decreto liste attesa

Liste d’attesa: il piano del Governo Decreto liste d’attesa e disegno di legge per la garanzia delle prestazioni sanitarie: cosa prevedono i testi approvati dal Consiglio dei ministri

Decreto liste d’attesa

Il 4 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge dedicato alle misure urgenti per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie. Tra i provvedimenti più importanti ci sono quelli dedicati alla piattaforma nazionale che dialoga con le piattaforme regionali delle liste di attesa, all’organismo di verifica e di controllo sull’assistenza sanitaria, alle dipendenze del Ministero della salute e il CUP unico ossia un codice unico che identifica un progetto di investimento pubblico. Questo testo di legge è integrato da un disegno di legge, anch’esso finalizzato a contrastare le liste d’attesa sanitarie e a garantire le prestazioni sanitarie.

Piattaforma nazionale per le liste d’attesa

Viene istituita presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali una piattaforma nazionale per le liste di attesa. Questo strumento servirà al Ministero della salute per monitorare i tempi di attesa effettivi delle prestazioni sanitarie. Attraverso la creazione di un dialogo tra piattaforma nazionale e piattaforme regionali si vogliono superare le difficoltà attuali attraverso la conoscenza specifica dell’offerta di prestazioni rispetto alla domanda.

Organismo di verifica e controllo

Viene istituito un Organismo di verifica e di controllo sull’assistenza sanitaria alle dirette dipendenze del Ministero della salute. L’organismo potrà accedere a tutte le strutture sanitarie e verificare le disfunzioni su segnalazione del cittadino, degli enti locali e delle associazioni di categoria degli utenti sanitari. Questo organismo inoltre potrà chiedere chiarimenti e acquisire documentazione. Le Regioni e le aziende sanitarie saranno tenute a fornire riscontro, anche in modalità telematica, nel termine di 15 giorni.

CUP unico di progetto

Viene istituito il codice unico di progetto regionale o infra regionale sia per le prestazioni pubbliche che per quelle fornite dal settore privato convenzionato. Il collegamento con i CUP pubblici rappresenterà requisito necessario per l’accreditamento istituzionale delle strutture autorizzate. In caso di mancata erogazione della prestazione nei tempi previsti dalle classi di priorità il cittadino potrà accedere alla prestazione ricorrendo all’intramoenia o al privato accreditato. Le aziende sanitarie ospedaliere non potranno sospendere o chiudere le attività di prenotazione. Previste nuove soluzioni digitali sia per la prenotazione che per il pagamento del ticket. Il CUP dovrà garantire al cittadino un sistema per la conferma o la cancellazione della prestazione entro il termine di due giorni prima dell’erogazione, al fine di scongiurare che le prestazioni prenotate non vengano effettuate.

Esami e visite anche il sabato e la domenica

La fascia oraria dedicata agli esami diagnostici alle visite viene estesa anche al sabato e alla domenica. Al fine di bilanciare adeguatamente le prestazioni ospedaliere e quelle libero professionali intramoenia ogni azienda sanitaria dovrà prevedere che le ore di attività libero professionale non superino quelle dedicate all’attività ordinaria.

Più personale per la sanità

Previsto un incremento del 15% del fondo sanitario per l’assunzione del personale. Dal 2025 il tetto di spesa viene abolito e al suo posto viene introdotto un meccanismo collegato alla programmazione delle aziende e al fabbisogno di personale sanitario.

Piano d’azione e flat tax

Per sette regioni del sud, a cui è dedicato il programma nazionale di equità nella salute relativa agli anni 2021 2027, viene introdotto il piano di azione per il rafforzamento dei servizi sanitari e sociosanitari. Prevista infine una flat tax del 15% da applicare alle prestazioni orarie aggiuntive dei professionisti sanitari in relazione all’attività svolta per ridurre le liste di attesa.

DDL garanzia prestazioni sanitarie

Il Disegno di legge che accompagna il decreto legge sulle liste d’attesa mira a introdurre diverse misure per migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di attesa nel sistema sanitario italiano.

Queste misure intendono migliorare l’accessibilità e l’efficienza dei servizi sanitari, nonché supportare il personale sanitario e le strutture esistenti. Tra le misure previste, vi sono:

  • Registro nazionale per le segnalazioni dei cittadini: attivo sul portale del Ministero della Salute per segnalare disservizi.
  • Esami diagnostici di primo livello negli studi dei medici di famiglia: disponibili anche in ambulatori privati accreditati e farmacie, per ridurre le liste d’
  • Misure per il personale sanitario: aumento della tariffa oraria per prestazioni aggiuntive, indennità di disagio e incarichi per specializzandi.
  • Sistema di premi e sanzioni per incentivare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle liste d’
  • Piano nazionale di gestione delle liste dattesa coordinato dal Ministro della Salute, con Regioni responsabili dell’attuazione e monitoraggio.
  • Rafforzamento della salute mentale grazie all’utilizzo delle risorse del programma nazionale Equità della salute 2021-2027.
  • Scuola nazionale dellalta amministrazione sanitaria per specializzare i vertici dirigenziali del Servizio sanitario nazionale (Ssn).
incarichi società partecipate

Incarichi amministratori partecipate: cade il divieto La Consulta ritiene il divieto di conferimento di nuovi incarichi nelle partecipate illegittimo costituzionalmente, salvo che nelle ipotesi di provenienza politica

Incarichi società partecipate

E’ incostituzionale il divieto di conferimento di nuovi incarichi di amministratore di società partecipate per chi abbia già ricoperto nell’anno precedente analoghi incarichi. Il divieto permane nelle ipotesi di provenienza politica del nominato. E’ quanto affermato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 98-2024, pubblicata ieri, che si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Lazio, delle norme che stabiliscono il divieto di conferire incarichi di amministratore di enti privati, sottoposti a controllo pubblico da parte degli enti locali (province o comuni), a coloro i quali nell’anno precedente abbiano svolto analoghi incarichi presso altri enti della stessa natura.

La qlc

La fattispecie esaminata dalla Consulta coinvolgeva un manager pubblico che, per aver ricoperto, nell’anno precedente, il ruolo di amministratore delegato presso una società controllata da un comune, non ha potuto ottenere lo stesso incarico presso altra società partecipata.

Il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme del decreto legislativo n. 39 del 2013 nella parte in cui, con riguardo a ipotesi simili, non consentono la conferibilità del nuovo incarico. Questo divieto, infatti, si pone in contrasto con le previsioni della legge di delega (la n. 190 del 2012) e, quindi, con l’art. 76 Cost., che non consente al Governo, nell’esercizio della delega conferitagli dal Parlamento, di introdurre ipotesi limitative che non siano state previste dal legislatore delegante.

La decisione della Consulta

Nella motivazione, la Corte precisa che “la legge di delega ha circoscritto la non conferibilità degli incarichi amministrativi di vertice – per quanto assume rilievo nella fattispecie oggetto di giudizio – solo alle ipotesi di provenienza politica del nominato, cioè solo ai casi in cui costui abbia svolto, nell’anno precedente, incarichi di natura politica. Tali non sono gli incarichi di amministratore di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, che la legge di delega non ha incluso tra le posizioni di provenienza ostative”.

Le richiamate previsioni della legge di delega costituiscono “il frutto di un bilanciamento tra l’accesso al lavoro dei professionisti, che è stato parzialmente sacrificato mediante la previsione della non conferibilità degli incarichi per provenienza politica, e l’imparzialità dell’azione amministrativa, che va assicurata anche nelle forme della mera ‘apparenza’ di imparzialità”.

Tuttavia, l’estensione di questa garanzia preventiva anche ad ipotesi prive di qualsiasi percepibile collegamento con lo svolgimento di incarichi “politici” è estranea, ha concluso la Corte, all’obiettivo perseguito dal legislatore delegante e, pertanto, non poteva essere introdotta dalla legge delegata.

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decreto autovelox

Decreto autovelox: stop alle multe selvagge In Gazzetta Ufficiale, il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti concede ai Comuni 12 mesi per adeguarsi alle nuove regole sulla collocazione e l'uso degli autovelox

Decreto autovelox: in Gazzetta Ufficiale

Il decreto autovelox dell’11 aprile 2024, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’interno e pubblicato il 28 maggio 2024 in Gazzetta Ufficiale (n. 123), introduce regole nuove per l’installazione degli autovelox fissi e mobili.

Il provvedimento ministeriale attua l’articolo 25 comma 2 della legge n. 120/2010, che prevede la definizione con decreto delle modalità di collocazione e di uso dei dispositivi o dei mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento delle violazioni dei limiti di velocità. Il testo non si applica alle postazioni fisse mobili o collocate su veicoli in movimento presidiate e per le quali la constatazione della violazione viene effettuata nell’immediato.

Queste le principali novità del decreto:

  • i Comuni dovranno chiedere al prefetto un nulla osta preventivo per installare l’autovelox;
  • i dispositivi dovranno essere segnalati alle seguenti distanze: 1 Km sulle strade extraurbane, 200 metri sulle strade urbane di scorrimento e 75 metri su tutte le altre;
  • stop agli autovelox nelle città sotto i 50 km/h e sulle strade con limite di velocità inferiore di 20 km/h rispetto a quello previsto dal Codice della Strada.

Condizioni per la collocazione degli autovelox

Le postazioni fisse possono essere collocate per il rilevamento della violazione dei limiti di velocità solo dopo un’attenta valutazione dell’ente proprietario della strada, anche su richiesta dell’organo di polizia stradale che le utilizza. Dove non sia possibile collocare postazioni fisse per la contestazione differita per motivi legati all’infrastruttura della strada o per altre ragioni oggettive è possibile procedere alla collocazione di postazioni mobili.

Per le strade diverse dalle strade extraurbane e dalle autostrade le postazioni per il rilevamento della velocità possono essere collocate solo sui tratti di strada preventivamente individuati dal prefetto sia in ambito urbano che extraurbano, nel rispetto delle caratteristiche geometriche delle infrastrutture stradali e delle condizioni indicate nell’allegato A, ossia elevato tasso di incidentalità, impossibilità documentata di procedere alla contestazione immediata e presenza di velocità operative dei veicoli mediamente superiori ai limiti consentiti e indicati con apposita segnaletica.

Le postazioni a bordo di veicoli in movimento senza contestazione immediata sono utilizzabili solo sulle strade o tratti di strada consentiti e solo se non sia possibile collocare postazioni fisse.

Visibilità e segnalazione delle postazioni di controllo

Le regole sulla visibilità e sulla segnalazione delle postazioni di controllo sono contenute nel capo sette dell’allegato al decreto del ministro dell’infrastrutture dei trasporti n. 282  del 13 giugno 2017.

Per quanto riguarda invece i dispositivi a bordo di veicoli in movimento il decreto stabilisce che la visibilità della postazione di controllo debba essere attuata attraverso segnali luminosi posti sopra il veicolo o per mezzo di un messaggio variabile riportante la dicitura “rilevamento dinamico velocità” abbinato alla segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, che deve essere in funzione durante il rilevamento.

Utilizzazione delle postazioni fisse o mobili

Le postazioni fisse o mobili e i dispositivi su veicoli in movimento possono essere utilizzati per rilevamento a distanza delle violazioni dei limiti di velocità su certi tipi di strade da determinati organi di polizia stradale nel rispetto dei criteri di pianificazione concordate in sede di Conferenza provinciale permanente.

Nell’ambito di detta pianificazione, per evitare duplicazioni e sovrapposizioni, il prefetto deve tenere conto dell’eventuale presenza di postazioni fisse lungo lo stesso tratto di strada e valutare la  possibilità di collocare postazioni mobili in condizioni di sicurezza.

Tutela della privacy

Il decreto presta attenzione anche alla privacy del conducente. I dispositivi di controllo utilizzati per accertare l’eccesso di velocità devono essere impiegati nel rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali contenuta nel regolamento UE 679/2016. Il titolare del trattamento dei dati deve infatti assicurare il rispetto della normativa vigente in materia di dati personali e che il trattamento venga effettuato solo si fini della rilevazione delle infrazioni. Il titolare del trattamento dei dati inoltre può affidare operazioni specifiche di trattamento a soggetti terzi che agiscono in qualità di responsabili previo accordo sulla protezione dei dati da stipulare in forma scritta.

Allegati A e B: cosa prevedono

Il decreto è integrato da due allegati che contengono i dettagli della normativa.

L’allegato A) detta le regole sulla collocazione delle postazioni di controllo individuando i tratti di strada, stabilendone le condizioni tecniche e le modalità e i luoghi di collocazione delle postazioni  mobili e fisse sulle strade extraurbane e sulle strade urbane.

L’allegato B) invece definisce le modalità di utilizzo dei dispositivi e le attività complementari al controllo. Il documento regolamenta le attività di gestione dei dispositivi e dei sistemi di controllo degli organi di polizia stradale, la manutenzione dei dispositivi e dei sistemi di controllo, le attività sussidiarie che possono essere affidate a terzi, le forme di acquisizione dei dispositivi e dei sistemi di controllo e gli aspetti connessi alla protezione dei dati personali.

elezione diretta presidente consiglio

Elezione diretta del Presidente del Consiglio Cosa prevede il ddl n. 935 di riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio che, dopo il passaggio in Commissione, è all’esame dell’assemblea del Senato

Elezione diretta del premier: il ddl n. 935

Il disegno di legge n. 935 per l’elezione del Presidente del Consiglio, presentato dall’attuale  presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 15 novembre 2023, dal 15 maggio è all’esame dell’assemblea del Senato dopo essere stato assegnato in sede referente alla prima Commissione Permanente Affari Costituzionali, che ha apportato alcune modifiche al testo base.

L’elezione diretta del PdC comporta la modifica degli articoli 59, 88, 92 e 94 del testo costituzionale. Questa proposta di legge costituzionale mira a rafforzare la stabilità governativa e a rendere più trasparente e diretta l’elezione del Presidente del Consiglio, mantenendo tuttavia intatti molti dei meccanismi di controllo e di bilanciamento presenti nella Costituzione italiana.

Analizziamo le principali novità in attesa della versione definitiva del testo.

Presidente del Consiglio eletto dal corpo elettorale

La modifica principale prevede che il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dai cittadini per un mandato di cinque anni, con la possibilità di essere rieletto per un massimo di due legislature consecutive, estendibili a tre in particolari condizioni.

Questo cambia l’articolo 92 della Costituzione. Una volta eletto, il Presidente del Consiglio riceve l’incarico di formare il Governo dal Presidente della Repubblica.

La procedura di nomina dei Ministri rimane invariata: proposta del Presidente del Consiglio eletto e nomina da parte del Presidente della Repubblica.

Da segnalare la clausola antiribaltone che prevede la sostituzione del Presidente del Consiglio solo da parte di un parlamentare della maggioranza al fine di portare avanti il programma di Governo.

Premio elettorale

La proposta introduce un sistema elettorale in cui le elezioni del Presidente del Consiglio e delle due Camere avvengono simultaneamente. Il Presidente del Consiglio eletto deve essere anche un parlamentare e deve essere eletto nella Camera in cui ha presentato la sua candidatura.

Per garantire una maggioranza parlamentare al Presidente del Consiglio, viene introdotto un premio elettorale nazionale, la cui esatta configurazione sarà definita dalla futura legge elettorale. Questa dovrà assicurare che l’elezione del Presidente del Consiglio porti anche all’elezione dei deputati collegati alla sua lista.

Rapporto fiduciario

Nonostante l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, il Governo necessita ancora della fiducia delle Camere, come stabilito dall’articolo 94 della Costituzione. Se il Governo non ottiene la fiducia, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente del Consiglio eletto. In caso di mancato ottenimento della fiducia al secondo tentativo o in caso di revoca della fiducia, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere.

Ruolo del Presidente della Repubblica

Modifiche indirette anche al ruolo del Presidente della Repubblica. L’articolo 83 viene modificato per richiedere una maggioranza assoluta dal sesto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica. Viene eliminata inoltre la necessità della controfirma ministeriale per alcuni atti presidenziali, come la nomina dei giudici della Corte costituzionale e del Presidente del Consiglio. Lo scioglimento anticipato delle Camere e la convocazione di sessioni straordinarie non sono tuttavia inclusi tra questi atti.

Senatori a vita

La proposta prevede la soppressione dell’istituto dei senatori a vita, con una disposizione transitoria che mantiene in carica quelli attuali. Non viene toccato l’istituto dei senatori di diritto a vita, come gli ex-Presidenti della Repubblica.

Scioglimento delle Camere

Il disegno di legge prevede poi che lo scioglimento delle Camere avvenga solo congiuntamente, eliminando la possibilità di scioglimento separato, come consentito dalla revisione costituzionale del 1963. La modifica mira a garantire la stabilità delle maggioranze governative.

Norme transitorie

Le norme transitorie prevedono che la legge costituzionale entri in vigore dopo il primo scioglimento o la cessazione delle Camere successiva all’entrata in vigore delle nuove regole.

Gli attuali senatori a vita inoltre restano in carica fino alla fine del loro mandato.

durata affitto turistico

Affitti brevi: legittimo il limite di 6 mesi per le prime case La Consulta legittima la previsione regionale della Val d'Aosta di un periodo massimo di durata della locazione turistica delle prime case

Durata massima affitti brevi

“L’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), nella parte in cui fissa in centottanta giorni la durata massima dell’attività di locazione degli alloggi a uso turistico costituiti da ‘camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale’ (prima casa), non concerne la disciplina della durata dei contratti di locazione turistica breve e, quindi, non incide sulla materia dell’ordinamento civile, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., al legislatore statale”. E’ quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 94-2024, depositata oggi.

La questione di legittimità costituzionale

La Corte ha rigettato la questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che “con la disposizione impugnata il legislatore regionale – nell’esercizio della competenza primaria in materia di urbanistica a esso affidata dall’art. 2, primo comma, lettera g), dello statuto speciale – ha inteso concretizzare quanto già stabilito nella legge urbanistica regionale”.

Infatti, la Regione ha configurato come mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da abitazione principale (prima casa) ad abitazione temporanea (seconda casa), l’impiego di parti dello stesso (le “camere arredate”) a fini di locazione turistica breve per un tempo superiore a centottanta giorni annui, ritenendolo corrispondente a un uso “ non puramente occasionale e momentaneo”, in linea con gli artt. 73 e 74 della legge urbanistica regionale.

Nessun pregiudizio per i contratti tra privati

Il superamento di tale durata non comporta, invece, alcun “pregiudizio per la validità e l’efficacia dei contratti stipulati tra i privati” che rimangono “disciplinati dalle previsioni del codice civile a norma dell’art. 53 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito”.

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giurista risponde

Casellario informatico ANAC e termine annuale di efficacia Allo scadere del termine annuale di efficacia, l’iscrizione nel casellario informatico ANAC può trasferirsi in diversa sezione?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, le iscrizioni pregiudizievoli possono avere una durata massima di un anno e, al termine dello stesso, sono intrasferibili in diversa sezione. – Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2024, n. 881.

Preliminarmente per casellario ANAC si intende il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, attualmente disciplinato ai sensi dell’art. 222, comma 10, D.Lgs. 36/2023.

Nel casellario sono annotate le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 94, D.Lgs. 36/2023 relativamente alle false dichiarazioni o alla falsa documentazione presentata nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti ovvero ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione.

La vicenda sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato attiene alla durata delle iscrizioni pregiudizievoli nel casellario ANAC. La vicenda si è svolta nel contesto normativo previgente, l’originaria iscrizione nel casellario ANAC veniva disposta in forza del potere sanzionatorio esercitato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione e disciplinato dalle previsioni del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio. In tale regolamento si prevedeva che l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione delle procedure di gara e degli affidamenti in subappalto fosse disposta per la durata massima di un anno, decorso il quale l’iscrizione perde efficacia. Nel caso in esame, al termine dell’anno di durata massima, l’iscrizione veniva spostata in altra area del casellario per un periodo di tempo indefinito.

I giudici di Palazzo Spada enunciano che la decisione dell’ANAC di non cancellare ma di spostare l’impresa in una diversa sezione del casellario informatico allo scadere del termine annuale, dopo aver accertato la falsità di una dichiarazione, deve ritenersi illegittima perché non supportata da uno specifico riferimento di legge e, in ogni caso, elusiva dei limiti di efficacia ex art. 38, comma 1, lett. h), D.Lgs. 163/2006, norma comunque prevalente su disposizioni di rango regolamentare.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che la norma ha natura speciale, poiché si riferisce “non a qualsiasi violazione contrattuale o di legge commessa nell’esecuzione di un precedente appalto, bensì alle sole ipotesi di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, peraltro ove rese con dolo o colpa grave”. In quanto norma speciale, è destinata a prevalere – circoscrivendone l’ambito di applicazione – su eventuali disposizioni di carattere generale potenzialmente idonee a disciplinare anche i casi ad essa riconducibili, e ciò a maggior ragione nel caso in cui la previsione di carattere più generale sia di rango inferiore nella gerarchia delle fonti del diritto”.

*Contributo in tema di “Casellario informatico ANAC e termine annuale di efficacia”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 73 / Aprile 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

parcheggi uso pubblico temporaneo

Parcheggi a uso pubblico e temporaneo: ci vuole la VIA La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della regione Puglia ritenendo illegittima una disciplina regionale che esclude i parcheggi a suo pubblico e temporaneo dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica

Parcheggi a uso pubblico e temporaneo

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 82-2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2023, che prevedeva l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica, sino al 31 dicembre 2023, delle «aree a parcheggio a uso pubblico e temporaneo non superiore a centoventi giorni», a condizione che entro e non oltre trenta giorni dal termine del relativo utilizzo fosse garantito il ripristino dello stato dei luoghi.

La questione

La disposizione era stata impugnata dal Governo per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

La decisione della Corte Costituzionale

In primo luogo, la Corte ha ritenuto che il legislatore regionale abbia introdotto una deroga all’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che prevede la necessità dell’autorizzazione paesaggistica. In tal modo, la Regione si è sostituita al legislatore statale, cui spetta, per costante giurisprudenza costituzionale, determinare presupposti e caratteristiche di tale autorizzazione, delle eventuali esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell’ambiente. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che anche l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale abbia violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Non prevedendo alcun limite alla capienza dei parcheggi, infatti, la disposizione regionale ne avrebbe consentito la realizzazione per più di 500 posti auto, in contrasto con il punto 7, lettera b), dell’Allegato IV alla Parte seconda del codice dell’ambiente, che assoggetta i parcheggi di tali dimensioni, a prescindere dalla loro natura temporanea o stabile, alla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale. Sotto questo profilo, la Corte ha richiamato il proprio costante orientamento secondo cui non spetta alle regioni decidere quali siano i presupposti e le condizioni che determinano l’esclusione dalle verifiche di impatto ambientale. Simili interventi, infatti, alterano il punto di equilibrio fissato dallo Stato tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la speciale tutela che deve essere riservata al bene ambiente, d’altro lato. Punto di equilibrio che corrisponde anche a uno standard di tutela dell’ambiente, in quanto tale non derogabile da parte delle legislazioni regionali.

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leva obbligatoria

Leva obbligatoria: la proposta di legge Leva militare obbligatoria o servizio civile: cosa prevede la proposta di legge ordinaria della Lega presentata alla Camera il 15 maggio 2024

Leva militare o servizio civile: proposta di legge alla Camera

Eugenio Zoffili, deputato e membro della commissione difesa della Camera in data 14 maggio 2024 ha presentato la proposta di legge n. 1873 intitolata “Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina.” 

Come emerge dal titolo, la proposta legislativa si pone l’obiettivo di reintrodurre il servizio di leva militare della durata di sei mesi per i ragazzi e le ragazze. Matteo Salvini, nel corso del raduno degli Alpini del 12 maggio 2024, tenutosi nella provincia di Vicenza, ha dichiarato che la leva che vuole reintrodurre ha una finalità educativa. Con la leva militare o il servizio civile si vogliono preparare cittadini in grado di salvare e soccorrere tutti quei soggetti che si trovano in condizioni di difficoltà e di proteggere i boschi.

La grande novità della proposta leghista è rappresentata dal fatto che il servizio si potrà svolgere vicino casa.

Come funzioneranno la leva militare e il servizio civile

La proposta di legge, come anticipato, non prevede solo la leva militare, ma contempla anche l’opzione del servizio civile, che coinvolgeranno tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Vediamo distintamente in che cosa consistono.

Il servizio militare universale di tipo territoriale, come annunciato dal proponente Eugenio Zoffili,  sarà svolto solo sul territorio nazionale e nella regione di residenza o domicilio. La provincia di residenza rappresenta il criterio prioritario, a meno che il soggetto non faccia richiesta espressa di essere impiegato in altri territori, previa autorizzazione dell’autorità competente al rilascio. Chi sceglierà il servizio militare potrà contare su una formazione militare per la successiva attività di impiego sul territorio nazionale.

Chi opterà per il servizio civile universale invece potrà svolgere funzioni relative alla tutela del patrimonio culturale e naturalistico e del paesaggio. Ci sarà anche la possibilità di entrare a far parte del sistema nazionale della protezione civile e del soccorso pubblico e di poter collaborare con i Vigili del fuoco.

Le critiche alla proposta di legge

Sulla proposta di legge della lega non tardano ad arrivare le perplessità del Ministro della Difesa Guida Crosetto ritiene infatti che le finalità educative della legge che reintroduce il servizio militare e il servizio civile siano errate. All’educazione dei giovani devono provvedere le famiglie e la scuola.

Contrario alla proposta di legge anche l’ex premier Conte, per il quale i giovani non hanno bisogno di una politica che li costringe a fare i militari e la guerra, quanto di una politica che tuteli i loro diritti e lotti contro la precarietà del lavoro.

Il Ministro degli Esteri Taiani solleva invece la questione della copertura economica della proposta, perché i costi da sostenere sono eccessivi, ma anche perché i militari formati in sei mesi di leva non sarebbero utilizzabili.

Concessioni balneari: il Consiglio di Stato dice no alle proroghe Con tre sentenze, il giudice amministrativo ribadisce l'illegittimità del rinnovo generalizzato delle concessioni balneari: contrastano con la direttiva Bolkestein e con il TFUE

Illegittime le proroghe generalizzate delle concessioni balneari

Con le sentenze n. 4479, 4480 e 4481/2024 il Consiglio di Stato conferma il principio ribadito in diverse occasioni che sancisce l’illegittimità delle proroghe balneari generalizzate (previste dal decreto legge n. 198/2022, convertito nella legge n. 14/2023) perché le stesse violano la libertà di stabilimento sancita dall’art. 49 del TFUE e l’articolo 12 della Direttiva Bolkestein (Direttiva UE 2006/123/CE).

Nelle sentenze gemelle il Consiglio di Stato richiama la normativa e la giurisprudenza più rilevanti in materia di concessioni balneari per ribadire che:“tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata prima del 31 dicembre 2023 (Cons. St. sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679) – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni a ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, lindizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva.”

Proroghe tecniche compatibili con il diritto UE

L’unica proroga compatibile con il diritto dell’Unione Europea è quella “tecnica” ossia quella che è funzionale allo svolgimento della gara. L’articolo 3 della legge n. 118/2022 al comma 3 prevede infatti che in presenza di ragioni oggettive che siano di ostacolo alla conclusione della procedura di selezione entro il 31.12.2024, l’autorità competente, con atto motivato, può differire la scadenza delle concessioni per il tempo necessario alla conclusione della procedura, nel rispetto del termine massimo del 31.12.2025.

Per il Consiglio di Stato l’articolo 12 della Dir. 2006/123/CE ha una applicazione piena, diretta, e incondizionata. Tale applicabilità non può essere subordinata dal nostro legislatore alla mappatura, nazionale dellascarsità della risorsa o a qualsiasi riordino, pur atteso, dellintera materia, pena il frontale contrasto di questa subordinazione con il diritto dellUnione e la conseguente disapplicazione delle norme che ciò prevedano …”. 

Nessuna aspettativa al rinnovo della concessione

Per giurisprudenza costante dello stesso, il Consiglio di Stato ribadisce inoltre che il concessionario di un bene demaniale non possa vantare una aspettativa al rinnovo della concessione. Il diniego del rinnovo non ha bisogno di motivazioni ulteriori rispetto all’applicazione dei principi della ragionevolezza e della logica a cui si deve uniformare l’agire della pubblica amministrazione. In sede di rinnovo il concessionario precedente riveste quindi la stessa posizione degli altri richiedenti.

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Passaporto: come si richiede Il passaporto deve essere richiesto seguendo una procedura online, da marzo 2024 è possibile fare domanda anche presso gli uffici postali

Come ottenere il passaporto elettronico

Per ottenere il passaporto elettronico nel 2024 è necessario rispettare alcuni step fondamentali.

Si ricorda infatti che dal 2006 il passaporto ordinario è un libretto di 48 pagine, dotato di un microprocessore in grado di contenere i dati identificativi del titolare e di meccanismi avanzati per impedirne l’alterazione e la contraffazione. I dati contenuti nel documento sono inoltre protetti da una firma digitale, che ne impedisce la modifica. Il passaporto inoltre è dotato di sistemi di lettura ottica per facilitare i controlli nelle zone di confine.

Vediamo qual è la procedura per richiedere il passaporto, precisando che in genere il rilascio avviene nel termine di 20 giorni dalla domanda.

Appuntamento online

Il primo passaggio per la richiesta del passaporto consiste nel prendere un appuntamento dalla pagina dedicata del sito della Polizia di Stato https://passaportonline.poliziadistato.it/ a cui si accede tramite Spid o Cie.

Un volta effettuato l’accesso cliccando sull’opzione “Cittadini”, ci si deve registrare e poi cliccare su “nuova richiesta” e poi su “passaporto elettronico”.

A fondo pagina è presente l’opzione “dove si vuole richiedere il documento” che permette di scegliere la provincia di residenza o di domicilio” del soggetto richiedente.

Cliccando sulla dicitura “continua”,  apparire una schermata in cui è presente il primo appuntamento libero presso la sede che è stata scelta per il rilascio del documento. Si procede cliccando sulla data e sull’orario preferiti e confermando queste opzioni. A questo punto si deve indicare anche la modalità prescelta per il ritiro del passaporto.

La conferma dell’orario e del giorno scelti per l’appuntamento vengono confermati via email o tramite sms. E’ sempre opportuno conservare questa ricevuta di conferma, perché di solito viene richiesta quando ci si reca presso l’ufficio addetto al rilascio del passaporto.

Documenti per la richiesta del passaporto

Quando si presenta la domanda per il passaporto è necessario essere in possesso di specifici documenti, che servono per il riconoscimento dell’identità del soggetto richiedente:

  • il modulo per la richiesta del passaporto scaricabile dal sito della Polizia di Stato;
  • la stampa della pagina da cui risulta la registrazione al sito della Polizia Agenda Passaporto;
  • due foto-tessere con sfondo bianco in possesso dei requisiti ICAO.

Se la richiesta viene fatta per soggetti minorenni può essere necessario presentare il certificato di nascita o altre documentazione in grado di attestare il rapporto di parentela e quindi anche i documenti di identità dei genitori o di chi ne esercita la tutela.

Domanda passaporto alle Poste

La richiesta del passaporto elettronico da martedì 11 marzo 2024 si può fare anche in Posta. Lo prevede il progetto Polis per rendere più semplice il rilascio del passaporto. Nella fase iniziale del progetto potranno rilasciare il passaporto gli uffici postali dei Comuni con meno di 15.000 abitanti. Dal mese di luglio 2024 questo servizio postale sarà disponibile in tutti i comuni italiani.

La domanda per il passaporto che si effettua presso uno sportello postale richiede la consegna all’operatore dei seguenti documenti:

  • due foto tessere specifiche per il passaporto;
  • un documento di identità in corso di validità;
  • il codice fiscale;
  • modulo in cui si attesta il domicilio
  • il passaporto scaduto se si procede al rinnovo, la copia della denuncia se il passaporto è stato smarrito o rubato.

Al momento della richiesta il cittadino richiedente deve pagare 42,50 euro con bollettino postale e una marca da bollo da 73,50 euro.

L’addetto allo sportello procede  quindi alla raccolta dei dati biometrici (impronte digitali e foto) del richiedente e invia tutta la documentazione all’Ufficio di Polizia. Al richiedente viene rilasciata una ricevuta che contiene l’indicazione dell’Ufficio di Polizia competente e il codice di protocollo della pratica.

Quando il passaporto è pronto si può chiedere che venga consegnato a casa a mezzo posta.