tfr tfs procedura riscatto

TFR e TFS: nuova procedura online L'INPS ha dettato le istruzioni per la nuova procedura per l'inoltro delle domande telematiche di riscatto TFS e TFR

TFS/TFR: nuova procedura di riscatto online

E’ disponibile sul sito dell’INPS, la nuova procedura che consente all’iscritto e agli enti datori di lavoro (solo per le amministrazioni statali), l’inoltro delle domande telematiche per il riscatto del trattamento di fine servizio (TFS) e del trattamento di fine rapporto (TFR). E’ lo stesso istituto a dettare le istruzioni con il messaggio n. 2243/2024.

Funzionalità disponibili per il cittadino

In particolare, le funzionalità disponibili per il cittadino sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • registrazione dell’avvenuto pagamento di anticipata estinzione (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • rinuncia al riscatto ai fini TFS/TFR (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • consultazione delle domande inoltrate (sia per gli iscritti all’ex ENPAS sia per gli iscritti all’ex INADEL).

Funzionalità disponibili per il datore di lavoro

Le funzionalità disponibili per l’Ente datore di lavoro, invece, sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • nuova domanda di riscatto ai fini TFS/TFR a rettifica della precedente già inoltrata (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • consultazione delle domande inoltrate (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS).

Come accedere alla nuova procedura

La nuova procedura online è disponibile, comunica l’istituto sul proprio sito, accedendo tramite SPID, almeno di Livello 2, CNS, CIE 3.0, PIN dispositivo (rilasciato dall’Istituto solo per i residenti all’estero non in possesso di un documento di riconoscimento italiano e, pertanto, impossibilitati a richiedere le credenziali SPID) ed eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), digitando nel campo “Ricerca” della homepage le parole “Riscatti TFS e TFR”.

Le istanze di riscatto TFS/TFR già inoltrate sono accessibili alla voce di menu “Consultazione domande inoltrate” della procedura; il manuale è consultabile nell’apposita sezione “Manuali” del sito istituzionale.

Gli utenti possono utilizzare anche i servizi offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge o chiamare il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

pensione estero domanda inps

Pensione: come fare domanda se si risiede all’estero Chi risiede all’estero può fare la domanda online per la pensione INPS, l’erogazione è soggetta però all’accertamento dell’esistenza in vita

Come fare domanda per la pensione se si risiede all’estero

Quando mancano tre mesi alla maturazione del requisito anagrafico, ossia il compimento di 67 anni e di quello contributivo ossia 20 anni di contributi versati è possibile presentare all’INPS la domanda per la  pensione di vecchiaia.

La residenza all’estero del soggetto richiedente non prevede il rispetto di procedure particolari. La domanda di pensione di vecchiaia può essere presentata in modalità telematica anche da chi risiede all’estero, utilizzando le opzioni di credenziali digitali come la CIE o lo SPID. Seguire attentamente le istruzioni fornite e preparare i documenti necessari snellirà l’iter di richiesta.

Calcolo dell’importo e decorrenza pensione online

Per la richiesta della pensione di vecchiaia ordinaria, è disponibile una procedura web semplificata sul sito dell’INPS. Il richiedente che vuol fare domanda deve cliccare, in ordine, sulle voci seguenti per completare la procedura:

  1. Pensione e Previdenza
  2. Domanda di pensione
  3. Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci
  4. Nuova prestazione pensionistica
  5. Pensione di vecchiaia

Pensione di vecchiaia: le credenziali per fare domanda

Anche se si è residenti all’estero, è possibile ottenere le credenziali per inoltrare la richiesta online. Per farlo, si possono seguire queste opzioni:

  1. CIE (Carta d’identità elettronica): da richiedere presso il consolato;
  2. SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale): per ottenerla è necessario seguire la procedura specifica prevista per i residenti all’estero. Le indicazioni e le informazioni complete si trovano sul portale gov.it.

SPID: quali documenti servono

Per ottenere lo SPID è necessario essere muniti dei seguenti documenti:

  • documento di identità in corso di validità;
  • codice fiscale;
  • numero di cellulare (anche estero);
  • indirizzo di posta elettronica.

Per ulteriori informazioni sul rilascio delle credenziali digitali, è possibile contattare anche il Contact center integrato dell’INPS.  Con le credenziali ottenute, si potrà procedere alla domanda per la pensione.

Pensioni all’estero: pagamento

L’INPS gestisce il pagamento delle pensioni ai beneficiari residenti all’estero affidando il servizio a un istituto di credito selezionato tramite una gara d’appalto, che viene rinnovata ogni tre anni. La banca incaricata collabora con istituti di credito locali per effettuare i pagamenti mensili delle pensioni.

Solitamente, i pagamenti sono accreditati direttamente sul conto corrente del pensionato. La banca incaricata, che a diversi anni è Citibank, deve anche verificare annualmente l’esistenza in vita, l’indirizzo e la residenza dei pensionati.

Accertamento esistenza in vita 2024-2025

Con il messaggio n. 4071 del 16.11.2023 l’INPS ha reso noti i tempi della verifica dell’esistenza in vita dei soggetti che percepiscono la pensione all’estero. La finalità principale della campagna di accertamento è finalizzata alla prevenzione e al contrasto dell’eventuale percezione indebita delle prestazioni previdenziali.

Detta procedura di accertamento si svolgerà in due fasi distinte:

  • nella prima, iniziata a marzo 2024 con termine a luglio 2024 verranno effettuati gli accertamenti relativi ai pensionati residenti in America, Asia, Estremo Oriente, Paesi Scandinavi, Stati dell’est Europa e paesi limitrofi;
  • la seconda fase della verifica avrà inizio a settembre 2024 e terminerà nel gennaio 2025 e riguarderà i pensionati residenti in Europa, Africa e Oceania.

Ai fini della verifica dell’esistenza in vita Citybank invierà una lettera esplicativa e un modulo standard di attestazione. Le lettere esplicative conterranno:

  • le istruzioni per procedere alla compilazione del modulo di esistenza in vita;
  • la richiesta della documentazione di supporto, come una copia di un documento d’identità del pensionato in corso di validità e con fotografia;
  • le indicazioni necessarie per contattare il servizio di assistenza dedicato ai pensionati di Citybank.

I pensionati dovranno inviare il modulo di attestazione dell’esistenza in vita debitamente compilato datato e sottoscritto, nonché munito della documentazione di supporto richiesta nel termine indicato nella lettera esplicativa al seguente indirizzo PO Box 4873, Whorthing BN99 3BG, United Kingdom.

Il modulo sarà quindi restituito a Citybank, controfirmato da un “testimone accettabile“ ossia un rappresentante di un’ambasciata, di un consolato italiano o di un’autorità locale autorizzata ad avallare la firma dell’attestazione dell’esistenza in vita.

rivalutazione pensione avvocati

Avvocati: pensioni rivalutate del 5,4% Approvato dai ministeri l'adeguamento Istat 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense agli avvocati

Adeguamento Istat 2024

Il Ministero del Lavoro, di concerto con i Ministeri della Giustizia e dell’Economia e Finanze, ha approvato la rivalutazione ISTAT per il 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense, nella misura del 5,4%, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi rispetto al 2023, elaborata dall’ISTAT. Lo ha reso noto l’ente previdenziale degli avvocati con un comunicato pubblicato sul proprio sito.

Le altre rivalutazioni

Nella stessa misura del 5,4% saranno rivalutati il tetto reddituale e i coefficienti utili ai fini del calcolo delle pensioni, nonché gli importi dei contributi minimi nei seguenti termini:

  • contributo minimo soggettivo per il 2024: euro 3.355,00 (importo del 2023 = euro 3.185,00 maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).
  • contributo minimo integrativo per il 2024: euro 850,00 (importo del 2023 = euro 805,00, maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).

Pagamento contributi minimi

La Cassa ricorda, inoltre, che “è possibile generare e stampare i moduli di pagamento dei contributi minimi 2024 per le scadenze previste collegandosi al sito internet della Cassa Forense www.cassaforense.it tramite la sezione “Accessi riservati/posizione personale” e utilizzando i codici personali Pin e Meccanografico”.

Le prime tre rate, a titolo di acconto, saranno calcolate sulla base della contribuzione dell’anno 2023 non rivalutata, mentre la quarta rata, il 30 settembre, verrà determinata a saldo e includerà la rivalutazione ISTAT (+5,4%) e il contributo di maternità.

I contributi minimi, ad ogni modo, possono essere pagati in un’unica soluzione entro il 30 settembre, senza sanzioni.

Rivalutazione pensioni da giugno

Quanto alla rivalutazione delle pensioni, informa infine la Cassa, già dal mese di giugno saranno pagati i nuovi importi, unitamente agli arretrati maturati dal 1° gennaio 2024.

pensami pensione

PensAMi: il simulatore INPS per la pensione Cos'è e come funziona il servizio INPS che propone i possibili scenari pensionistici per ogni tipo di utente

Cos’è PensAMi

PensAMi (Pensione a Misura) è un servizio web offerto dall’INPS che consente di simulare il proprio personale possibile scenario pensionistico senza bisogno di registrazione.
Basta inserire pochi dati anagrafici e relativi alla contribuzione, per ottenere le informazioni relative alle pensioni cui è possibile accedere sia nelle singole gestioni previdenziali, sia cumulando tutta la contribuzione.
Non solo. Il simulatore consente anche di scoprire se, avvalendosi di alcuni istituti (riscatto laurea, periodi esteri, maternità, ecc.), si può anticipare l’accesso alla pensione. Tramite note e link di approfondimento, inoltre, Pensami è uno strumento utile per conoscere il sistema previdenziale italiano.

A chi è rivolto

Il servizio è rivolto a tutti gli utenti. Lo strumento permette a chiunque, infatti, senza autenticazione, di verificare i possibili scenari pensionistici, fornendo una sorta di consulenza pensionistica “fai da te” per scoprire come e quando andare in pensione cumulando la contribuzione.

Come funziona Pensami

Il simulatore fornisce informazioni sui trattamenti pensionistici diretti valorizzando la contribuzione presente nelle varie gestioni previdenziali (Fondo pensioni lavoratori dipendenti; gestione artigiani; gestione separata, casse professionali, ecc.).

Pensami, avverte l’INPS, “non fornisce informazioni sugli importi delle pensioni né sulle pensioni previste per determinate categorie di lavoratori (es. piloti, poligrafici, militari, ecc.)”. Nè utilizza “le informazioni presenti nella banca dati dell’INPS”; è l’utente a dover inserire i dati per simulare gli scenari pensionistici.

I risultati sono basati esclusivamente sulle risposte fornite dall’utente e sono forniti in modo anonimo, non hanno valore né certificativo né costitutivo del diritto.

Rilascio aggiornamento 2024

Nell’ambito delle attività progettuali previste dal PNRR, con il messaggio 2180 del 10 giugno 2024, l’INPS ha comunicato il rilascio dell’aggiornamento del simulatore degli scenari pensionistici al quale si accede senza registrazione, anche tramite l’applicazione per dispositivi mobili “INPS Mobile”, per Android e iOS.

In particolare, comunica l’istituto, “sono stati aggiornati gli adeguamenti agli incrementi alla speranza di vita dei requisiti pensionistici sulla base dello scenario demografico ISTAT mediano (base 2022) ripreso nella nota di aggiornamento del 24° rapporto 2023, relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario elaborato dalla Ragioneria Generale dello Stato”.

Inoltre, è stato aggiornato, per l’anno 2024, l’importo massimo della pensione anticipata flessibile maturata sulla base dei requisiti perfezionati entro il 31 dicembre 2023, da porre in pagamento fino al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

Sono in fase di elaborazione gli aggiornamenti del servizio volti a recepire le novità in materia pensionistica introdotte dalla legge di bilancio 2024.

Vai alla pagina del servizio sul sito INPS

quota tfr

Quota TFR coniuge divorziato: quando spetta La quota al TFR del coniuge lavoratore spetta al coniuge divorziato che non sia passato a nuove nozze e sia titolare dell’assegno di divorzio

Quota TFR coniuge divorziato: la norma

L’articolo 12 bis della legge n. 898 del 1970 stabilisce che il coniuge, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha diritto a una quota dell’indennità di fine rapporto (TFR) percepita dall’altro coniuge. Tuttavia, questo diritto è soggetto a specifici requisiti. Vediamo insieme cosa prevede la legge e quali sono i dettagli cruciali per ottenere questa quota.

Requisiti per il diritto alla quota TFR

Affinché il coniuge divorziato abbia diritto a una percentuale del TFR lo stesso non deve essere passato a nuove nozze. Questo è il primo requisito fondamentale previsto dalla normativa.

Il secondo requisito che la legge richiede per avere diritto a una quota del TFR, è la titolarità dell’assegno di divorzio. Il coniuge divorziato deve essere cioè titolare di un assegno divorzile ai sensi dell’articolo 5 della stessa legge. Senza l’assegno divorzile, il diritto alla percentuale del TFR non sussiste.

La misura della quota TFR

La quota percentuale della quota TFR spettante al coniuge divorziato è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Questo significa che la quota viene calcolata solo per gli anni di lavoro in cui i coniugi sono rimasti sposati.

Tempi della richiesta

Un aspetto che spesso è fonte di confusione è la tempistica della richiesta di divorzio in relazione al diritto al TFR.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5553/1999 ha chiarito che affinché il coniuge divorato possa avere diritto alla quota del TFR, è necessario che la domanda di divorzio sia stata presentata prima che, in capo al lavoratore, sorga il diritto al percepimento del TFR.

Con la sentenza n. 4360/2023, la Cassazione ha ulteriormente chiarito due aspetti cruciali:

  • il diritto del lavoratore al TFR sorge quando cessa il rapporto di lavoro, senza che assuma rilievo la data in cui il TFR viene materialmente incassato. Dalla cessazione del rapporto decorre anche la prescrizione del diritto a chiedere il pagamento del TFR;
  • il momento invece in cui la domanda di divorzio deve intendersi presentata coincide con la data del deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale competente. Se il ricorso viene depositato dopo la cessazione del rapporto di lavoro del coniuge, il diritto alla percentuale del TFR non sussiste.

Consideriamo un caso specifico per comprendere meglio. Se il rapporto di lavoro del coniuge viene a cessare il 10 giungo 2024 luglio 2024, l’altro coniuge non avrà diritto a una percentuale del TFR se il ricorso per il divorzio viene depositato in cancelleria dopo questa data.

Quando non spetta la quota di TFR

Alla luce di quanto sopra detto si può concludere che la quota TFR del coniuge lavoratore non spetta al coniuge divorziato a cui non sia stato riconosciuto il diritto all’assegno di divorzio e al coniuge che, dopo il divorzio, sia passato a nuove nozze. La quota inoltre non spetta se la domanda di divorzio viene presentata dopo che, in capo al coniuge lavoratore, sia maturato il diritto al TFR.

irregolarità contributiva

Pensioni: si può sempre agire per recuperare contributi non versati Per la Cassazione, il lavoratore vanta un diritto soggettivo alla integrità contributiva e al regolare versamento dei contributi versati

Irregolarità contributiva

La Cassazione, con l’ordinanza n. 11730-2024, ha stabilito che ogni lavoratore ha sempre un interesse attuale e concreto a il conseguente diritto di agire in giudizio contro il proprio datore di lavoro per ottenere l’accertamento e la successiva regolarizzazione dei contributi non versati. Non occorre dimostrare un danno previdenziale concreto in grado di ripercuotersi sul futuro trattamento pensionistico. La decisione  rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori perché con l’affermazione di questo principio viene rafforzata la protezione giuridica dei lavoratori contro le irregolarità contributive dei datori di lavoro.

Richiesta di adeguamento della posizione contributiva

La decisione della Cassazione è stata presa perché un lavoratore, socio e dipendente di una cooperativa, aveva chiesto al Tribunale il riconoscimento delle differenze retributive maturate per aver svolto ore di lavoro aggiuntive rispetto al contratto. Nel caso di specie il lavoratore, regolarizzato con un contratto part- time, aveva affermato di svolgere di fatto un’attività lavorativa a tempo pieno. La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda, sostenendo che il lavoratore non avesse legittimazione ad agire. Non c’era infatti un pregiudizio concreto e attuale alla sua posizione previdenziale. Il lavoratore aveva quindi presentato ricorso in Cassazione.

Irregolarità contributiva: il lavoratore può agire a prescindere dal danno

La Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore e ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. Secondo i giudici, il lavoratore ha il diritto di agire contro il proprio datore di lavoro per ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva, anche in assenza di un danno concreto alla sua prestazione previdenziale.

Il diritto del lavoratore a tutelare la propria posizione contributiva è basato su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Questo diritto esiste indipendentemente dal raggiungimento dell’età pensionabile e dal verificarsi di un danno concreto. La tutela della posizione contributiva è infatti un diritto costituzionale sancito dallart. 38 della Costituzione Italiana, che prevede che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.

La Suprema Corte ha quindi individuato due strumenti principali di tutela per il lavoratore:

  • l’azione di condanna al risarcimento del danno di cui all’art. 2116 del Codice Civile, ai sensi del quale, le prestazioni previdenziali obbligatorie sono dovute al lavoratore anche se il datore di lavoro ha omesso di versare i contributi. Se gli istituti di previdenza non possono corrispondere le prestazioni previste a causa delle irregolarità contributive, il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno causato dalla sua condotta omissiva;
  • l’azione di accertamento dell’omissione contributiva volta a riconoscere il comportamento irregolare e potenzialmente dannoso del datore di lavoro. Questo strumento può prevenire danni futuri e garantire la regolarizzazione dei contributi non versati.

La Cassazione, nel disporre la cassazione della decisione impugnata e il conseguente rinvio alla Corte di Appello per un nuovo esame, pronuncia il seguente principio di diritto: “Il lavoratore, a tutela del proprio diritto allintegrità della posizione contributiva, ha sempre linteresse ad agire, sul piano contrattuale, nei confronti del datore di lavoro, per laccertamento della debenza dei contributi omessi in conseguenza delleffettivo lavoro svolto, prima ancora della produzione di qualsivoglia danno sul piano della prestazione previdenziale e senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti dellINPS”.

Allegati

pensione anticipata e di vecchiaia

Pensione anticipata e di vecchiaia: come ottenere l’assegno Regole e importi per la pensione di vecchiaia e per la pensione anticipata 2024: le novità della legge di bilancio e i chiarimenti INPS

Pensione di vecchiaia 2024

La circolare INPS n. 46/2024 spiega quali sono le novità previste dalla legge di bilancio 2024 e di bilancio pluriennale per gli anni 2024-2026 in materia di pensioni di vecchiaia e di pensione anticipata nel sistema contributivo.

Con riferimento alla pensione di vecchiaia, dal 1° gennaio 2024 per i lavoratori il cui primo accredito contributivo decorre dalla data del 1° gennaio 1996 cambia il requisito dell’importo soglia, che è pari all’assegno sociale, il cui valore provvisorio per il 2024 è di Euro 534,41.

In relazione al trattamento pensionistico maturato in base alle nuove regole in vigore dal 1° gennaio 2024, esso decorre:

  • dal 2 gennaio 2024 se liquidato d carico della AGO (Assicurazione generale obbligatoria);
  • dal 2 febbraio 2024 invece se gestito a carico dell’AGO, di forme sostitutive della stessa, della gestione separata (art. 2, co. 26, legge n. 335/1995) in regime di cumulo (legge n. 228/2012; dlgs n. 184/1997).

Pensione anticipata 2024

Dal 1° gennaio 2024 cambiano gli importi soglia per accedere alla pensione anticipata prevista dall’art. 24 co. 2 del D.L n. 201/2011, calcolati sulla base del valore provvisorio dell’assegno sociale, che nel 2024 è pari a Euro 534,41:

  • l’importo soglia è pari a 3 volte l’assegno mensile dell’assegno sociale (Euro 1.603,23);
  • detto importo è ridotto a 2,8 per le donne con un figlio (Euro 1.496,35);
  • e scende a 2,6 per le donne che hanno due o più figli (Euro 1.389,46).

La pensione anticipata non può superare il valore lordo mensile pari a 5 volte del trattamento minimo previsto dalle leggi vigenti, per le mensilità di anticipo rispetto a quando questo diritto maturerebbe per il raggiungimento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico. Fino a quando non maturano i requisiti necessari al conseguimento della pensione di vecchiaia, la pensione anticipata non può essere superiore a 5 volte del trattamento minimo previsto per ogni anno, importo che per il 2024 è fissato in via provvisoria a Euro 2.993,05.

Raggiunto il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia il pagamento  avviene per l’importo intero della pensione perequata nel tempo. Il requisito anagrafico da prendere come riferimento per il calcolo della pensione nella misura intera è quello richiesto per accedere alla pensione di vecchiaia. Per i bienni 2023/2024 e 2025/2026 il requisito anagrafico richiesto è di 67 anni.

L’importo massimo da porre in pagamento riguarda le pensioni che decorrono dal 2 gennaio 2024 (se liquidate dalla gestione esclusiva AGO) o dal 1° febbraio 2024 (se liquidate dall’AGO, da forme sostitutive della stessa, dalla gestione separata o in regime di cumulo).

Il diritto alla prima decorrenza utili della pensione anticipata, in base alle nuove regole, si consegue una volta che siano decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti previsti (finestra).

Il trattamento pensionistico che matura in base ai requisiti stabiliti dalla legge di bilancio 2024 non può decorrere prima del 2 aprile 2024 (liquidazione a carico della AGO, delle forme sostitutive, della gestione separata e in regime di cumulo) o dal 1° maggio se liquidato dall’AGO, da forme sostitutive, dalla Gestione separata o in regime di cumulo. Per il comparto scuola e AFAM valgono invece le regole di cui all’art. 59 della legge n. 449/1997.

Adeguamenti alla speranza di vita

La legge di bilancio 2024 introduce un ulteriore e importante elemento di novità, sempre in relazione alla pensione anticipata. Dal 1° gennaio 2024 il requisito dei 20 anni di contribuzione effettiva deve essere adeguato alla speranza di vita del soggetto come previsto dall’art. 12 del DL n. 78/2010.

Il comma 12 ter di detto articolo prevede infatti che ogni anno l’ISTAT debba rendere disponibile entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento “il dato relativo alla variazione nel triennio precedente della speranza di vita”. Detti requisiti, come risulta dal decreto direttoriale del 18 luglio 2023 emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero del Lavoro, non sono incrementati con riferimento al biennio 2025/2026.

lavoro pensionati PA

Lavoro ai pensionati nelle Pubbliche Amministrazioni La Corte dei Conti ha dato l'ok chiarendo che gli incarichi vietati sono solo quelli espressamente contemplati dalla legge, quali, ad esempio, incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi

Conferimento incarichi al personale in pensione

Il caso in esame prende avvio dalla richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Cassino, ai sensi dell’art. 7, comma 8, l. 5 giugno 2003, n. 131, avente ad oggetto la possibilità di conferire un incarico retribuito ad un dipendente che si trovava in stato di recente quiescenza.

In particolare, il Sindaco ha chiesto se “al fine di prestare affiancamento al personale in servizio, prettamente assistenza, supporto e formazione prettamente operativa, senza svolgere attività di studio consulenza, né alcun tipo di attività riferibile all’espletamento di funzioni direttive o dirigenziali… è legittimo affidare al suddetto funzionario, successivamente alla data del suo collocamento in quiescenza, l’incarico temporaneo e straordinario a titolo oneroso di assistenza, di supporto, di affiancamento e di formazione operativa per il personale dell’ufficio tributi, precisando che l’attività oggetto della prestazione non consisterebbe né in un’attività di studio e/o di consulenza, né l’espletamento di funzioni direttive e dirigenziali, ma semplicemente una mera condivisione dell’esperienza maturata dal funzionario in quiescenza nell’esercizio delle mansioni in precedenza affidategli”.

Incarichi vietati: il quadro normativo e giurisprudenziale

La Corte dei Conti, con deliberazione n. 80-2024, ha ritenuto che “la tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore (…) fa sì che le attività consentite, per gli incarichi si ricavino a contrario”.

Nell’ambito della propria deliberazione, la Corte ha anzitutto esaminato il quadro normativo, amministrativo e giurisprudenziale di riferimento.

In particolare, è stato preso in considerazione l’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95 del 6 luglio 2012, ove è contenuto un principio generale di divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza.

La norma in questione, per quanto qui rileva, stabilisce che “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché alle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) ai sensi dell’art. 1, comma 2, della l. 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati (…)”.

In esecuzione della suddetta disposizione normativa, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha successivamente emanato due circolari.

La prima di esse, ovvero quella del 4 dicembre 2014, n. 6 statuisce che “(…) Incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati». «Un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale».

La successiva circolare, del 10 novembre 2015, n. 4, prevede invece che il divieto posto dall’art. 9 del D.L. n. 95 del 2012 “riguarda anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi 5 dell’art. 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Come già osservato nella circolare n. 6 del 2014, infatti, in assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi soggetti al divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza, assegnati nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici”.

Nella medesima direzione si è anche espressa la giurisprudenza formatasi in seno alla Corte dei Conti stessa, secondo cui “il conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza, per essere legittimo necessita, quindi di una effettiva (e non elusiva) esclusione dal campo di applicazione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto n. 95/2012)”.

Corte dei Conti: ammesso l’incarico non vietato

In ragione di quanto sopra riferito, la Corte dei Conti ha pertanto concluso il proprio esame ritenendo che “La tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore (…) fa sì che le attività consentite, per gli incarichi si ricavino a contrario”.

Si tratta, quindi, ha proseguito la Corte “di verificare se gli incarichi da conferire, ai sensi dell’articolo 5 comma 9, del D.L. n. 95/2012, siano non solo astrattamente non ricompresi nel divieto normativo, in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, ma comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati”.

Allegati

pensione reversibilità eredi

La pensione di reversibilità non si eredita La Cassazione chiarisce che la pensione di reversibilità opera a favore dei superstiti aventi causa, mentre deve escludersi che, alla morte del titolare della pensione di reversibilità, la stessa venga attribuita agli eredi di quest’ultimo

Pensione di reversibilità

Nel caso in esame, la Corte d’appello di Napoli aveva accolto la domanda di pensione di reversibilità proposta dagli eredi della titolare nei confronti dell’Inps, riconoscendo il beneficio nei loro confronti.

Avverso tale decisione l’ente previdenziale aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.

Il Giudice di legittimità, per quanto qui rileva, con ordinanza n. 14287-2024, ha accolto il ricorso proposto dall’Inps e ha cassato la sentenza impugnata.

La trasmissibilità della pensione di reversibilità

In particolare, la Corte ha ricordato il costante orientamento formatosi in senso alla giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo cui “la pensione di reversibilità di cui all’art. 22 l. n. 903/65 opera a favore dei superstiti del titolare di pensione, mentre deve escludersi che, alla morte del titolare di pensione di reversibilità, detta pensione venga ulteriormente attribuita ai superstiti di questo. Non spetta perciò un diritto alla pensione di reversibilità derivante dal decesso di chi già beneficiasse di pensione di reversibilità, anziché di pensione diretta”.

Per quanto riguarda il caso di specie, la Corte ha rilevato che il Giudice di merito non aveva correttamente applicato la normativa di riferimento, non avendo, in particolare “considerato che la madre della appellante era titolare di pensione diretta, ma di pensione di reversibilità per morte del marito” e che pertanto il beneficio non poteva essere trasmesso agli eredi della stessa.

 

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Pensione reversibilità ai nipoti: le nuove regole L'INPS, in virtù del dettato della sentenza della Corte Costituzionale, fornisce chiarimenti sul riconoscimento della pensione ai superstiti in favore dei nipoti maggiorenni orfani

Pensione di reversibilità ai nipoti

Con la circolare n. 64/2024, l’INPS ha chiarito che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale (n. 88/2022), con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 38 del DPR n. 818/1957, i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti sono inclusi tra i destinatari diretti ed immediati della pensione ai superstiti.

La sentenza sulla pensione di reversibilità ai nipoti

In particolare, la Corte ha osservato che “nel quadro normativo risultante dalla richiamata sentenza n. 180 del 1999, il rapporto di parentela tra l’ascendente e il nipote maggiorenne, orfano e inabile al lavoro, subisce un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello con il nipote minorenne, con conseguente fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. […] La relazione appare in tutto e per tutto assimilabile a quella che si instaura tra ascendente e nipote minore di età, per essere comuni ai due tipi di rapporto la condizione di minorata capacità del secondo e la vivenza a carico del primo al momento del decesso di questo.  È illogico, e ingiustamente discriminatorio, che i soli nipoti orfani maggiorenni e inabili al lavoro viventi a carico del de cuius siano esclusi dal godimento del trattamento pensionistico dello stesso, pur versando in una condizione di bisogno e di fragilità particolarmente accentuata: tant’è che ad essi è riconosciuto il medesimo trattamento di reversibilità in caso di sopravvivenza ai genitori, proprio perché non in grado di procurarsi un reddito a cagione della predetta condizione”.

In ragione dell’unitarietà della tutela previdenziale riconosciuta in favore dei superstiti, in caso di morte del dante causa, il riferimento alla pensione di reversibilità – trattamento riconosciuto in caso di morte del pensionato – deve essere inteso anche alla pensione indiretta – trattamento pensionistico riconosciuto in caso di morte dell’assicurato. Conseguentemente, afferma l’istituto, “per effetto della predetta sentenza, i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico degli ascendenti sono inclusi tra i destinatari diretti e immediati della pensione ai superstiti”.

Effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2022

Alla luce della sentenza, dunque, l’INPS chiarisce la definizione delle domande nuove e giacenti presentate dai nipoti orfani.

Nello specifico, afferma l’istituto, “le domande già respinte ai sensi della norma dichiarata incostituzionale devono essere riesaminate, a richiesta degli interessati, sempreché il diritto non sia stato negato con sentenza passata in giudicato. Il trattamento pensionistico verrà riconosciuto con l’ordinaria decorrenza, nei limiti della prescrizione e della decadenza”.

Inoltre, “le pensioni liquidate in favore del coniuge e/o dei figli del dante causa aventi diritto ai sensi dell’articolo 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e dell’articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, devono essere rideterminate, con conseguente modifica degli importi delle quote di pensione attualmente in pagamento, a seguito del riconoscimento del diritto a pensione in favore dei nipoti aventi diritto per effetto della sentenza della Corte”. Inoltre, “ai nipoti superstiti aventi diritto per effetto della sentenza n. 88 del 2022 deve essere riconosciuta la quota spettante fin dalla decorrenza originaria, nei limiti della prescrizione e della decadenza”.

Incompatibilità

“Il diritto alla pensione ai superstiti in favore dei nipoti quali destinatari diretti e immediati dell’ascendente assicurato/pensionato – osserva tuttavia l’INPS – è incompatibile e prevalente rispetto al diritto di altre categorie di superstiti quali collaterali e ascendenti del dante causa”.

Il riconoscimento del trattamento pensionistico in favore dei nipoti aventi diritto comporta “l’eliminazione della pensione riconosciuta in favore di categorie di superstiti il cui diritto è incompatibile con quello dei nipoti”.

Tuttavia, “le somme corrisposte ai superstiti, il cui diritto è incompatibile con quello dei nipoti, non sono oggetto di recupero da parte dell’Istituto, salvo il caso di dolo del percettore”.