giurista risponde

Il pagamento al creditore apparente: la tutela dell’art. 1189 c.c. Il debitore adempiente può invocare la tutela di cui all’art. 1189 c.c. quando sussiste una situazione in cui il pagamento avvenga in conflitto tra i creditori?

Quesito con risposta a cura di Angela De Girolamo e Ilaria Iacobone

 

Poiché l’art. 1189 c.c. è diretto a tutelare il solo debitore che paghi il creditore che appia “univocamente” tale, cioè la situazione in cui il pagamento avvenga in mancanza di un conflitto, noto al debitore, sulla relativa legittimazione, tale disposizione non è, di regola, applicabile nel caso in cui siano espressamente rivolte al debitore, prima del pagamento, pretese contrastanti da diversi potenziali aventi diritto (disponendo del resto il debitore di diversi e adeguati strumenti di tutela della sua posizione, per tale eventualità), salvo solo il caso eccezionale in cui alcune di suddette pretese appaiono, già prima facie, manifestamente infondate e pretestuose ovvero vi sia un ordine giudiziale che imponga il pagamento in favore di uno dei pretendenti (Cass., sez. III, 23 ottobre 2024, n. 27439 (pagamento al creditore apparente).

Nel caso di specie, il Supremo Consesso compie una precisa ricognizione del perimetro applicativo dell’art. 1189 c.c., che disciplina il pagamento effettuato dal debitore nei confronti di colui che appare essere il creditore (creditore apparente). In virtù di tale articolo, il legislatore ha stabilito che il debitore è liberato dall’adempimento dell’obbligazione allorquando dia prova di aver eseguito la prestazione nei confronti di un soggetto che, senza essere il creditore o, comunque, un soggetto legittimato ex art. 1188 c.c., appaia essere legittimato in base a circostanze univoche e dimostra, altresì, di essere stato in buona fede. Di talché, dall’analisi della disposizione in esame emerge che affinché l’adempimento in favore di un soggetto diverso da quello legittimato a riceverlo determini la liberazione ex art. 1189 c.c., occorre che ricorrano due distinti presupposti: uno di carattere soggettivo (la buona fede del debitore) e l’altro di carattere oggettivo (le circostanze univoche che facciano apparire il ricevente come soggetto legittimato). La ratio della norma è, dunque, quella di tutelare l’affidamento incolpevole del debitore che in buona fede ritiene di adempiere la sua obbligazione, pagando il creditore legittimato a riceve la prestazione (e non il creditore apparente).

Sulla base di tale analisi, i giudici della Corte di Cassazione, nella sentenza oggetto di attenzione, hanno ravvisato la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1189 c.c., da parte dei giudici della Corte d’Appello di Milano, poiché questi non avevano valutato, nell’individuare l’effettivo titolare del diritto di pagamento, una pluralità di circostanze di fatto, tra cui l’esistenza di più creditori rispetto al premo assicurativo. Invero, nel momento in cui vengono avanzate più pretese in ordine al pagamento dell’obbligazione, tra loro contrastanti e ad opera di soggetti diversi, è palese la sussistenza di una controversia in punto di autenticità delle sottoscrizioni (precedente effettuate) e, quindi, di riflesso, anche sulla autenticità della titolarità del diritto al pagamento.

Ciò posto, la Corte di Cassazione stabilisce che la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano sia inficiata da un vizio c.d. di sussunzione, poiché ha ricondotto nell’alveo del perimetro applicativo dell’art. 1189 c.c. una fattispecie concreta che, in realtà, non rientra in tale campo applicazione. Difatti, la disciplina enucleabile dall’art. 1189 c.c. non è passibile di applicazione allorquando, in primo luogo, siano avanzate – espressamente – al debitore pretese tra loro contrastanti e provenienti da soggetti in conflitto tra loro circa l’adempimento di un’obbligazione e, in secondo luogo, quando non sussistono circostanze oggettive ovvero univoche che inducono il debitore ad effettuare il pagamento nei confronti di uno dei “creditori”.

La Corte di Cassazione, conclude, stabilendo che in tali casi viene in soccorso, non già l’art. 1189 c.c., ma l’art. 687 c.p.c. La norma, nello specifico, disciplina il c.d. sequestro conservativo. Di tale autonoma figura di sequestro ci si può avvalere allorché tra le parti del rapporto sinallagmatico sorga una controversia circa i diritti e gli obblighi nascenti dallo stesso rapporto, così come nell’ipotesi in cui, avendo il debitore chiesto un accertamento negativo del proprio obbligo, intenda medio tempore sottrarsi alle conseguenze negative dell’inadempimento, ossia alla mora debendi.

Sulla base di tali principi, i giudici di legittimità, nel caso attenzionato, accolgono il ricorso incidentale avanzato dagli eredi dello stipulante la polizza assicurativa e cassano la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviano alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

 

(*Contributo in tema di “Il pagamento al creditore apparente: la tutela dell’art. 1189 c.c.”, a cura di Angela De Girolamo e Ilaria Iacobone, estratto da Obiettivo Magistrato n. 81 / Gennaio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

tabella unica nazionale

Macrolesioni: in scena la Tabella Unica Nazionale (TUN) Tabella Unica Nazionale risarcimento danni non patrimoniali: cosa prevede il regolamento che uniforma i criteri per i danni da lesione in vigore dal 5 marzo 2025

Tabella Unica Nazionale: cosa prevede il regolamento

Con l’approvazione definitiva della Tabella Unica nazionale per il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesioni gravi conseguenti a sinistri stradali e responsabilità sanitaria, l’Italia, dopo vent’anni di dibattiti, possiede finalmente una regolamentazione più equa e uniforme dei risarcimenti per i danni non patrimoniali gravi.

Il Regolamento recante la Tabella Unica Nazionale (TUN), approvato in via definitiva il 25 novembre 2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18.02.2025  Serie generale, Supplemento Ordinario n. 4,  in vigore dal 5 marzo 2025, trasforma in modo significativo il  panorama normativo in materia di danno non patrimoniale.

La TUN, ossia la Tabella Unica Nazionale, prevista dall’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005), punta a uniformare i criteri di risarcimento per le lesioni fisiche e psico-fisiche gravi derivanti da sinistri stradali e responsabilità sanitaria.

L’introduzione della Tabella Unica Nazionale segna un passo fondamentale verso una maggiore equità e uniformità nel sistema risarcitorio italiano. Sebbene, per gli esperti, ci siano ancora aspetti da perfezionare, la TUN rappresenta un esercizio di civiltà giuridica che offre nuove certezze sia ai danneggiati che agli operatori del settore.

Con questo strumento si apre infatti la strada a una gestione più razionale e sostenibile dei risarcimenti, ponendo fine a decenni di disomogeneità e contenziosi.

Iter normativo: l’intervento del Consiglio di Stato

L’elaborazione della TUN ha incontrato diversi ostacoli, tra cui una sospensione significativa nel febbraio 2024, quando il Consiglio di Stato ha sollevato critiche su aspetti tecnici e giuridici del testo. Questi rilievi hanno spinto il Governo a rivedere il regolamento, senza però stravolgerne l’impianto originario.

Il risultato è un sistema tabellare che concilia i criteri previsti dall’articolo 138 con la consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale. Il Consiglio di Stato, pur approvando il testo rivisto, ha evidenziato la necessità di mantenere un equilibrio tra la tutela dei diritti dei danneggiati e la sostenibilità economica per le imprese assicurative.

Obiettivi della Tabella Unica Nazionale

L’introduzione della TUN risponde a molteplici obiettivi.

  1. Superare le disomogeneità delle tabelle attualmente in uso, come quelle dei Tribunali di Milano e Roma.
  2. Garantire risarcimenti proporzionati e adeguati alle lesioni, riducendo disparità territoriali.
  3. Offrire parametri certi per la liquidazione dei danni, favorendo soluzioni stragiudiziali.
  4. Fornire uno strumento chiaro per avvocati, giudici, medici legali e compagnie assicurative.

Limiti delle tabelle preesistenti

Fino a oggi, l’assenza di un sistema unitario ha portato all’adozione di tabelle differenti a seconda della giurisdizione, con disallineamenti significativi, soprattutto per le lesioni più gravi. Ad esempio, mentre la tabella del Tribunale di Roma tende a riconoscere somme più alte, quella di Milano gode di un primato di applicazione grazie a un’ampia accettazione da parte della Cassazione.

Dal 5 marzo 2025, data di entrata in vigore del Regolamento, queste problematiche non riguarderanno più le vittime dei sinistri che si verificheranno dopo tale data.

Contenuti della Tabella Unica Nazionale

Il Regolamento introduce un sistema basato su coefficienti precisi che tengono conto de seguenti aspetti:

  • punti di invalidità: ogni punto, da 10 a 100, è associato a un valore economico progressivo;
  • età del danneggiato: il valore del punto diminuisce con l’aumentare dell’età;
  • danno morale: previsti incrementi percentuali in base alla gravità della lesione e alle particolari circostanze personali.

Il Regolamento contiene a tal fine tabelle distinte comprensive del danno morale con aumento minimo, medio e massimo.

Allegati: strumenti di calcolo

Il Regolamento comprende allegati che dettagliano i parametri per il calcolo dei risarcimenti:

– Allegato I: definisce i coefficienti moltiplicatori del punto per il calcolo del danno biologico e morale. La tabella 1A contiene il coefficiente moltiplicatore biologico del punto.

La tabella 1B invece contiene i coefficienti di riduzione legati all’età. La tavola II infine prevede il coefficiente moltiplicatore per il danno morale.

– Allegato II: include tabelle che indicano il valore da attribuire a ogni punto di invalidità (con coefficienti di variazione che tengono conto dell’età del soggetto) e tabelle che comprendono il danno morale con aumenti minimi, medi e massimi.

TUN: impatto sul sistema risarcitorio

L’approvazione della TUN apporta sicuramente benefici significativi. Un sistema tabellare unico infatti limita le discrezionalità nelle decisioni giudiziarie, la presenza di parametri chiari agevolano la risoluzione stragiudiziale delle controversie, una maggiore prevedibilità dei costi contribuisce alla stabilità del mercato assicurativo.

Osservazioni e criticità

Con la Tabella Unica il legislatore ha dimostrato senza dubbio di preferire i meccanismi di liquidazione adottati dal Tribunale di Milano, dimostrando così di essere stato in un certo senso influenzato dalle numerose pronunce in cui la Cassazione ha spesso indicato la tabella milanese come il modello di riferimento.

La Tabella capitolina è stata disattesa probabilmente perchè più gravosa dal punto di vista economica.

Una cosa è certa, la Tabella Unica razionalizza il sistema risarcitorio relativo al danno alla persona, senza trascurare la necessaria sostenibilità del sistema assicurativo.

 

 

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azione di spoglio

Azione di spoglio: guida e modello Azione di spoglio o reintegrazione: come è disciplinata dall’art. 1168 del Codice Civile: guida con modello di ricorso

Cos’è l’azione di spoglio o reintegrazione?

L’azione di spoglio o di reintegrazione è una delle azioni possessorie previste dal nostro ordinamento giuridico, attraverso la quale un soggetto può chiedere di essere reintegrato nel possesso di un bene che è stato illegittimamente sottratto o turbato. Il riferimento normativo principale è l’art. 1168 del Codice Civile, che stabilisce “Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. L’azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità. Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio. La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.”

Se il bene è stato sottratto, si parla di spoglio, se invece si è verificata una turba al possesso (ad esempio, interferenze o disturbano l’uso pacifico del bene), si parla di turbativa, ma in questo caso l’azione prevista è quella di manutenzione disciplinata dall’articolo 1170 del Codice civile. 

I requisiti per l’azione di spoglio o reintegrazione

Per esercitare questa azione, il soggetto che ha subito lo spoglio deve soddisfare determinati requisiti:

  1. Possesso legittimo: il soggetto deve essere il possessore del bene, anche se non è il proprietario o anche il detentore, in questo caso però la detenzione non deve essere motivata da ragioni di servizio o di ospitalità.
  2. Sottrazione: deve esserci stata una sottrazione (spoglio) avvenuto in modo violento e occulto.
  3. Atto illecito da parte del soggetto che causa la sottrazione: l’azione che interrompe il possesso deve essere illegittima, quindi non deve esserci stato il consenso del possessore.
  4. Tempestività dell’azione: l’azione deve essere promossa senza indugi, poiché la legge prevede che il possessore per la reintegrazione debba agire entro un termine di 1 anno dal dal sofferto spoglio ossia dalla sottrazione del possesso.

Cos’è lo spoglio clandestino?

Lo spoglio clandestino è una forma di sottrazione del possesso che avviene senza che il possessore sia consapevole del fatto. Si verifica quando una persona, senza il consenso del possessore, rimuove il bene o lo sottrae, ma in modo tale che il possessore non se ne accorga immediatamente. Ad esempio, può trattarsi di un’occupazione furtiva di un immobile o la sottrazione di beni in modo tale che il possessore non se ne accorga fino a quando non cercherà di esercitare i propri diritti.

Questa modalità di spoglio è particolarmente insidiosa, in quanto può rendere più difficile per il soggetto che ha subito il danno esercitare tempestivamente l’azione di reintegrazione. Per questo l’ordinamento prevede che in questo caso il possessore possa avviare l’azione di recupero del bene entro un anno dal momento in cui scopre di avere subito lo spoglio.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha affrontato diverse volte il tema dell’azione di spoglio o reintegrazione. Di seguito vengono riportate alcune sentenze significative in materia:

Cassazione n. 23870/2021: La norma deve essere intesa nel senso che, in materia di reintegrazione del possesso, il termine stabilito dall’art. 1168 c.c. per intraprendere l’azione inizia a decorrere, in caso di spoglio clandestino – ossia avvenuto all’insaputa del possessore – dal momento in cui la parte lesa è in grado di accorgersene, adottando la normale diligenza di una persona comune.

Cassazione n. 7/2014: La convivenza “more uxorio” è riconosciuta come una vera e propria formazione sociale con rilievo giuridico, distinguendosi dalla semplice ospitalità. Questo comporta che il convivente non proprietario abbia un diritto di fatto sulla casa in cui si svolge la vita comune, configurando una detenzione qualificata con base in un rapporto familiare. Di conseguenza, se il convivente proprietario estromette in modo violento o clandestino l’altro convivente, quest’ultimo può tutelare il proprio possesso attraverso l’azione di spoglio (Cass. 7214/2013).

Modello di ricorso per azione di reintegrazione

Di seguito un modello base di ricorso per azione di reintegrazione, da adattare in base al caso concreto:

TRIBUNALE DI [Città]

RICORSO EX ART. 1168 CODICE CIVILE

Il sottoscritto [Nome e Cognome del ricorrente], residente in [indirizzo], codice fiscale [CF],
in qualità di possessore del bene sito in [indirizzo del bene],
rappresentato e difeso dall’Avv. [Nome e Cognome], con studio in [indirizzo], e domiciliato presso lo stesso studio,
espone quanto segue:

– Il ricorrente è possessore del bene immobile sopra indicato, avendo esercitato su di esso il possesso in modo pacifico, continuo e non interrotto da [data di inizio del possesso].

– In data [data dell’evento] il ricorrente ha subito uno spoglio/turbativa del suo possesso da parte di [Nome del soggetto che ha effettuato lo spoglio/turbativa], che ha compiuto atti di [descrizione dell’atto illecito].

– Nonostante i tentativi di recupero della situazione, il ricorrente non è riuscito a riacquistare il pieno possesso del bene, trovandosi in una condizione di [descrizione dell’atto di spoglio o turbativa].

Tutto ciò premesso e ritenuto, il ricorrente, come sopra rappresentato e difeso

Chiede

che l’On.le Tribunale voglia reintegrare il suo possesso del bene, ai sensi dell’art. 1168 del Codice Civile, con l’ordine di [eventuale richiesta di risarcimento danni o altre misure].

Chiede, per questi motivi, che l’On.le Tribunale voglia:

  • Ordinare la reintegrazione nel possesso del bene sopra descritto.
  • Condannare il convenuto al risarcimento dei danni derivanti dall’atto illecito.

In fede,
[Data e firma del ricorrente]

 

 

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società consortili

Le società consortili Cosa sono le società consortili regolate dall’art. 2615-ter del Codice civile: scopo, finalità, costituzione, vantaggi e svantaggi

Cosa sono le società consortili

Le società consortili sono forme giuridiche previste dall’ordinamento italiano che combinano le caratteristiche delle società tradizionali con gli scopi mutualistici dei consorzi. Regolate dall’articolo 2615-ter del Codice Civile, queste società mirano a coordinare determinate fasi delle attività economiche dei soci, mantenendo al contempo la loro autonomia imprenditoriale.

Definizione e normativa di Riferimento

Secondo l’articolo 2615-ter del Codice Civile, le società disciplinate nei capi III e seguenti del titolo V possono avere come oggetto sociale gli scopi indicati nell’articolo 2602. In questo contesto, l’atto costitutivo può prevedere l’obbligo per i soci di versare contributi in denaro. Questo significa che le società consortili possono essere costituite in diverse forme societarie purché perseguano finalità consortili:

  • società di capitali: società a responsabilità limitata (S.r.l.); società per azioni (S.p.a.), società in accomandita per azioni (S.a.p.a);
  • Società di persone: società in nome collettivo (S.n.c) e società in accomandita semplice (S.a.s) con i necessari adattamenti.

Scopo e finalità

L’obiettivo principale di una società consortile è creare un’organizzazione comune per disciplinare o svolgere determinate fasi delle attività economiche dei soci. Questo può tradursi in vantaggi come la riduzione dei costi di produzione attraverso l’acquisto collettivo di materie prime o l’accesso a servizi a condizioni più vantaggiose. Pur potendo svolgere attività con terzi e generare utili, l’attività lucrativa deve rimanere secondaria rispetto alla funzione mutualistica.

Costituzione della società consortile

La costituzione di una società consortile avviene attraverso un atto costitutivo redatto per atto pubblico, che deve contenere:

  • Denominazione sociale: indicante la forma giuridica scelta e la natura consortile;
  • Oggetto sociale: descrizione dettagliata delle attività consortili da svolgere;
  • Conferimenti dei soci: indicazione dei contributi in denaro o in natura apportati dai soci;
  • Regole di funzionamento: norme relative all’amministrazione, alla distribuzione degli utili e all’eventuale ripartizione delle perdite.

Una volta redatto, l’atto costitutivo deve essere iscritto nel Registro delle Imprese competente.  

Vantaggi e svantaggi delle società consortili

Vantaggi:

  • efficienza operativa: coordinamento delle attività comuni con conseguente riduzione dei costi;
  • forza contrattuale: maggiore potere negoziale nei confronti di fornitori e clienti.
  • condivisione delle risorse: ottimizzazione nell’uso di risorse e competenze tra i soci.

Svantaggi:

  • gestione complessa: necessità di coordinare le decisioni tra più soci con possibili divergenze di opinioni.
  • responsabilità condivisa: i soci potrebbero essere solidalmente responsabili per le obbligazioni assunte dalla società, a seconda della forma giuridica adottata.

Aspetti fiscali

Dal punto di vista fiscale, le società consortili sono soggette al regime previsto per la forma societaria scelta (S.r.l., S.p.A., ecc.). Tuttavia, data la natura mutualistica, possono beneficiare di specifiche agevolazioni fiscali, soprattutto se l’attività con i terzi è limitata e prevale lo scopo consortile. È fondamentale consultare un esperto fiscale per valutare le implicazioni specifiche e le eventuali agevolazioni applicabili.

 

 

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giurista risponde

Somministrazione del vaccino e responsabilità ASL Esiste un nesso causale tra l’esecuzione delle vaccinazioni e l’autismo?

Quesito con risposta a cura di Angela De Girolamo e Ilaria Iacobone

 

 

Va negata l’esistenza di un nesso causale tra la somministrazione di un vaccino e i problemi fisici e psicofisici riconducibili allo spettro dell’autismo, sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche (Cass., sez. III, ord. 7 novembre 2024, n. 28691).

Nel caso oggetto di attenzione, il Supremo Consesso analizza una relativa al rapporto tra il consenso informato e la somministrazione di un vaccino non obbligatorio a un soggetto minorenne e l’insorgenza, all’indomani, di una progressiva e grave regressione psico-fisica, culminata in una forma di autismo.

I ricorrenti lamentavano, in uno dei quattro motivi, che la Corte d’Appello di Bari aveva accolto solo le doglianze in merito al mancato consenso informato e non anche quelle relative al risarcimento dei danni da somministrazione del vaccino, senza, per altro, tener conto del fatto che, se adeguatamente informati, non avrebbero acconsentito alla somministrazione dello stesso vaccino al figlio (minorenne).

I giudici di legittimità sul punto, riprendendo e condividendo il percorso logico-argomentativo sviluppato dai giudici della Corte d’Appello di Bari, asseriscono che il motivo sollevato dai ricorrenti è infondato. Innanzitutto, si riconosce il capo all’ASL un deficit informativo circa i rischi di eventuali reazioni fisiche conseguenti la somministrazione del vaccino. Tuttavia, si rileva che sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche non si può determinare alcuna relazione di causalità tra la somministrazione del vaccino e le successive patologie fisiche e psico-fisiche riconducibili allo spettro dell’autismo.

Sulla base di tale conclusione scientifica, è stata esclusa ogni relazione casuale tra l’iniezione del vaccino e la sindrome di autismo. Si è negato, così, l’an del diritto al risarcimento e correttamente non si è sviluppata alcuna istruttoria in ordine al quantum debeatur.

 

(*Contributo a cura di Angela De Girolamo e Ilaria Iacobone, estratto da Obiettivo Magistrato n. 81 / Gennaio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

transazione novativa

Transazione novativa: guida e modello Cos’è la transazione novativa, quali sono le caratteristiche, la normativa, la giurisprudenza in materia e un fac-simile

Cos’è la transazione novativa

La transazione novativa è un istituto giuridico attraverso il quale le parti coinvolte in una controversia decidono di estinguere il rapporto obbligatorio preesistente, sostituendolo con una nuova obbligazione. Questo accordo mira a risolvere una lite già in atto o a prevenirne una futura, creando un nuovo rapporto giuridico che sostituisce integralmente quello precedente.

Caratteristiche

Perché una transazione possa essere qualificata come novativa, è necessario che sussistano specifici requisiti sia oggettivi che soggettivi:

  • Requisito oggettivo: le concessioni reciproche tra le parti devono determinare una sostituzione totale del rapporto precedente, creando una situazione di incompatibilità tra il vecchio e il nuovo accordo.
  • Requisito soggettivo: è fondamentale una chiara manifestazione della volontà delle parti di estinguere il rapporto originario e instaurarne uno nuovo.

La giurisprudenza ha ribadito che, affinché si configuri una transazione novativa, è essenziale infatti che le parti esprimano inequivocabilmente l’intenzione di sostituire il precedente rapporto obbligatorio con uno nuovo. In mancanza di tale volontà chiara, l’accordo transattivo non può essere considerato novativo.

Elementi costitutivi

Gli elementi fondamentali che caratterizzano una transazione novativa sono:

  • Animus novandi: la volontà delle parti di novare, ossia di creare una nuova obbligazione in sostituzione di quella precedente.
  • Aliquid novi: l’elemento di novità che distingue la nuova obbligazione da quella estinta, che può riguardare l’oggetto, il titolo o le modalità della prestazione.

Effetti della transazione novativa

La stipula di una transazione novativa comporta l’estinzione dell’obbligazione originaria e la nascita di una nuova obbligazione. Di conseguenza, eventuali garanzie o accessori legati al rapporto precedente cessano di avere effetto, a meno che non siano espressamente rinnovati nel nuovo accordo.

È importante notare che, in caso di inadempimento della nuova obbligazione, la Cassazione nell’ordinanza n. 29219/20924 ha chiarito che: «La risoluzione della transazione per inadempimento non può essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato» va interpretata in senso restrittivo, avuto riguardo al preciso e univoco tenore testuale della disposizione, che fa menzione espressa e in modo esclusivo della risoluzione della transazione “per inadempimento”, e ai principi generali della risoluzione riguardanti i contratti a prestazioni corrispettive, rispetto ai quali il venir meno del sinallagma funzionale, qualunque sia la causa – l’inadempimento, l’impossibilità sopravvenuta o la eccessiva onerosità – comporta sempre la caducazione del contratto; alla interpretazione letterale e sistematica segue che la irresolubilità della transazione novativa deve intendersi circoscritta alla sola “risoluzione per inadempimento” e non può estendersi anche alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta (così, in motivazione, Cass. 28/08/1993, n. 9125; v. anche Cass. 20/02/2020, n. 4451).”

Differenze tra transazione semplice e novativa

La principale distinzione tra transazione semplice e transazione novativa risiede negli effetti prodotti sull’obbligazione originaria:

  • Transazione semplice: le parti, mediante reciproche concessioni, regolano o modificano il rapporto preesistente senza estinguerlo. L’obbligazione originaria permane, sebbene adattata alle nuove condizioni concordate.
  • Transazione novativa: l’accordo comporta l’estinzione dell’obbligazione precedente e la creazione di una nuova, con caratteristiche differenti rispetto alla prima.

La volontà di novare deve essere chiaramente espressa dalle parti; in assenza di tale manifestazione, l’accordo sarà interpretato come una transazione semplice.

Giurisprudenza rilevante

Nell’ordinanza n. 7963/2020 la Cassazione ha ricorda che la transazione novativa si distingue dal negozio di accertamento  perché “diversamente dalla transazione, “che postula una reciprocità di concessioni tra le parti in modo che ciascuna di esse subisca un sacrificio, e della rinuncia, che postula l’esistenza di un diritto acquisito e la volontà abdicativa volta e dismettere il diritto medesimo, il negozio di accertamento ha la funzione di fissare il contenuto di un rapporto giuridico preesistente con effetto preclusivo di ogni ulteriori contestazione al riguardo; esso non costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, ma rende definitive ed immutabili situazioni effettuali già in stato di obiettiva incertezza, vincolando le parti ad attribuire al rapporto precedente gli effetti che risultano dall’accertamento, e precludendo loro ogni pretesa, ragione od azione in contrasto con esso”.

Fac-simile di transazione novativa

Di seguito un esempio di clausola di transazione novativa:

Accordo di Transazione Novativa

Tra

[Nome e cognome], nato a [luogo], il [data], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale],

e

[Nome e cognome], nato a [luogo], il [data], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale],

Premesso che:

– Tra le parti è sorta una controversia in merito a [descrizione della controversia];

– Le parti intendono definire amichevolmente la suddetta controversia, estinguendo il precedente rapporto obbligatorio e sostituendolo con una nuova obbligazione.

Si conviene e stipula quanto segue:

  1. Le premesse costituiscono parte integrante del presente accordo.
  2. Le parti dichiarano di estinguere consensualmente il rapporto obbligatorio originario relativo a [descrizione del rapporto originario].
  3. In sostituzione del rapporto estinto, [Nome e cognome] si obbliga a [descrizione della nuova obbligazione], entro e non oltre il [data].
  4. Con la sottoscrizione del presente accordo, le parti rinunciano a qualsiasi ulteriore pretesa derivante dal rapporto originario.
  5. Il presente accordo ha efficacia di transazione novativa ai sensi dell’art. 1976 c.c.

Letto, confermato e sottoscritto.

[Luogo], [Data]

___________________________

[Firma di [Nome e cognome]]

___________________________

[Firma di [Nome e cognome]]

 

 

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enfiteusi

Enfiteusi: guida e modello Cos’è l’enfiteusi, quali caratteristiche presenta, quali sono gli obblighi, la durata e la giurisprudenza in materia. Guida con modello

Cos’è l’enfiteusi

L’enfiteusi è un diritto reale di godimento su un bene altrui che attribuisce all’enfiteuta poteri analoghi a quelli del proprietario, con l’obbligo di migliorare il fondo e di corrispondere un canone periodico al concedente. Questo istituto, disciplinato dagli articoli 957-977 del Codice Civile italiano, ha origini antiche e trova applicazione soprattutto in ambito agricolo.

Caratteristiche dell’enfiteusi

L’enfiteusi conferisce all’enfiteuta il diritto di utilizzare il bene e di percepirne i frutti, similmente al proprietario. Tuttavia, l’enfiteuta è tenuto a:

  • Migliorare il fondo: apportando interventi che ne aumentino la produttività o il valore.
  • Pagare un canone periodico: che può essere in denaro o in natura, come stabilito nel contratto.

La durata dell’enfiteusi può essere perpetua o temporanea, ma, se a tempo determinato, non può essere inferiore a venti anni.

Obblighi dell’enfiteuta

Oltre agli obblighi principali di miglioramento e pagamento del canone, l’enfiteuta deve:

  • Non mutare la destinazione economica del fondo: salvo diverso accordo con il proprietario.
  • Consentire ispezioni: per verificare lo stato del bene e l’adempimento degli obblighi assunti.

Estinzione dell’enfiteusi

L’enfiteusi si estingue per:

  • Scadenza del termine: se costituita a tempo determinato.
  • Perimento totale del fondo: quando il bene perde completamente la sua utilità.
  • Affrancazione: l’enfiteuta può acquisire la piena proprietà del bene pagando una somma capitale, liberandosi così dall’obbligo del canone.
  • Devoluzione: il concedente può richiedere la risoluzione del contratto in caso di inadempimento grave da parte dell’enfiteuta, come il mancato pagamento del canone o il deterioramento del fondo.

Giurisprudenza rilevante

Le Corti superiori hanno più volte affrontato temi legati all’enfiteusi.

Ad esempio, nella sentenza n. 30823/2023 ha chiarito che il livello è assimilabile all’enfiteusi, poiché nel tempo i due istituti si sono fusi, rientrando entrambi tra i diritti reali di godimento. La sua esistenza va provata attraverso il titolo costitutivo o un atto di ricognizione, mentre i dati catastali non hanno valore probatorio.

Con l’ordinanza n. 26520/2018 la Cassazione ha sancito invece che la devoluzione di un fondo enfiteutico può essere richiesta separatamente per ciascun coenfiteuta, senza necessità di litisconsorzio. La pronuncia vale solo per le quote dei soggetti citati in giudizio, senza pregiudicare i diritti degli altri.

Con la sentenza n. 406 del 7 aprile 1988, la Corte Costituzionale ha esaminato aspetti relativi alla determinazione del canone enfiteutico.

Fac-simile di contratto di enfiteusi

Di seguito un esempio di contratto di costituzione di enfiteusi:

CONTRATTO DI COSTITUZIONE DI ENFITEUSI

Tra

Il Sig. ____________, nato a ____________ il ____________, residente in ____________, (di seguito “Concedente”)

e

Il Sig. ____________, nato a ____________ il ____________, residente in ____________, (di seguito “Enfiteuta”)

si conviene e stipula quanto segue:

  1. Oggetto del contratto: Il Concedente concede in enfiteusi all’Enfiteuta il fondo sito in ____________, censito al Catasto al foglio ___, particella ___.
  2. Durata: L’enfiteusi ha una durata di ___ anni, con decorrenza dal ____________ al ____________.
  3. Canone: L’Enfiteuta si obbliga a corrispondere al Concedente un canone annuo di € ____________, da pagarsi in un’unica soluzione entro il ____________ di ogni anno.
  4. Obblighi dell’Enfiteuta: L’Enfiteuta si impegna a migliorare il fondo mediante ____________ e a non mutarne la destinazione senza il consenso scritto del Concedente.
  5. Affrancazione: L’Enfiteuta ha facoltà di affrancare il fondo secondo le modalità previste dagli articoli 971 e seguenti del Codice Civile.

Letto, confermato e sottoscritto.

Luogo e data ____________

Il Concedente _____________________

L’Enfiteuta _____________________

Questo modello è a scopo illustrativo e andrebbe adattato alle specifiche esigenze delle parti coinvolte.

 

 

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clausole claims made

Le clausole Claims Made Clausole Claims Made: definizione, tipologie, ambito applicativo, rischi e giurisprudenza rilevante in materia

Cosa sono le clausole claims made

Le clausole claims made rappresentano una tipologia specifica di accordo all’interno delle polizze di assicurazione per la responsabilità civile. Queste clausole stabiliscono che la copertura assicurativa si attiva nel momento in cui l’assicurato riceve una richiesta di risarcimento durante il periodo di validità della polizza, indipendentemente da quando si sia verificato l’evento dannoso. Questo approccio si differenzia dal regime “loss occurrence”, in cui la copertura è legata al momento in cui si verifica il sinistro, a prescindere da quando viene avanzata la richiesta di risarcimento.

Tipologie di clausole Claims Made

Esistono principalmente due varianti di clausole “claims made”:

  1. Claims Made Pura: la copertura si attiva per tutte le richieste di risarcimento ricevute dall’assicurato durante la validità della polizza, indipendentemente da quando si sia verificato l’evento dannoso.
  2. Claims Made Mista: la copertura è limitata alle richieste di risarcimento relative a eventi accaduti entro un determinato periodo precedente o coincidente con la validità della polizza.

Rischi associati a queste clausole

L’adozione di clausole “claims made” può comportare alcuni rischi per l’assicurato, tra cui:

  • Limitazione temporale: se la richiesta di risarcimento viene presentata dopo la scadenza della polizza, l’assicurato potrebbe non essere coperto, anche se l’evento dannoso è avvenuto durante la validità della polizza.
  • Retroattività: alcune polizze potrebbero non coprire eventi accaduti prima dell’inizio della polizza, escludendo così sinistri “pregressi”.

Assicurazioni responsabilità civile in regime Claims Made

Nel contesto delle assicurazioni di responsabilità civile, le clausole “claims made” sono spesso utilizzate per coprire professionisti come medici, avvocati o ingegneri. Questo perché in tali professioni possono emergere richieste di risarcimento anche a distanza di anni dall’evento che ha causato il danno. Le polizze “claims made” offrono quindi una copertura basata sul momento della richiesta, piuttosto che sull’evento stesso.

Giurisprudenza rilevante

La validità e l’applicazione delle clausole “claims made” sono state oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali.

La Corte di Cassazione italiana, con la sentenza a SU n. 9140 del 6 maggio 2016, ha affermato la legittimità di tali clausole, purché rispettino determinati criteri di equilibrio contrattuale e non risultino vessatorie per l’assicurato.

Successivamente, con la nuova sentenza a SU 22437 del 13 settembre 2018, la stessa Corte ha concluso nel senso che la clausola claims made, in astratto, non possa essere considerata vessatoria né immeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. Tuttavia, è essenziale il ruolo dell’intermediario assicurativo nel fornire un’informazione chiara e completa all’assicurato circa gli effetti di tale clausola. In particolare, l’intermediario deve informare adeguatamente il cliente sulle implicazioni della clausola claims made, ossia sulla limitazione della copertura ai sinistri denunciati durante il periodo di validità della polizza.

Con la pronuncia n. 20873/2024 la Cassazione ha accolto la censura del ricorrente e ha stabilito che nell’ambito dell’assicurazione della responsabilità civile, la clausola claims made non configura una decadenza convenzionale nulla ai sensi dell’art. 2965 c.c., in quanto la perdita del diritto non dipende esclusivamente dalla scelta di un terzo. La richiesta del danneggiato, infatti, rappresenta un elemento determinante per la definizione del rischio assicurato. Di conseguenza, questo tipo di contratto rientra pienamente nel modello dell’assicurazione della responsabilità civile, collocandosi all’interno del più ampio genere dell’assicurazione contro i danni disciplinato dall’art. 1904 c.c., di cui la clausola claims made costituisce un’espressione coerente con la funzione indennitaria.

 

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arbitrato

Arbitrato: guida e modello Cos'è l’arbitrato, quali sono le materie arbitrabili e non arbitrabili, tipologie di arbitrato e giurisprudenza

Cos’è l’arbitrato

L’arbitrato è uno strumento di risoluzione alternativa delle controversie regolato dagli articoli 806-840 del Codice di Procedura Civile (c.p.c). Esso consente alle parti di affidare la decisione di una controversia a uno o più arbitri, evitando così il ricorso al giudice ordinario. Si tratta di un procedimento più rapido e flessibile rispetto al processo civile, ma con specifiche caratteristiche che lo rendono adatto solo a determinate situazioni.

Il procedimento arbitrale

L’arbitrato è un procedimento in cui le parti coinvolte in una controversia nominano un collegio arbitrale per dirimere la questione. Gli arbitri emettono un provvedimento, denominato lodo arbitrale, che ha efficacia vincolante per le parti. Può essere utilizzato sia per controversie nazionali sia per dispute internazionali.

Il procedimento arbitrale è caratterizzato da:

  • autonomia delle parti: le parti possono stabilire le regole procedurali applicabili, nei limiti previsti dalla legge;
  • riservatezza: le decisioni e le attività svolte nell’arbitrato sono confidenziali;
  • efficienza: rispetto al processo ordinario, l’arbitrato è generalmente più efficiente.

Materie arbitrabili

Non tutte le controversie possono essere risolte tramite questo procedimento stragiudiziale. Secondo l’articolo 806c.p.c possono essere devolute in arbitrato le controversie su diritti disponibili, ossia quei diritti che possono essere liberamente trasferiti, modificati o rinunciati dalle parti.

Materie non arbitrali

Sono escluse invece dall’arbitrato:

  • le materie che riguardano lo stato e la capacità delle persone come le procedure di separazione e divorzio o quelle finalizzate alla dichiarazione di inabilitazione o di interdizione dei soggetti parzialmente o totalmente incapaci;
  • le questioni che coinvolgono interessi pubblici, come le controversie in materia tributaria o amministrativa;
  • i diritti indisponibili, come il diritto alla salute o alla dignità personale.

Arbitrato rituale e irrituale

La normativa distingue tra arbitrato rituale e irrituale, che si differenziano per la natura e gli effetti del lodo.

Arbitrato rituale

L’arbitrato rituale è disciplinato dagli articoli 806-832 c.p.c. Il lodo emesso dagli arbitri ha la stessa efficacia di una sentenza giudiziaria e può essere eseguito tramite un provvedimento del giudice. Questa tipologia segue un procedimento formalizzato, simile a quello giudiziario.

Arbitrato irrituale

L’arbitrato irrituale, regolato dalla volontà delle parti e dalla normativa contrattuale, non prevede l’emissione di un lodo esecutivo. La decisione degli arbitri si traduce in un contratto tra le parti e, per essere eseguita, richiede l’intervento del giudice in caso di inadempimento.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha chiarito molti aspetti dell’arbitrato, tra cui:

Cassazione n. 39437/2021: stabilire quale sia la volontà delle parti riguardo a una clausola arbitrale è un compito che spetta esclusivamente al giudice di primo grado. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice di primo grado è talmente carente da non permettere di capire come è arrivato alla sua conclusione, oppure se ha applicato in modo errato le regole sull’interpretazione dei contratti.

Cassazione civile n. 19993/2020: l’impugnazione per nullità del lodo arbitrale non apre un giudizio di merito, ma un giudizio d’impugnazione su un provvedimento giurisdizionale. La competenza spetta al giudice del luogo in cui opera l’arbitro che ha emesso il lodo, indipendentemente dalla materia controversa.

Cassazione civile n. 21059/2019: per capire se un arbitrato sia rituale o irrituale bisogna analizzare attentamente la clausola compromissoria, considerando le parole usate, l’intenzione delle parti e il loro comportamento complessivo. Il fatto che la clausola non menzioni le formalità dell’arbitrato rituale non significa automaticamente che si tratti di un arbitrato irrituale.

Modello di clausola arbitrale

Ecco un esempio pratico di clausola compromissoria da inserire in un contratto:

Clausola compromissoria
“Le parti convengono che ogni controversia derivante dal presente contratto o in connessione con esso sarà risolta mediante arbitrato secondo il regolamento arbitrale [specificare il regolamento, ad esempio, della Camera Arbitrale di Milano]. Gli arbitri saranno in numero di [specificare, ad esempio, uno o tre] e saranno nominati in conformità al regolamento applicabile. Il lodo arbitrale sarà vincolante per le parti e avrà efficacia esecutiva ai sensi degli articoli 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile.”

 

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raccomandata a mano

La raccomandata a mano La raccomandata a mano cos’è, che valore ha, differenze rispetto alla raccomandata a/r e formula per attestare il ricevimento

Raccomandata a mano: cos’è

La raccomandata a mano rappresenta una modalità diretta e personale di consegna al destinatario di determinati atti. Questa procedura si pone l’obiettivo di garantire che l’interessato abbia conoscenza effettiva della comunicazione e di assicurarne in questo modo la trasparenza e l’efficacia.

Valore legale

La raccomandata a mano prevede la consegna personale di una comunicazione da parte del mittente al destinatario, ottenendo una firma per ricevuta. Il suo valore legale però, se effettuato da un privato, è inferiore rispetto a una raccomandata con avviso di ricevimento inviata tramite servizio postale. Questo perché, in assenza di un intermediario ufficiale come il servizio postale, la prova della consegna si basa esclusivamente sulla firma del destinatario, che potrebbe sempre contestarla.

Differenze tra raccomandata a mano e a/r

Per comprendere meglio la differenza tra raccomandata a mano e raccomandata a/r per mezzo del servizio postale, occorre dire che quando il legislatore richiede l’invio di una comunicazione a mezzo raccomandata lo fa perché desidera che il destinatario la riceva o che comunque si trovi nella condizione di riceverla, anche se ha il diritto di rifiutare la comunicazione.

Fatta questa premessa occorre ricordare che la raccomandata a/r, che si realizza per mezzo del servizio postale garantisce il ricevimento della comunicazione. Il postino al momento della consegna al destinatario, ne accerta l’identità, attesta l’autenticità della sottoscrizione e indica la data in cui la firma viene apposta. Il postino infatti, nella sua qualità di pubblico ufficiale, conferisce valore legale alle sue attestazioni.

Il discorso cambia quando si parla di raccomandata a mano. Il mittente, per provare il ricevimento della comunicazione, deve far controfirmare la comunicazione al destinatario e deve acquisire la firma anche su una copia della comunicazione affinché la possa conservare come prova. Se il destinatario rifiuta di firmare la copia la lettera perde valore perché il mittente non può provare il ricevimento.

La raccomandata a mano ha quindi un valore inferiore rispetto a quella a/r effettuata dal postino, proprio perché il postino, come già detto, è un pubblico ufficiale e come tale conferisce valore legale alla attestazione contenuta nella ricevuta.

Per questo, se si devono fare delle comunicazioni importanti, è sempre meglio rivolgersi al servizio postale e inviare una raccomandata a/r con avviso di ricevimento.

Quando si utilizza?

I casi in cui la raccomandata a mano trova maggiore utilizzo sono i seguenti:

  • diffida ad adempiere un contratto;
  • messa in mora del conduttore in caso di tardivo pagamento dei canoni di locazione;
  • disdetta di un servizio a causa di continue disfunzioni;
  • convocazione all’assemblea condominiale;
  • reclamo per la cattiva esecuzione di un opera.

Formula ricevimento raccomandata a mano

Formula da apporre in fondo alla copia del documento, da far sottoscrivere al destinatario affinché  il mittente abbia la prova del ricevimento:

Io sottoscritto ___________________(nome e cognome del destinatario) dichiaro di ricevere in data ________ dal Sig. _______________(nome e cognome del mittente)  la raccomandata a mano contenente la comunicazione ______________________________

Data e Luogo _____________

Firma

_________________________

 

 

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