza sessuale di gruppo si potrà configurare da parte di soggetti diversi dai concorrenti necessari: si pensi, ad esempio, al caso del soggetto che istiga alla commissione della violenza sessuale la pluralità di soggetti che successivamente, riuniti e simultaneamente presenti sul luogo del delitto, commetteranno materialmente il reato.
Elemento oggettivo
È costituito dalla commissione di atti di violenza sessuale di gruppo.
Ai fini della configurabilità del reato di cui si tratta, non è necessaria l’estrinsecazione da parte di tutti i componenti dei comportamenti di cui all’art. 609bis c.p., atteso che devesi tenere conto della forza intimidatoria che la presenza del gruppo esercita sulla vittima dell’abuso sessuale (Cass. 13-5-2005, n. 17843).
Nel medesimo senso, più di recente, la Corte ha sostenuto che ricorre la fattispecie di violenza sessuale di gruppo, pur quando non tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche nel senso del rafforzamento della volontà criminosa dell’autore dei comportamenti tipici di cui all’art. 609bis c.p. (Cass. 25-3-2010, n. 11560). Nella medesima occasione, la Corte ha, altresì, sostenuto che l’art. 609octies c.p., nell’individuazione della condotta punibile, si riferisce espressamente a tutti gli «atti di violenza sessuale di cui all’art. 609bis c.p.» e quindi anche alle ipotesi previste nel comma 2 di detta norma. Inoltre, si è affermato che risponde del reato di violenza sessuale di gruppo chi, pur non avendo compiuto atti di minaccia o di violenza, dia un contributo causale alla commissione del fatto, anche solo partecipando ad un segmento dell’azione delittuosa (Cass. 20-4-2010, n. 15089). In sostanza, la «partecipazione» al reato di violenza sessuale di gruppo non è limitata al compimento, da parte del singolo, di un’attività tipica di violenza sessuale, ma ricomprende qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero «spettatore», sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva (Cass. 22-4-2022, n. 15659).
Elemento soggettivo
Il reato di violenza sessuale di gruppo è caratterizzato dal dolo generico consistente nella volontà dell’atto sessuale, con la coscienza di tutti gli elementi essenziali del fatto. L’abbassamento delle difese da parte della vittima, che, temendo per la propria vita o incolumità fisica, finisce per accedere senza apparenti reazioni di contrasto alle violenze a suo danno, non vale in alcun modo ad elidere la violenza o ad alimentare dubbi circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo ai rei.
Circostanze aggravanti ed attenuanti
I commi 3 e 4 della disposizione in esame sono dedicati alle figure circostanziali del delitto in esame. In particolare, ai sensi del comma 3: «si applicano le circostanze aggravanti previste dall’art. 609ter».
Per effetto dei correttivi alla disposizione citata, dovuti al cd. «Codice rosso» (L. 69/2019), le aggravanti previste dall’art. 609ter per il delitto di violenza sessuale, in luogo di determinare un generico aumento di pena (come nella formulazione precedente, configurando una ipotesi di aggravante ad efficacia comune, dunque con incremento sanzionatorio fino ad un terzo della pena-base) si rendono applicabili direttamente e per rinvio, in precetto e sanzione.
Quanto alle attenuanti, ai sensi del comma 4 della disposizione in commento: «La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del comma 1 e dal comma 3 dell’art. 112».
La circostanza attenuante del contributo di minima importanza di cui all’art. 609octies, comma 4, c.p. può essere riconosciuta solo quando l’apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria quanto in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell’economia generale della condotta criminosa, sicché non è sufficiente, per la sua configurabilità, la minore efficienza causale del correo rispetto a quella degli altri, ma è necessaria la «minima» efficienza causale dell’attività compiuta (Cass. 2-8-2017, n. 38616). Si riconosce, altresì, un disvalore attenuato nel caso in cui il soggetto sia stato determinato a commettere il reato, alle condizioni stabilite nelle norme che si richiamano, alla cui lettera si rinvia.
Secondo l’interpretazione costante della giurisprudenza, deve escludersi l’applicabilità al delitto in esame dell’attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 609bis c.p. (ipotesi di minore gravità), in quanto prevista soltanto per la violenza sessuale individuale. La questione ha formato oggetto anche di un intervento della Corte Costituzionale la quale, con la sentenza 26-7-2005, n. 325, ha ritenuto che l’omessa previsione dell’attenuante dei «casi di minore gravità» per la violenza sessuale di gruppo non può essere ritenuta espressione di una scelta del legislatore palesemente irragionevole, arbitraria o ingiustificata, contrastante con l’art. 3 Cost. in quanto la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa della presenza di più persone riunite, cagiona una lesione particolarmente grave e traumatica della sfera di autodeterminazione della libertà sessuale della vittima e ciò la differenzia, anche sul terreno qualitativo, dagli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona, tanto da giustificare la maggiore severità del relativo trattamento sanzionatorio.
Si pone, inoltre, il più generale problema della applicabilità o meno ai concorrenti necessari nel reato di violenza sessuale di gruppo, delle circostanze aggravanti ed attenuanti relative al concorso eventuale (artt. 112 e 114 c.p.); il legislatore mostra di avere, in linea teorica, aderito all’indirizzo giurisprudenziale che ne sostiene l’inapplicabilità: solo così si spiega il richiamo della attenuante della partecipazione di minima importanza (che sarebbe stato sovrabbondante, aderendo alle tesi della generale applicabilità).
Pena e procedibilità
Per effetto dei correttivi dovuti alla suddetta L. 69/2019, la pena è la reclusione da otto a quattordici anni (ante riforma era la reclusione da sei a dodici anni) salvo gli aumenti o le diminuzioni in presenza delle circostanze di cui ai commi 3 e 4.
Il reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale collegiale. Le misure cautelari personali sono applicabili; il fermo è consentito e l’arresto in flagranza è obbligatorio.