Patto di quota lite invalido: compenso in base alle tariffe Patto di quota lite invalido se prevede il 40% del compenso in caso di vittoria e nulla in caso di sconfitta, alll'avvocato compenso in base alle tariffe forensi

Patto di quota lite invalido

La Cassazione nella sentenza n. 9359/2025 si è espressa sul patto di quota lite tra avvocato e cliente. L’accordo prevedeva un compenso del 40% in caso di vittoria e non prevedeva alcun compenso in caso di sconfitta. Per gli Ermellini un patto di questo tipo non è valido. La legge vieta infatti questi accordi ai fini del riconoscimento del compenso del legale.

Compenso avvocato pari al 40%

La causa ha inizio perché una donna incarica un avvocato di difenderla in un giudizio. L’accordo relativo al compenso del legale prevede il riconoscimento del 40% della somma che la cliente potrebbe ottenere in giudizio. Accade però che la cliente perde la causa. L’avvocato chiede quindi il pagamento del compenso previsto in base alle tariffe forensi, sostenendo la nullità del patto convenuto. Il Tribunale di Forlì accoglie la domanda dell’avvocato, ritenendo nullo il patto di quota lite e applicando le regole sul compenso del difensore. La cliente nell’impugnare la decisione, sostiene che l’accordo stipulato con il legale non è vietato. Le clausole, a suo dire, hanno portata autonoma. Una clausola commisurava infatti il compenso al 40% del risultato, l’altra prevedeva l’assenza di compenso in caso di sconfitta. Questa seconda clausola deve essere interpretata come una rinuncia preventiva al compenso.

Nullo il patto di quota lite, valido il contratto

La Cassazione però rigetta il ricorso della cliente, affermando che le due clausole formavano in realtà un unico accordo. Questo accordo regolava il compenso del difensore e le clausole in esso contenute prevedevano due ipotesi alternative. In caso di vittoria, il compenso era il 40%, mentre in caso di sconfitta, non spettava alcun compenso. Un’ipotesi dipendeva dall’altra, le stesse non costituivano patti autonomi.

La Cassazione conferma quindi la nullità del patto di quota lite, precisando però che la nullità è parziale e non inficia comunque l’intero contratto di patrocinio. Questo infatti resta valido e il compenso del difensore deve essere calcolato in base alle tariffe forensi. Il tribunale quindi ha correttamente ritenuto la clausola di rinuncia un patto di quota lite, ma la legge vieta questi accordi a tutela del lavoro del difensore.

 

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avvocati e praticanti

Avvocati e praticanti: i bandi 2025 di Cassa Forense Cassa Forense ha pubblicato i bandi 2025 destinati ad avvocati e praticanti iscritti. 19 bandi di assistenza finalizzati a sostenere la professione, la salute e la famiglia

Cassa Forense: pubblicati i nuovi bandi 2025

La Cassa Forense ha approvato per il 2025 un pacchetto di 19 bandi di assistenza, finalizzati a sostenere la professione forense, la salute e la famiglia, con uno stanziamento complessivo pari a 20 milioni di euro. Tra le novità più rilevanti, si segnalano i contributi economici riservati a praticanti e avvocate vittime di violenza di genere, i sussidi per la preparazione all’esame di abilitazione e le agevolazioni per le spese di alloggio in studentati universitari.

Nuovi contributi 2025: inclusione e supporto

Tre i nuovi interventi introdotti:

  • Contributo in favore di avvocate e praticanti vittime di violenza (bando n. 6/2025), destinato a offrire un sostegno reale a chi si trova in condizione di fragilità;

  • Sussidi per i praticanti che affrontano l’esame di Stato (bando n. 7/2025), a copertura dei costi di corsi formativi e materiali professionali;

  • Contributi per le spese di alloggio in studentati (bando n. 17/2025), per i figli universitari degli iscritti alla Cassa.

Il presidente Valter Militi ha dichiarato che questi strumenti sono una risposta concreta all’urgenza sociale e un segnale chiaro di solidarietà istituzionale, finalizzato a garantire pari opportunità e contrastare ogni forma di discriminazione e violenza.

Misure confermate e platea dei beneficiari

Accanto ai nuovi bandi, restano attivi i contributi già collaudati negli anni precedenti, tra cui:

  • contributi per l’acquisto di strumenti informatici;

  • sussidi per la partecipazione ai centri estivi dei figli minori;

  • premi e borse di studio per merito o per situazioni familiari particolari.

I beneficiari possono essere:

  • avvocati iscritti alla Cassa;

  • praticanti iscritti;

  • pensionati per invalidità (purché in regola con obblighi dichiarativi e contributivi).

La regolarità contributiva e dichiarativa costituisce requisito imprescindibile per l’ammissione ai singoli bandi.

Contributo ai praticanti: plauso di Aiga

Particolare apprezzamento è stato espresso dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) per il contributo fino a 1.000 euro rivolto ai praticanti, utile a sostenere le spese per corsi di formazione e per l’acquisto di strumenti utili all’avvio della professione. AIGA ha evidenziato come questa misura rappresenti un passo significativo per contenere gli effetti della soppressione del dimezzamento del contributo soggettivo minimo, auspicando un adeguamento del relativo regolamento.

Elenco dei bandi Cassa Forense 2025

Di seguito, l’elenco completo dei bandi attivi per il 2025, con le rispettive finalità e fondi stanziati:

Bando Oggetto Importo stanziato (€)
1/2025 Prestiti under 35 2.500.000
2/2025 Strumenti informatici 1.800.000
3/2025 Organizzazione studi – Persone fisiche 150.000
4/2025 Organizzazione studi – Persone giuridiche 150.000
5/2025 Attrezzatura sale videoconferenza 300.000
6/2025 Sostegno a vittime di violenza (avvocate/praticanti) 500.000
7/2025 Preparazione esame di abilitazione 1.000.000
8/2025 Esercizio professionale per avvocati con disabilità 150.000
9/2025 Centri estivi per figli minori 1.800.000
10/2025 Corsi di alta formazione 1.500.000
11/2025 Borse di studio per titolo di cassazionista 400.000
12/2025 Premio “Marco Ubertini” per nuovi abilitati 200.000
13/2025 Contributi per ospitalità in case di riposo 200.000
14/2025 Contributo per figli nati/adottati nel 2024 3.000.000
15/2025 Borse di studio per orfani 350.000
16/2025 Borse di studio per studenti universitari 700.000
17/2025 Alloggi in studentati per figli universitari 2.000.000
18/2025 Famiglie numerose 2.000.000
19/2025 Famiglie monogenitoriali 800.000

Modalità di partecipazione e requisiti

Le domande devono essere presentate esclusivamente online tramite l’area riservata del sito ufficiale della Cassa Forense, sezione “Assistenza”. L’accesso è subordinato al possesso della regolarità contributiva e dichiarativa verificabile direttamente nella procedura.

Non è consentito ottenere più contributi della stessa tipologia nello stesso anno. Ogni domanda sarà valutata in base alla conformità ai requisiti previsti dal Regolamento dell’assistenza e alle disponibilità di bilancio.

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interdizione e inabilitazione

Addio a interdizione e inabilitazione? Interdizione e inabilitazione a rischio: un emendamento del Governo al ddl AS n. 1192 vuole superare questi istituti in favore dell'AdS

Interdizione e inabilitazione

Interdizione e inabilitazione a rischio. L’emendamento del Governo alla legge di semplificazione annuale (ddl AS n. 1192) prevede l’accorpamento degli istituti dell’inabilitazione e dell’interdizione nell’amministrazione di sostegno.

L’emendamento delega l’Esecutivo a rivedere gli istituti di tutela suddetti al fine di superarli gradualmente e accorpare la tutela dei disabili nell’amministrazione di sostegno, dopo una attenta rimodulazione.

Interdizione e inabilitazione: deboli a rischio?

Insorge l’avvocatura sottolineando l’importanza dell’assistenza professionale per i soggetti deboli. Il superamento degli istituti tradizionale di tutela pare del tutto inopportuno. Le modifiche al vaglio rischiano inoltre di compromettere la ratio dell’istituto dell’amministrazione di sostegno.

Condivisibile l’obiettivo di superare istituti anacronistici, ma occorre considerare anche la possibile regressione delle garanzie dei diritti fondamentali dei soggetto più deboli.

L’emendamento rischia anche di minacciare i patrimoni, appare  quindi necessario proporre livelli di formalità diversi per patrimoni e redditi maggiori.

Gli istituti dell’amministrazione di sostegno, dell’inabilitazione e interdizione inoltre sono diversi. L’amministrazione di sostegno è più elastica e adatta a situazioni temporanee. L’inabilitazione e all’interdizione invece hanno funzione stabile e duratura.

Occorrono criteri stringenti e definiti per l’applicazione dell’Amministrazione di sostegno, garanzie di controllo giurisdizionale e partecipazione attiva del beneficiario. Necessario a tal fine   il coinvolgimento delle professioni legali e del terzo settore.

Aiga: serve una riforma giusta ed equilibrata

Aiga ritiene che l’emendamento comprometta la tutela dei più fragili, ne riduca le garanzie e ne indebolisca la protezione patrimoniale.

Nel suo comunicato stampa del 9 aprile 2025 ricorda anche la propria proposta di legge finalizzata a:

  • riconoscere la professionalità degli amministratori di sostegno;
  • garantire un compenso equo e dignitoso a questi soggetti;
  • definirne chiaramente le responsabilità;
  • rafforzarne la tutela fiscale e legale.

Il legislatore deve adottare un approccio responsabile, tutelare i diritti dei soggetti fragili e garantire la dignità professionale degli amministratori di sostegno.

mancato deposito telematico

Mancato deposito telematico è sempre imputabile all’avvocato Mancato deposito telematico: imputabile all'avvocato se non sussistono problemi tecnici che lo impediscono

Mancato deposito telematico

Il mancato deposito telematico ricade sempre sulla responsabilità dell’avvocato. La Corte di Cassazione nella sentenza n. 9269/2025 ha enunciato questo principio, dichiarando improcedibile un ricorso contro un avviso di accertamento IMU perché lo stesso è avvenuto oltre i termini e in forma cartacea, senza giustificazioni valide.

Richiesta di autorizzazione al deposito cartaceo

La vicenda che porta la Cassazione a enunciare il principio esposto in materia di deposito, nasce da un contenzioso tra una contribuente e il Comune. Quest’ultimo aveva richiesto il pagamento dell’IMU per l’anno 2015. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli alla contribuente, il suo avvocato ha presentato ricorso in Cassazione. Il deposito però non è avvenuto nei tempi previsti (20 giorni dalla notifica), ed è stato fatto in formato cartaceo. La difesa ha tentato di giustificare il deposito cartaceo invocando difficoltà tecniche nel sistema telematico. L’avvocato ha ammesso la propria “mancata perizia” nell’uso della piattaforma informatica. Ha anche chiesto l’autorizzazione per il deposito in formato cartaceo, che la Prima Presidente ha concesso in via d’urgenza. Tuttavia, ha precisato che ogni valutazione definitiva spettava al Collegio.

Mancato deposito telematico, responsabile l’avvocato

La Corte per decidere al meglio chiede al Centro Elettronico di Documentazione (CED) di verificare eventuali disfunzioni informatiche. La risposta però è stata chiara: il sistema era pienamente funzionante nei giorni indicati. Nessun problema tecnico impediva il deposito telematico. Non sussistevano pertanto le condizioni di urgenza previste dalla normativa per autorizzare il deposito cartaceo.

La Corte richiama i principi espressi in precedenti sentenze e alla luce di questi ricorda che solo eventi eccezionali ed estranei alla volontà dell’avvocato, possono giustificare il mancato deposito telematico. Le difficoltà soggettive o la scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali non bastano. La procedura online, oggi obbligatoria, richiede preparazione e attenzione. L’errore dell’avvocato non può essere coperto da deroghe. Nel caso di specie comunque il legale non ha neppure avviato la procedura telematica. Non ha tentato cioè l’invio online del ricorso. Ha semplicemente scelto la via cartacea, ma così facendo, ha violato le norme sul deposito in Cassazione, rendendo improcedibile l’intero ricorso.

Avvocati: obbligatori strumenti previsti dalla legge

In conclusione, in assenza di reali impedimenti tecnici, come avvenuto nel caso di specie, l’omesso deposito telematico è frutto di negligenza. Nessuna deroga può coprire l’inadempienza. Il difensore ha l’obbligo di utilizzare correttamente gli strumenti previsti dalla legge. La decisione contiene un chiaro monito per la categoria forense. L’avvocato non può più permettersi incertezze sul piano tecnico. Il rispetto delle regole del processo telematico non è una facoltà, ma un dovere preciso, che se non viene rispettato presenta conseguenze inevitabili.

 

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praticantato forense

Praticantato forense valido anche all’estero La Corte UE rafforza la libertà di circolazione: praticantato forense valido presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro

Praticantato forense all’estero

È conforme al diritto dell’Unione europea il praticantato forense svolto presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro. Lo ha stabilito la Corte di giustizia UE con la sentenza C-807/23 del 3 aprile 2025. La CGUE ha affermato che gli Stati membri non possono ostacolare la libera circolazione dei lavoratori mediante restrizioni ingiustificate all’accesso alla professione forense.

Il caso: praticantato svolto in Germania

La pronuncia è intervenuta su rinvio pregiudiziale della Corte suprema austriaca, nel contesto di una controversia che vedeva coinvolta una cittadina austriaca. La donna, assunta da uno studio legale con sede in Germania, aveva svolto la pratica forense sotto la guida di un avvocato austriaco, associato dello studio. Tuttavia, l’Ordine degli avvocati aveva respinto la domanda di iscrizione nel registro dei praticanti. Il COA riteneva che il tirocinio dovesse essere effettuato presso un professionista stabilito in Austria.

Il principio stabilito dalla Corte UE

I giudici di Lussemburgo, hanno affermato che “l’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato presso un avvocato stabilito in detto Stato, escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro”. Ciò sebbene “tale avvocato sia iscritto ad un ordine degli avvocati del primo Stato membro e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di tale primo Stato membro”. E “non consentendo quindi ai giuristi interessati di svolgere tale parte di detto praticantato in un altro Stato membro”. A condizione, tuttavia, “che essi provino alle autorità nazionali competenti che, così come sarà svolta, è idonea ad assicurare loro una formazione e un’esperienza equivalenti a quelle che fornisce un praticantato presso un avvocato stabilito nel primo Stato membro”.

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esame avvocati cassazionisti

Esame avvocati cassazionisti 2025 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero della Giustizia di indizione dell'esame avvocati cassazionisti 2025

Esame avvocati cassazionisti 2025: decreto in GU

Esame avvocati cassazionisti: è stato pubblicato in Gazzetta il decreto del ministero della Giustizia del 12 marzo 2025 di indizione della sessione di esami per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori per l’anno 2025. Il termine per l’invio delle domande di ammissione è il 6 giugno 2025.

I requisiti

Per essere ammessi all’esame gli aspiranti devono essere iscritti nell’albo degli avvocati e avere esercitato la professione per almeno 5 anni dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello. Devono, inoltre, aver compiuto lodevole e proficua pratica di almeno 5 anni presso lo studio di un avvocato che eserciti abitualmente il patrocinio davanti alla Cassazione.
I candidati ai quali non sia stata comunicata l’esclusione dall’esame sono tenuti a presentarsi, per sostenere le prove scritte, nel luogo, giorno ed ora indicati nella GU dell’11 luglio 2025.

La domanda

Le domande di ammissione all’esame, corredate di marca da bollo e della documentazione richiesta, dovranno pervenire, improrogabilmente, al Ministero della giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia – Direzione generale degli affari interni – Ufficio II – Ordini professionali e albi – via Arenula n. 70, 00186 Roma, entro il termine del 6 giugno 2025.

Le prove

Le prove sono le seguenti:

  • 3 scritti, consistenti nella compilazione di tre ricorsi per cassazione in materia civile, penale e amministrativa. Quest’ultima prova può anche consistere in un ricorso al Consiglio di Stato o alla Corte dei conti in sede giurisdizionale;
  • una prova orale, sostenuta dai candidati dichiarati idonei agli scritti, su un tema avente per oggetto una contestazione giudiziale. Nella stessa il candidato deve dimostrare la propria cultura e l’attitudine al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.

Sono dichiarati idonei i candidati che conseguano complessivamente, una media di sette decimi, avendo riportato non meno di sei decimi in ciascuna prova.
Una volta ultimate le prove orali, la commissione forma l’elenco dei candidati che hanno conseguito l’idoneità.

i principi della deontologia forense

I principi della deontologia forense secondo il CNF Il CNF coglie l'occasione per affrontare i temi fondamentali dei principi della deontologia forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, dignità e decoro

I principi della deontologia forense

La sentenza n. 352/2024 del Consiglio Nazionale Forense, pubblicata il 26 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, affronta i fondamentali principi della deontologia forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, dignità e decoro che l’avvocato è tenuto a osservare, anche al di fuori dell’esercizio della professione.

Contesto e fatti della vicenda

L’avvocato protagonista della vicenda è stato sottoposto a procedimento disciplinare per violazione dei doveri deontologici sanciti dall’articolo 9 del Codice Deontologico Forense (CDF). Le accuse mosse riguardavano gravi reati, tra cui il riciclaggio di rifiuti tossici e il concorso esterno in associazione camorristica, commessi tra il 2001 e il 2019. Tali condotte, sebbene non direttamente legate all’attività professionale, hanno sollevato preoccupazioni circa l’integrità e l’immagine dell’intera classe forense.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Il CNF, nella sua decisione, ha ribadito che i principi disciplinati dall’articolo 9 del CDF rappresentano valori fondamentali che l’avvocato deve rispettare non solo nell’esercizio della professione, ma anche al di fuori, nella vita privata. L’articolo 9, infatti, stabilisce che l’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Inoltre, impone che l’avvocato, anche al di là dell’attività professionale, osservi i doveri di probità, dignità e decoro, salvaguardando la propria reputazione e l’immagine della classe forense.

Il CNF ha sottolineato che tali principi sono essenziali per tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’intera classe professionale. Comportamenti contrari a questi valori, anche se estranei all’attività professionale, possono ledere la fiducia pubblica nell’avvocatura e compromettere l’immagine della professione. Pertanto, l’avvocato è tenuto a mantenere una condotta irreprensibile in ogni ambito della propria vita, a tutela della dignità e del decoro dell’intera categoria. Da qui il rigetto del ricorso. 

sostituto procuratore

Il sostituto procuratore può impugnare le decisioni disciplinari Il Consiglio Nazionale Forense ha chiarito che il sostituto procuratore è legittimato a proporre impugnazione al CNF

Sostituto procuratore e legittimazione ad impugnare

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 353/2024 pubblicata il 13 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, ha chiarito che il Sostituto Procuratore della Repubblica è legittimato a proporre impugnazione avverso le decisioni dei Consigli Distrettuali di Disciplina. Tale pronuncia assume particolare rilievo nell’interpretazione dell’art. 61 della legge n. 247/2012, che indica il Procuratore della Repubblica quale titolare dell’iniziativa ad impugnare dinanzi al CNF ogni decisione del CDD.

Il caso concreto

La vicenda trae origine da un esposto presentato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Frosinone da parte di un assistito nei confronti del proprio avvocato. L’uomo lamentava che il professionista, incaricato di promuovere un’azione risarcitoria, avrebbe omesso di riassumere nei termini previsti una causa non iscritta a ruolo per difetto di notifica. Avrebbe fornito nel contempo informazioni fuorvianti sullo stato del procedimento e richiedendo compensi per attività non svolte. 

Il CDD di Roma disponeva l’archiviazione del procedimento per “manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare”. Successivamente, il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone impugnava tale decisione dinanzi al CNF, chiedendo l’annullamento dell’archiviazione e la prosecuzione del procedimento disciplinare. 

Le motivazioni del CNF

Il CNF ha ritenuto ammissibile l’impugnazione proposta dal Sostituto Procuratore, evidenziando che, nonostante l’art. 61 della legge n. 247/2012 attribuisca formalmente al Procuratore della Repubblica il potere di impugnare le decisioni dei CDD, tale facoltà deve essere interpretata alla luce del principio di impersonalità dell’ufficio del Pubblico Ministero. Pertanto, anche i Sostituti Procuratori, in quanto componenti dell’ufficio, sono legittimati a esercitare tale potere.

Nel merito, il CNF ha rilevato che la decisione di archiviazione adottata dal CDD risultava carente di motivazione, soprattutto alla luce della pendenza di un procedimento penale a carico dell’incolpato, relativo ai medesimi fatti. Di conseguenza, il CNF ha annullato la delibera di archiviazione e ha disposto la trasmissione degli atti al CDD per il seguito. 

processo penale

Processo penale: deposito telematico obbligatorio dal 1° aprile Dal 1° aprile 2025 scatta il deposito telematico obbligatorio per alcuni atti del processo penale, come previsto dal dm 206/2024

Deposito telematico processo penale

Il Decreto n. 206 del 27.12.2024 del Ministero della giustizia modifica il precedente regolamento sul processo penale telematico, introducendo importanti novità sui depositi telematici degli atti nei procedimenti penali.

In particolare, il provvedimento ha previsto il deposito telematico obbligatorio dal 1° gennaio 2025 negli uffici giudiziari penali (Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario; Procura europea; Sezione del giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale ordinario; Tribunale ordinario; Procura generale presso la corte d’appello (limitata ai procedimenti di avocazione)) contemplando tuttavia alcune deroghe temporanee.

Depositi telematici dal 1° aprile 2025

Tra queste rileva l’obbligo differito, appunto, al 1° aprile 2025, del deposito telematico per l’iscrizione delle notizie di reato (articolo 335 del codice di procedura penale) e per gli atti relativi ai procedimenti disciplinati dal libro VI, titoli I (abbreviato) III (direttissimo) e IV (immediato, del codice di procedura penale, impugnazioni comprese. Fino al 31 marzo tali atti potevano essere depositati non telematicamente. Dal 1° aprile, invece, le iscrizioni al Registro delle notizie di reato e i depositi relativi ai giudizi abbreviati, direttissimi e immediati dovranno avvenire esclusivamente in via telematica,

Le richieste dell’OCF

Tale adempimento ha messo in subbuglio l’avvocatura, che ha già evidenziato le criticità dei depositi telematici obbligatori nel processo penale, dati i malfunzionamenti e le sospensioni registrate nei mesi scorsi. Ad intervenire, nello specifico, è l’Organismo Congressuale Forense, con una nota del 31 marzo, esprimendo “forte preoccupazione per le numerose criticità ancora presenti, che rischiano di compromettere il diritto di difesa e il corretto funzionamento della giustizia”.

A gennaio, rammenta infatti l’OCF, “87 Presidenti di Tribunale hanno sospeso l’efficacia del DM nei rispettivi circondari a fronte di segnalazioni di malfunzionamento dai rispettivi RID (Referente Distrettuale per l’Innovazione) e MAGRIF (Magistrato di Riferimento per l’Innovazione)”. Alcuni decreti di sospensione sono stati prorogati nei giorni scorsi e altri potrebbero seguire. “Restano molte inefficienze, tra cui ritardi nelle iscrizioni al Registro Notizie di Reato, mancata annotazione delle nomine che impedisce il deposito di atti successivi, richiesta sistematica del certificato ex art. 335 CPP, mancata attivazione di funzionalità essenziali e rifiuto di accettazione dei depositi”. Queste le criticità evidenziate dall’Organismo. Senza contare che “l’assenza di un atto generico impedisce il deposito di richieste non previste espressamente, mentre le diverse interpretazioni della normativa da parte dei magistrati generano incertezza applicativa”.

Inoltre, rileva la nota, “alcuni uffici giudiziari escludono la costituzione di parte civile o la produzione documentale se non previamente depositata sul Portale depositi atti penali, altri richiedono il doppio deposito cartaceo e telematico nella stessa giornata, ignorando le difficoltà di accesso al fascicolo telematico da parte delle parti processuali”.

Da qui la richiesta di “interventi urgenti per risolvere le criticità evidenziate, garantendo uniformità e funzionalità al sistema telematico”.

 

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rigetto tardivo

Rigetto tardivo istanza iscrizione all’albo degli avvocati Per il Consiglio Nazionale Forense, il rigetto tardivo dell'istanza di iscrizione all'albo degli avvocati non comporta la nullità

Rigetto tardivo iscrizione albo avvocati

Il rigetto tardivo dell’istanza di iscrizione all’albo degli avvocati non ne comporta la nullità. Si tratta, infatti di un termine di natura ordinatoria che può avere ricadute sulla tempestività del ricorso, eventualmente prolungando i termini per la sua proponibilità. Così si è espresso il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 350/2024, pubblicata il 10 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, affronta la questione relativa alla notifica dei provvedimenti di rigetto delle istanze di iscrizione all’albo o registro professionale.

Contesto normativo

L’articolo 17, comma 7, della Legge n. 247/2012 prevede che il provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione all’albo o registro debba essere notificato all’interessato entro 15 giorni dalla sua adozione. Tale disposizione riprende quanto già stabilito dall’articolo 37, comma 3, del Regio Decreto Legge n. 1578/1933.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Nella sentenza in esame, il CNF ha chiarito che il termine di 15 giorni per la notifica del provvedimento di rigetto ha natura ordinatoria e non perentoria. Di conseguenza, una notifica tardiva o addirittura la mancata notifica del provvedimento non ne determina la nullità. Tuttavia, tali ritardi possono influire sulla tempestività del ricorso da parte dell’interessato, estendendo eventualmente i termini per la sua proposizione.