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Deontologia forense: guida generale Deontologia forense: le regole che disciplinano l'attività degli avvocati a tutela della collettività e della clientela

deontologia forense

Deontologia forense: definizione

La deontologia forense rappresenta l’insieme delle norme etiche e di comportamento che gli avvocati devono osservare nell’esercizio della loro professione. Queste regole guidano l’agire dell’avvocato nei rapporti con clienti, colleghi, controparti e altre figure professionali. Esse contribuiscono al corretto funzionamento dell’ordinamento giuridico e al raggiungimento degli scopi della giustizia. La deontologia garantisce inoltre la tutela dell’affidamento della collettività e della clientela, assicurando la correttezza dei comportamenti, la qualità e l’efficacia delle prestazioni professionali.

Deontologia forense: il Codice deontologico  

Il Codice Deontologico Forense raccoglie queste regole. Il testo è stato approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 31 gennaio 2014 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 ottobre 2014. Da allora però ha subito diverse modifiche. Una significativa revisione è avvenuta con la seduta amministrativa del CNF del 23 febbraio 2018, il cui comunicato è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile 2018.

Il Codice è stato poi modificato nella seduta amministrativa del 23 febbraio 2024, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 3 maggio 2024 ed è entrato in vigore il 2 luglio 2024. Questa modifica è stata particolarmente rilevante perché ha introdotto l’art. 25-bis in materia di rispetto della normativa sull’equo compenso.

Struttura del Codice deontologico

Il Codice Deontologico Forense è strutturato in sette Titoli, ciascuno dei quali disciplina specifici ambiti della professione forense. Questa organizzazione permette una chiara e sistematica trattazione dei doveri e delle regole di condotta. I titoli sono i seguenti:

  1. Principi generali: le fondamenta etiche e i doveri generali dell’avvocato.
  2. Rapporti con il cliente e con la parte assistita: dettaglia i doveri dell’avvocato nei confronti di coloro che rappresenta.
  3. Rapporti con i colleghi: regola le interazioni e la condotta tra avvocati.
  4. Doveri dell’avvocato nel processo: specifica i comportamenti da adottare durante le fasi processuali.
  5. Rapporti con terzi e controparti: definisce le regole di condotta dell’avvocato nei confronti di soggetti diversi dal cliente e dai colleghi.
  6. Rapporti con le Istituzioni forensi: regolamenta i doveri dell’avvocato nei confronti degli organi di autogoverno della professione.
  7. Disposizione finale: precisa l’entrata in vigore del Codice decorsi 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Deontologia Forense: i principi generali

I principi generali delineano l’essenza della professione forense. L’avvocato tutela la libertà, l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando la regolarità del giudizio e del contraddittorio. Le norme deontologiche sono cruciali per garantire l’affidamento della collettività e la qualità della prestazione professionale. Esse si applicano a tutti gli avvocati nell’esercizio della loro attività professionale, nei rapporti reciproci e con i terzi. Dette norme si estendono anche ai comportamenti nella vita privata, qualora compromettano la reputazione personale o l’immagine della professione forense.

Tra i doveri fondamentali elencati nei principi generali figurano il dovere di evitare incompatibilità, il dovere di probità, dignità, decoro e indipendenza, il dovere di fedeltà al mandato, il dovere di diligenza, il dovere di segretezza e riservatezza, il dovere di competenza e aggiornamento professionale, e il dovere di rispettare gli adempimenti fiscali, previdenziali e assicurativi.

Responsabilità disciplinare

La responsabilità disciplinare scaturisce dalla violazione dei doveri e delle regole di condotta imposte dalla legge o dalla deontologia.Essa discende nello specifico dalla inosservanza dei doveri e delle regole di condotta dettate dalla legge e dalla deontologia, nonché dalla coscienza e volontà delle azioni od omissioni. L’avvocato è sottoposto a procedimento disciplinare anche per comportamenti non colposi che abbiano violato la legge penale, ferma restando ogni autonoma valutazione sul fatto commesso. Egli è personalmente responsabile per condotte ascrivibili a suoi associati, collaboratori e sostituti, determinate da suo incarico, salvo che il fatto integri una loro esclusiva e autonoma responsabilità. La responsabilità disciplinare riguarda anche le società tra avvocati. Essa concorre con quella del socio quando la violazione è ricollegabile a direttive impartite dalla società.

Potestà disciplinare

Gli organi disciplinari hanno la potestà di applicare sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa, nel rispetto delle procedure previste. La valutazione del comportamento è complessiva e la sanzione è unica anche in presenza di più addebiti nello stesso procedimento. La sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, all’eventuale dolo, al comportamento precedente e successivo dell’incolpato, e alle circostanze soggettive e oggettive della violazione. Si tiene conto anche del pregiudizio subito dalla parte assistita, della compromissione dell’immagine della professione e dei precedenti disciplinari.

Sanzioni: tipologie

Le sanzioni disciplinari sono graduate in base alla gravità dell’infrazione.

  • Avvertimento: informa l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme e lo invita a non commettere altre infrazioni. Si applica per fatti non gravi, quando vi è motivo di ritenere che non vi saranno recidive.
  • Censura: consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell’infrazione, la responsabilità e i precedenti suggeriscono che l’incolpato non commetterà ulteriori infrazioni.
  • Sospensione: consiste nell’esclusione temporanea dall’esercizio della professione (da due mesi a cinque anni) o dal praticantato. Si applica per infrazioni gravi o quando non sono presenti le condizioni per la sola censura.
  • Radiazione: si traduce nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro, impedendo l’iscrizione a qualsiasi altro. Viene inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nella professione.

Nei casi più gravi le sanzioni possono essere aumentate nel loro massimo, mentre in quelli meno gravi possono essere diminuite. Per infrazioni lievi e scusabili, è previsto il richiamo verbale, che non costituisce sanzione disciplinare.

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