conto corrente condominiale

Conto corrente condominiale: diritto di accesso garantito L'ABF chiarisce che se l'amministratore rifiuta la richiesta di ottenere copia dell'estratto conto, il condomino può rivolgersi direttamente alla banca

Conto corrente condominiale

Conto corrente condominiale: se l’amministratore di condominio oppone rifiuto alla richiesta di ottenere copia dell’estratto conto, il condomino si può rivolgere direttamente alla banca. Lo ha chiarito l’ABF, in una decisione del collegio di Palermo n. 74/2024 facendo il punto sulla gestione del conto corrente condominiale e sul relativo diritto di accesso dei condomini.

I fatti

Nella vicenda, il ricorrente rileva di aver richiesto alla banca i conti correnti del condominio dopo il rifiuto dell’amministratore. L’intermediario negava l’accesso alla documentazione motivando che l’amministratore aveva espresso formale diniego, in quanto la consegna stessa era già avvenuta quando il ricorrente risultava ancora condomino.

Quest’ultimo chiedeva allora la condanna dell’intermediario al rilascio degli estratti conto richiesti.

L’ABF gli dà ragione.

Diritto del condomino alla documentazione bancaria

Premette il collegio che “la richiesta di copia della documentazione periodica relativa al conto corrente del condominio trova un espresso riferimento nell’art.1129 del codice civile, comma 7, secondo cui ‘L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica'”.

In plurimi precedenti, inoltre osserva l’ABF, come i collegi “sulla base del combinato disposto dell’art. 1129, comma 7, c.c., e dell’art. 119, comma 4, TUB abbiano ritenuto che il diritto del singolo condomino a ottenere copia della documentazione bancaria relativa al conto corrente condominiale sia esercitabile non solo per il tramite dell’amministratore, ma anche mediante richiesta diretta nei confronti dell’intermediario bancario, purché vi sia stata una preventiva richiesta di accesso rivolta all’amministratore rimasta priva di esito (Cfr. Collegio di Roma, decisione n. 7960/16; Collegio di Milano, decisione n. 3914/18; Collegio di Milano, decisione n. 4284/23; Collegio di Milano, decisione n. 1194/23)”.

Qualità di condomino

Fatte queste premesse, l’ABF si concentra sulla doglianza della banca, la quale evidenziava che il diniego alla produzione dei documenti era basato in primo luogo sulla circostanza che il ricorrente aveva perso la qualità di condomino (in virtù della cessione dell’immobile) con conseguente difetto di legittimazione attiva.

In ordine all’eccezione proposta dalla resistente, il collegio tuttavia evidenzia come il ricorrente avesse depositato agli atti una certificazione del notaio dalla quale emergeva che la cessione dell’immobile era avvenuta in data successiva alla richiesta della documentazione, la quale era limitata al periodo in cui lo stesso rivestiva ancora la qualità di condomino.

Conto corrente condominiale e diniego dell’amministratore

In ordine, invece, all’eccezione fondata sul rifiuto opposto dall’amministratore alla consegna della documentazione richiesta, l’ABF, rinvia a quanto osservato dal Collegio di Napoli (decisione n. 87/2022), secondo cui l’onere di preventiva richiesta all’amministratore “non può mai determinare una preclusione del diritto del singolo condomino di agire per ottenerla direttamente dall’intermediario quando l’amministratore non vi abbia provveduto”.

Richiamando, inoltre, la decisione del Collegio di Napoli n. 87/2023 e tenuto conto che l’art. 1129 c.c. legittima il condomino a presentare e chiedere copia della documentazione bancaria del condominio, “la relativa istanza deve ritenersi sottoposta alla disciplina dall’art. 119 tub: norma che consente di ottenere la documentazione bancaria pregressa anche dopo la perdita della qualità di cliente. Pertanto anche al condomino, sebbene lo stesso non sia direttamente parte contraente della banca, deve essere riconosciuto il diritto ad avere dall’intermediario la documentazione relativa al tempo in cui lo stesso era parte del condominio titolare del rapporto”.

Alla luce di quanto argomentato, l’ABF accoglie il ricorso e condanna la banca a pagare le spese della procedura al condomino.

 

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Anatocismo vietato senza se e senza ma La Cassazione ha ricordato che l'anatocismo è vietato a prescindere dalla delibera CICR ponendo fine al dibattito sorto in dottrina e giurisprudenza

Anatocismo vietato dal 1° dicembre 2014

Anatocismo vietato senza se e senza ma dal 1° dicembre 2014. Lo ha sancito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 21344-2024, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di contratti bancari, l’art. 120, comma 2, t.u.b., come sostituito dall’art. 1, comma 629, L. n. 147 del 2013, fa divieto di applicazione dell’anatocismo a far data dal 1 dicembre 2014 e tale prescrizione è da ritenersi operante indipendentemente dall’adozione, da parte del CICR, della delibera, prevista da tale norma, circa le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”.  

Capitalizzazione trimestrale degli interessi illegittima

La vicenda risolta dalla Suprema Corte di Cassazione ha inizio quando l’Associazione movimento consumatori contesta la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi applicata da alcune banche locali dopo il 1° gennaio 2014.

Per l’Associazione tale pratica è del tutto illegittima perché contraria agli interessi dei consumatori e ai principi di trasparenza, equità e correttezza da rispettare nella stipula di qualsiasi contratto. Per tutte le ragioni suddette l’Associazione attrice chiede la restituzione degli interessi maturati o il ricalcolo dei saldi senza l’applicazione dell’anatocismo.

Le banche convenute contestano le richieste. A loro dire la norma modificata nel 2014 non può essere applicata per la mancata emanazione dei provvedimenti attuativi del CICR.

Anatocismo vietato immediatamente o previa delibera CICR?

La Cassazione risolve la controversia fornendo la corretta interpretazione della normativa del 2013. La stessa infatti, secondo gli Ermellini, ha generato un acceso dibattito su due fronti perché non è chiaro se:

  • abbia definitivamente vietato l’anatocismo bancario;
  • tale divieto fosse immediato o subordinato a una delibera del CICR.

Anatocismo vietato: chiara la legge del 2013

La Cassazione chiarisce che la norma del 2013, diversamente da quella del 1999, non contiene più un riferimento esplicito agli “interessi sugli interessi”. La stessa si limita infatti a menzionare la produzione di interessi. Il testo, anche se formulato in modo non preciso, vieta chiaramente l’anatocismo. Del resto questa conclusione è del tutto conforme con l’intenzione del legislatore di mettere la parola “fine”al fenomeno della produzione di interessi nei periodi successivi da parte degli interessi capitalizzati.

La Cassazione precisa quindi che l’articolo 120, comma 2 del Testo Unico Bancario, modificato nel 2013, preclude ogni forma di anatocismo, non solo quella successiva alla prima capitalizzazione.

Le banche contro le quali ha agito l’Associazione movimento consumatori non potevano pertanto continuare a capitalizzare gli interessi dopo l’entrata in vigore della nuova normativa nel 2013. Il divieto di applicare gli interessi anatocistici, previsto dall’art. 1283 del codice civile è stato ripristinato per i contratti bancari.

La nuova norma inoltre non richiede ulteriori interventi da parte del CICR, rendendo superfluo qualsiasi completamento normativo in merito.

Divieto di anatocismo dal 1° dicembre 2014: non serve la delibera CIRC

In conclusione per la Suprema Corte l’articolo 120, comma 2 del Testo Unico Bancario, come modificato dalla legge n. 147/2013, vieta lanatocismo a partire dal 1° dicembre 2014. Tale divieto è efficace indipendentemente dall’adozione di una delibera CICR. Questo principio chiarisce in modo definitivo la normativa. Illegittima la pratica della capitalizzazione degli interessi passivi successivamente alla data indicata.

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