avvocato specialista

L’avvocato specialista Avvocato specialista: chi è, come si acquisisce e si conserva il titolo, come fare domanda per il titolo e quando viene revocato

Chi è l’avvocato specialista

L’avvocato specialista è un professionista del diritto che ha acquisito una particolare competenza in uno specifico settore del diritto, riconosciuta formalmente attraverso un percorso di formazione o una comprovata esperienza professionale.

Questa figura è stata introdotta per rispondere all’esigenza crescente di garantire maggiore qualità, trasparenza e tutela nell’esercizio della professione forense, soprattutto in materie complesse e altamente tecniche.

La figura dell’avvocato specialista rappresenta un’evoluzione dell’ordinamento forense verso una maggiore qualificazione e trasparenza professionale. I percorsi previsti, sia formativo che per esperienza, consentono a ogni professionista di costruire una carriera riconosciuta, anche formalmente, in ambiti giuridici specifici.

DM 144/2015 e regolamento CNF n. 3/2024

La disciplina dell’avvocato specialista è contenuta principalmente in due atti normativi:

  • Decreto Ministeriale n. 144 del 1° ottobre 2015, attuativo dell’art. 9 della legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento forense), che ha istituito il titolo di specialista in specifiche aree di competenza;
  • Regolamento n. 3/2024 del Consiglio Nazionale Forense che ha aggiornato la procedura per il rilascio e il mantenimento del titolo di specializzazione.

Le aree di specializzazione riconosciute

Secondo il DM 144/2015 vigente le principali aree di specializzazione sono le seguenti:

  • diritto civile;
  • diritto penale
  • diritto del lavoro e della previdenza sociale;
  • diritto tributario, doganale r fiscalità internazionale;
  • diritto amministrativo;
  • diritto dell’Unione Europea;
  • diritto internazionale;
  • diritto della concorrenza;
  • diritto dell’informazione, della comunicazione digitale e della protezione dei dati personali;
  • diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni;
  • tutela dei diritti umani e protezione internazionale;
  • diritto dello sport.

Al diritto civile, penale e amministrativo afferiscono diversi indirizzi.

Come si diventa avvocato specialista

L’avvocato può ottenere il titolo di specialista seguendo due percorsi alternativi, disciplinati dal DM 144/2015 e regolati più dettagliatamente dal regolamento CNF n. 3/2024:

1. Percorso formativo universitario

  • Frequenza di corsi di alta formazione specialistica organizzati da “Dipartimenti o dalle strutture di raccordo di cui all’articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 degli ambiti di giurisprudenza delle università legalmente riconosciute e inserite nell’apposito elenco del Ministero dell’istruzione, università e ricerca.
  • I corsi devono avere una durata minima di 200 ore, con almeno l’80% di frequenza obbligatoria.
  • Al termine è previsto un esame finale.

2. Comprovata esperienza professionale

  • Dimostrazione di almeno cinque anni di esperienza continuativa e prevalente in una delle aree di specializzazione.
  • Presentazione di un elenco di casi trattati (almeno 10 l’anno), con allegata documentazione dimostrativa (atti, sentenze, pareri, ecc.).
  • Conferimento del titolo da parte del CNF previa valutazione della regolarità dei documenti comprovanti il possesso dei requisiti da parte del Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

Come richiedere il titolo di avvocato specialista

La domanda per ottenere il titolo di avvocato specialista, corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti, deve essere presentata:

In caso di esito positivo, il CNF rilascia un certificato che attesta la specializzazione. I consigli dell’ordine formano e aggiornano gli elenchi degli avvocati specialisti.

Mantenimento e revoca del titolo

Il titolo di avvocato specialista non ha validità illimitata, ma è subordinato al mantenimento della competenza tramite la formazione continua.

  • L’avvocato specialista deve conseguire almeno 25 crediti formativi annui nella materia di specializzazione per un totale di 75 nel triennio.
  • La mancata formazione, così come l’irrogazione di sanzioni disciplinari definitive diverse dall’avvertimento, comportano la revoca del titolo.

Il CNF ha il potere di verificare periodicamente la sussistenza dei requisiti e, in caso di irregolarità, può avviare la procedura di revoca.

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avvocato d'ufficio

Avvocato d’ufficio: anche per il genitore insolvente paga lo Stato La Corte Costituzionale estende le garanzie anche al difensore del genitore insolvente nei procedimenti di adottabilità

Difesa d’ufficio nei procedimenti di adottabilità

Con la sentenza n. 58 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico in materia di spese di giustizia), nella parte in cui non prevedeva l’anticipazione da parte dello Stato dei compensi spettanti al difensore d’ufficio del genitore insolvente nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, regolati dalla legge 4 maggio 1983, n. 184.

Il caso

La questione è nata da un ricorso presentato da un avvocato, nominato difensore d’ufficio della madre in un procedimento minorile. Dopo aver adempiuto al mandato difensivo e tentato senza esito il recupero del credito professionale, l’avvocato aveva chiesto al Tribunale per i minorenni la liquidazione del compenso a carico dell’erario, vedendosi rigettare la richiesta.

La Corte di cassazione ha quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale, rilevando una violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in ragione della disparità di trattamento rispetto:

  • al difensore d’ufficio del genitore irreperibile;

  • al difensore d’ufficio dell’imputato insolvente nei procedimenti penali.

Il richiamo alla sentenza n. 135/2019

Nel motivare la decisione, la Consulta ha richiamato la propria sentenza n. 135 del 2019, con cui era già stata censurata la mancata previsione dell’anticipazione del compenso per il difensore del genitore irreperibile.

La Corte ha ribadito che i procedimenti civili minorili e quelli penali presentano profili di omogeneità in relazione agli interessi tutelati e alla funzione del difensore d’ufficio, che interviene in entrambi i casi a garanzia di diritti fondamentali.

Diritto all’anticipazione del compenso

La difesa d’ufficio obbligatoria, comportando l’irrinunciabilità dell’incarico, implica il diritto del professionista all’anticipazione del compenso da parte dello Stato anche in caso di insolvenza del genitore assistito, analogamente a quanto già previsto per:

  • l’imputato insolvente nel processo penale (art. 116 T.U. spese di giustizia),

  • il genitore irreperibile nei procedimenti per l’adottabilità.

Possibile recupero delle somme da parte dell’erario

La Corte ha precisato che resta ferma la facoltà per l’erario di recuperare le somme anticipate, qualora il genitore assistito torni reperibile o solvibile e non chieda l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

L’onere probatorio del difensore d’ufficio

Infine, la Corte ha sottolineato che spetta al difensore d’ufficio dimostrare l’infruttuosità del tentativo di recupero del credito, allegando gli esiti negativi della procedura esecutiva. Solo in tal caso, il magistrato potrà disporre, con decreto, la liquidazione degli onorari e delle spese nella misura prevista dal Testo unico sulle spese di giustizia.

lealtà e correttezza

Lealtà e correttezza: canoni generali dell’agire dell’avvocato Il Consiglio Nazionale Forense ha rammentato l'importanza di lealtà e correttezza quali canoni generali dell'agire dell'avvocato

Lealtà e correttezza dell’avvocato

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 370/2024 pubblicata il 10 aprile 2025 sul sito del Codice deontologico, ha ribadito l’importanza del dovere di lealtà e correttezza che ogni avvocato deve osservare. Non solo nei confronti del proprio assistito, ma anche verso la controparte e i terzi. Questo principio mira a tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’avvocato quale professionista leale e corretto in ogni ambito della propria attività.

Il caso esaminato

La vicenda trae origine da un procedimento disciplinare avviato nei confronti di un avvocato del foro di Catania. Il legale era accusato di aver introdotto un giudizio utilizzando un mandato alle liti con firma apocrifa del cliente, deceduto anni prima, e di non aver adempiuto al dovere di informazione prima dell’iniziativa giudiziale.

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina di Catania aveva comminato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per un anno.

L’avvocato aveva impugnato la decisione, ma il CNF ha confermato la sanzione, evidenziando la gravità delle violazioni commesse.

Il principio affermato dal CNF

La sentenza sottolinea che l’avvocato deve svolgere la propria attività con lealtà e correttezza non solo nei confronti della parte assistita, ma anche verso i terzi e la controparte. Il dovere di lealtà e correttezza nell’esercizio della professione è un canone generale dell’agire di ogni avvocato, volto a tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’avvocato stesso quale professionista leale e corretto, appunto, in ogni ambito della propria attività. Evitando “comportamenti che compromettano gravemente l’immagine che la classe forense deve mantenere nei confronti della collettività al fine di assicurare responsabilmente la funzione sociale che l’ordinamento le attribuisce”.

compensi avvocato

Compensi avvocato: fase istruttoria inclusa nella trattazione Secondo la Cassazione, non è previsto un compenso autonomo per la fase istruttoria, che rientra in quella di trattazione ai sensi del d.m. n. 55/2014

Compensi avvocato

Compensi avvocato: la sezione III della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7343/2025, ha fornito chiarimenti sulla liquidazione al difensore per la fase istruttoria e di trattazione in appello.

La vicenda

Nella vicenda, con atto di opposizione ex art. 617 c.p.c. una srl, quale terzo pignorato, conveniva in giudizio un’altra srl al fine di sentire accertare la nullità dell’ordinanza di assegnazione delle somme emessa nell’ambito del procedimento esecutivo presso terzi, atteso l’intervenuto fallimento della debitrice.

La srl si costituiva chiedendo il rigetto della domanda avversaria e la conferma della ordinanza impugnata. Il Tribunale, in accoglimento dell’opposizione, revocava l’ordinanza di assegnazione. Veniva quindi proposto appello, dichiarato inammissibile e la questione approdava in Cassazione.

Innanzi al Palazzaccio, si denunciava tra l’altro la violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, perché il giudice del secondo grado, pur nella totale assenza di una fase istruttoria e/o di trattazione, aveva liquidato le spese di lite, ponendole a carico della parte soccombente, comprendendo nella liquidazione – eseguita secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 – anche il compenso previsto per l’espletamento della “fase istruttoria e/o di trattazione”.

Il principio applicato e i richiami giurisprudenziali

La Suprema Corte ritiene il motivo fondato. Ritenendo di dare continuità al principio di diritto (già affermato da Cass. n. 10206/2021 e di recente ribadito da Cass. n. 19 29077/2024) la S.C. afferma che “In tema di liquidazione delle spese processuali in base al D.M. n. 55 del 2014, l’effettuazione di singoli atti istruttori e, segnatamente, la produzione di documenti, in altre fasi processuali (come quella introduttiva e/o quella decisionale) non equivale allo svolgimento della fase istruttoria e/o di trattazione che, per quanto riguarda il giudizio di appello, può dare luogo al riconoscimento della relativa voce di tariffa unicamente qualora sia effettivamente posta in essere, nel corso della prima udienza di trattazione, una o più delle specifiche attività previste dall’art. 350 c.p.c. ovvero sia fissata un’udienza a tal fine o, comunque, allo scopo di svolgere altre attività istruttorie e/o di trattazione, ma non nel caso in cui alla prima udienza di trattazione sia esclusivamente e direttamente fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni, senza il compimento di nessuna ulteriore attività, e questo anche ove siano prodotti nuovi documenti in allegato all’atto di appello ovvero, successivamente, con gli scritti conclusionali”.

In definitiva, la sentenza impugnata è cassata, sia pure esclusivamente con riferimento alla liquidazione delle spese di lite poste a carico della parte soccombente. Per cui, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la S.C. decide nel merito, con rideterminazione dell’importo delle spese liquidate in favore dell’appellata per il secondo grado, con esclusione dei compensi per la fase istruttoria e/o di trattazione.

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Patto di quota lite invalido: compenso in base alle tariffe Patto di quota lite invalido se prevede il 40% del compenso in caso di vittoria e nulla in caso di sconfitta, alll'avvocato compenso in base alle tariffe forensi

Patto di quota lite invalido

La Cassazione nella sentenza n. 9359/2025 si è espressa sul patto di quota lite tra avvocato e cliente. L’accordo prevedeva un compenso del 40% in caso di vittoria e non prevedeva alcun compenso in caso di sconfitta. Per gli Ermellini un patto di questo tipo non è valido. La legge vieta infatti questi accordi ai fini del riconoscimento del compenso del legale.

Compenso avvocato pari al 40%

La causa ha inizio perché una donna incarica un avvocato di difenderla in un giudizio. L’accordo relativo al compenso del legale prevede il riconoscimento del 40% della somma che la cliente potrebbe ottenere in giudizio. Accade però che la cliente perde la causa. L’avvocato chiede quindi il pagamento del compenso previsto in base alle tariffe forensi, sostenendo la nullità del patto convenuto. Il Tribunale di Forlì accoglie la domanda dell’avvocato, ritenendo nullo il patto di quota lite e applicando le regole sul compenso del difensore. La cliente nell’impugnare la decisione, sostiene che l’accordo stipulato con il legale non è vietato. Le clausole, a suo dire, hanno portata autonoma. Una clausola commisurava infatti il compenso al 40% del risultato, l’altra prevedeva l’assenza di compenso in caso di sconfitta. Questa seconda clausola deve essere interpretata come una rinuncia preventiva al compenso.

Nullo il patto di quota lite, valido il contratto

La Cassazione però rigetta il ricorso della cliente, affermando che le due clausole formavano in realtà un unico accordo. Questo accordo regolava il compenso del difensore e le clausole in esso contenute prevedevano due ipotesi alternative. In caso di vittoria, il compenso era il 40%, mentre in caso di sconfitta, non spettava alcun compenso. Un’ipotesi dipendeva dall’altra, le stesse non costituivano patti autonomi.

La Cassazione conferma quindi la nullità del patto di quota lite, precisando però che la nullità è parziale e non inficia comunque l’intero contratto di patrocinio. Questo infatti resta valido e il compenso del difensore deve essere calcolato in base alle tariffe forensi. Il tribunale quindi ha correttamente ritenuto la clausola di rinuncia un patto di quota lite, ma la legge vieta questi accordi a tutela del lavoro del difensore.

 

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avvocati e praticanti

Avvocati e praticanti: i bandi 2025 di Cassa Forense Cassa Forense ha pubblicato i bandi 2025 destinati ad avvocati e praticanti iscritti. 19 bandi di assistenza finalizzati a sostenere la professione, la salute e la famiglia

Cassa Forense: pubblicati i nuovi bandi 2025

La Cassa Forense ha approvato per il 2025 un pacchetto di 19 bandi di assistenza, finalizzati a sostenere la professione forense, la salute e la famiglia, con uno stanziamento complessivo pari a 20 milioni di euro. Tra le novità più rilevanti, si segnalano i contributi economici riservati a praticanti e avvocate vittime di violenza di genere, i sussidi per la preparazione all’esame di abilitazione e le agevolazioni per le spese di alloggio in studentati universitari.

Nuovi contributi 2025: inclusione e supporto

Tre i nuovi interventi introdotti:

  • Contributo in favore di avvocate e praticanti vittime di violenza (bando n. 6/2025), destinato a offrire un sostegno reale a chi si trova in condizione di fragilità;

  • Sussidi per i praticanti che affrontano l’esame di Stato (bando n. 7/2025), a copertura dei costi di corsi formativi e materiali professionali;

  • Contributi per le spese di alloggio in studentati (bando n. 17/2025), per i figli universitari degli iscritti alla Cassa.

Il presidente Valter Militi ha dichiarato che questi strumenti sono una risposta concreta all’urgenza sociale e un segnale chiaro di solidarietà istituzionale, finalizzato a garantire pari opportunità e contrastare ogni forma di discriminazione e violenza.

Misure confermate e platea dei beneficiari

Accanto ai nuovi bandi, restano attivi i contributi già collaudati negli anni precedenti, tra cui:

  • contributi per l’acquisto di strumenti informatici;

  • sussidi per la partecipazione ai centri estivi dei figli minori;

  • premi e borse di studio per merito o per situazioni familiari particolari.

I beneficiari possono essere:

  • avvocati iscritti alla Cassa;

  • praticanti iscritti;

  • pensionati per invalidità (purché in regola con obblighi dichiarativi e contributivi).

La regolarità contributiva e dichiarativa costituisce requisito imprescindibile per l’ammissione ai singoli bandi.

Contributo ai praticanti: plauso di Aiga

Particolare apprezzamento è stato espresso dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) per il contributo fino a 1.000 euro rivolto ai praticanti, utile a sostenere le spese per corsi di formazione e per l’acquisto di strumenti utili all’avvio della professione. AIGA ha evidenziato come questa misura rappresenti un passo significativo per contenere gli effetti della soppressione del dimezzamento del contributo soggettivo minimo, auspicando un adeguamento del relativo regolamento.

Elenco dei bandi Cassa Forense 2025

Di seguito, l’elenco completo dei bandi attivi per il 2025, con le rispettive finalità e fondi stanziati:

Bando Oggetto Importo stanziato (€)
1/2025 Prestiti under 35 2.500.000
2/2025 Strumenti informatici 1.800.000
3/2025 Organizzazione studi – Persone fisiche 150.000
4/2025 Organizzazione studi – Persone giuridiche 150.000
5/2025 Attrezzatura sale videoconferenza 300.000
6/2025 Sostegno a vittime di violenza (avvocate/praticanti) 500.000
7/2025 Preparazione esame di abilitazione 1.000.000
8/2025 Esercizio professionale per avvocati con disabilità 150.000
9/2025 Centri estivi per figli minori 1.800.000
10/2025 Corsi di alta formazione 1.500.000
11/2025 Borse di studio per titolo di cassazionista 400.000
12/2025 Premio “Marco Ubertini” per nuovi abilitati 200.000
13/2025 Contributi per ospitalità in case di riposo 200.000
14/2025 Contributo per figli nati/adottati nel 2024 3.000.000
15/2025 Borse di studio per orfani 350.000
16/2025 Borse di studio per studenti universitari 700.000
17/2025 Alloggi in studentati per figli universitari 2.000.000
18/2025 Famiglie numerose 2.000.000
19/2025 Famiglie monogenitoriali 800.000

Modalità di partecipazione e requisiti

Le domande devono essere presentate esclusivamente online tramite l’area riservata del sito ufficiale della Cassa Forense, sezione “Assistenza”. L’accesso è subordinato al possesso della regolarità contributiva e dichiarativa verificabile direttamente nella procedura.

Non è consentito ottenere più contributi della stessa tipologia nello stesso anno. Ogni domanda sarà valutata in base alla conformità ai requisiti previsti dal Regolamento dell’assistenza e alle disponibilità di bilancio.

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mancato deposito telematico

Mancato deposito telematico è sempre imputabile all’avvocato Mancato deposito telematico: imputabile all'avvocato se non sussistono problemi tecnici che lo impediscono

Mancato deposito telematico

Il mancato deposito telematico ricade sempre sulla responsabilità dell’avvocato. La Corte di Cassazione nella sentenza n. 9269/2025 ha enunciato questo principio, dichiarando improcedibile un ricorso contro un avviso di accertamento IMU perché lo stesso è avvenuto oltre i termini e in forma cartacea, senza giustificazioni valide.

Richiesta di autorizzazione al deposito cartaceo

La vicenda che porta la Cassazione a enunciare il principio esposto in materia di deposito, nasce da un contenzioso tra una contribuente e il Comune. Quest’ultimo aveva richiesto il pagamento dell’IMU per l’anno 2015. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli alla contribuente, il suo avvocato ha presentato ricorso in Cassazione. Il deposito però non è avvenuto nei tempi previsti (20 giorni dalla notifica), ed è stato fatto in formato cartaceo. La difesa ha tentato di giustificare il deposito cartaceo invocando difficoltà tecniche nel sistema telematico. L’avvocato ha ammesso la propria “mancata perizia” nell’uso della piattaforma informatica. Ha anche chiesto l’autorizzazione per il deposito in formato cartaceo, che la Prima Presidente ha concesso in via d’urgenza. Tuttavia, ha precisato che ogni valutazione definitiva spettava al Collegio.

Mancato deposito telematico, responsabile l’avvocato

La Corte per decidere al meglio chiede al Centro Elettronico di Documentazione (CED) di verificare eventuali disfunzioni informatiche. La risposta però è stata chiara: il sistema era pienamente funzionante nei giorni indicati. Nessun problema tecnico impediva il deposito telematico. Non sussistevano pertanto le condizioni di urgenza previste dalla normativa per autorizzare il deposito cartaceo.

La Corte richiama i principi espressi in precedenti sentenze e alla luce di questi ricorda che solo eventi eccezionali ed estranei alla volontà dell’avvocato, possono giustificare il mancato deposito telematico. Le difficoltà soggettive o la scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali non bastano. La procedura online, oggi obbligatoria, richiede preparazione e attenzione. L’errore dell’avvocato non può essere coperto da deroghe. Nel caso di specie comunque il legale non ha neppure avviato la procedura telematica. Non ha tentato cioè l’invio online del ricorso. Ha semplicemente scelto la via cartacea, ma così facendo, ha violato le norme sul deposito in Cassazione, rendendo improcedibile l’intero ricorso.

Avvocati: obbligatori strumenti previsti dalla legge

In conclusione, in assenza di reali impedimenti tecnici, come avvenuto nel caso di specie, l’omesso deposito telematico è frutto di negligenza. Nessuna deroga può coprire l’inadempienza. Il difensore ha l’obbligo di utilizzare correttamente gli strumenti previsti dalla legge. La decisione contiene un chiaro monito per la categoria forense. L’avvocato non può più permettersi incertezze sul piano tecnico. Il rispetto delle regole del processo telematico non è una facoltà, ma un dovere preciso, che se non viene rispettato presenta conseguenze inevitabili.

 

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praticantato forense

Praticantato forense valido anche all’estero La Corte UE rafforza la libertà di circolazione: praticantato forense valido presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro

Praticantato forense all’estero

È conforme al diritto dell’Unione europea il praticantato forense svolto presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro. Lo ha stabilito la Corte di giustizia UE con la sentenza C-807/23 del 3 aprile 2025. La CGUE ha affermato che gli Stati membri non possono ostacolare la libera circolazione dei lavoratori mediante restrizioni ingiustificate all’accesso alla professione forense.

Il caso: praticantato svolto in Germania

La pronuncia è intervenuta su rinvio pregiudiziale della Corte suprema austriaca, nel contesto di una controversia che vedeva coinvolta una cittadina austriaca. La donna, assunta da uno studio legale con sede in Germania, aveva svolto la pratica forense sotto la guida di un avvocato austriaco, associato dello studio. Tuttavia, l’Ordine degli avvocati aveva respinto la domanda di iscrizione nel registro dei praticanti. Il COA riteneva che il tirocinio dovesse essere effettuato presso un professionista stabilito in Austria.

Il principio stabilito dalla Corte UE

I giudici di Lussemburgo, hanno affermato che “l’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato presso un avvocato stabilito in detto Stato, escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro”. Ciò sebbene “tale avvocato sia iscritto ad un ordine degli avvocati del primo Stato membro e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di tale primo Stato membro”. E “non consentendo quindi ai giuristi interessati di svolgere tale parte di detto praticantato in un altro Stato membro”. A condizione, tuttavia, “che essi provino alle autorità nazionali competenti che, così come sarà svolta, è idonea ad assicurare loro una formazione e un’esperienza equivalenti a quelle che fornisce un praticantato presso un avvocato stabilito nel primo Stato membro”.

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esame avvocati cassazionisti

Esame avvocati cassazionisti 2025 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministero della Giustizia di indizione dell'esame avvocati cassazionisti 2025

Esame avvocati cassazionisti 2025: decreto in GU

Esame avvocati cassazionisti: è stato pubblicato in Gazzetta il decreto del ministero della Giustizia del 12 marzo 2025 di indizione della sessione di esami per l’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori per l’anno 2025. Il termine per l’invio delle domande di ammissione è il 6 giugno 2025.

I requisiti

Per essere ammessi all’esame gli aspiranti devono essere iscritti nell’albo degli avvocati e avere esercitato la professione per almeno 5 anni dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello. Devono, inoltre, aver compiuto lodevole e proficua pratica di almeno 5 anni presso lo studio di un avvocato che eserciti abitualmente il patrocinio davanti alla Cassazione.
I candidati ai quali non sia stata comunicata l’esclusione dall’esame sono tenuti a presentarsi, per sostenere le prove scritte, nel luogo, giorno ed ora indicati nella GU dell’11 luglio 2025.

La domanda

Le domande di ammissione all’esame, corredate di marca da bollo e della documentazione richiesta, dovranno pervenire, improrogabilmente, al Ministero della giustizia – Dipartimento per gli affari di giustizia – Direzione generale degli affari interni – Ufficio II – Ordini professionali e albi – via Arenula n. 70, 00186 Roma, entro il termine del 6 giugno 2025.

Le prove

Le prove sono le seguenti:

  • 3 scritti, consistenti nella compilazione di tre ricorsi per cassazione in materia civile, penale e amministrativa. Quest’ultima prova può anche consistere in un ricorso al Consiglio di Stato o alla Corte dei conti in sede giurisdizionale;
  • una prova orale, sostenuta dai candidati dichiarati idonei agli scritti, su un tema avente per oggetto una contestazione giudiziale. Nella stessa il candidato deve dimostrare la propria cultura e l’attitudine al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.

Sono dichiarati idonei i candidati che conseguano complessivamente, una media di sette decimi, avendo riportato non meno di sei decimi in ciascuna prova.
Una volta ultimate le prove orali, la commissione forma l’elenco dei candidati che hanno conseguito l’idoneità.

i principi della deontologia forense

I principi della deontologia forense secondo il CNF Il CNF coglie l'occasione per affrontare i temi fondamentali dei principi della deontologia forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, dignità e decoro

I principi della deontologia forense

La sentenza n. 352/2024 del Consiglio Nazionale Forense, pubblicata il 26 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, affronta i fondamentali principi della deontologia forense, con particolare riferimento ai doveri di probità, dignità e decoro che l’avvocato è tenuto a osservare, anche al di fuori dell’esercizio della professione.

Contesto e fatti della vicenda

L’avvocato protagonista della vicenda è stato sottoposto a procedimento disciplinare per violazione dei doveri deontologici sanciti dall’articolo 9 del Codice Deontologico Forense (CDF). Le accuse mosse riguardavano gravi reati, tra cui il riciclaggio di rifiuti tossici e il concorso esterno in associazione camorristica, commessi tra il 2001 e il 2019. Tali condotte, sebbene non direttamente legate all’attività professionale, hanno sollevato preoccupazioni circa l’integrità e l’immagine dell’intera classe forense.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Il CNF, nella sua decisione, ha ribadito che i principi disciplinati dall’articolo 9 del CDF rappresentano valori fondamentali che l’avvocato deve rispettare non solo nell’esercizio della professione, ma anche al di fuori, nella vita privata. L’articolo 9, infatti, stabilisce che l’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Inoltre, impone che l’avvocato, anche al di là dell’attività professionale, osservi i doveri di probità, dignità e decoro, salvaguardando la propria reputazione e l’immagine della classe forense.

Il CNF ha sottolineato che tali principi sono essenziali per tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’intera classe professionale. Comportamenti contrari a questi valori, anche se estranei all’attività professionale, possono ledere la fiducia pubblica nell’avvocatura e compromettere l’immagine della professione. Pertanto, l’avvocato è tenuto a mantenere una condotta irreprensibile in ogni ambito della propria vita, a tutela della dignità e del decoro dell’intera categoria. Da qui il rigetto del ricorso.