Errore di fatto nel diritto penale: definizione
L’errore di fatto o sul fatto è una figura giuridica rilevante nel diritto penale italiano, in grado di incidere sulla responsabilità penale dell’agente. Disciplinato dall’art. 47 del Codice Penale, l’errore sul fatto può escludere l’elemento soggettivo del reato, rendendo il comportamento penalmente irrilevante nei casi previsti dalla legge.
Cos’è l’errore di fatto secondo il codice penale
L’art. 47 c.p. stabilisce che l’errore sul fatto esclude la punibilità quando ricade su un elemento essenziale del fatto di reato. Più precisamente, il primo comma della norma prevede che:
“L’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente.”
In altre parole, se l’agente, per un errore, ignora o fraintende un elemento essenziale della fattispecie criminosa (ad esempio: crede che l’oggetto che prende sia suo e non altrui), l’elemento soggettivo del reato non si perfeziona e l’illecito penale non sussiste.
Esempio pratico
Un soggetto prende un ombrello convinto che sia il proprio. In realtà, appartiene a un’altra persona. Se si dimostra che l’errore è effettivo e scusabile, il soggetto non potrà essere punito per furto, poiché manca l’elemento soggettivo del reato.
Differenza tra errore di fatto ed errore di diritto
Nel diritto penale si distinguono categorie di errore, che producono effetti giuridici differenti:
1. Errore di fatto
È l’errore che ricade su una circostanza oggettiva della condotta o della situazione: ad esempio, l’identità di una persona, la proprietà di un bene, la presenza di un elemento del reato. Ha rilievo solo se incide sull’elemento soggettivo del reato (art. 47, comma 1, c.p.).
2. Errore di diritto
È l’errore che ricade su una norma giuridica, ossia sulla convinzione errata circa la liceità o illiceità della propria condotta. È regolato dall’art. 5 c.p., che afferma:
“Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.”
Tuttavia, come previsto dal comma 3 dell’art 47 “L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.”
Le conseguenze dell’errore di fatto
Le principali conseguenze dell’errore di fatto nel diritto penale sono:
- esclusione della punibilità: se l’errore riguarda un elemento essenziale del fatto, il reato non è punibile (art. 47 c.p.).
- non esclusione della punibilità se l’errore è determinato da colpa: l’errore di fatto determinato da colpa non esclude la punibilità se il reato è perseguibile dalla legge come delitto colposo (art. 47, comma 1, c.p.).
L’errore di fatto nel processo: il ricorso straordinario in Cassazione
L’errore di fatto ha rilevanza anche in sede processuale, in particolare nel ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. Il condannato può infatti chiedere la correzione:
- dell’errore di fatto commesso dalla Cassazione nei provvedimenti pronunciati dalla stessa, che può essere rilevabile anche d’ufficio entro 90 giorni dalla deliberazione;
- dell’errore materiale commesso dalla Corte nei provvedimenti pronunciati dalla stessa, che può essere rilevato anche d’ufficio dalla stessa Cassazione in ogni momento e senza il rispetto di formalità particolari.
Di recente la Cassazione nella sentenza n. 3755/2024 ha chiarito che: l’errore di fatto di cui all’art. 625 bis c.p.p è un errore percettivo che si verifica quando, durante la lettura degli atti processuali, la Corte commette una svista o un equivoco. Questo errore deve influenzare il processo decisionale, portando a una sentenza diversa da quella che sarebbe stata emessa se i fatti fossero stati percepiti correttamente. In pratica, è come se la Corte “vedesse male” ciò che è scritto negli atti, e questo “errore di visione” alteri il risultato finale. Ne consegue che il ricorso straordinario per errore di fatto non è ammissibile se l’errore della Cassazione è di tipo valutativo. Questo significa che se la Corte ha correttamente compreso i fatti, ma ha formulato un giudizio o una valutazione diversa da quella sperata dalla parte, non si può parlare di un errore percettivo. Il ricorso in conclusione è possibile solo quando l’errore riguarda la percezione oggettiva dei fatti, non la loro interpretazione o valutazione.
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