scontrino elettronico obbligatorio

Scontrino elettronico obbligatorio  Scontrino elettronico obbligatorio: prevista l'introduzione graduale dello scontrino digitale per pagamenti elettronici

Dallo scontrino cartaceo allo scontrino elettronico obbligatorio

In arrivo lo scontrino elettronico obbligatorio. Nella Risoluzione 7-00286 la VI Commissione della Camera ha affrontato infatti il tema delle modalità di emissione dello scontrino fiscale in relazione alle transazioni elettroniche, proponendo la transizione verso la dematerializzazione. Le ragioni sono di natura ambientale e pratica.

Scontrino cartaceo: documento commerciale

Con l’introduzione della trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate (Decreto Legislativo n. 127/2015), lo “scontrino fiscale” ha acquisito la natura di documento commerciale. La memorizzazione e l’invio telematico dei dati sostituiscono infatti gli obblighi di registrazione e di certificazione fiscale tradizionali.

Vero che il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7.12.2016 ha previsto l’emissione di documenti commerciali per mezzo di strumenti tecnologici sicuri, tuttavia l’emissione su supporto cartaceo resta la norma. Il formato elettronico è infatti possibile solo previo accordo con il destinatario. Questa pratica comporta l’emissione di innumerevoli scontrini cartacei, che però non sono riciclabili come la carta comune. Questo genera un significativo impatto ambientale nella fase di produzione e in quella di smaltimento.

Verso la digitalizzazione: lo scontrino elettronico obbligatorio

Un altro passo verso la digitalizzazione è stato compiuto grazie all’art. 1, co. 74, della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024).  Questa norma, dal 1° gennaio 2026 introduce infatti l’obbligo di collegamento tra gli strumenti di pagamento elettronici (POS) e il registratore di cassa telematico per la registrazione, memorizzazione e trasmissione dei dati dei pagamenti elettronici.

Scontrino elettronico obbligatorio: le tappe

Alla luce di queste innovazioni la risoluzione stabilisce che a partire dal 2027 gli strumenti per i corrispettivi dovranno inviare lo scontrino digitalmente (SMS, email, app) al cliente, a sua scelta.

Questa infrastruttura sarà interoperabile con l’Agenzia delle Entrate, migliorando tracciabilità e trasparenza fiscale e rafforzando la lotta all’evasione. È un passo chiave verso un sistema fiscale più efficiente e sostenibile, integrando l’attuale trasmissione telematica e riducendo l’impatto ambientale della carta.

Queste le tappe per l’introduzione graduale dell’obbligo dello scontrino digitale per i pagamenti elettronici:

  • dal 1° gennaio 2027: imprese della grande distribuzione;
  • dal 1° gennaio 2028: altri soggetti con un volume d’affari superiore a una certa soglia;
  • dal 1° gennaio 2029: tutti i restanti esercenti.

Gli acquirenti potranno richiedere comunque la stampa del documento commerciale, che potrebbe servire per la garanzia o il reso del prodotto.

 

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catasto

Catasto: cos’è e a cosa serve Catasto: cos’è, a cosa serve, normativa di riferimento, categoria e classe catastale, rendita catastale e visura catastale

Catasto: che cos’è?

Il catasto è un archivio in cui sono registrate tutte le proprietà immobiliari presenti in un Comune o in una provincia, con l’indicazione dei rispettivi proprietari. Il Catasto nasce per accertare la proprietà immobiliare, evidenziarne le mutazioni e determinare le imposte.

Esso si divide in due sezioni complementari:

  • il Catasto dei Terreni, che include i terreni agricoli e inedificati;
  • il Catasto dei Fabbricati (o Catasto Edilizio Urbano), che contiene le costruzioni civili, industriali e commerciali.

Normativa di riferimento

  • Legge n. 3682/1886: istituzione del catasto terreni (abrogato dal dl n. 200/2008 convertito dalla legge n. 9/2009)
  • Regio decreto n. 652/1939: formazione catasto edilizio urbano
  • DPR n. 1142/1949: regolamento di attuazione catasto edilizio urbano
  • Decreto Legge n. 557 /1993: istituzione del catasto fabbricati
  • Dlgs n. 300/1999: istituzione Agenzia del Territorio a cui è stata affidata la gestione dei dati catastali e i servizi connessi
  • Legge n. 135/2012: incorporazione dell’Agenzia del Territorio nell’Agenzia delle Entrate

Catasto: a cosa serve?

La finalità principale del Catasto è quella censire le proprietà immobiliari, aggiornarne i cambiamenti e fornire la base per l’imposizione fiscale. La gestione di queste banche dati è affidata all’Agenzia delle Entrate (ex Agenzia del Territorio). Nel Catasto Edilizio Urbano sono registrati i dati più rilevanti per ogni unità immobiliare:

  • l’identificazione catastale (Comune, sezione, numero di mappa, particella, subalterno);
  • l’indirizzo;
  • la classe di redditività;
  • la consistenza (vani o superficie netta);
  • la rendita catastale;
  • le categorie.

Il catasto e i documenti collegati allo stesso sono inoltre fondamentali per chi è interessato ad investire nel mercato immobiliare.

Categoria catastale

La categoria catastale definisce la tipologia di un’unità immobiliare all’interno di una zona censuaria, un’area omogenea in termini di redditività e caratteristiche socio-economiche. Le categorie, codificate con lettere da A a F, differiscono per la destinazione d’uso ordinaria e permanente dell’immobile, influenzandone la rendita.

I principali gruppi di categorie sono:

  • Gruppo A: abitazioni di vario tipo (signorile, civile, economica, popolare, ville, castelli, ecc.) e uffici/studi privati.
  • Gruppo B: edifici pubblici o ad uso collettivo (collegi, ospedali, prigioni, uffici pubblici, scuole, musei).
  • Gruppo C: immobili a destinazione commerciale e magazzini (negozi, laboratori, depositi, rimesse, stabilimenti balneari).

Le categorie catastali sono fondamentali per la tassazione immobiliare, in particolare per l’IMU. Ad esempio, l’IMU sull’abitazione principale è dovuta solo se l’immobile rientra nelle categorie considerate di lusso o di pregio (A1, A8 e A9).

Classe catastale

La classe catastale, invece, esprime il grado di redditività di un immobile all’interno della stessa categoria. È un indicatore che considera vari criteri come il livello delle finiture, i servizi in dotazione, la dimensione e la posizione dei vani, la luminosità e la funzionalità degli ambienti. Una classe catastale più elevata comporta una maggiore rendita catastale. L’attribuzione della classe avviene da parte dell’Agenzia delle Entrate in seguito alla domanda di accatastamento o alla dichiarazione di nuova costruzione/variazione urbana.

Rendita Catastale

La rendita catastale è il valore economico attribuito a ciascun immobile, sia esso fabbricato o terreno, calcolato dall’Agenzia delle Entrate. Essa rappresenta il reddito annuo “potenziale” che l’immobile può generare. È un dato essenziale per il calcolo di imposte come l’IMU. Per le categorie comprese nei gruppi A, B e C, la rendita viene calcolata moltiplicando la consistenza per la tariffa unitaria specifica per Comune, zona censuaria, categoria e classe. Per le categorie D ed E, la rendita è determinata tramite stima diretta.

Catasto: la visura catastale

La visura catastale è il documento chiave che fornisce tutte le informazioni relative a un edificio o unità immobiliare. Essa consente di consultare gli atti e i documenti catastali e di acquisire dati identificativi e reddituali dei beni immobili, i dati anagrafici dei proprietari, i dati grafici (mappa catastale, planimetrie) e gli atti di aggiornamento catastale. Per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, la visura include anche la superficie catastale dell’immobile.

 

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bonus casa 2025

Bonus casa 2025: regole e requisiti Bonus casa 2025: la circolare dell'Agenzia delle Entrate del 19 giugno 2025 chiarisce regole e requisiti delle diverse agevolazioni

Bonus casa 2025: chiarimenti dall’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/E del 19 giugno 2025 descrive le regole e i requisiti necessari per poter richiedere i vari bonus casa 2025.

Bonus casa 2025: cambia il bonus ristrutturazioni

Chi decide di ristrutturare la prima casa beneficia di una detrazione IRPEF del 50% per un tetto massimo di spesa di 96.000,00 euro. Il bonus è riservato ai titolari del diritto di proprietà o dei diritti di uso, abitazione e usufrutto.

Chi decide invece di ristrutturare la seconda casa beneficia dell’agevolazione ridotta del 36%.

I contribuenti, potranno beneficiare di questo bonus, anche se nella misura ridotta del 30%, nel 2026 e nel 2027.

Sisma bonus: aliquote superiori per la prima casa

Le detrazioni per gli interventi agevolati continuano anche per gli anni 2025, 2026 e 2027, con aliquote variabili:

  • 2025: 36% delle spese sostenute;
  • 2026 e 2027: 30% delle spese sostenute;

Novità per la casa principale: se le spese sono sostenute per lavori sull’abitazione principale da parte dei proprietari o dei titolari di un diritto reale di godimento, le detrazioni sono più alte:

  • 2025: 50% delle spese;
  • 2026 e 2027: 36% delle spese.

Tra i bonus casa 2025 confermato il bonus mobili

Nel 2025 resta valida la detrazione prevista per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici, fino all’importo massimo di 5000,00 euro.

Ecobonus: stop alle caldaie con combustibili fossili

Dal 2025, nel rispetto della normativa europea, non si potrà più beneficiare dell’Ecobonus se la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale avviene con una caldaia alimentata con combustibili fossili.

Per quanto riguarda gli altri interventi la circolare chiarisce le regole da rispettare:

  • per beneficare del bonus le spese sostenute devono essere pagate con bonifico parlante;
  • è necessario conservare le fatture e inviarle a ENEA entro 90 giorni dalla conclusione dei lavori;
  • se l’intervento non è solo energetico il ritardo nella comunicazione a ENEA non fa perdere il beneficio;
  • obbligo di dotarsi del visto di conformità di un Caf o di un professionista se si beneficia dello sconto in fattura o della cessione del credito

Superbonus al 65% per pochi soggetti

Nel 2025 il Superbonus è previsto nella misura del 65%. Di questa agevolazione però possono beneficiare solo i condomini, le persone fisiche che effettuano lavori in fabbricati composti da 2 o 4 unità, le organizzazioni di utilità sociale senza fini di lucro, le organizzazioni di volontariato e le associazioni che si occupano di promozione sociale.

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canone Rai

Canone RAI Canone RAI : imposta sul possesso di apparecchi televisivi, chi deve pagarlo, come funziona l’esenzione, conseguenze per il mancato pagamento

Cos’è il canone RAI

Il canone RAI è un’imposta sul possesso di un apparecchio televisivo, prevista dalla legge italiana per finanziare il servizio pubblico radiotelevisivo. Non è quindi un abbonamento, ma un tributo obbligatorio, dovuto anche da chi non guarda i canali RAI ma possiede una TV o un dispositivo in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare.

Normativa di riferimento

La disciplina del canone RAI è contenuta in diverse fonti, tra le quali si segnalano le seguenti:

  • R.D.L. 21 febbraio 1938, n. 246, convertito in L. 4 giugno 1938, n. 880;
  • legge di Stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 152-159);
  • provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate, che gestisce l’esonero e il pagamento.

Chi è obbligato a pagare il canone RAI

Sono tenuti al pagamento del canone:

  • tutti coloro che possiedono uno o più apparecchi televisivi in un’abitazione privata;
  • anche chi non guarda i programmi RAI, se il dispositivo è idoneo alla ricezione.

L’obbligo ricade per ciascuna famiglia anagrafica, anche se ci sono più apparecchi e più immobili.

Quando si ha diritto all’esenzione

È possibile richiedere l’esenzione in alcuni casi specifici:

  • assenza totale di televisori in casa;
  • anziani over 75 con reddito annuo non superiore a 8.000 euro, senza conviventi con redditi propri (eccetto colf e badanti);
  • diplomatici e militari stranieri secondo convenzioni internazionali;
  • residenti all’estero per immobili non occupati.

L’esonero va richiesto ogni anno con apposita dichiarazione all’Agenzia delle Entrate.

Come si paga il Canone RAI

Dal 2016, il canone viene addebitato automaticamente nella bolletta elettrica, suddiviso in 10 rate mensili da gennaio a ottobre. Per chi non ha utenze elettriche residenziali, il pagamento avviene tramite modello F24.

L’importo per il 2025 è di 90 euro annui.

Conseguenze per chi non paga

Il mancato pagamento del canone può comportare:

  • l’applicazione di una sanzione amministrativa;
  • il recupero dell’imposta non versata;
  • un possibile accertamento fiscale.

Chi dichiara falsamente di non possedere un TV rischia anche responsabilità penale per dichiarazione mendace.

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imposta di bollo

Imposta di bollo: cos’è e quando va pagata Imposta di bollo: cos'è, normativa, soggetti obbligati, importi, quando e come si paga, sanzioni ed esenzioni

Cos’è l’imposta di bollo

L’imposta di bollo è un tributo erariale indiretto dovuto per la formazione, l’uso o la conservazione di determinati atti, documenti e registri, sia in formato cartaceo che digitale. Si tratta di una delle imposte più antiche del sistema fiscale italiano, la cui funzione è quella di attribuire validità giuridica o ufficialità a determinati atti, oltre a generare entrate per l’erario.

L’imposta di bollo si applica in via generale:

  • sugli atti redatti in forma scritta, aventi rilevanza giuridico-economica;
  • sui documenti depositati presso la pubblica amministrazione;
  • sulle istanze e dichiarazioni rivolte alla pubblica amministrazione o a enti pubblici.

Può essere assolta in modo tradizionale (marca da bollo cartacea) oppure in modo virtuale (soprattutto per i documenti elettronici o nelle comunicazioni telematiche con la PA).

Normativa di riferimento

L’imposta di bollo è disciplinata dal:

  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modifiche;
  • Allegato A del D.P.R. 642/1972, che elenca dettagliatamente gli atti e documenti soggetti all’imposta e le relative tariffe;
  • Circolari dell’Agenzia delle Entrate, che forniscono chiarimenti su casi specifici.

Quando è dovuta l’imposta di bollo

L’imposta di bollo è dovuta:

  • al momento della formazione dell’atto, se predisposto in forma cartacea;
  • al momento dell’invio o della protocollazione, per i documenti digitali trasmessi alla PA (es. PEC, istanze, contratti elettronici);
  • in caso d’uso, cioè quando un atto che inizialmente non era soggetto a imposta viene utilizzato in un procedimento amministrativo o giudiziario.

Esempi tipici in cui l’imposta è obbligatoria:

  • istanze alla pubblica amministrazione non esenti per legge;
  • contratti di locazione superiori a 30 giorni non registrati telematicamente;
  • fatture elettroniche non soggette a IVA (es. operazioni fuori campo o esenti);
  • copie conformi di atti pubblici o scritture private;
  • certificati scolastici, anagrafici o catastali (salvo esenzioni specifiche).

Quanto si paga: misura dell’imposta

L’imposta di bollo è dovuta in misura fissa o proporzionale, secondo quanto stabilito dal Tariffario (Allegato A del D.P.R. 642/1972).

Misure fisse più comuni:

  • € 16,00: per ogni foglio di istanze e atti trasmessi alla PA;
  • € 2,00: per ricevute e quietanze superiori a € 77,47 non soggette a IVA;
  • € 2,00: per fatture elettroniche non imponibili o esenti IVA, per importi oltre € 77,47;
  • € 16,00 ogni 100 righe: per contratti, delibere, atti societari e notarili.

Misure proporzionali si applicano in casi residuali, come ad esempio per:

  • atti di protesto cambiario;
  • certificati rilasciati da camere di commercio.

Chi deve pagare l’imposta di bollo

Il pagamento dell’imposta grava su:

  • chi redige l’atto (nel caso di istanze o dichiarazioni);
  • chi richiede un certificato, copia o documento soggetto a imposta;
  • le parti contraenti, in caso di contratti.

Nel caso di contratti o atti con più parti, tutti i soggetti firmatari sono obbligati in solido. Per i documenti trasmessi digitalmente, l’obbligo ricade su chi trasmette l’atto (es. il contribuente o il suo intermediario).

Modalità di pagamento

L’imposta di bollo può essere assolta con diverse modalità:

  1. Marca da bollo cartacea, acquistabile presso tabaccai autorizzati (per documenti cartacei);
  2. Pagamento virtuale, per atti trasmessi online, previa autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate (es. fatture elettroniche, PEC);
  3. Modello F24: per specifiche operazioni fiscali e contrattuali, come l’assolvimento cumulativo dell’imposta da parte di soggetti obbligati (es. banche, compagnie assicurative);
  4. Addebito su conto fiscale, in caso di registrazioni e dichiarazioni tramite portali dell’Agenzia.

Sanzioni in caso di omesso pagamento

Il mancato o insufficiente pagamento dell’imposta di bollo comporta l’applicazione di sanzioni amministrative, oltre a interessi legali. L’Agenzia delle Entrate può contestare l’omissione anche successivamente, in fase di controllo documentale.

La circolare n.2/E dell’Agenzia delle Entrate, ha chiarito che in virtù del decreto legislativo n. 139/2024 che ha modificato anche alcune disposizioni relative all’imposta di bollo:

  • il co. 4 dell’art. 4 dello stesso decreto modificando l’articolo 25 del DPR n. 642 del 1972, in materia di imposta di bollo, fissa la sanzione nella misura:
  • “dell’80 per cento dell’imposta o della maggiore imposta (in luogo di quella dal 100 al 500 per cento), per l’omesso o insufficiente pagamento dell’imposta;
  • dell’80 per cento, per l’omessa o infedele dichiarazione di conguaglio (in luogo di quella dal 100 al 200 per cento),;
  • del 45 per cento, se presentata con ritardo non superiore a 30 giorni (in luogo di quella dal 50 al 100 per cento).”

Esenzioni previste per legge

L’imposta di bollo non è dovuta in determinati casi previsti dalla legge. Le esenzioni riguardano:

  • atti e documenti di procedimenti penali o civili a spese dello Stato;
  • attività svolte da ONLUS e altri enti del Terzo Settore, in specifiche circostanze;
  • istanze per prestazioni sanitarie o scolastiche.

L’esenzione va indicata espressamente sull’atto, con riferimento alla norma che la prevede.

 

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imposta di registro

Imposta di registro Imposta di registro: cos'è, normativa, quando e chi la paga, modalità di registrazione e pagamento, agevolazioni ed esenzioni

Cos’è l’imposta di registro

L’imposta di registro è un tributo che si applica alla registrazione di determinati atti giuridici, contratti o documenti presso l’Agenzia delle Entrate. Si tratta di una imposta indiretta che ha come finalità principale quella di conferire data certa e validità giuridica ai rapporti formalizzati tra le parti, con effetti anche fiscali.

L’imposta di registro è disciplinata dal Testo unico sull’imposta di registro (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Essa si applica:

  • in misura proporzionale, quando il valore dell’atto costituisce la base imponibile (es. compravendite, locazioni);
  • in misura fissa, quando l’atto non prevede un corrispettivo economico diretto o la legge stabilisce una somma fissa.

Normativa di riferimento

La disciplina dell’imposta di registro è contenuta principalmente in:

  • D.P.R. 131/1986 – Testo unico dell’imposta di registro (TUR);
  • Circolari dell’Agenzia delle Entrate che interpretano e chiariscono le disposizioni del TUR;
  • Codice civile e norme collegate in tema di contratti e obbligazioni.

Quando si paga l’imposta di registro

L’imposta di registro è dovuta al momento della registrazione dell’atto, salvo i casi in cui la legge prevede l’obbligo di registrazione anche in caso d’uso (cioè quando l’atto viene prodotto in giudizio o presso la pubblica amministrazione).

Esempi tipici di atti soggetti a registrazione obbligatoria:

  • Contratti di compravendita immobiliare;
  • Contratti di locazione (anche a uso abitativo e commerciale);
  • Atti societari (es. conferimenti, cessioni di quote);
  • Contratti preliminari di vendita;
  • Atti giudiziari in determinati casi, come le sentenze costitutive o dispositive di diritti reali.

Quanto si paga: aliquote e misura dell’imposta

L’imposta di registro può essere applicata in misura fissa o proporzionale, in base al tipo di atto:

  • Misura fissa: normalmente pari a € 200,  quando si tratta di atti che hanno ad oggetto la cessione di beni o di servizi che rilevano ai fini IVA.
  • Misura proporzionale: ad esempio:
    • 2% per i contratti di locazione a uso abitativo o per chi acquista la prima casa da un privato o da una azienda che vende in regime di esenzione IVA;
    • 9% per le compravendite immobiliari, salvo agevolazioni prima casa;
    • 0,50% o 1% per finanziamenti, fideiussioni e prestiti. Dal 1° gennaio 2025 la percentuale dell’imposta dello 0,50 si applica anche ai contratti preliminari di compravendita.
    • 3% delle somme versate a titolo odi acconto sul prezzo di vendita se il trasferimento non è soggetto a IVA.

L’imposta si calcola sulla base imponibile indicata nell’atto, ovvero sul corrispettivo pattuito o sul valore del bene o del diritto oggetto dell’atto.

Chi deve pagare l’imposta di registro

Sono solidalmente obbligati al pagamento:

  • le parti contraenti, ossia tutti i soggetti firmatari dell’atto;
  • il notaio o altro pubblico ufficiale, in qualità di soggetto obbligato alla registrazione;
  • il locatore e il conduttore, in caso di contratti di affitto.

Nel caso di atti unilaterali, come una donazione, l’imposta è dovuta dal beneficiario. Per gli atti giudiziari, l’imposta è solitamente posta a carico della parte soccombente, salvo diversa disposizione del giudice.

Modalità di pagamento e registrazione

La registrazione degli atti può avvenire:

  • in via telematica, per i soggetti obbligati (es. notai, agenti immobiliari, professionisti abilitati);
  • presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, da parte dei soggetti privati.

Il pagamento dell’imposta avviene tramite:

  • Modello F24 Elide per contratti di locazione;
  • Addebito diretto su conto per atti registrati telematicamente;
  • Pagamento allo sportello per registrazioni cartacee.

I termini per la registrazione sono di norma 20 giorni dalla data di stipula dell’atto, con proroghe e eccezioni previste dalla legge.

Imposta di registro e atti giudiziari

L’imposta di registro si applica anche agli atti giudiziari, come previsto dall’art. 37 del TUR:

  • l’imposta è dovuta per le sentenze, decreti e ordinanze che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti;
  • l’obbligo scatta al momento del passaggio in giudicato o quando l’atto produce effetti giuridici;
  • In genere si applica in misura fissa di 200 euro, ma può essere proporzionale se l’atto ha contenuto patrimoniale.

Agevolazioni e esenzioni

Sono previste esenzioni totali o parziali nei seguenti casi:

  • Atti soggetti a IVA (esenti dall’imposta proporzionale di registro);
  • Atti relativi a enti non commerciali e ONLUS;
  • Prima casa: aliquota ridotta al 2% per l’imposta di registro su compravendite, se ricorrono le condizioni previste,
voltura catastale

Voltura catastale e consultazione: come funzionano i servizi online Al via i nuovi servizi di voltura catastale e consultazione registro partite catastali online attivati dall'Agenzia delle Entrate

Nuovi servizi catastali online

“Voltura catastale” e “Consultazione registro partite catastali” sono i nuovi servizi attivati dall’Agenzia delle Entrate direttamente online. Entrambi i servizi, come reso noto dal fisco con comunicato del 15 aprile 2025 hanno il fine di rendere più semplice la richiesta di voltura degli immobili nonchè la consultazione dei vecchi registri cartacei ora digitalizzati.

Voltura catastale web più semplice

La voltura catastale, spiegano le Entrate, è il principale strumento con il quale devono essere aggiornati i soggetti iscritti in Catasto. Con la “domanda di volture”, quindi, il contribuente comunica al Fisco che il titolare di un determinato diritto reale su un bene immobile non è più la stessa persona, ma un’altra (come ad esempio nelle successioni ereditarie).

Il nuovo servizio “Voltura catastale web”, accessibile tramite credenziali Spid, Cie, Cns o Entratel/Fisconline, consente di presentare la domanda di volture e versare le somme dovute direttamente online. Il sistema guida l’utente nella compilazione della dichiarazione e, al termine, attesta la ricezione, il controllo e l’accettazione dei documenti inseriti, nonché l’avvenuto pagamento dei tributi.

Consultazione partite catastali

Attivo anche il nuovo servizio gratuito “Consultazione registro partite catastali” disponibile nell’area riservata sul sito delle Entrate.

La nuova funzionalità consente di consultare i “registri di partita”, ovvero gli schedari cartacei con i nomi degli intestatari (ditte catastali) contrassegnati da un numero (numero di partita). Nel corso degli anni tali registri sono stati microfilmati e successivamente trasferiti su immagini digitali, che oggi vengono rese consultabili online grazie al nuovo servizio, senza la necessità di recarsi fisicamente presso gli uffici dell’Agenzia. Benché questi registri cartacei non siano più aggiornati, poiché superati dalle attuali modalità di archiviazione dei dati catastali, conclude la nota stampa, “la consultazione delle informazioni in essi contenute risulta particolarmente utile in caso di ricerche a ritroso nel tempo”.

fogli di mappa catastali

Fogli di mappa catastali: gratis online L'Agenzia delle Entrate ha reso gratuitamente l'accesso diretto online ai fogli di mappa catastali dell'intero territorio nazionale

Fogli di mappa catastali

Cittadini, professionisti e Pubbliche amministrazioni possono accedere gratis e direttamente online ai fogli di mappa catastali del territorio nazionale, esclusi quelli di Trento e Bolzano, dove il catasto è gestito dalle rispettive Province autonome. Lo ha reso noto l’Agenzia delle Entrate, pubblicando il provvedimento direttoriale ad hoc (Prot. n. 147556/2025).

Attuazione del DLgs. n. 139/2024

Il provvedimento, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 18 settembre 2024, n. 139, determina le modalità per rendere disponibili, a titolo gratuito e con modalità esclusivamente telematiche, i fogli di mappa catastale per l’intero territorio nazionale (fatta eccezione, appunto, per le province autonome di Trento e Bolzano).

L’intervento legislativo, le cui disposizioni hanno effetto a partire dal 1° gennaio 2025, si innesta nel solco dell’ampliamento dei servizi telematici dell’Agenzia, per consentire, fa sapere il fisco, “a Pubbliche Amministrazioni, professionisti e cittadini di accedere gratuitamente e in modalità diretta e semplificata al patrimonio cartografico catastale, in coerenza con le previsioni di rafforzamento dei servizi digitali espresse nell’articolo 22 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1”.

Come accedere ai fogli di mappa catastale

I fogli di mappa sono resi disponibili, gratuitamente ed in modalità telematica, mediante l’accesso all’area riservata dell’Agenzia ovvero, nei casi previsti, attraverso SMIDT e Portale per i Comuni.

Il provvedimento reca altresì disposizioni transitorie per consentire, concludono le Entrate, “nelle more del completamento della trasposizione digitale dell’archivio cartografico catastale – in particolare di quello raffigurante stadi storici della mappa catastale, a partire dagli esemplari originali unici risalenti alla fase di formazione del catasto – e dell’implementazione dei pertinenti servizi telematici per la generalità dell’utenza, la fruibilità dei fogli di mappa non disponibili telematicamente, mediante consultazione puntuale, eseguita presso gli Uffici dell’Agenzia delle entrate, con o senza rilascio di stampa o in formato digitale”.

bonus musica

Bonus musica: come si ottiene Bonus musica: cos’è, la normativa di riferimento, a chi spetta, in cosa consiste, e come indicarlo nella dichiarazione dei redditi per averlo

Cos’è il bonus musica

Il Bonus Musica 2025 è una detrazione fiscale del 19% che viene calcolata sulle spese sostenute per l’iscrizione o l’abbonamento a corsi di musica riconosciuti. L’agevolazione si applica ai figli di età compresa tra i 5 e i 18 anni e consente di ottenere un rimborso fino a un massimo di 1.000 euro per ciascun figlio. Il beneficio è riservato alle famiglie con un reddito complessivo non superiore a 36.000 euro annui.

Normativa di riferimento

Il Bonus Musica è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge di bilancio 2020. Esso è disciplinato dall’articolo 15 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (T.U.I.R.), dedicato alle detrazioni degli oneri, che al comma 1, lettera e-quater) così dispone: “le spese, per un importo non superiore a 1.000 euro, sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a 36.000 euro per l’iscrizione annuale e l’abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 508, a scuole di musica iscritte nei registri regionali nonché a cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione, per lo studio e la pratica della musica.” 

La detrazione si applica quindi alle spese sostenute per corsi presso conservatori, istituti di Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica (AFAM), scuole di musica registrate nei registri regionali, bande musicali e cori riconosciuti dalla pubblica amministrazione.

A chi spetta il bonus musica

Il Bonus Musica è destinato quindi ai contribuenti con figli di età compresa tra 5 e 18 anni, iscritti a scuole di musica accreditate. Per accedere alla detrazione, il reddito complessivo del nucleo familiare deve essere inferiore a 36.000 euro annui. Sebbene il bonus venga generalmente richiesto dai genitori, anche un minore con reddito proprio e obbligo dichiarativo può beneficiare direttamente della detrazione per le spese sostenute.

In cosa consiste

Il Bonus Musica consente di ottenere una detrazione fiscale pari al 19% sulle spese di iscrizione o abbonamento ai corsi musicali riconosciuti. L’importo massimo detraibile è di 1.000 euro per figlio, con un risparmio massimo di 190 euro per ogni minore iscritto.

La detrazione può essere attribuita a un solo genitore oppure suddivisa tra entrambi se gli accordi lo prevedono.

Cosa si deve indicare nel 730

Per ottenere la detrazione, non è necessaria alcuna domanda preventiva. Il contribuente deve conservare la ricevuta della spesa e riportarla nella dichiarazione dei redditi.

L’importo va inserito:

  • Nel quadro RP del Modello Redditi PF
  • Nel quadro E del Modello 730 (righi da E8 a E10), specificando il codice 45

Se le spese sono state sostenute per più figli, è necessario indicare l’importo relativo a ciascuno di loro nella dichiarazione.

Come richiedere il bonus musica

Per ottenere il Bonus Musica 2025, non è necessario presentare una domanda specifica. La detrazione va richiesta direttamente nella dichiarazione dei redditi tramite il Modello 730 o il Modello Redditi PF.

Per essere ammessi alla detrazione, le spese devono essere state sostenute tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024. Il pagamento deve essere tracciabile e effettuato tramite bonifico bancario, versamento postale, assegni bancari o circolari, oppure carte di pagamento (di debito, di credito o prepagate). Non sono ammessi pagamenti in contanti.

Nel caso in cui il figlio compia 18 anni nel corso dell’anno, il requisito dell’età si considera rispettato se, per una parte dell’anno d’imposta, il figlio risulti ancora minorenne.

 

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auto per disabili

Auto per disabili: la detrazione vale anche con la permuta L'Agenzia delle Entrate chiarisce che si può beneficiare della detrazione auto per disabili anche se parte del pagamento avviene con permuta di veicolo usato

Detrazione fiscale auto per disabili

Auto per disabili: ok alla detrazione anche con la permuta dell’usato. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 11 del 7 febbraio 2025, chiarisce che è possibile beneficiare della detrazione Irpef del 19% sull’intero costo di un’auto acquistata per il trasporto di persone con disabilità, anche se parte del pagamento avviene tramite la permuta di un veicolo usato.

Il quesito

Il quesito sottoposto all’Agenzia riguardava l’acquisto di un’auto per il trasporto del figlio disabile dell’istante. In tale occasione, l’uomo aveva venduto al concessionario un veicolo usato il cui ”valore”, evidenziato nel «contratto di ordine di acquisto dell’auto», era stato utilizzato a scomputo dell’importo dovuto per l’acquisto del nuovo veicolo saldato con bonifico bancario. Ciò posto, il contribuente chiede alle Entrate se, ai fini della detrazione di cui all’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR (Dpr n. 917/1986), spettante per le spese sostenute per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili, il beneficio fiscale spetta anche con riferimento al ”valore” del veicolo “concesso in permuta al concessionario in occasione dell’acquisto, scomputato dal prezzo di acquisto della nuova autovettura”.

La detrazione Irpef sull’auto per disabili

L’Agenzia ricorda preliminarmente che, l’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede una detrazione dall’imposta lorda (IRPEF), calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro, sostenuta per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

La detrazione spetta sul costo di acquisto del veicolo (nuovo o usato) e sulle spese di riparazione imputabili a manutenzione straordinaria. Sono, quindi, escluse quelle di ordinaria manutenzione, quali il premio assicurativo, il carburante, il lubrificante, gli pneumatici e le spese in genere riconducibili alla normale manutenzione del veicolo. La detrazione pari al 19 per cento è determinata sul predetto limite di spesa con riferimento all’acquisto di un solo veicolo in un periodo di 4 anni (decorrente dalla data di acquisto). Concorrono al raggiungimento del limite di spesa di euro 18.075,99 anche le spese di riparazione del veicolo, purché sostenute entro i 4 anni dall’acquisto del veicolo stesso.

Documentazione richiesta per la detrazione

Per garantire la tracciabilità dell’acquisto e poter usufruire della detrazione, il contribuente deve conservare:

  • Il contratto di acquisto del veicolo nuovo, con il prezzo totale dell’auto.
  • L’atto di vendita del veicolo usato o la fattura d’acquisto che riporti il valore della permuta.
  • La ricevuta del pagamento della caparra e del saldo (se effettuati con metodi tracciabili come bonifico bancario o carta di credito).

La normativa prevede che per la detrazione siano validi solo i pagamenti effettuati tramite bonifico bancario, postale o altri metodi tracciabili riconosciuti.

Quali veicoli sono ammessi all’agevolazione

I mezzi di trasporto che rientrano nell’agevolazione fiscale sono:

  • Motoveicoli e autoveicoli adattati per persone con limitazioni motorie permanenti.
  • Veicoli non adattati per il trasporto di persone con handicap psichico o mentale grave, con diritto all’indennità di accompagnamento.
  • Autoveicoli non adattati per il trasporto di persone non vedenti o sorde.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Alla luce delle premesse normative, le Entrate esaminano il caso di specie, ossia “l’ipotesi in cui, in occasione dell’acquisto del nuovo veicolo, il soggetto acquirente vende al concessionario un veicolo usato concordandone un ”valore” e l’importo corrispondente a tale ‘valore’ è utilizzato a scomputo dell’importo dovuto a saldo per l’acquisto del nuovo veicolo”.

In tal caso, dunque, conclude il fisco, “poiché il pagamento per l’acquisto del veicolo nuovo viene effettuato in parte in denaro e in parte mediante la ”vendita’ del veicolo usato, ‘compensando’, in tal modo, i reciproci rapporti di debito e credito delle parti contraenti, la spesa deve considerarsi sostenuta per il suo intero ammontare”.