responsabilità comune custodia

Il Comune è responsabile delle strade in custodia La Cassazione ha ribadito che il Comune ha una responsabilità oggettiva da cose in custodia rispetto alla strada comunale ed è pertanto tenuto a risarcire i danni che da essa derivano

Ciclista inciampa nella feritoia: il caso

Nella vicenda in esame un ciclista, nel percorrere un tratto di strada comunale, era incappato con una ruota in una fessura posta al di sotto del manto stradale e, cadendo a terra, aveva riportato alcune lesioni personali.

A seguito del suddetto episodio, il danneggiato aveva convenuto il giudizio il Comune ritenuto responsabile del tratto stradale in questione ed aveva domandato il risarcimento dei danni subiti.

Il Giudice di merito aveva concluso il proprio esame condannando il Comune al risarcimento del danno patito dal ciclista.

Avverso tale decisione il Comune aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Nesso causale

La Suprema Corte, con ordinanza n. 12988-2024, ha rigettato il ricorso proposto dal Comune.

In particolare, la Cassazione, dopo aver ripercorso i fatti di causa, ha anzitutto affermato che le argomentazioni elaborate dalla Corte d’appello in punto di nesso causale tra la fessura nel manto stradale e l’evento dannoso, nonché la ritenuta assenza di un concorso del danneggiato alla causazione dell’evento lesivo, sono conformi al consolidato orientamento interpretativo formatosi in ordine alla responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c.

Per quanto nello specifico attiene alla responsabilità ex art 2051 c.c., la Corte ha affermato che la giurisprudenza è costante nel ritenere che essa abbia natura oggettiva “e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (…), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo”.

Nella medesima direzione argomentativa muove l’affermazione della Corte secondo cui “l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito (…) si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, (…), ravvisandosi il presupposto di operatività della fattispecie, consistente nella relazione di fatto tra un soggetto e la cosa”.

In questo senso, la Corte ritiene che sia corretto riconoscere un onere di custodia in capo al Comune ricorrente, posto che, nel caso di specie, il sinistro era avvenuto in una strada comunale aperta al pubblico ed anzi molto frequentata.

Sulla scorta delle suddette argomentazioni e per quanto qui rileva, la Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso del Comune.

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Cassazione: multe nulle se l’autovelox non è omologato Le sanzioni erogate per la violazione del limite di velocità rilevate con l’autovelox sono nulle se l’apparecchio non è omologato ma solo approvato

Autovelox non omologati

La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza storica sulle apparecchiature autovelox utilizzate per rilevare le infrazioni di velocità.

Secondo l’ordinanza 10505-2024 del 18 aprile 2024, che ha destato parecchio clamore in tutto il territorio nazionale, le multe comminate con apparecchiature autovelox prive di omologazione sono da considerarsi nulle.

Questa decisione chiarisce inoltre la differenza tra omologazione e approvazione delle apparecchiature, sollevando importanti questioni sul sistema sanzionatorio stradale.

Violazione limite di velocità con autovelox non omologato

La vicenda ha inizio con il ricorso di un conducente al Giudice di Pace, che accoglie l’opposizione al verbale di accertamento della Polizia con cui gli era stata contesta la violazione dell’articolo 142 comma 8, per avere superato il limite di velocità di 90 Km/h. Rilievo che era stato effettuato per mezzo di un dispositivo autovelox fisso.

Il Comune appellava la decisione, ma il Tribunale la respingeva perché l’apparecchiatura con cui era stata rilevata la violazione del limite di velocità non risultata omologata. Il Tribunale precisava al riguardo che “l’accertamento dell’indicata infrazione era avvenuto con la citata apparecchiatura elettronica senza che fosse stata preventivamente omologata ai sensi di legge, non risultando rilevante allo scopo la mera approvazione preventiva di tale mezzo di rilevazione, siccome non equipollente all’omologazione ministeriale, posto che quest’ultima autorizza la riproduzione in serie del prototipo di un apparecchio testato in laboratorio, mentre la semplice approvazione è riconducibile ad un procedimento di tipo semplificato che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o previste da particolari previsioni del regolamento.”

Il Comune soccombente, insoddisfatto dell’esito del giudizio, impugnava la decisione in Cassazione, che incentra la motivazione della sentenza proprio sulla differenza tra omologazione e approvazione.

Differenze tra omologazione e approvazione

La Cassazione, rigettando la tesi dell’Ente Territoriale ricorrente, precisa che l’articolo 142, comma 6 del Codice della Strada (c.d.s) è chiaro e decisivo nel ritenere idonee solo le apparecchiature “debitamente omologate” per l’accertamento strumentale della velocità. L’articolo 192 del regolamento di attuazione del c.d.s. (d.P.R. n. 495/1992) distingue invece le attività di omologazione e approvazione, specificando che l’omologazione è un procedimento tecnico-amministrativo che garantisce la funzionalità e la precisione degli autovelox. L’approvazione, invece, è un processo meno rigoroso, che non richiede test dettagliati.

Importanza della prova della corretta funzionalità

Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, la Pubblica Amministrazione (P.A) deve fornire prova della corretta funzionalità degli autovelox attraverso certificazioni di omologazione e conformità. Questo obbligo deriva dalla necessità di garantire che gli strumenti utilizzati per le sanzioni stradali siano tecnicamente affidabili e precisi. La Corte Costituzionale aveva già sottolineato questa necessità nella sentenza 113/2015 e la Cassazione con la presente ordinanza  rafforza  ulteriormente questa posizione.

Implicazioni della decisione della Cassazione sulle multe

La decisione della Cassazione ha risvolti pratici significativi. In pratica, tutti gli autovelox privi di omologazione e certificazione metrologica sono considerati illegali. Questo implica che molte delle sanzioni attualmente emesse possono essere contestate e annullate, se le apparecchiature utilizzate non rispettano i requisiti stabiliti dalla normativa.

La pronuncia rappresenta un importante passo avanti nella regolamentazione delle sanzioni stradali e nella garanzia della correttezza dei procedimenti sanzionatori. Essa rafforza l’obbligo per la P.A di utilizzare solo apparecchiature omologate e conformi alle normative tecniche, ponendo un freno all’uso indiscriminato di autovelox non certificati. Questo intervento giuridico mira a tutelare i diritti degli automobilisti, assicurando che le sanzioni siano comminate solo sulla base di rilevamenti accurati e legalmente validi.

 

 

 

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