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Fringe benefit Fringe benefit: cosa sono, normativa di riferimento, destinatari, modalità di riconoscimento, novità 2025 e vantaggi

Cosa sono i fringe benefit

I fringe benefit rappresentano un insieme di utilità e beni corrisposti dal datore di lavoro al dipendente in aggiunta alla retribuzione ordinaria. Si tratta di una componente importante del welfare aziendale, finalizzata a migliorare il benessere dei lavoratori e a incentivare la produttività.

Il termine fringe benefit indica letteralmente i “benefici accessori” concessi ai lavoratori. Rientrano in questa categoria, a titolo esemplificativo:

  • l’uso promiscuo dell’autovettura aziendale (anche per fini personali);
  • i buoni acquisto e i buoni carburante;
  • i dispositivi tecnologici aziendali utilizzabili fuori dall’orario di lavoro;
  • la concessione di alloggi;
  • i prestiti agevolati;
  • l’assistenza sanitaria integrativa.

Il trattamento fiscale di questi benefici è disciplinato principalmente dall’art. 51 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), che stabilisce i criteri di valutazione e tassazione.

Normativa vigente

Ai sensi dell’art. 51, comma 3, TUIR, i fringe benefit concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente per il valore normale dei beni o servizi erogati, con alcune soglie di esenzione che variano in base alla normativa di volta in volta emanata.
In via ordinaria, il limite di esenzione è pari a 258,23 euro annui per ciascun dipendente; tuttavia, normative emergenziali e leggi di bilancio hanno spesso innalzato temporaneamente tale soglia. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2024 e i successivi interventi normativi hanno previsto limiti maggiorati per i lavoratori con figli a carico.

Per determinare il valore dei fringe benefit:

  • si utilizza il criterio del valore normale ai sensi dell’art. 9 TUIR;
  • per l’uso dell’auto aziendale (veicoli immatricolati dal 1à luglio 2020 fino al 31.12.2024) concessa ad uso promiscuo si applicano criteri forfetari in funzione delle emissioni di CO e delle tabelle ACI pubblicate annualmente (vedi il sito dell’ACI: aci.it).

A chi spettano i fringe benefit

I fringe benefit possono essere riconosciuti a:

  • lavoratori subordinati;
  • collaboratori coordinati e continuativi, se previsto dal contratto;
  • dirigenti, quadri e personale direttivo.

La concessione non è obbligatoria, ma costituisce una facoltà del datore di lavoro, spesso regolata da contratti collettivi, contratti individuali o piani di welfare aziendale. I benefici devono comunque avere una finalità retributiva o di incentivazione e devono risultare da apposita documentazione aziendale.

Come si ottengono

L’erogazione dei fringe benefit avviene attraverso diverse modalità:

  • consegna diretta del bene o servizio (ad es. auto aziendale),
  • accredito di buoni spesa o voucher,
  • pagamento di servizi per conto del dipendente (ad esempio le bollette o le rette scolastiche, ove previsto).

Il datore di lavoro deve tenere idonea documentazione per dimostrare la natura e il valore dei benefit erogati, ai fini fiscali e contributivi. La valorizzazione viene indicata nella certificazione unica (CU) rilasciata annualmente al lavoratore.

Regole e novità 2025

La legge di bilancio 2025 ha introdotto e confermato alcune novità in materia di Fringe benefit.

Modificato dal 1° gennaio 2025, il fringe benefit per le auto aziendali in uso promiscuo. Il valore imponibile si calcola sul 50% del costo chilometrico ACI per 15.000 km annui, meno eventuali trattenute al dipendente. Questa percentuale è però ridotta: al 10% per i veicoli completamente elettrici e al 20% per gli ibridi plug-in. L’obiettivo è incentivare l’adozione di veicoli a basse emissioni, penalizzando le auto tradizionali con una tassazione sul fringe benefit più elevata rispetto al passato. Le tabelle ACI continueranno a essere il riferimento per i costi chilometrici.

Nuova agevolazione valida solo per il 2025: i datori di lavoro possono erogare o rimborsare fino a 5.000 euro annui per i canoni di locazione e le spese di manutenzione di immobili affittati da nuovi dipendenti a tempo indeterminato. Per beneficiare di questa esenzione fiscale, i dipendenti devono essere assunti tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025, avere un reddito 2024 non superiore a 35.000 euro e trasferirsi in una nuova residenza distante oltre 100 km dalla precedente. Queste somme, esenti fiscalmente, saranno considerate ai fini ISEE e per l’accesso a prestazioni previdenziali e assistenziali.

La legge di bilancio 2025 proroga fino al 2027 due diverse soglie di esenzione fiscale:

  • per i dipendenti con figli a carico: il limite esente è 2.000 euro annui;
  • per i dipendenti senza figli a carico: il limite è di 1.000 euro annui (rispetto al precedente limite ordinario di 258,23 euro).

Vantaggi dei fringe benefit

I fringe benefit offrono numerosi vantaggi sia per il lavoratore sia per il datore di lavoro:

  • incremento del potere d’acquisto del dipendente;
  • maggiore motivazione e fidelizzazione;
  • risparmi fiscali e contributivi, nei limiti di legge;
  • miglioramento del clima aziendale.

 

Leggi anche: Legge bilancio 2025: tutte le misure

pacchetto giustizia 2025

Pacchetto giustizia 2025: contributo unificato in primo piano Pacchetto giustizia 2025: divieto di iscrizione cause civili se non si paga il contributo unificato, sanzionati atti e documenti “pesanti”

Pacchetto giustizia 2025: novità nella manovra 2025

Il pacchetto giustizia della manovra 2025 prevede poche misure di rilievo e incentrate soprattutto sugli adempimenti fiscali collegati ai processi.

Vediamo quelle di maggiore interesse.

Contributo unificato: quali novità?

Le modifiche introdotte dal comma 812 aggiornano il decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e mirano a ottimizzare la gestione del contributo unificato nei procedimenti civili. Si stabilisce in particolare che una causa civile può essere iscritta a ruolo solo dopo il versamento minimo previsto per il contributo unificato.

Leggi anche Processo estinto se non si paga il contributo unificato

Si attribuisce a Equitalia Giustizia S.p.A., in presenza di specifica convenzione, il compito di avviare il recupero immediato in caso di mancato pagamento, comprendendo interessi e sanzioni. Queste misure riducono i rischi di insolvenza, semplificano i procedimenti e velocizzano la riscossione, eliminando passaggi burocratici inutili.

Il comma 813 introduce invece nell’ambito del processo amministrativo, una sanzione pecuniaria decisa dal giudice, per atti processuali che superano i limiti dimensionali previsti, che può arrivare fino al doppio dell’importo dovuto a titolo di contributo unificato.

Il comma 814 aumenta invece il contributo unificato per le controversie sulla cittadinanza italiana, portandolo da 518 a 600 euro per ciascun ricorrente. Questa modifica interessa procedimenti civili semplificati e punta a incrementare il gettito erariale, pur non quantificabile con precisione.

Queste innovazioni mirano a rendere i procedimenti più efficienti e ad assicurare un miglior recupero delle somme dovute, migliorando l’equilibrio tra semplificazione amministrativa e tutela delle finanze pubbliche.

Copie di atti e documenti

La norma contenuta nel comma 815 aggiorna le modalità di rilascio di copie di atti e documenti in formato non cartaceo, armonizzandole con il sistema telematico. Si interviene sul DPR 115/2002, estendendo l’esonero dal pagamento dei diritti di copia non autenticata per difensori e parti private che scaricano direttamente dal portale telematico senza assistenza del personale.

Viene introdotto l’articolo 269-bis, che impone il versamento di un diritto forfettizzato nella misura indicata nella tabella di cui all’allegato 8 per la trasmissione di duplicati o copie informatiche di atti e decrementi del procedimento penale da parte della segreteria o della cancelleria.

La norma  in questo modo migliora l’efficienza processuale e incrementa le entrate erariali. Si eliminano supporti obsoleti come CD e cassette.

Pacchetto giustizia 2025: le altre misure

Il comma 816 estende l’inviolabilità dei fondi destinati “a servizi e finalità di sanità pubblica nonché al pagamento di emolumenti di qualsiasi tipo comunque dovuti al personale amministrato o di spese per servizi e forniture prestati agli uffici medesimi” al pagamento di tasse e tributi, per evitare esecuzioni forzate che generano costi aggiuntivi per l’amministrazione.

Il comma 817 rivede invece le procedure di pagamento per l’equa riparazione per processi irragionevolmente lunghi. Si introduce la trasmissione telematica obbligatoria delle istanze e documentazioni. I termini di validità delle dichiarazioni passano da sei mesi a due anni, e gli interessi sulle somme tardive non decorrono. È previsto un piano per smaltire l’arretrato dei pagamenti entro il 2026, riducendo contenziosi e interessi passivi.

Il comma 819 stabilisce che il Ministero della Giustizia, per ridurre i ritardi nei pagamenti connessi ai ricorsi per la durata irragionevole dei processi (legge n. 89/2001), collabori con l’Associazione Formez PA nel biennio 2025-2026. Formez PA supporterà l’organizzazione delle fasi di pagamento, migliorando l’efficienza e affrontando le criticità sollevate dalla procedura di infrazione europea sui ritardi di pagamento. Questa misura rientra nella riforma del PNRR per accelerare i pagamenti delle amministrazioni pubbliche.

Collaborazione che è già iniziata grazie al progetto “PintoPaga”.

II comma 821 prevede che il Ministero della Giustizia monitori e valuti l’efficienza delle procedure di pagamento tramite dati telematici. L’obiettivo è verificare la validità delle richieste e migliorare la gestione delle risorse destinate agli indennizzi. L’amministrazione liquiderà i pagamenti solo in presenza di documentazione completa e correttamente trasmessa, ottimizzando l’utilizzo delle somme stanziate per i risarcimenti.

 

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Superbonus: ecco la maxitassa Cos'è la nuova imposta sulle plusvalenze generate dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus

Tassazione vendite immobili ristrutturati con il Superbonus

La nuova misura contenuta nella Legge di Bilancio 2024 e dettagliata nella circolare 13/E/2024 dell’Agenzia delle Entrate che va a tassare le plusvalenze generata dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus mira a contrastare le operazioni speculative legate all’utilizzo di questa agevolazione fiscale.  L’obiettivo del governo è infatti quello di contrastare la speculazione immobiliare e recuperare una parte delle risorse erogate con il Superbonus. La nuova disciplina fiscale mira a scoraggiare la compravendita di immobili ristrutturati con il solo scopo di trarre profitto immediato dalla cessione del credito o dallo sconto in fattura.

Che cosa cambia?

La previsione legislativa interviene sugli articoli 67 e 68 del Testo Unico delle Imposte sui redditi prevedendo tutta una serie di novità:

  • plusvalenza tassata al 26%: per chi vende un immobile ristrutturato con il Superbonus entro i dieci anni dai lavori, la plusvalenza derivante dalla vendita sarà tassata al 26%, anziché alle aliquote ordinarie IRPEF;
  • esclusione per abitazione principale: l’imposta non si applica se l’immobile è stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita;
  • indeducibilità dei costi: per i primi cinque anni dalla data di fine lavori, i costi sostenuti per il Superbonus non sono deducibili ai fini IRPEF se è stata scelta l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito. Dopo i primi cinque anni, il 50% dei costi diventa deducibile.
  • variazioni catastali: l’Agenzia delle Entrate verificherà la presentazione della Dichiarazione di Variazione Catastale per monitorare le variazioni dello stato dei beni immobili.
  • tassazione per parti comuni: la nuova imposta si applica anche agli immobili oggetto di interventi di ristrutturazione sulle parti comuni condominiali, anche se i lavori non riguardano i singoli appartamenti.

Come funziona la nuova tassazione

La plusvalenza imponibile viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto o costruzione dell’immobile, comprensivi di tutte le spese correlate.

Per determinare correttamente la plusvalenza, è fondamentale conservare tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per l’acquisto, la costruzione e gli interventi di ristrutturazione.

Cosa fare se si vuole vendere un immobile ristrutturato con il Superbonus

Conservare tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per l’acquisto, la costruzione e gli interventi di ristrutturazione.

Verificare se l’immobile è stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita.

Calcolare la plusvalenza imponibile e l’imposta

In caso di dubbi, è consigliabile consultare un professionista per ricevere assistenza fiscale specifica. Le novità introdotte dalla circolare n. 13/E/2024 dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un cambiamento significativo per la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus. I proprietari di tali immobili sono quindi tenuti a informarsi sulle nuove regole e ad adempiere correttamente agli obblighi fiscali.

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