impresa individuale

Impresa individuale Cos’è l’impresa individuale, qual è la normativa di riferimento e le caratteristiche, come aprirla e con quali costi

Cos’è l’impresa individuale

L’impresa individuale è una forma giuridica in cui un singolo individuo esercita un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. In questo contesto, il titolare dell’impresa assume personalmente tutte le decisioni e le responsabilità connesse all’attività.

Caratteristiche dell’impresa individuale

  • Semplicità di costituzione: l’avvio è relativamente semplice e non richiede un capitale minimo iniziale;
  • Gestione autonoma: il titolare ha il pieno controllo sulle decisioni aziendali e può avvalersi di collaboratori o dipendenti per lo svolgimento dell’attività;
  • Responsabilità illimitata: il titolare risponde con tutto il suo patrimonio personale per le obbligazioni assunte dall’impresa.

Normativa di riferimento

In Italia, questo istituto è regolato dal Codice Civile, in particolare dagli articoli 2082 e seguenti, che definiscono l’imprenditore e le modalità di esercizio dell’attività d’impresa.

Differenza tra ditta e impresa individuale

I termini “ditta individuale” e “impresa individuale” sono spesso utilizzati erroneamente come sinonimi. La “ditta” però è uno dei segni distintivi di un’impresa, è infatti il nome che l’impresa utilizza per identificarsi sul mercato. L’impresa individuale invece caratterizza l’attività svolta dall’imprenditore in modo organizzato, economico e professionale.

Vantaggi e svantaggi dell’impresa individuale

Vantaggi

  • Costi di avvio ridotti: non è necessario un capitale sociale minimo e le procedure burocratiche sono meno complesse rispetto ad altre forme giuridiche.
  • Gestione semplificata: il titolare ha il controllo diretto su tutte le operazioni e decisioni aziendali.

Svantaggi

  • Responsabilità personale illimitata: il titolare risponde con il proprio patrimonio personale per i debiti dell’impresa.
  • Capacità finanziaria limitata: essendo basata su un’unica persona, l’impresa potrebbe avere accesso limitato a risorse finanziarie rispetto a società con più soci.

Come aprire un’impresa individuale

Per avviare un’impresa individuale, è necessario seguire questi passaggi:

  1. Apertura della Partita IVA: richiedere l’attribuzione del numero di Partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate.
  2. Iscrizione al Registro delle Imprese: registrare l’impresa presso la Camera di Commercio competente territorialmente.
  3. Comunicazione di inizio attività: presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) al Comune dove ha sede l’impresa.
  4. Iscrizione agli enti previdenziali: Registrarsi presso l’INPS e, se previsto, all’INAIL per le coperture assicurative obbligatorie.

Numero di dipendenti

Non esiste un limite specifico al numero di dipendenti che un’impresa individuale può assumere. Il titolare può decidere liberamente in base alle esigenze operative e alle capacità finanziarie dell’impresa.

Responsabilità per i debiti

Il titolare è personalmente responsabile per tutti i debiti e le obbligazioni dell’impresa. Ciò significa che, in caso di insolvenza, i creditori possono rivalersi sia sul patrimonio aziendale che su quello personale dell’imprenditore.

Costi di avvio

I costi per avviarla possono variare, ma generalmente includono:

  • Imposta di bollo e diritti di segreteria: circa 120€ – 400€, a seconda della Camera di Commercio locale;
  • Diritto annuale camerale: importo variabile in base al tipo di attività e alla provincia;
  • Spese per consulenze professionali: eventuali costi per commercialisti o consulenti per l’assistenza nelle pratiche burocratiche;

È consigliabile consultare gli enti locali o professionisti del settore per ottenere informazioni aggiornate sui costi specifici.

 

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quietanza di pagamento

La quietanza di pagamento Quietanza di pagamento: cos'è, quale forma deve avere, quali dati deve contenere, giurisprudenza e fac-simile

Cos’è la quietanza di pagamento e a cosa serve

La quietanza di pagamento è un documento con cui il creditore attesta di aver ricevuto un pagamento da parte del debitore, liberandolo dall’obbligazione. Questo strumento ha una funzione probatoria, dimostrando l’avvenuto saldo di un debito e prevenendo eventuali contestazioni future.

La quietanza può riguardare qualsiasi tipologia di pagamento, come il saldo di fatture, la chiusura di un prestito o il pagamento di un contratto di locazione. La sua importanza è fondamentale sia in ambito commerciale che civile, poiché certifica in modo inequivocabile l’adempimento di un’obbligazione.

La quietanza nel codice civile

La norma di riferimento per questo istituto è l’articolo 1199 del codice civile, che disciplina il diritto del debitore alla quietanza. La norma dispone infatti che il creditore che riceve il pagamento dal debitore, su richiesta di questo soggetto, deve a spese del richiedente, rilasciare quietanza e annotarlo sul titolo, se questo non viene restituito al debitore.

Forma e contenuto del documento

La quietanza di pagamento deve essere rilasciata in forma scritta.  Questa forma è preferibile per garantire certezza giuridica e maggiore tutela in caso di contestazioni.

Contenuto essenziale della quietanza di pagamento

Affinché la quietanza sia valida, deve contenere i seguenti elementi:

  • dati delle parti: nome e cognome del creditore e del debitore (o ragione sociale in caso di aziende);
  • importo pagato: cifra esatta corrisposta in numeri e in lettere;
  • causale del pagamento: specificazione dell’obbligazione adempiuta (es. pagamento fattura n. XXXX, saldo prestito, affitto mensile);
  • data e luogo del pagamento;
  • modalità di pagamento: contanti, bonifico bancario, assegno, ecc.;
  • firma del creditore: elemento essenziale per la validità della quietanza.

Giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito il valore probatorio della quietanza di pagamento, stabilendo alcuni principi fondamentali.

Cassazione n. 19034/2024: la quietanza non è soggetta a particolari requisiti formali previsti dalla legge e può essere contenuta in qualsiasi documento che attesti in modo inequivoco l’avvenuto pagamento, specificandone l’importo e la causale. Tuttavia, affinché abbia valore di confessione stragiudiziale con piena efficacia probatoria, deve essere rilasciata e sottoscritta dal creditore, poiché solo la firma conferisce al documento la validità probatoria tipica della scrittura privata, come stabilito dall’art. 2702 c.c.

Cassazione n. 5945/2023: Il creditore che, rilasciando una quietanza al debitore, riconosce di aver ricevuto il pagamento, effettua una confessione stragiudiziale opponibile alla controparte, con pieno valore probatorio ai sensi degli articoli 2733 e 2735 del codice civile. Pertanto, egli non può contestare tale dichiarazione se non dimostrando, conformemente a quanto previsto dall’articolo 2732 c.c., che essa è stata resa per errore di fatto o sotto costrizione, non essendo sufficiente provare la falsità della dichiarazione stessa.

Cassazione n. 23875/2021: La quietanza rilasciata al debitore costituisce prova piena dell’avvenuto pagamento. Se prodotta in giudizio, il creditore non può dimostrare tramite testimoni l’inesistenza del pagamento, ma solo provare che la dichiarazione è stata resa per errore di fatto o sotto violenza. Inoltre, affinché l’errore possa determinare l’annullamento, deve presentare i requisiti di essenzialità e riconoscibilità previsti dall’art. 1428 c.c.

Fac-simile di quietanza

Ecco un modello di quietanza di pagamento che può essere utilizzato per attestare l’avvenuta corresponsione di una somma dovuta:

QUIETANZA DI PAGAMENTO

Io sottoscritto/a [Nome e Cognome del creditore], nato/a il [data di nascita], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale], in qualità di creditore, dichiaro di aver ricevuto da [Nome e Cognome del debitore], nato/a il [data di nascita], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale], la somma di € [importo] ([importo in lettere]), a saldo dell’obbligazione relativa a [causale del pagamento, es. fattura n. XXXX, contratto di locazione, ecc.].

Il pagamento è avvenuto in data [data del pagamento] mediante [modalità di pagamento: bonifico bancario, contanti, assegno, ecc.].

Con la presente quietanza, dichiaro integralmente soddisfatta l’obbligazione di cui sopra e libero il debitore da ogni ulteriore pretesa relativa al pagamento in oggetto.

Luogo e data: ________________

Firma del creditore: ________________

 

 

 

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legato remuneratorio

Il legato remuneratorio Il legato remuneratorio: definizione, l’articolo 632 c.c., gli effetti, differenze con la donazione rimuneratoria e giurisprudenza

Cos’è il legato remuneratorio

Il legato remuneratorio è una disposizione testamentaria con cui il testatore attribuisce un bene o un diritto a un soggetto per ricompensarlo di servizi o benefici ricevuti in vita, senza che vi sia un obbligo giuridico di corrispettivo. Si distingue dalla donazione remuneratoria, poiché opera mortis causa.

Normativa di riferimento: articolo 632 c.c.

Il comma 2 dell’articolo 632 del Codice Civile disciplina il legato remuneratorio, stabilendo che “Sono validi i legati fatti a titolo di rimunerazione per i servizi prestati al testatore, anche se non ne sia indicato l’oggetto o la quantità.”

Per comprendere il significato del legato rimuneratorio occorre menzionare però anche il comma 1 della norma, ai sensi del quale: “È nulla la disposizione che lascia al mero arbitrio dell’onerato o di un terzo di determinare l’oggetto o la quantità del legato.”

In sostanza il legislatore ammette il legato per riconoscenza, a condizione che la volontà testamentaria venga rispettata e non sia rimesso a un terzo o al beneficiario del legato compreso, la determinazione arbitraria dell’oggetto o della quantità del legato stesso.

Effetti del legato remuneratorio

  1. Acquisto automatico: come ogni legato, si acquista di diritto alla morte del testatore, senza necessità di accettazione espressa, salvo rinuncia;
  2. Irriducibilità totale o parziale: se il valore del legato eccede la quota disponibile, può essere ridotto a tutela dei legittimari;
  3. Diritto di prelazione: in alcuni casi, il legatario può vantare un diritto di prelazione sul bene rispetto agli eredi;
  4. Esonero dai debiti ereditari: il legatario non risponde delle passività ereditarie oltre il valore del legato ricevuto.

Differenze con la donazione remuneratoria

A differenza della donazione remuneratoria (disciplinata dall’art. 770 c.c.), che è un atto inter vivos, il legato remuneratorio produce effetti solo alla morte del testatore e non richiede accettazione espressa.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire alcuni aspetti applicativi dell’articolo 632 c.c

Cassazione n. 191/1970: l’art. 632, comma 1, c.c., prevede la nullità della disposizione testamentaria quando l’oggetto o la quantità del legato sono rimessi al mero arbitrio dell’onerato o di un terzo. Tuttavia, tale norma non si estende alla scelta della data di esecuzione della prestazione, anche se questa può influire sull’ammontare del legato.

 

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usucapione breve

Usucapione breve Usucapione breve: cos'è, tipologie, caratteristiche distintive ed elementi comuni all’usucapione breve sugli immobili

Usucapione breve: definizione generale

L’usucapione breve è una forma accelerata di acquisto della proprietà o di altri diritti reali di godimento su un bene immobile che si realizza con il possesso continuato nel tempo. Rispetto all’usucapione ordinaria, che richiede un possesso ventennale, quella abbreviata riduce i tempi a 10 e a 5 anni, a seconda dei casi.

Tipologie  

1. Usucapione abbreviata decennale (art. 1159 c.c.)

  • riguarda gli immobili e i diritti reali di godimento sugli immobili;
  • l’acquisto deve avvenire in buona fede e da chi non è proprietario dell’immobile;
  • il possesso deve essere in buona fede e derivare da un titolo idoneo a trasferire la proprietà (es. atto di compravendita nullo per vizi formali);
  • il titolo deve essere trascritto nei registri immobiliari;
  • dopo 10 anni di possesso continuato, il possessore può ottenere la proprietà del bene in presenza di tutti i requisiti sopra indicati.

2. Usucapione speciale per la piccola proprietà rurale (art. 1159 bis c.c)

  • riguarda i fondi rustici con fabbricati annessi situati nei comuni montani, così come definiti dalla legge;
  • l’acquisto deve avvenire da chi non è proprietario dell’immobile;
  • il possesso deve  avvenire in buona fede in forza di un titolo idoneo a trasferire la proprietà;
  • il titolo deve essere trascritto nei registri immobiliari;
  • dopo 5 anni dalla data di trascrizione, si compie l’usucapione.

Questa seconda tipologia di usucapione è regolata, dal punto di vista procedurale, da leggi speciali. Essa si realizza anche su fondi rustici con fabbricati annessi presenti in comuni non montani, ma in questi casi il reddito dell’immobile non deve superare certi limiti.

Elementi chiave 

Gli elementi che caratterizzano questo tipo particolare di usucapione possono essere così sintetizzati:

  • il possesso pacifico e ininterrotto: il possesso deve essere esercitato in modo continuativo, senza interruzioni e senza contestazioni;
  • la buona fede: il possessore deve essere convinto, in modo ragionevole, di essere il legittimo proprietario del bene;
  • il titolo idoneo: deve trattarsi di un contratto valido che, se non fosse nullo o inefficace,  potrebbe trasferire la proprietà;
  • trascrizione nei registri pubblici: questo elemento è essenziale per l’usucapione abbreviata sugli immobili e sulle piccole proprietà rurali.

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messa in mora

La messa in mora Messa in mora: cos’è, quali sono i suoi requisiti, normativa di riferimento, procedura di messa in mora e fac-simile

Cos’è la messa in mora del debitore

La messa in mora è un atto formale con cui il creditore sollecita il debitore ad adempiere a un’obbligazione. Questo atto è disciplinato dall’art. 1219 del Codice Civile e rappresenta un passaggio fondamentale prima di avviare azioni legali per il recupero del credito.

Si tratta in sostanza di una diffida scritta che il creditore invia al debitore per richiedere il pagamento di una somma dovuta o l’adempimento di una prestazione.

Lo scopo della messa in mora

Essa ha lo scopo di:

  • costituire formalmente in mora il debitore;
  • interrompere la prescrizione del credito;
  • creare le basi per il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 18631/2021 ha stabilito che, per interrompere la prescrizione tramite la costituzione in mora (art. 1219 c.c.), è sufficiente una comunicazione scritta che manifesti chiaramente la volontà del creditore di ottenere il pagamento, senza necessità di formule o adempimenti specifici. Tale comunicazione deve identificare il debitore e contenere una richiesta esplicita di adempimento. La Corte ha inoltre sottolineato che i giudici di merito devono verificare se la frase “Attendo pertanto il pagamento di quanto sopra accertato” costituisca una semplice sollecitazione o una vera e propria intimazione di pagamento.

Di recente, sempre in relazione alla forma e ai requisiti della lettera messa in mora la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2335/2024 ha chiarito che la sottoscrizione è un requisito imprescindibile per l’atto di costituzione in mora, poiché ne determina la validità e l’efficacia interruttiva della prescrizione. Essendo un atto giuridico unilaterale recettizio, a contenuto dichiarativo, richiede la forma scritta “ad validitatem”, e la firma del creditore attesta la paternità della dichiarazione. La mancanza di sottoscrizione rende l’atto inidoneo a produrre gli effetti giuridici previsti dall’art. 2943, comma 4, c.c., e tale carenza non può essere sanata successivamente con condotte che tentino di attribuire efficacia retroattiva all’atto.

Requisiti

Affinché la messa in mora sia valida, deve contenere i seguenti elementi:

  • dati delle parti (creditore e debitore);
  • descrizione chiara dell’obbligazione (importo del debito o prestazione dovuta);
  • termine per l’adempimento (generalmente 15 giorni);
  • avviso delle conseguenze legali in caso di mancato pagamento;
  • firma del creditore o del suo rappresentante legale.

Normativa di riferimento

L’art. 1219 c.c. stabilisce che la messa in mora è necessaria per rendere esigibile il credito, salvo i casi in cui:

  • l’obbligazione derivi da un fatto illecito;
  • il debito sia già scaduto e il debitore abbia dichiarato di non voler pagare;
  • il termine di pagamento sia essenziale per il contratto.

Procedura

La procedura prevede i seguenti passaggi:

  1. redazione della lettera completa di tutti gli elementi essenziali sopra indicati;
  2. invio della lettera al debitore tramite raccomandata A/R o PEC (Posta Elettronica Certificata);
  3. attesa della risposta: il debitore ha un termine per adempiere (generalmente 15 giorni). Trascorso questo periodo senza pagamento, il creditore può:
  • intraprendere un’azione legale nelle forme ordinarie;
  • richiedere un decreto ingiuntivo, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge per il procedimento monitorio.

Se il debitore non paga dopo la messa in mora

Se il debitore non provvede al pagamento, il creditore può agire legalmente attraverso:

  • la procedura per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento velocemente;
  • il pignoramento di beni mobili, immobili o conti correnti;
  • l’azione di risarcimento danni causati dal ritardo nell’adempimento.

Fac-simile di lettera di messa in mora

Oggetto: Messa in mora per mancato pagamento

Spett.le [Nome del debitore],
Con la presente, la sottoscritta [Nome e cognome del creditore], residente in [Indirizzo], la invita formalmente a provvedere al pagamento della somma di [Importo dovuto] entro e non oltre [Termine per il pagamento].

Il debito deriva da [Descrizione del motivo del credito, es. fattura n. XYZ del XX/XX/XXXX].

Decorso inutilmente il termine, mi vedrò costretto ad agire per il recupero del credito, con aggravio di spese legali a suo carico.

 

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contributo unificato omesso

Contributo unificato omesso: nessuna sospensione Il ministero della Giustizia fornisce chiarimenti sulla regola che impedisce l'iscrizione a ruolo in caso di mancato pagamento del contributo unificato

Contributo unificato omesso e iscrizione a ruolo

Contributo unificato omesso e iscrizione a ruolo della causa. La circolare del 21 marzo 2025 del Ministero della Giustizia fornisce nuove indicazioni sulla regola dell’obbligo di pagamento del contributo unificato per l’accesso alla giustizia, così come introdotto con l’ultima legge di bilancio. Il mancato pagamento del contributo unificato impedisce infatti, come precisato nella precedente circolare del 30 dicembre 2024, l’iscrizione a ruolo della causa, non la sospende in attesa di regolarizzare il pagamento, anche  perché non c’è un termine di legge per mettersi in pari.

Ambito di applicazione

Il nuovo comma 3 di cui all’articolo 4 del DPR n. 115/2002, inserito dall’ultima legge di bilancio, ostacola infatti l’iscrizione a ruolo della causa in caso di mancato pagamento del contributo unificato. Dopo l’introduzione di questa nuova regola sono stati avanzati dubbi e richieste di chiarimenti a cui la recente circolare ha fornito risposta.

Sull’accettazione degli atti il documento chiarisce che i depositi telematici degli atti introduttivi, obbligatori per i difensori, non vengono accettati automaticamente. Il cancelliere verifica manualmente ogni deposito inviato via PEC. Se il cancelliere rileva che pagamento è insufficiente o assente, può rifiutare l’iscrizione della causa, bloccandone la trattazione.

Regole particolari per il convenuto

Se la causa invece risulta già iscritta, la norma non si applica. Il convenuto deve comunque versare il contributo se modifica la domanda, propone una domanda riconvenzionale, chiama un terzo o interviene autonomamente. Se però non paga, la cancelleria deve comunque accettare il deposito e avviare la riscossione. Se il convenuto si costituisce per primo, il pagamento ricadrà su di lui.

Estensione della regola alle procedure esecutive

La regola del mancato pagamento del contributo unificato di 43 euro si applica a tutti i giudizi civili, incluse le fasi cautelari, i reclami e le procedure esecutive. Il creditore è tenuto a pagare l’importo al momento dell’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva. In caso contrario, la causa non viene iscritta.

Ricorso collettivo per cittadinanza: 43 euro ciascuno

In caso di ricorso collettivo per il riconoscimento della cittadinanza italiana, ogni ricorrente deve versare individualmente il contributo unificato minimo di 43 euro. L’iscrizione a ruolo della causa è subordinata al pagamento di tale importo da parte di tutti i ricorrenti. Questa interpretazione è in linea con la recente Legge di Bilancio n. 207/2024, che ha stabilito l’obbligo del pagamento individuale del contributo unificato per ciascun ricorrente, anche in presenza di un unico ricorso introduttivo.

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il legato

Il legato Il legato nel diritto successorio: definizione, normativa e tipologie della disposizione testamentaria disciplinata dagli artt. 649 e ss. c.c.

Cos’è il legato?

Il legato è una disposizione testamentaria con cui il testatore attribuisce a un soggetto (legatario) un bene specifico o un diritto, senza che quest’ultimo debba accettare l’intera eredità. Il legato si distingue dalla successione universale, poiché il legatario non è responsabile dei debiti ereditari oltre il valore del bene ricevuto.

Normativa di riferimento

Il legato è disciplinato dagli articoli 649-673 del Codice Civile. In particolare:

  • Art. 649 c.c.: si acquista senza bisogno di accettazione, salvo rinuncia;
  • Art. 651 – 660 c.c.: indicano le cose che possono essere oggetto di legato;
  • Art 661: disciplina il prelegato;
  • Art. 671 c.c: dispone l’obbligo del legatario di adempierlo e ogni altro onere imposto nei limiti del valore della cosa legata;
  • Art. 672 c.c.: sancisce che le spese per la prestazione del legato sono a carico del soggetto onerato;
  • Art. 673 c.c.: stabilisce l’inefficacia del legato se la cosa perisce durante la vita del testatore.

Differenza tra erede e legatario

L’erede subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del defunto, acquisendo sia i beni che i debiti ereditari. Il legatario, invece, riceve solo il bene o il diritto indicato nel testamento, senza rispondere dei debiti del defunto.

Il prelegato

Il prelegato è un particolare tipo di legato destinato a un erede, il quale riceve un bene specifico in aggiunta alla sua quota ereditaria. Ad esempio, se un testatore lascia a un erede la casa e il resto dell’eredità viene suddiviso tra più soggetti, l’erede riceve un prelegato.

Tipologie di legato

Il legato può assumere diverse forme:

  • di specie: riguarda un bene specificamente individuato (es. “Lascio a Marco il mio orologio Rolex”);
  • di genere: riguarda beni determinati per categoria (es. “Lascio a Lucia un’auto della mia collezione”);
  • obbligatorio: attribuisce un diritto di credito (es. “Lascio a Paolo un vitalizio di 1.000 euro al mese”).
  • di usufrutto: concede l’usufrutto di un bene senza trasferirne la proprietà;
  • di prestazione periodica: attribuisce una rendita o un pagamento periodico.

Giurisprudenza in materia

Cassazione n. 11389/2024: l’esecuzione di un legato non ne implica necessariamente un’accettazione tacita. Questo perché l’adempimento può essere effettuato anche da terzi. Pertanto, l’atto di eseguire un legato non è automaticamente considerato un atto che solo il destinatario della disposizione avrebbe il diritto di compiere.

Cassazione n. 15387/2024: l’espressione “lascio”, anche se recepita da un notaio in un testamento pubblico, è ambigua e può essere interpretata sia come disposizione a titolo particolare (legato) sia come disposizione a titolo universale (eredità), inclusa la possibilità dell’istituto dell'”institutio ex re certa”. Pertanto, la sua interpretazione richiede un’analisi approfondita del contesto e delle intenzioni del testatore, per determinare la natura precisa della disposizione testamentaria.

Cassazione n. 1720/2016: nel legato di azienda, salvo diversa volontà del testatore, l’oggetto comprende l’insieme organizzato dei beni per l’esercizio dell’impresa, inclusi tutti i rapporti patrimoniali di debito-credito. Pertanto, applicandosi le norme successorie, il legatario è tenuto al pagamento dei debiti aziendali, ma solo entro i limiti del valore dell’azienda stessa, come stabilito dall’articolo 671 del Codice Civile.

 

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inabilitazione

Inabilitazione Inabilitazione: cos’è, la normativa, i soggetti, la procedura, la Cassazione e differenze con l’interdizione

Cos’è l’inabilitazione

L’inabilitazione è un istituto giuridico che limita la capacità di agire di una persona, proteggendola in caso di incapacità parziale di gestire autonomamente i propri interessi. A differenza dell’interdizione, l’inabilitato mantiene la capacità di compiere atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza di un curatore.

Normativa di riferimento

L’inabilitazione è regolata dagli articoli 415 e seguenti del Codice Civile, che ne disciplinano le condizioni, la procedura e gli effetti.

Chi può essere inabilitato?

Possono essere dichiarati inabilitati:

  • le persone affette da infermità mentale non così grave da giustificare l’interdizione;
  • coloro che, per abuso di alcool o sostanze stupefacenti, si espongono a gravi danni economici;
  • i prodighi, ossia persone che dilapidano il proprio patrimonio mettendo a rischio il mantenimento proprio e della famiglia;
  • i sordi e ciechi dalla nascita o dallinfanzia che non hanno ricevuto un’educazione adeguata, salvo prova contraria della loro capacità di gestire i propri affari;
  • il minore non emancipato nell’ultimo anno della sua minore età, l’inabilitazione però ha effetto dal giorno in cui lo stesso diventa maggiorenne.

Soggetti legittimati a richiedere l’inabilitazione

La richiesta di inabilitazione può essere presentata dai seguenti soggetti:

  • coniuge o convivente;
  • parenti entro il quarto grado;
  • affini entro il secondo grado;
  • pubblico Ministero.

Procedura per l’inabilitazione

Questi i passaggi per ottenere la pronuncia di inabilitazione:

Presentazione del ricorso

  • il soggetto legittimato presenta il ricorso al Tribunale del luogo di residenza dellinabilitando;
  • alla richiesta di inabilitazione deve essere allegata documentazione medica a supporto.

Nomina di un consulente tecnico

  • il giudice nomina un CTU (Consulente Tecnico dUfficio) per accertare la capacità di agire dell’inabilitando
  • l’interessato viene ascoltato dal giudice.

Sentenza di inabilitazione

  • se il Tribunale accoglie il ricorso, emette una sentenza di inabilitazione e nomina un curatore, (se invece ritiene opportuno applicare l’amministrazione di sostegno, d’ufficio o su istanza di parte trasmette il procedimento al giudice tutelare);
  • la sentenza e il decreto di nomina del curatore vengono annotati dal cancelliere in un registro apposito e comunicati all’ufficiale dello Stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita del soggetto inabilitato.

Cosa comporta l’inabilitazione?

  • limitazione della capacità di agire: l’inabilitato può compiere solo atti di ordinaria amministrazione;
  • Possibilità di esercitare un’impresa commerciale se autorizzata dal Giudice, che può subordinarla alla nomina di un institore;
  • necessità di un curatore: per atti di straordinaria amministrazione (es. vendita di immobili, accensione di mutui), è richiesta l’assistenza del curatore;
  • revoca possibile: se le condizioni dell’inabilitato migliorano, si può chiedere la revoca dell’inabilitazione.

Giurisprudenza di rilievo

Cassazione n. 36176/2023: la giurisprudenza consolidata stabilisce che l’amministrazione di sostegno può essere disposta a tutela del beneficiario, anche in presenza di condizioni che potrebbero giustificare l’interdizione o l’inabilitazione, inclusi casi di prodigalità. Questo significa che, qualora sia nell’interesse reale e concreto della persona, sia per la sua cura personale che patrimoniale, è possibile ricorrere all’amministrazione di sostegno, anche se sussistono i presupposti per misure più restrittive.

Cassazione n. 786/2017:  la prodigalità, di per sé, non giustifica l’inabilitazione di una persona, a meno che non sia dettata da motivi superficiali e privi di valore. Al contrario, azioni che potrebbero sembrare prodighe, come l’assistenza economica a persone care al di fuori della famiglia, possono essere considerate valide e meritevoli. Nel caso specifico, la corte d’appello ha riconosciuto che le scelte del padre, pur avendo favorito terzi rispetto alle figlie, non erano frutto di sperpero irrazionale o frivolo. Piuttosto, rappresentavano una reazione ponderata e significativa alla crisi familiare, dimostrando una capacità di agire con proposito e consapevolezza.

Cassazione n. 17962/2015: la perizia medica ha rivelato che la donna soffre di un disturbo di personalità combinato con un ritardo mentale moderato, una condizione stabile e irreversibile. Questa condizione la rende incapace di gestire patrimoni complessi, ma non le impedisce di amministrare piccole somme di denaro o di provvedere alle necessità quotidiane. Di conseguenza, il tribunale ha stabilito che non sussistono i presupposti per l’inabilitazione, poiché non è stata dimostrata né prodigalità, né dipendenza da alcol o droghe, né sordomutismo o cecità dalla nascita.

Differenze tra inabilitazione e interdizione

Caratteristica Inabilitazione Interdizione
Requisito Incapacità parziale Incapacità totale
Capacità di agire Limitata Totalmente revocata
Atti che può compiere Ordinaria amministrazione Nessun atto giuridico
Necessità di assistenza Curatore per atti straordinari Tutore per tutti gli atti

 

 

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vendita aliud pro alio

Vendita aliud pro alio Vendita aliud pro alio: definizione, normativa di riferimento, differenze con la mancanza di qualità, conseguenze e giurisprudenza

Definizione di vendita aliud pro alio

La vendita aliud pro alio si verifica quando il bene consegnato dal venditore è completamente diverso da quello pattuito nel contratto. Tale ipotesi si distingue dalla mancanza di qualità del bene e configura una forma di inadempimento contrattuale grave,  che consente al compratore di richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

Normativa

La disciplina di questo istituto non è espressamente prevista in un unico articolo del Codice Civile, ma si desume dagli artt. 1453 e seguenti c.c., che regolano l’inadempimento contrattuale e la risoluzione del contratto. In particolare:

  • l’art. 1497 c.c. disciplina il difetto di qualità, mentre la vendita aliud pro alio esula da tale previsione poiché il bene consegnato non corrisponde affatto a quello promesso;
  • l’art. 1453 c.c. prevede la risoluzione del contratto per inadempimento, che si applica in caso di consegna di un bene completamente diverso da quello pattuito;
  • l’art. 1476 c.c. stabilisce l’obbligo del venditore di consegnare la cosa pattuita.

Differenza tra aliud pro alio e mancanza di qualità

La distinzione tra le due fattispecie è fondamentale in quanto incide sulle azioni esperibili dal compratore:

  • aliud pro alio: il bene consegnato è completamente diverso da quello pattuito (ad es., consegna di una merce differente per tipologia o destinazione d’uso rispetto a quella concordata);
  • mancanza di qualità: il bene consegnato è conforme alla tipologia pattuita, ma difetta di alcune qualità essenziali promesse o necessarie per il suo uso (art. 1497 c.c.).

Se il vizio rientra nella mancanza di qualità, il compratore può chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ma deve rispettare i termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c. Al contrario, nella vendita aliud pro alio, il compratore può agire senza limiti temporali per la risoluzione contrattuale e il risarcimento dei danni.

Conseguenze della vendita aliud pro alio

In caso di vendita aliud pro alio, il compratore ha diritto di chiedere:

  • la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c;
  • il risarcimento del danno per il pregiudizio subito;
  • la restituzione del prezzo pagato, laddove il bene non sia conforme a quanto pattuito.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha spesso precisato i confini tra vendita aliud pro alio e mancanza di qualità.

  • Cassazione n. 13214/2024: la vendita di aliud pro alio, che consente di richiedere la risoluzione del contratto senza le limitazioni dell’articolo 1495 del codice civile, si verifica quando l’obiettivo specifico dell’acquisto non può essere raggiunto in modo definitivo. Questo compromette l’essenza stessa dell’oggetto acquistato, rendendolo completamente inadatto allo scopo economico e sociale per cui era stato ordinato.
  • Cassazione n. 20120/2023: la consegna di aliud pro alio si verifica quando il bene consegnato è radicalmente diverso da quello pattuito, rendendolo del tutto inadatto all’uso previsto e privandolo della sua funzione economica e sociale. In tal caso, si può agire per la risoluzione del contratto o per inadempimento ai sensi dell’articolo 1453 del codice civile, senza dover rispettare i termini di decadenza e prescrizione previsti per i vizi redibitori e la mancanza di qualità dall’articolo 1495 del codice civile.
  • Cassazione n. 2313/2016: «vizi redibitori e mancanza di qualità – le cui azioni sono soggette ai termini di decadenza e di prescrizione ex art. 1495 cc – si distinguono dall’ipotesi della consegna di aliud pro alio – che dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui al citato art. 1495 cc – la quale ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione della stessa, in modo da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto, o quando la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto».

 

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Adozione internazionale: anche per i single Importantissima decisione della Corte Costituzionale che sdogana l'adozione internazionale per i single

Adozione internazionale single

Adozione internazionale: anche le persone singole possono adottare minori stranieri in stato di abbandono. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 33/2025, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 29-bis, comma 1, della legge n. 184/1983, nella parte in cui esclude le persone singole dalla possibilità di adottare un minore straniero residente all’estero.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla normativa vigente in materia di adozione internazionale, rilevando come l’esclusione delle persone singole contrasti con gli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

L’attuale disciplina, ora dichiarata illegittima, limitava in modo sproporzionato il diritto dell’aspirante genitore di rendersi disponibile per l’adozione. L’adozione è un istituto basato sul principio di solidarietà sociale e finalizzato alla tutela del minore, motivo per cui il legislatore non può imporre limitazioni irragionevoli.

Persone singole e idoneità all’adozione

La Corte ha sottolineato che, in astratto, anche una persona singola può garantire un ambiente stabile e armonioso a un minore in stato di abbandono. Tuttavia, resta fermo il compito del giudice di valutare caso per caso l’idoneità dell’aspirante genitore, verificando la capacità di educare, istruire e mantenere il minore. Tale valutazione può tenere conto anche della rete familiare di supporto del richiedente.

Effetti della sentenza e prospettive future

Nel contesto attuale, caratterizzato da una progressiva diminuzione delle domande di adozione, la precedente esclusione delle persone singole rischiava di limitare il diritto del minore a crescere in un ambiente familiare. La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta quindi un importante passo avanti per il riconoscimento della parità di accesso all’adozione internazionale.

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