Correzione errore materiale: nessuna condanna alle spese Correzione errore materiale: la natura amministrativa del procedimento non realizza una soccombenza con relativa condanna alle spese
Correzione errore materiale e condanna spese
Non si può disporre alcuna condanna alle spese al termine di un procedimento volto alla correzione dell’errore materiale presente in una sentenza. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite civili nella sentenza n. 29432/2024. Questo procedimento ha infatti una natura amministrativa, per cui non si può parlare di “soccombenza”; nemmeno quando l’altra parte, partecipa al procedimento e si oppone alla correzione.
Correzione errore materiale: condanna per il soccombente
La vicenda ha inizio perché un soggetto si rivolge al Tribunale per chiedere la correzione di una sentenza ai sensi dell’art. 287 c.p.c. Controparte si oppone all’istanza ritenendo inesistente l’errore lamentato. Il Tribunale dichiara inammissibile l’istanza di correzione presentata dal ricorrente e lo condanna alle spese.
Per il Tribunale quanto dedotto configura un error in iudicando e non un errore materiale. L’istante viene quindi condannato a rimborsare alla controparte le spese del procedimento perché se la parte non ricorrente si costituisce e resiste all’istanza di correzione, al termine del procedimento si realizza una situazione di “soccombenza”.
Natura amministrativa correzione errore materiale
Nell’unico motivo sollevato il ricorrente sostiene la natura non giurisdizionale, ma amministrativa del procedimento di correzione, che si conclude con un provvedimento ordinatorio. La natura del procedimento rende inapplicabile la regola della condanna alle spese a carico del soccombente, situazione che si potrebbe realizzare solo in un procedimento giurisdizionale.
Natura giurisdizionale o amministrativa?
La Cassazione spiega che, secondo una visione minoritaria, pur rimanendo l’inammissibilità di una decisione sulle spese in caso di istanza congiunta o non contestata, è necessario pronunciarla nel caso sorga un contrasto riguardo all’ammissibilità o alla fondatezza dell’istanza di correzione.
A questa interpretazione fa riferimento l’ordinanza di rinvio che alle SU pone il seguente quesito giuridico:“se, in tema di procedimento per la correzione di errori materiali, qualora la parte non ricorrente si costituisca e resista all’istanza di correzione, contrapponendo il proprio interesse a quello della parte ricorrente, si configuri una situazione di soccombenza che obbliga il giudice a decidere sulle spese processuali ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ.”
Secondo il Collegio rimettente “né la struttura camerale né la funzione volontaria del procedimento sono incompatibili con un reale contrasto tra le parti (per cui) nel momento in cui tale contrasto si verifica tramite la costituzione della parte non ricorrente e la sua opposizione all’istanza di correzione, esso deve essere risolto rispettando il principio del contraddittorio, anche in merito alla regolamentazione delle spese processuali”.
Natura amministrativa procedimento: nessuna soccombenza
Per le Sezioni Unite però le “peculiarità dello stesso (procedimento di correzione) impediscono ogni assimilazione non solo ai procedimenti contenziosi ma anche a quelli di volontaria giurisdizione”.
Il procedimento per correggere errori materiali, anche quando viene avviato da una sola parte, non comporta l’affermazione di un diritto verso l’altra parte o altre parti e non sostituisce quanto stabilito nel provvedimento corretto. La funzione di questa procedura è solo quella di “ripristinare la corrispondenza tra l’espressione formale e il contenuto sostanziale del provvedimento già emesso”.
Si tratta solo di correggere errori presenti nella redazione del documento evidenti a prima vista.
In questo senso, la Corte ritiene che sia possibile concordare sulla natura essenzialmente amministrativa del provvedimento conclusivo questo procedimento.
Del resto il giudice, in sede di procedimento di correzione dell’errore materiale, non esercita potestas iudicandi. Di questa si libera quando emette il provvedimento che risulta poi da correggere. Non occorre neppure una nuova procura perché di fatto non si apre una nuova fase processuale. Si verifica infatti solo un incidente nello stesso giudizio, pienamente compatibile col giudicato.
Per la Cassazione deve essere pertanto enunciato questo principio:“Nel procedimento per correggere errori materiali ai sensi degli artt. 287-288 e 391-bis cod. proc. civ., essendo essenzialmente amministrativo e non volto a incidere in caso di conflitto tra le parti sull’assetto d’interessi regolato dal provvedimento da correggere, non si può procedere alla liquidazione delle spese perché non è configurabile alcuna situazione di soccombenza ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ., neppure se chi non richiede opponendosi all’istanza”.
Con questa sentenza le Sezioni Unite hanno unificato così l’orientamento giurisprudenziale su questa materia, superando le divergenze interpretative precedenti.
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