Algoritmo e motivazione provvedimento amministrativo Il ricorso all’algoritmo all’interno del procedimento amministrativo implica il rispetto dell’obbligo di motivazione del provvedimento ex art. 3, L. 241/1990?
Quesito con risposta a cura di Ilenia Grasso
Il ricorso all’algoritmo all’interno del procedimento amministrativo non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele procedimentali e in particolare dell’obbligo di motivazione del provvedimento ex art. 3, L. 241/1990, il quale, al contrario, in questi casi appare rafforzato.
Il processo automatizzato deve essere reso non solo conoscibile nei suoi aspetti tecnici, ma anche comprensibile, mediante una spiegazione che lo traduca nella “regola giuridica” ad esso sottesa, così rendendolo intellegibile ai suoi destinatari. Ciò al fine di consentire, da un lato, il pieno esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto inciso dal provvedimento, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., e dall’altro, il pieno sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo. – TAR Napoli, sez. VII, 14 novembre 2022, n. 7003.
I Giudici ribadiscono che il tema dell’ammissibilità e dei limiti del ricorso alla c.d. decisione algoritmica già da alcuni anni viene affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, in ragione del sempre più frequente ricorso allo strumento algoritmico all’interno dei procedimenti amministrativi, soprattutto se caratterizzati da procedure seriali o standardizzate dove occorre gestire un numero notevole di istanze, per la cui elaborazione l’impiego dello strumento algoritmico consente una maggiore velocità ed efficienza.
Si ribadisce, inoltre, l’utilità dello strumento che, applicato alla scelta amministrativa, porta sempre ad un risultato imparziale, senza che alcun margine di soggettività.
L’algoritmo consiste, infatti, in una sequenza finita e ordinata di operazioni elementari e chiare di calcolo che permettono di risolvere, in maniera determinata, un problema.
La prospettiva, dunque, non è solo quella della semplificazione ma anche quella della buona amministrazione; alle tecnologie si guarda non solo in vista del miglioramento del processo decisionale ma anche della qualità della decisione.
Ciò premesso, il TAR ricorda che è sempre necessario controbilanciare le spinte semplificatorie ed acceleratorie con la garanzia di un constante controllo umano del procedimento al fine di verificare a monte l’esattezza dei dati da elaborare.
Si richiama a tal riguardo quanto già ha avuto modo di precisare il Consiglio di Stato sul tema, chiarendo che il ricorso alla funzione algoritmica all’interno del procedimento amministrativo non è vietato di per sé, neppure in relazione ai procedimenti caratterizzati da discrezionalità, anche tecnica, a condizione che si rispettino determinati requisiti, derivanti sia dai principi di diritto interno che dalle norme del diritto europeo.
Ne deriva che il ricorso all’algoritmo, in funzione integrativa e servente della decisione umana, ovvero anche in funzione parzialmente decisionale nei procedimenti a basso tasso di discrezionalità, non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele garantite dalla legge sul procedimento amministrativo, ed in particolare di quelle sulla individuazione del responsabile del procedimento, sull’obbligo di motivazione, sulle garanzie partecipative, e sulla cd. non esclusività della decisione algoritmica.
Tra le indicate garanzie assume primaria importanza il rispetto del principio di trasparenza, che, com’è noto, trova un immediato corollario nell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi ex art. 3, L. 241/90 e che non può essere soppresso né ridotto sol per la presenza di un algoritmo all’interno dell’iter procedimentale.
Invero, il fatto che il provvedimento venga emanato sulla scorta di una complessa operazione di calcolo produce l’opposto effetto di rafforzare, per certi versi, l’obbligo motivazionale in capo all’Amministrazione, la quale dovrà rendere la propria decisione finale non solo conoscibile, ma anche comprensibile.
Occorre spostare l’attenzione a monte, sulla costruzione dell’algoritmo, su come i parametri dell’algoritmo vengono scelti e come si combinano tra loro e ancor prima su come i termini assunti quale parametro siano stati realizzati.
La questione dell’individuazione dei termini da assumersi per la costruzione dell’algoritmo indica il momento in cui si opera la scelta caratterizzata da discrezionalità, sì che a queste fasi preliminari alla nascita dell’algoritmo devono essere anticipate le garanzie che devono accompagnare ogni scelta dell’amministrazione.
Fondamentale è a tal fine la garanzia di trasparenza, volte ad assicurare la conoscibilità della costruzione dell’algoritmo, anche, eventualmente, in funzione del sindacato sull’atto adottato sulla base dello stesso.
Tale conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: dai suoi autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione, comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti.
Dunque, il rispetto del principio di trasparenza impone un indefettibile obbligo motivazione a carico della pubblica amministrazione, che si declina nella conoscibilità e nella comprensibilità del meccanismo algoritmico utilizzato, al fine di consentire, da un lato, il pieno esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto inciso dal provvedimento, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., dall’altro, il pieno sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.
Altro principio, affermato in sede europea, è quello di non esclusività della decisione algoritmica (art. 22 GDPR), il quale attribuisce al destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata il diritto a che tale decisione non sia basata unicamente sul processo automatizzato, affidando al funzionario responsabile il compito di controllare, e quindi validare o, al contrario, smentire la decisione automatica.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI |
Conformi: Cons. Stato, sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 881; Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2019, nn. 8472 e 8473; Id., 8 aprile 2019, n. 2270; TAR Lazio, sez. IIIbis, 19 aprile 2019, n. 5139 |