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Avvocato sanzionato se si assenta dall’udienza anche senza danni al cliente Il CNF ha ribadito che il difensore che non partecipi all’udienza, pone in essere un comportamento illecito ex art. 26 c.d.f., a nulla rilevando l’assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito

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Assenza dell’avvocato all’udienza penale

Nel caso in esame, l’avvocato era stato sottoposto ad un procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Milano, per avere, per quanto qui rileva, violato gli artt. 26 comma III, 53 comma I, 63 comma II CDF perché, quale difensore di fiducia del proprio cliente, nell’ambito di un procedimento penale, non era comparso a diverse udienze, nonostante avesse ricevuto rituale notifica delle udienze in questione, né aveva provveduto a farsi sostituire, né in ogni caso aveva comunicato formalmente di aver rinunciato al mandato.

All’esito del dibattimento il Consiglio di Disciplina aveva applicava a carico del difensore la sanzione della sospensione per sei mesi dall’esercizio della professione.

Avverso tale decisione l’avvocato incolpata aveva proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF).

Responsabilità avvocato che non partecipa alle udienze

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 52-2024, ha rigettato il ricorso proposto.

Il CNF ha anzitutto evidenziato gli argomenti proposti a difesa dall’avvocato, ovvero che dalla sua assenza in udienza non sarebbero derivati pregiudizi ai suoi assistiti, i quali “anzi avrebbero confermato la loro fiducia all’incolpata, e nell’assenza di dolo o negligenza da parte della stessa”.

Sul punto il Consiglio ha ricordato il consolidato orientamento dello stesso secondo cui “in difetto di una strategia difensiva concordata con il cliente, con relativo onere a carico di chi intenda addurla, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante ex art. 26 c.d.f. (…) il difensore di fiducia o d’ufficio che non partecipi all’udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista”. Rispetto a tale elemento il Consiglio ha osservato che, nel caso in esame, l’avvocato non ha nemmeno provato a dimostrare che la sua assenza fosse parte di una “strategia difensiva concordata con i clienti”.

Dolo o negligenza

Passando all’eccepita assenza, da parte del difensore, di “dolo o negligenza” in relazione alla mancata partecipazione alle udienze, il CNF ha fatto riferimento all’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità del Consiglio secondo cui “per integrare un illecito disciplinare sotto il profilo soggettivo, è sufficiente la cd. suitas ovvero la volontà consapevole dell’atto che si compie, non risultando necessaria, ai fini dell’imputabilità dell’infrazione disciplinare, la consapevolezza dell’illegittimità della condotta (dolo o colpa) ed essendo sufficiente la volontarietà dell’azione che ha dato luogo al compimento di un atto deontologicamente scorretto”.

Anche la difesa formulata dall’avvocato che aveva giustificato la propria assenza alle udienze a causa dello stato di salute della madre, non è stata ritenuta valida dal CNF per motivi sia formali che sostanziali.

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