protocollo tutela professionisti

Minacce ai professionisti: siglato il protocollo E' stata firmata l'intesa al Viminale tra avvocati, notai e commercialisti e dipartimento della pubblica sicurezza per la tutela dei professionisti

Protocollo a tutela dei professionisti

“Monitorare gli episodi intimidatori compiuti nei confronti degli avvocati, dei commercialisti e dei notai chiamati a svolgere funzioni sussidiarie delle Autorità giudiziarie e indipendenti”. È questo l’obiettivo ispiratore dell’intesa firmata ieri pomeriggio al Viminale tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, il Consiglio Nazionale Forense, il Consiglio Nazionale dei Commercialisti e il Consiglio Nazionale del Notariato.

L’accordo è stato firmato dal Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Vittorio Pisani; dal Vicepresidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Napoli; dal Presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti, Elbano de Nuccio; dal Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, Giulio Biino. Presente anche il Prefetto Annunziato Vardé, Direttore dell’Ufficio per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di Polizia.

Al via l’Osservatorio dedicato

“L’istituzione di un Osservatorio dedicato consentirà di avere un quadro completo del fenomeno e di mettere in campo azioni concrete per contrastarlo. L’intimidazione dei professionisti rappresenta un attacco al diritto di difesa e al corretto funzionamento della giustizia” spiega il presidente del CNF, Francesco Greco.

Il protocollo, conclude, è “un passo fondamentale nella tutela degli avvocati e di tutti i professionisti che, nell’esercizio delle loro funzioni, subiscono minacce e intimidazioni”.

scuola praticanti notai

Al via la scuola per praticanti notai Il notariato comunica l'apertura di una nuova scuola per la preparazione giuridica dei praticanti notai

Notariato, la scuola per i praticanti

E’ partito il progetto formativo della “Scuola Nazionale del Notariato Giancarlo Laurini” del Consiglio Nazionale del Notariato e della Fondazione Italiana del Notariato. L’obiettivo è quello di “indirizzare, sostenere e consolidare la preparazione giuridica dei praticanti notai, necessaria per il superamento delle prove di concorso e per lo svolgimento dell’attività notarile” si legge nella nota diffusa ieri dallo stesso Notariato.

Finalità essenziale della Scuola è quella di accompagnare lo studio teorico-pratico con l’acquisizione dei principi etici e deontologici fondamentali per l’esercizio corretto della funzione notarile.

L’offerta formativa

Due le proposte formative della Scuola:

  • il “Notary Camp 2024”, tre corsi intensivi della durata di cinque giorni ciascuno (dal lunedì al venerdì) in partenza il prossimo 24 giugno. Si tratta di incontri di studio solo “in presenza” dedicati all’approfondimento di tematiche giuridiche (diritto civile, diritto delle successioni e diritto commerciale) che potrebbero risultare di particolare interesse nell’imminenza delle prove di concorso. Sarà possibile iscriversi sul sito www.scuolanazionalenotariato.it da domani 29 maggio 2024, a partire dalle ore 11, fino al raggiungimento del numero dei posti disponibili. La partecipazione per quest’anno è gratuita.
  • il “Corso ordinario 2024-2025”, della durata di nove mesi (dal 7 ottobre 2024 al 26 giugno 2025), al quale si potrà partecipare sia “in presenza” che “a distanza”, tramite la piattaforma della Scuola. Il Corso sarà suddiviso in tre moduli corrispondenti alle tre prove scritte di concorso (diritto civile, diritto delle successioni e diritto commerciale), completati dallo studio delle materie necessarie per assicurare una preparazione completa e interdisciplinare, quali la legge notarile, la deontologia, la legislazione urbanistica e catastale, il diritto internazionale privato, il diritto dell’Unione Europea, l’informatica giuridica e il diritto tributario. I mesi di maggio e giugno saranno dedicati alle prove di “simulazione di concorso”, con la relativa correzione collettiva e individuale, e costituiranno un quarto modulo solo “in presenza”. Le iscrizioni saranno aperte a partire da metà giugno e saranno messe a disposizione 8 borse di studio: il bando delle borse di studio e tutte le informazioni sui requisiti e sulle modalità di partecipazione saranno disponibili sul sito ufficiale www.scuolanazionalenotariato.it.
titolo avvocato

Il titolo di avvocato non equivale a quello rilasciato dalle SSPL Il TAR afferma che il titolo d’avvocato non dimostra il possesso di tutte le conoscenze che le SSPL offrono, essendo queste dirette a formare figure professionali eterogenee, per la preparazione a concorsi ed esami diversi

SNA: esclusa candidata per assenza del titolo

Nel caso di specie, la ricorrente dopo aver superato le prove preselettive del corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale per il reclutamento di dirigenti nelle amministrazioni statali, veniva contatta dagli uffici della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) per le verifiche relative al possesso dei requisiti dichiarati nella domanda di partecipazione, con particolare riguardo alla natura e alle caratteristiche del titolo post lauream, poiché lo stesso non risultava riconducibile ad alcuno dei tre titoli tassativamente previsti dal bando.

Rispetto a tale richiesta di chiarimenti, la candidata aveva esposto le ragioni per cui il titolo posseduto rientrava tra quelli post-universitari considerati utili ai fini dell’accesso al corso concorso di formazione dirigenziale, avente le caratteristiche di cui all’art. 2 del D.P.C.M. 27 aprile 2018, n. 80.

A seguito di ulteriori verifiche istruttorie, la SNA aveva trasmesso alla ricorrente una nota nella quale aveva evidenziato che il titolo in questione non era ascrivibile, né ad un master universitario di secondo livello, né ad un diploma conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con il D.P.C.M. 27 aprile 2018, n. 80. Ne conseguiva, pertanto, l’esclusione della candidata dalla procedura concorsuale.

Avverso il suddetto provvedimento di esclusione la candidata aveva proposto ricorso dinanzi al Tribunale Regionale per il Lazio.

Il titolo indicato nel bando di concorso

Il TAR Lazio, con sentenza n. 8767/2024, ha rigettato il ricorso proposto.

Per quanto qui rileva, la ricorrente ha affermato che il titolo post-universitario dalla stessa posseduto era stato rilasciato dalla “Scuola nazionale di Alta Formazione Specialistica” dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani (UFDU), riconosciuta dal Ministero della Giustizia, dal Consiglio nazionale Forense in convenzione/consorzio, oltre che con la Scuola Superiore dell’Avvocatura e con cinque Istituti Universitari italiani, pertanto, tale scuola “non sarebbe un mero ente di formazione privato ma un’istituzione pubblico-privata riconosciuta costituita in un vero e proprio consorzio universitario sotto il diretto controllo del Ministero della Giustizia”.

Inoltre, elemento cruciale del ricorso proposto, l’aspirante candidata ha rilevato che, per l’accesso alla suddetta scuola non era sufficiente possedere un titolo di laurea, ma era altresì necessario essere iscritti all’albo degli Avvocati. Ne sarebbe conseguito che il titolo posseduto dalla ricorrente, non solo doveva essere qualificato come master di secondo livello, ma anche come titolo addirittura superiore ai diplomi di specializzazione richiamati dall’art. 4, D.P.C.M. n. 80/2018 sub lettera b), per il conseguimento dei quali è sufficiente il possesso della sola laurea.

La discrezionalità dell’amministrazione

Rispetto alle contestazioni formulate dalla ricorrente, il Giudice amministrativo ha anzitutto ricordato che “in linea di principio, l’amministrazione gode di ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione ad una procedura concorsuale, che va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare. Naturalmente, in quanto esercizio di discrezionalità, tale potere di scelta non può essere esercitato in modo arbitrario ed è suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà, contraddittorietà e irragionevolezza”.

Ciò premesso, il TAR ha ritento che la previsione del bando, secondo cui “al corso-concorso selettivo di formazione di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono essere ammessi (…) i soggetti muniti di (…) master di secondo livello conseguito presso università italiane o straniere dopo la laurea magistrale”, non consente di ritenere che allo stesso possano accedere anche soggetti muniti di un titolo come quello posseduto dalla ricorrente, non qualificabile come “master rilasciato da Università, italiane o straniere, come richiesto dalla normativa di cui la SNA ha fatto corretta applicazione”.

Analogamente, ha proseguito il TAR, in ordine alla ritenuta qualificazione del titolo alla stregua di un diploma di specializzazione “il d.P.C.M. n. 80/18 (…), recante l’individuazione delle scuole di specializzazione che rilasciano i diplomi che consentono la partecipazione ai concorsi per la qualifica di dirigente di seconda fascia, prevede, all’art. 2, che i diplomi di specializzazione utili ai fini della partecipazione sono quelli rilasciati da scuole di specializzazione istituite presso le università o gli istituti universitari”, tale qualificazione, non appare, secondo il Giudice amministrativo “surrogabile dalla stipula di una semplice convenzione con le università per l’organizzazione e il funzionamento del corso da parte di altro ente, pubblico o privato”, come sarebbe stato il corso cui aveva partecipato la ricorrente e di cui si è dato sopra conto.

Il principio dell’assorbimento del titolo inferiore

Per quanto invece attiene all’operatività o meno, nel caso di specie, del principio dell’assorbimento del titolo inferiore in quello superiore, il TAR ha ricordato la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo cui il superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense dovrebbe considerarsi assorbente rispetto ai titoli post-universitari richiesti dal bando e, segnatamente, al diploma conseguito presso le Scuole di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL), giacché queste ultime sarebbero preordinate all’acquisizione di conoscenze funzionali al superamento dell’esame di abilitazione.

Tuttavia il TAR ha affermato che, nel caso esaminato, il principio di assorbimento non verrebbe in rilievo, posto che il titolo c.d. ‘assorbente’, diversamente dal titolo ‘assorbito’, è costituito da un’abilitazione professionale conseguita all’esito dello specifico percorso formativo e di tirocinio disciplinato dalla legge professionale forense. Non si tratta, in altri termini, di un titolo di studio ma di un titolo professionale.

Quanto sopra riferito, ha precisato il Giudice amministrativo, è confermato dal fatto che “Il superamento dell’esame di abilitazione (…) non dimostra affatto il possesso di tutte le conoscenze che le Scuole offrono (..), essendo queste dirette a formare figure professionali eterogenee (e, soprattutto, a fornire gli strumenti necessari per la preparazione a concorsi ed esami diversi, ciascuno connotato da proprie peculiarità)”.

Il TAR ha pertanto concluso il proprio esame, affermando che deve ritenersi più corretto l’orientamento tradizionale secondo il quale “in materia di procedure concorsuali trova applicazione il principio dell’assorbimento del titolo inferiore in quello superiore in virtù del quale nel caso in cui il bando di concorso preveda quale requisito di partecipazione ad una selezione pubblica un determinato diploma tecnico, deve ritenersi dovuta l’ammissione di un candidato in possesso di laurea “coerente”, in quanto il possesso di un titolo superiore ed assorbente consente in via generale la partecipazione ai pubblici concorsi per i quali sia richiesto un titolo inferiore, dal momento che le materie di studio del primo comprendono, con un maggiore livello di approfondimento, quelle del secondo”.

avvocati ufficio processo formazione

Avvocati sospesi ufficio processo: hanno obbligo formativo? Il CNF chiarisce che gli avvocati sospesi in quanto alle dipendenze dell'ufficio del processo sono esonerati per lo stesso periodo dall'obbligo formativo

Avvocati ufficio del processo e obbligo formativo

Nessun obbligo formativo per gli avvocati assunti all’ufficio del processo. Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense (nel parere n. 21/2024) rispondendo al quesito del COA di Torino.

Il parere del CNF

Il COA chiedeva al CNF di sapere se possano ritenersi esonerati dall’obbligo formativo, per il periodo della sospensione, gli avvocati sospesi obbligatoriamente ex lege per effetto della loro assunzione alle dipendenze dell’Ufficio per il processo.

Il CNF premette che “la sospensione obbligatoria prevista dall’articolo 11, comma 2 bis, del decreto legge n. 80/2021 (come introdotto dall’articolo 17, comma 2, del d.l. n. 33/2022) per l’avvocato assunto alle dipendenze dell’ufficio per il processo è equiparabile, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo formativo, alla sospensione obbligatoria di cui all’articolo 20 della legge 247/2012”.

Pertanto, “come previsto dall’articolo 11 della legge n. 247/12 per gli avvocati sospesi obbligatoriamente, anche gli avvocati assunti alle dipendenze dell’ufficio per il processo e quindi sospesi ex lege devono ritenersi esonerati dall’assolvimento dell’obbligo formativo per la durata della sospensione”.

Il COA di Torino chiede di sapere se possano ritenersi esonerati dall’obbligo formativo, per il periodo della sospensione, gli avvocati sospesi obbligatoriamente ex lege per effetto della loro assunzione alle dipendenze dell’Ufficio per il processo.

concorso magistrato 2024

Concorso 400 magistrati: riaperti i termini In Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero che riapre i termini per la presentazione delle domande per il concorso a 400 posti di magistrato ordinario. C'è tempo fino all'1 giugno

Bando 400 magistrati 2024, riapertura termini

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale – Concorsi ed esami – n. 42 del 24 maggio 2024, il decreto del 21 maggio 2024 che dispone la riapertura dei termini per la presentazione delle domande per il concorso a 400 posti di magistrato ordinario, bandito con provvedimento dell’8 aprile 2024.

Domande entro l’1 giugno

Gli interessati, dunque, potranno presentare la loro istanza dalle ore 12:00 di oggi 24 maggio 2024 alle ore 12:00 dell’1 giugno 2024. 

Elenco candidati idonei e prove concorso 2022

Inoltre, rende noto via Arenula che, con riferimento al concorso per magistrato a 400 posti, bandito con provvedimento del 18 ottobre 2022, di cui è stato pubblicato il numero e l’elenco dei candidati idonei, è stato pubblicato l’elenco delle Corti d’appello secondo l’ordine di estrazione per le prove orali, che avranno inizio il 1° luglio 2024. Si parte dalla Corte d’appello di Bologna.

regole accesso magistratura

Magistrati: le nuove regole su accesso, test e valutazioni Riforma ordinamento giudiziario e collocamento fuori ruolo dei magistrati: cosa prevedono i decreti attuativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 6 aprile 2024

Riforma ordinamento giudiziario: i due decreti attuativi

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 6 aprile 2024 sono stati pubblicati i decreti legislativi n. 44/2024 e n. 45/2024, che attuano la legge delega n. 71/2022, che aveva conferito le deleghe al Governo per riformare l’ordinamento giudiziario e per riordinare la disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati.

Alla luce di questi due testi attuativi analizziamo quali sono le novità più importanti destinate ad avere un maggiore impatto sull’accesso in magistratura e sulla carriera dei magistrati.

Scuola Superiore magistratura: corsi e costi

Il decreto dispone che i corsi di preparazione presso la Scuola superiore siano riservati a laureati in possesso di determinati requisiti e che stanno svolgendo o abbiano svolto il tirocinio presso l’ufficio per il processo o altre strutture. I corsi sono tenuti nelle materie oggetto della prova scritta da docenti di elevata competenza e professionalità. Nel determinare il costo per la frequentazione della Scuola a carico dell’aspirante magistrato si tiene conto delle condizioni reddituali del soggetto e del suo nucleo familiare.

Accesso in magistratura: il test psico-attitudinale

La prova scritta prevede tre elaborati in diritto, civile penale e amministrativo anche alla luce dei principi della Costituzione e dell’Unione Europea. Il diritto commerciale è sostituito dal diritto commerciale e della crisi e dell’insolvenza e il diritto comunitario è sostituito dal diritto dell’Unione Europea.

Dal 2026 i candidati dovranno sostenere un colloquio psico-attitudinale, nel corso del quale saranno sottoposti a test individuati dal CSM nel rispetto delle linee guida e degli standard internazionali di psicometria. Il colloquio sarà diretto dal presidente della seduta con il supporto di un esperto psicologo.

Fascicolo personale del magistrato

Viene istituito il fascicolo per la valutazione del magistrato, da tenere in modalità informatica. Nel fascicolo sono inseriti annualmente i provvedimenti tabellari organizzativi o quelli che individuano compiti e attività giudiziarie ed extra-giudiziarie del magistrato e i programmi annuali di gestione.

Il fascicolo contiene anche dati statistici comparati relativi al lavoro svolto dal magistrato, gli atti e i provvedimenti redatti, i verbali delle udienze a cui ha partecipato e i provvedimenti relativi all’esito degli affari trattati scelti a campione dal CSM al termine di ogni anno. Nel fascicolo sono inseriti anche i provvedimenti o gli atti prodotti dal magistrato nel numero individuato dal CSM, le relazioni di ispezione, gli atti con i quali è stata promossa l’azione disciplinare, i rapporti dei capi dell’ufficio a cui appartiene il magistrato e gli elementi ulteriori individuati dal CSM. Al fascicolo possono accedere i dirigenti dell’ufficio, il magistrato stesso e i componenti dei consigli giudiziari.

Valutazione della professionalità

Tutti i magistrati, ogni quattro anni a partire dalla nomina, sono sottoposti alla valutazione della professionalità. La valutazione della professionalità interessa la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno del magistrato ed è effettuata in base a parametri oggettivi indicati dal CSM.

La capacità riguarda la preparazione giuridica e il livello di aggiornamento.

La laboriosità si riferisce invece alla produttività, ossia al numero e alla qualità degli affari trattati.

La diligenza tiene conto dell’assiduità e della puntualità del magistrato riferita alla presenza del magistrato alle udienze nei giorni stabiliti, ma anche al rispetto dei termini per la redazione e il deposito di provvedimenti

L’impegno viene valutato in base alla disponibilità del magistrato nel sostituire colleghi assenti e frequentare corsi di aggiornamento presso la Scuola superiore della magistratura.

Il CSM disciplina gli elementi in base ai quali consigli giudiziari devono esprimere le valutazioni dei magistrati al fine di garantire omogeneità di giudizio. 

Il procedimento di valutazione

La valutazione della professionalità avviene alla scadenza del periodo di quattro anni. Il consiglio giudiziario acquisisce il fascicolo personale relativo alla valutazione della professionalità e ulteriori informazioni disponibili presso il CSM e il Ministero della Giustizia.

La valutazione riguarda anche la relazione del magistrato sul lavoro svolto e tutta una serie di documenti indicati specificamente dal decreto.

Sulla base di tutte le informazioni acquisite il consiglio giudiziario formula un parere motivato da trasmettere al CSM. Entro 10 giorni dalla notifica del parere il magistrato può comunicare al CSM le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente. Prima di questa audizione però il magistrato deve essere informato della possibilità di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Il CSM procede alla valutazione della professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario, tenendo conto della documentazione acquisita. Qualora il CSM ritenga di recepire il parere del consiglio giudiziario contenente la valutazione positiva può limitarsi a richiamarne il contenuto senza motivare ulteriormente.

Valutazione della professionalità: esiti possibili

Il giudizio finale sulla professionalità può essere positivo, non positivo o negativo.

Il giudizio positivo può essere discreto, buono, ottimo.

Il giudizio non positivo prevede una nuova valutazione della professionalità del magistrato da parte del CSM dopo un anno e dopo aver acquisito un nuovo parere del consiglio giudiziario.

In caso di giudizio negativo il magistrato viene sottoposto a una nuova valutazione di professionalità dopo due anni. Il CSM può disporre che lo stesso partecipi a uno o più corsi di riqualificazione professionale per colmare le carenze riscontrate e può assegnarlo a una funzione diversa nella stessa sede o escluderlo, fino alla valutazione successiva, dall’accesso a incarichi direttivi semi direttivi o funzioni specifiche. La valutazione negativa comporta la perdita del diritto all’aumento periodico dello stipendio per due anni.

Collocamento fuori ruolo magistrati

Il secondo decreto attuativo n. 45/2024  riordina la normativa del collocamento fuori ruolo dei magistrati. Esso dispone che i magistrati, dopo il collocamento fuori ruolo, possano svolgere gli incarichi presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni a condizione che questo non comprometta l’integrale svolgimento ordinario del lavoro giudiziario.  Devono essere svolti con collocamento fuori ruolo gli incarichi di direttore dell’ufficio di gabinetto e capo di segreteria di un ministero.

Il magistrato non può essere collocato fuori ruolo se:

  • sono decorsi meno di 10 anni di esercizio effettivo delle funzioni proprie della magistratura;
  • sono decorsi meno di tre anni dal rientro in ruolo dopo un incarico svolto fuori ruolo per un periodo superiore a cinque anni.

Il collocamento fuori ruolo viene autorizzato quando l’incarico da conferire al magistrato risponde a un interesse dell’amministrazione di appartenenza. Non può tuttavia essere collocato fuori ruolo il magistrato che presti servizio in una sede con un rilevante indice di scopertura dell’organico.

Il collocamento fuori ruolo può essere disposto solo dopo aver acquisito il consenso scritto del magistrato, che lo può revocare fino al momento in cui non abbia avuto inizio l’esercizio effettivo delle funzioni presso l’amministrazione o istituzione richiedente.

Il decreto stabilisce infine che dal 1 gennaio 2026 i magistrati possano essere collegati fuori ruolo nel rispetto di determinati limiti numerici:

  • 80 unità per i magistrati ordinari;
  • 25 unità per i magistrati amministrativi;
  • 25 unità per i magistrati contabili.

L’articolo 14 del dlgs n. 45/2024 precisa infine che la normativa sul collocamento fuori ruolo dei magistrati non si applica ai membri del Governo e a coloro che ricoprano cariche elettive.

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nuova aggressione avvocati

Nuova aggressione avvocati, AIGA: serve legge L'Associazione dei giovani avvocati esprime piena solidarietà al legale minacciato in carcere e sollecita il legislatore ad intervenire

Nuova aggressione avvocati

Serve l’intervento del legislatore di fronte alle aggressioni agli avvocati. “La misura è colma” avverte l’Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) esprimendo piena e incondizionata solidarietà all’avvocato del foro di Santa Maria Capua Vetere per le minacce ricevute nei giorni scorsi durante il processo per i fatti commessi nel carcere “F. Uccella” in danno dei detenuti.

“Appare quantomai necessario, in questo periodo storico, adottare ogni iniziativa a difesa della categoria forense, associandosi, con determinazione, al grido di giustizia lanciato dall’AIGA, nella persona del Presidente avv. Carlo Foglieni” si legge nella nota stampa dell’associazione.

Questo di fronte a un fatto che “esprime una preoccupante similarità” rispetto alla vicenda denunciata da un’avvocatessa in occasione della conferenza “Il pericolo di essere avvocati”, tenutasi lo scorso gennaio presso la sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.

Ancora una volta, denunciano i giovani avvocati, “la Toga risulta bersaglio di rigurgiti antidemocratici e – fatto ancor più grave – senza che sia adottato alcun espresso provvedimento, da parte delle autorità preposte, che ne tuteli l’onore ed il prestigio”.

Tutela normativa alla categoria forense

Risulta quindi doveroso “fornire una tutela normativa alla Categoria forense, relativamente alle ipotesi di aggressioni subite da esercenti le professioni legali, nell’esercizio ed in occasione della funzione svolta, così come previsto per coloro che esercitano una funzione sanitaria”.

Per cui, rincara l’Aiga, “non è più procrastinabile un intervento legislativo in tal senso: vi è la consapevolezza che dietro ogni simile aggressione si celi un attacco frontale ai valori dello stato di diritto e del giusto processo: l’Avvocato – lo si ribadisce – costituisce un pilastro della giurisdizione, e va tutelato in quanto tale”.

avvocato cancellato anzianità

Avvocato cancellato e riabilitato: cumula l’anzianità? Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce che è possibile cumulare diversi periodi di iscrizione, ferma restando la detrazione del periodo in cui l’avvocato è stato cancellato

Il quesito

Il CNF si è espresso con parere n. 11/2024 (pubblicato sul sito del Codice deontologico il 5 maggio 2024) sul quesito sottopostogli dal Consiglio dell’Ordine di Vibo Valentia. In particolare, il COA chiedeva di sapere “se l’avvocato cancellato dall’albo per perdita del requisito della condotta irreprensibile a seguito di condanna penale e successivamente reiscritto a seguito della riabilitazione – potesse – cumulare i periodi di anzianità ai fini dell’iscrizione nell’elenco degli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato”.

La risposta del CNF è resa nei seguenti termini: secondo il costante orientamento domestico in sede consultiva (cfr. ex multis i pareri nn. 33/2023, 57/2018, 40/2017), “ai fini del computo dell’anzianità anche in relazione all’iscrizione nell’elenco dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato – è consentito – di cumulare diversi periodi di iscrizione, ferma restando l’ovvia detrazione del periodo o dei periodi in cui l’avvocato è stato cancellato”.

assicurazione avvocato

Avvocato coperto dall’assicurazione anche se non ha risarcito il cliente La Cassazione afferma che l'obbligo di tenere indenne l’assicurato da quanto questi deve pagare al danneggiato, sorge in dipendenza della responsabilità civile, già al tempo dell’avveramento del rischio dedotto in contratto da indennizzare

Eccezione di non indennizzabilità

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione prende avvio dalla contestazione, formulata dalla compagnia assicurativa in sede di legittimità, in relazione alla ritenuta violazione/falsa applicazione dell’art. 1917 c.c. da parte della sentenza impugnata con cui è stata rigettata l’eccezione di non indennizzabilità del sinistro denunciato dall’assicurato.

Nella specie, la compagnia assicurativa ha contestato il fatto che, al momento dell’esercizio dell’azione giudiziaria nei confronti dell’assicurazione, l’assicurato, un avvocato, non aveva ancora risarcito i danni cagionati ai terzi in ragione della sua responsabilità civile derivante da errore professionale.

Rispetto a tali circostanze, l’assicuratore aveva rilevato che, il pagamento dell’indennizzo direttamente all’assicurato, avrebbe potuto determinare un suo ingiustificato arricchimento qualora i terzi non si fossero successivamente attivati per ottenere il risarcimento del danno subito.

Obbligo di tenere indenne l’assicurato

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13897-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato la società assicurativa al pagamento delle spese processuali.

Per quanto, in particolare, attiene alla contestazione sopra descritta, la Corte ha ritenuto il motivo non fondato, rilevando come non fosse censurabile l’accertamento compiuto dal Giudice di merito in relazione all’inadempimento dell’assicuratore, anche in ragione del pignoramento attivato dai clienti dell’assicurato nei suoi confronti a causa del mancato pagamento di quanto loro spettante, nonché al mancato adempimento del corrispondente obbligo dell’assicuratore di attivarsi per la liquidazione dell’indennizzo.

Sul punto la Corte ha richiamato il principio, elaborato dalla giurisprudenza formatasi sull’argomento, in base al quale “l’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne il proprio assicurato dalla responsabilità civile, regolato dall’art. 1917 cod. civ., sorge nel momento in cui l’assicurato causi un danno a terzi, costituendo tale evento l’oggetto del rischio assicurato”.

Ne consegue, ha proseguito la Corte, che sulla base del suddetto principio “la liquidità del debito da risarcire al terzo danneggiato non è (…) condizione necessaria della costituzione in mora dell’assicuratore”.

Pertanto l’inadempimento dell’assicuratore si configura allorquando lo stesso abbia rifiutato il pagamento senza attivarsi per accertare la sussistenza o meno di un fatto colposo addebitabile all’assicurato; tale accertamento compete al giudice di merito e viene compiuto con riferimento al momento in cui l’assicuratore ha ricevuto la domanda di indennizzo.

In definitiva, la Corte ha affermato che “l’obbligo di tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare al terzo non può dirsi sussistere solo in riferimento al tempo in cui diviene liquido ed esigibile il credito del terzo danneggiato, laddove il fatto dannoso del responsabile civile non sia seriamente contestabile e l’assicuratore non si sia attivato dopo la comunicazione di sinistro ricevuta dall’assicurato, in quanto esso sorge in dipendenza della responsabilità civile, dedotta nel contratto di assicurazione, già al tempo dell’avveramento del rischio da indennizzare”.

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equa riparazione avvocato

Equa riparazione: non c’è bisogno dell’avvocato La Cassazione ha ricordato che la domanda di equa riparazione può essere proposta anche dalla parte personalmente e non è più necessario che sia proposta a mezzo di un difensore

L’equa riparazione e la procura speciale

La vicenda giudiziaria che ci occupa prende avvio dalla decisione adottata dalla Corte d’appello di Napoli con la quale veniva confermata l’inammissibilità, per difetto di procura, del ricorso proposto per il riconoscimento dell’indennizzo da eccessiva durata della procedura fallimentare.

Nella specie, la procura era stata considerata carente poiché non era stato specificamente indicato il numero di procedimento nell’abito del quale l’assistito la voleva far valere, ma era stato inserito un generico riferimento al suo utilizzo per la richiesta di equa riparazione.

La Corte d’appello aveva inoltre aggiunto che il difetto di procura non poteva essere sanato con altra depositata in un secondo momento.

Avverso la suddetta decisione il richiedente l’equa riparazione aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La richiesta personale dell’equa riparazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11385-2024, ha accolto, per quanto qui rileva, il ricorso proposto.

In particolare, la Suprema Corte, dopo aver ripercorso il quadro normativo relativo alla disciplina sull’equa riparazione ha affermato che “Nel caso di specie è pacifico che il ricorso originario sia stato sottoscritto dal ricorrente. Quindi, indipendentemente dal fatto che se la parte si avvale di un difensore, la procura sottoscritta con autenticazione di firma da parte del difensore (…) non possa non essere speciale, cioè, riferita ad un singolo processo, il ricorso doveva essere ritenuto ammissibile come proposto dalla parte personalmente”.

Inoltre, ha rilevato la Corte, la soluzione prescelta dal Giudice di merito, non tiene conto del principio generale di conservazione degli atti processuali che, in via generale e come costantemente ribadito dalla giurisprudenza, deve sempre trovare applicazione.

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