portale automobilista patente

Portale automobilista: scopri i punti sulla patente Vuoi sapere quanti punti hai sulla patente o verificare se il tuo veicolo è in regola con la copertura assicurativa? Visita il Portale dell’Automobilista

Portale dell’Automobilista: cos’è

Il Portale dell’Automobilista è un sito collegato a quello del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e offre tutta una serie di servizi molto utili a chi possiede un mezzo di trasporto.

Nel menu orizzontale in alto è possibile accedere ai servizi relativi alle patenti, ai veicoli, ai servizi online, al Codice della Strada, ai professionisti, all’autotrasporto e alla app mobile.

Nella home è presente un’area dedicata alle news per i conducenti. Nel footer invece il menù orizzontale presenta vari link per accedere alle news e alle circolari, alle Faq, agli eventi (iniziative di comunicazione a cui ha partecipato il Dipartimento dei trasporti) e all’assistenza, un’area in cui è possibile procedere al reset della password di accesso.

Chiunque infatti può accedere al portale, previa registrazione, cliccando sulla voce “registrati” presente in alto a destra della Home. Seguendo la procedura e inserendo i dati richiesti, l’iscrizione viene confermata tramite la ricezione di un’e-mail.

La registrazione al portale permette al soggetto iscritto come cittadino o come impresa di poter consultare i dati relativi al proprio mezzo di trasporto, alla propria copertura assicurativa e alla propria patente e di accedere ai servizi online del Dipartimento e del Ministero. I cittadini possono accedere al portale tramite SPID o CIE.

Verifica del saldo punti della patente

Uno dei servizi più utili e interessanti presenti sul portale dell’automobilista è quello dedicato al controllo dei punti della patente. Cliccando sulla voce del menu in alto “Servizi online” si apre la pagina dedicata. Nel menu laterale di sinistra, tra i vari servizi presenti c’è quello dedicato al “Saldo punti patente”; cliccando sulla voce dedicata è possibile verificare quanti punti sono presenti sulla propria patente di guida  in due modi diversi:

  • dopo aver effettuato il login sul portale;
  • contattando il servizio automatico al numero 06. 45775962, che fornisce il servizio 24 ore su 24 e sette giorni su sette al costo di una telefonata urbana.

Si ricorda che il sistema della patente a punti prevede l’assegnazione ai neopatentati di 20 punti. Questi punti possono essere decurtati quando il titolare della patente viola il Codice della Strada. La decurtazione è tanto maggiore quanto maggiore è la gravità dell’infrazione commessa. Se però il titolare della patente non commette infrazioni per due anni, alla patente vengono aggiunti 2 punti bonus.

Per comprendere al meglio il funzionamento dei punti della patente ed essere sempre aggiornati sulle eventuali modifiche normative, accedendo dalla voce di menu dedicata, al “Codice della strada” è possibile prendere visione della tabella dei punteggi aggiornata, contemplata dall’articolo 126 bis del CdS. La tabella, suddivisa in tre colonne contempla, nella prima colonna a sinistra l’articolo del Codice della Strada, nella seconda il comma di riferimento dell’infrazione, nella terza i punti decurtati, in caso di violazione.

Verifica della classe ambientale del veicolo

Un altro servizio utilissimo per chi possiede un mezzo di circolazione è quello dedicato alla verifica della classe ambientale del veicolo. Cliccando sulla voce del menu in alto “Servizi online”e poi sulla voce del menu di sinistra “Verifica classe ambientale e CO2”, è possibile verificare la categoria euro di appartenenza dei veicoli, dei motoveicoli e dei ciclomotori con il dato di emissione della CO2, dopo aver selezionato il tipo di veicolo e la targa.

Verifica della copertura assicurativa

Sempre dalla voce di menu “Servizi online” è possibile accedere al servizio “Verifica copertura assicurativa RCA”. Anche in questo caso è sufficiente effettuare una ricerca per veicolo inserendo il numero di targa nell’apposito spazio. Se il veicolo sia assicurato, ma nel portale tale informazione non risulta aggiornata, l’utente è tenuto a contattare la propria compagnia di assicurazione. È bene sapere infatti che circolare con un mezzo di trasporto non assicurato comporta il pagamento di una sanzione amministrativa minima di 841 euro fino a 3.366 euro.

Gli altri servizi online

Il portale, sempre all’interno dell’area “Servizi online” mette a disposizione tutta una serie di servizi utili. È possibile infatti verificare se il proprio veicolo, dopo il 1 giugno del 2018, è in regola con le revisioni. Da questa sezione è possibile anche gestire le richieste a proprio carico cliccando sulla voce di menu “Gestione pratiche online”. Effettuando una ricerca per provincia è possibile anche trovare l’ufficio della motorizzazione civile di zona. In caso di rinnovo della patente  infine è molto utile l servizio dedicato alla ricerca dei medici certificatori per Comune o Cap.

App IPatente

Molti dei servizi presenti sul portale si possono usufruire anche dal proprio cellulare grazie all’app IPatente, con la quale si possono attivare diverse notifiche per segnalare la scadenza della patente, le variazioni di punteggio dopo le infrazioni commesse e la scadenza della revisione. L’app è completamente gratuita e si può scaricare dagli Store Apple, Google e Huawei.

giurista risponde

Aggiudicazione all’asta di stabilimento balneare e subingresso nella concessione demaniale L’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

L’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare non comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima, conferendo solo un interesse legittimo pretensivo al subingresso. – Cons. Stato, sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940.

La vicenda in esame, all’esito del giudizio di primo grado, ha visto dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei due atti di motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse, ciò in ragione dell’entrata in vigore della L. 118/2022 in materia di durata delle concessioni demaniali marittime. L’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse viene ribadita dalla VII Sezione del Consiglio di Stato in quanto con l’art. 3 della L. 118/2022 si è stabilito quale termine finale di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge stessa al 31 dicembre 2023.

Nel caso in esame l’appellante dopo la vendita forzosa si è resa acquirente del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare – nel quale, ad ogni modo, non rientra automaticamente l’assegnazione della precedente concessione – ciò non giustifica una deroga all’applicazione dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del 9 novembre 2021, n. 17. Infatti, risulta evidente che l’acquisizione del complesso aziendale nell’asta pubblica di una procedura esecutiva che ha avuto ad oggetto l’azienda non costituisce una procedura competitiva trasparente. Pertanto, la concessione in capo all’odierna appellante risulterebbe sfornita del requisito dell’interesse transfrontaliero, così come previsto dalla Direttiva 2006/123/CE.

Dunque, l’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare non comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima, conferendo solo un interesse legittimo pretensivo al subingresso e, ad ogni modo, anche in caso di autorizzazione al subingresso non si determinerebbe un prolungamento automatico dell’originaria concessione.

*Contributo in tema di “Aggiudicazione all’asta di stabilimento balneare e subingresso nella concessione demaniale”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

spoil system pa

Spoil system solo per i dirigenti apicali La Cassazione ha precisato che ai fini dell’applicazione del c.d. spoil system, la natura apicale dell’incarico conferito al dirigente va valutata tenendo conto del dato formale di tale incarico, nonché dei poteri attribuiti al detto dirigente in concreto

L’incarico di dirigente nella p.a.

Il caso in esame riguarda l’incarico assunto da un dirigente presso la Regione Calabria della durata di tre anni. A seguito dell’elezione della nuova Giunta regionale quest’ultima aveva dichiarato decaduto tutti gli incarichi dirigenziali.

Il dirigente aveva pertanto adito il Tribunale di Catanzaro ed il giudizio di merito si era concluso con la decisione della Corte d’appello territoriale che aveva, per quanto qui rileva, accolto le doglianze del lavoratore, la quale aveva ritenuto illegittima la scelta di revocare l’incarico in questione.

Il dirigente aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, a seguito del precedente riesame effettuato dalla Corte stessa, su sollecitazione della Regione Calabria.

I dirigenti apicali preposti ai dipartimenti

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 15971/2024, ha accolto, per quanto qui rileva, il ricorso proposto dal dirigente.

In particolare, la Corte ha affermato, ripercorrendo la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, che per valutare la legittimità della revoca dell’incarico del dirigente, in ragione del cambio della maggioranza politica (cd spoil system), occorre avere riguardo, oltre che al dato formale, anche alla posizione occupata dal dirigente, vale a dire se lo stesso sia o meno alla guida di un ufficio apicale. Tale ultimo requisito si intende integrato se il capo dipartimento ricopre una funzione organizzativa consistente nel “coordinare e dirigere l’ufficio secondo le direttive generali degli organi di direzione politica che assiste, svolge un incarico rispetto al quale opera il c.d. spoil system, rientrando esso negli incarichi dirigenziali apicali che non attengono ad una semplice attività di gestione, ed essendo invece rapportabile alla direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali”.

Per quanto attiene al caso concreto assume inoltre particolare rilievo la disposizione di cui all’art. 22, comma 2 della legge regionale Calabria n. 7 del 1996 ove è stabilito che “I Dirigenti preposti ai Dipartimenti svolgono le funzioni di Dirigente Generale ed assumono tale denominazione”. Inoltre, la Corte ha precisato che il fatto che il contratto individuale del dirigente richiamasse l’articolo 16, comma 1, Dlgs n. 165 del 2001, che individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, “non è dirimente in quanto il presupposto dell’applicazione dello spoil system è il carattere apicale del dirigente interessato” mentre nel caso di specie il dirigente era “sempre formalmente, sottoposta al competente dirigente di dipartimento”.

Il Giudice di legittimità ha pertanto riferito che la Corte territoriale, nell’ambito del giudizio di merito, avrebbe dovuto verificare “non tanto se la dirigente avesse in concreto i poteri propri dell’apicale, ma, soprattutto, se essa fosse stata posta a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, avesse le stesse caratteristiche di un Dipartimento, in modo da distinguersi, per la sua totale autonomia, dai Dipartimenti ufficialmente esistenti e da aggiungersi ad essi. Solo a queste condizioni i poteri eventualmente assegnati alla ricorrente avrebbero potuto condurre ad una sua equiparazione a un dirigente apicale”.

La decisione

In definitiva, sulla scorta di quanto sopra riferito, la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto “Ai fini dell’applicazione della normativa sul c.d. spoil system, la natura apicale dell’incarico conferito con contratto a un dirigente va valutata tenendo conto, in linea di principio, della qualificazione formale di tale incarico contenuta nel contratto medesimo, senza che rilevi di per sé il semplice richiamo dell’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, pur se in astratto incompatibile con la menzionata qualificazione. Per superare il dato formale, dal quale, comunque, occorre partire, è necessario verificare non tanto i poteri attribuiti al detto dirigente in concreto, ma se egli sia stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, abbia le stesse caratteristiche di un ufficio apicale, in modo da distinguersi e aggiungersi, per la sua totale autonomia, a quelli già esistenti”.

decreto coesione legge

Il decreto coesione è legge E’ legge il decreto coesione approvato in via definitiva dalla Camera che prevede una serie di misure per rimettere in moto il Sud Italia

Ok definitivo al decreto coesione

Nella giornata di martedì 2 luglio 2024 la Camera ha approvato definitivamente il testo di conversione del decreto coesione (decreto legge n. 60/2004), che contiene disposizioni urgenti sulle politiche di coesione europea. Il testo, dopo essere stato modificato dal Senato, è stato assegnato alla V Commissione in sede referente, che ha concluso l’esame il 27 giugno 2024 senza modificarlo.

Il testo, nella sua versione definitiva, è composto da 50 articoli e al Titolo I contiene le misure di riforma della politica di coesione in materia di utilizzo delle risorse, di semplificazione amministrativa e contabile, di rafforzamento della capacità amministrativa, di sviluppo e coesione territoriale, di lavoro, di istruzione, università e ricerca, di investimenti, di cultura e di sicurezza.

Il Titolo II invece contiene disposizioni ulteriori relative al piano nazionale di ripresa e resilienza.

Vediamo le misure più importanti e significative della nuova legge.

Gli interventi per il lavoro

Il Parlamento ha autorizzato il MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) ad assumere personale con contratto a tempo indeterminato:

  • 100 unità andranno ad arricchire l’aria elevata professionalità;
  • 300 unità saranno destinate all’area funzionari;
  • 150 unità invece all’area assistenti.

Autorizzata anche la procedura concorsuale per assumere 245 segretari comunali e provinciali.

Iscro

Per accedere all’ISCRO non sarà più necessario partecipare ai vari percorsi di aggiornamento professionale. I beneficiari dell’ISCRO inoltre potranno autorizzare l’INPS a trasmettere i propri dati di contatto alle piattaforme che attivano misure di inclusione sociale e di politica attiva come il SIISL (sistema informativo unitario delle politiche del lavoro) al fine sottoscrivere il patto di attivazione digitale necessario per il successivo patto lavoro e per l’assegno di inclusione sociale.

Scadenze e sgravi

Cambiano le scadenze delle convenzioni per l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili, che vengono prorogate al 31 dicembre 2024.

Incrementato di 9 mesi il termine per l’operatività delle agenzie che somministrano il lavoro in porto.

Incrementato il fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e aeroportuale.

Previsti sgravi ed esoneri contributivi transitori per  i datori di lavoro che assumeranno stabilmente lavoratori nei settori strategici e che assumeranno donne in difficoltà per favorire le pari opportunità.

Le misure per gli enti

Istituita la zona logistica semplificata anche nelle aree portuali delle regioni (Marche Umbria e Abruzzo) non comprese nella ZES Unica.

Premi per le Regioni e le Province autonome che porteranno a compimento rapidamente gli interventi nei settori strategici della coesione.

Dal 2024 al 2028 sono previsti contributi annuali di 5 milioni di euro per la fusione dei comuni.

Nuovi stanziamenti per il Ministero dell’Università e della ricerca e per il Ministero dell’interno.

Nuove risorse verranno destinate anche alla perequazione infrastrutturale del Mezzogiorno e in particolare in favore delle seguenti Regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Gli interventi riguarderanno strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, risorse idriche, strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche e deputate alla cura dell’infanzia.

Fonti rinnovabili e bonus

Il provvedimento vuole recuperare importanti siti industriali. A tal fine definisce le procedure per individuare i criteri di selezione degli investimenti da attuare nelle regioni del sud Italia e in particolare in Basilicata, Calabria,  Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia per produrre energia, anche termica da fonti rinnovabili da destinare all’autoconsumo delle imprese, ma anche per incrementare la capacità della rete distributiva, accogliere quote sempre più elevate di energia derivante da fonti rinnovabili e sviluppare i sistemi di stoccaggio sempre più efficienti.

Sicurezza

La nuova legge vuole rafforzare la legalità nelle regioni meno sviluppate. Si autorizza inoltre il Ministero dell’Interno a mettere in atto piani di intervento per completare il servizio di telecomunicazione sull’intero territorio nazionale dando priorità di copertura ai territori che saranno protagonisti dei giochi olimpici invernali del 2026.

Nello stato di previsione del Ministero della difesa inoltre è istituito un fondo per potenziare la cybersicurezza e le tecnologie satellitari.

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autonomia differenziata legge

Autonomia differenziata: cosa prevede la nuova legge In Gazzetta Ufficiale la nuova legge sull'autonomia differenziata delle Regioni ordinarie, in vigore dal 13 luglio 2024

Legge autonomia differenziata: in vigore dal 13 luglio

Nella mattinata di mercoledì 19 giugno 2024 la Camera ha dato l’ok definitivo al disegno di legge sull’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario A.C. 1665 che assorbe il testo del disegno di legge S.615. Il testo ha ricevuto 172 voti a favore, 99 contrari e 1 solo astenuto.

La nuova legge n. 86/2024, inerente le “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione”, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 13 luglio 2024.

Il testo attua l’articolo 116, comma 3 della Costituzione, definendo i principi generali per il riconoscimento alle regioni ordinarie di particolari forme di autonomia e le procedure necessarie per l’approvazione delle intese tra lo Stato e le Regioni ordinarie. 

Finalità autonomia differenziata

Il testo della nuova legge, all’articolo uno definisce le finalità dell’intervento legislativo:

  • rimozione delle discriminazioni e delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi essenziali;
  • rispetto dell’unità giuridica, economica, sociale e territoriale;
  • attuazione del decentramento amministrativo;
  • semplificazione e accelerazione delle procedure;
  • distribuzione delle competenze per assicurare il rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione, e adeguatezza previsti dall’articolo 118 della Costituzione;
  • attuazione del principio di solidarietà contemplato dagli articoli 2 e 5 della Costituzione.

Per quanto riguarda l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia relative ai diritti civili e sociali, il disegno prevede che la stessa è consentita, ma solo dopo la determinazione di livelli essenziali delle prestazioni (art. 117 comma 1 Costituzione).

Detti livelli rappresentano un limite inviolabile per attuare i diritti sociali e civili su tutto il territorio e per garantire le prestazioni fondamentali.

LEP (livelli essenziali delle prestazioni)

Come anticipato, l’attribuzione di funzioni ulteriori alle Regioni Ordinarie è subordinata all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni. La definizione di questi livelli è fondamentale per procedere alle intese Stato – Regioni al fine di attuare l’autonomia differenziata. La definizione dei LEP spetterà al governo entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

La legge individua anche le materie o comunque gli ambiti delle materie che potranno essere attribuiti alle Regioni Ordinarie. In relazione a queste materie verranno emanati appositi decreti legislativi per la determinazione dei LEP. Sempre tramite lo strumento del decreto legislativo dovranno essere determinate le procedure e le modalità per il monitoraggio della effettiva erogazione dei LEP.

Con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri è previsto inoltre l’aggiornamento periodico dei livelli essenziali delle prestazioni alla luce dei necessari adeguamenti tecnici richiesti dal cambiamento socioeconomico e tecnologico.

Trasferimento delle funzioni: principi

Il trasferimento delle funzioni nelle materie relative ai LEP potrà avvenire solo dopo la determinazioni dei livelli essenziali, dei costi e dei fabbisogni, il tutto nei limiti delle risorse disponibili previste dalla legge di bilancio.

Per il trasferimento invece di materie diverse da quelle che si riferiscono ai LEP si dovrà tenere conto delle risorse previste a legislazione vigente.

In base a quanto previsto dall’articolo 118 della Costituzione le funzioni trasferite alle Regioni potranno essere attribuite ai Comuni, alle Province, e alle Città metropolitane della Regione stessa.

Commissione paritetica

Il testo prevede anche l’istituzione di una Commissione Paritetica Stato-Regioni e autonomie locali per individuare beni e risorse per l’esercizio delle condizioni particolari di autonomia. Nell’ambito dell’intesa Stato-Regioni verranno sanciti i criteri per la determinazione dei beni e delle risorse necessarie e le modalità di finanziamento.

La Commissione svolgerà anche funzioni di monitoraggio. Ogni anno dovrà procedere alla valutazione degli oneri che derivano dall’esercizio delle nuove funzioni per ogni Regione interessata. La Corte dei Conti invece dovrà riferire ogni anno alle Camere l’esito dei controlli relativi alla congruità degli oneri finanziari rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e di equilibrio di bilancio.

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caro bollette accise

Caro bollette: l’intervento della Corte Costituzionale E' incostituzionale l'inclusione delle accise nel contributo straordinario di solidarietà del 2022 a carico delle imprese energetiche

Caro bollette: illegittimo l’art. 37 del dl 21/2022

Anche «nella materia tributaria e persino quando, in momenti particolari, siano implicate straordinarie e preminenti esigenze della collettività», la Corte costituzionale «è chiamata comunque ad assicurare, nella valutazione del bilanciamento operato dal legislatore, quanto meno il rispetto di una soglia essenziale di non manifesta irragionevolezza, oltre la quale lo stesso dovere tributario finirebbe per smarrire la propria giustificazione in termini di solidarietà, risolvendosi invece nella prospettiva della mera soggezione al potere statale».

È quanto ha stabilito la Consulta nella sentenza n. 111-2024, con la quale ha esaminato le questioni sollevate dalle Corti di giustizia tributaria di Milano e di Roma in riferimento al contributo straordinario di solidarietà istituito per l’anno 2022 dall’art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, dichiarando l’illegittimità del medesimo articolo ma solo nella parte in cui non esclude dalla base imponibile le accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive. Secondo la pronuncia «non appare arbitrario che il fortissimo aumento dei prezzi dei prodotti energetici nell’eccezionale situazione congiunturale» che si è verificata in conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina e lo specifico mercato in cui le imprese energetiche hanno operato siano stati identificati dal legislatore – al verificarsi di una serie di condizioni – come un indice rivelatore di ricchezza.

Intervento normativo sui generis

La sentenza ha precisato che sarebbe stato certamente fisiologico fare riferimento ai dati dichiarati ai fini dell’imposta sui redditi delle società (IRES), dal momento che la maggiore ricchezza è facilmente riscontrabile in termini di surplus di utili conseguiti; al contrario l’aver mutuato le regole applicative di un’imposta indiretta come l’IVA non garantisce con altrettanta sicurezza il risultato di intercettare la maggiore ricchezza. Tuttavia, erano in gioco circostanze straordinarie che hanno qualificato «in termini del tutto sui generis l’intervento normativo».

Da un lato, la situazione di crisi, che, se non fosse stata «affrontata rapidamente», avrebbe potuto «avere gravi effetti negativi sull’inflazione, sulla liquidità degli operatori di mercato e sull’economia nel suo complesso». Dall’altro, la circostanza che, in quel particolare contesto, i dati desumibili dai saldi IVA erano gli unici disponibili e, quindi, i soli che avrebbero potuto essere considerati dal legislatore per intervenire tempestivamente a finanziare, con una nuova e temporanea imposta, l’insieme di interventi urgenti, a sostegno di famiglie e imprese, previsti dal d.l. n. 21 del 2022. Non vi era, pertanto, la possibilità di riferirsi ai più adeguati dati rilevanti ai fini dell’IRES, perché sarebbe stato necessario, per intercettare la maggiore forza economica dell’anno 2022 (in cui si è verificata la prima impennata dei prezzi), attendere che le imprese provvedessero a chiudere i bilanci societari: l’ammontare degli utili, pertanto, avrebbe potuto essere contabilizzato solo dopo la conclusione dell’anno di imposta in quel momento in corso, e quindi nel 2023.

Straordinarietà del momento non giustifica qualsiasi imposizione

È solo tenendo conto del carattere del tutto particolare del contesto in cui è stato calato il temporaneo intervento impositivo che, quindi, può eccezionalmente ritenersi non irragionevole lo strumento utilizzato dal legislatore, ovvero il riferimento ai dati relativi alla determinazione dell’imponibile dell’IVA, nonostante il loro oggettivo grado di approssimazione nell’intercettare la maggiore forza economica delle imprese energetiche. Resta però fermo che la straordinarietà del momento e la temporaneità della imposizione non possono essere ritenute una giustificazione per l’introduzione di qualsiasi forma di imposizione fiscale. Pertanto l’inclusione nella base imponibile delle accise versate allo Stato e indicate in fattura – che per alcuni soggetti «vanno ad aumentare, anche in misura considerevole, la base imponibile del contributo straordinario di solidarietà, senza che tale aumento possa in alcun modo dirsi rappresentativo di una maggiore ricchezza» –, compromette «radicalmente», su questo aspetto, la ragionevolezza della disposizione censurata.

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fascicolo sanitario elettronico 2.0

Fascicolo sanitario elettronico  2.0 Come funziona il Fascicolo sanitario elettronico 2.0, nuovo traguardo della sanità digitale, quali vantaggi offre e come attivarlo 

Fascicolo sanitario elettronico 2.0: cos’è

Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 è un registro elettronico che contiene al suo interno tutti i dati e i documenti digitali sanitari e socio-sanitari generati da fatti clinici del paziente. I dati riguardano referti di visite mediche, esami diagnostici, ricoveri ospedalieri, prescrizioni di farmaci e tanto altro ancora.

Riferimenti normativi

Il fascicolo sanitario elettronico è stato istituito dall’articolo 12 del decreto legge n. 179/2012.

Il decreto del ministero della Salute del 7 settembre 2023 ha dato attuazione alla norma suddetta.

Contenuto del fascicolo sanitario elettronico

Per comprendere al meglio i vantaggi di questo nuovo strumento è opportuno ricordare che il fascicolo sanitario elettronico contiene tantissime informazioni di natura sanitaria:

  • dati anagrafici e amministrativi del paziente (esenzioni, contatti, soggetti delegati);
  • vaccinazioni effettuate;
  • farmaci erogati e non erogati dal SSSN;
  • verbali del pronto soccorso;
  • lettere di dimissioni ospedaliere;
  • prescrizioni di visite mediche specialistiche;
  • prescrizioni farmaceutiche;
  • cartelle cliniche ospedaliere;
  • profilo sanitario sintetico: documento socio sanitario digitale redatto e aggiornato costantemente dal medico curante o dal pediatra che contiene il riassunto della storia clinica del paziente e il suo stato di salute attuale;
  • taccuino personale: sezione riservata del fascicolo a disposizione del paziente per integrare le informazioni presenti, modificarle, inserirle ed eliminarle. In relazione a queste informazioni il cittadino può scegliere se e a chi vuole renderle visibili.

Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0: vantaggi

Con il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) 2.0 la sanità compie un ulteriore passo in avanti verso la digitalizzazione. Il fascicolo rappresenta infatti uno strumento innovativo che permette ai cittadini di accedere alla la propria storia clinica con semplicità e sicurezza e di avere una comunicazione più efficiente con il proprio medico. Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 presenta infatti molteplici vantaggi, sia per i cittadini che per gli operatori del settore sanitario. Vediamoli distintamente.

Vantaggi per i cittadini:

  • i cittadini hanno la possibilità di consultare in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo la propria storia clinica;
  • i dati sanitari del singolo paziente sono conservati in modo sicuro e protetto, nel pieno rispetto della privacy;
  • i cittadini possono essere più coinvolti nelle decisioni che riguardano il proprio stato di salute.

Vantaggi per i professionisti sanitari:

  • i medici, accedendo al fascicolo sanitario del paziente, possono avere un quadro completo sullo stato di salute del paziente. In questo modo sono agevolati nella diagnosi, nella cura e nella presa in carico;
  • grazie al monitoraggio di visite ed esami i medici evitano di prescrivere controlli medici e diagnostici già effettuati in passato, ottimizzando in questo modo le risorse del Sistema Sanitario Nazionale ed evitando gli sprechi;
  • l’accesso rapido alle informazioni del paziente evita ai medici di dover fare richiesta alle varie strutture sanitarie che ne sono in possesso;
  • l’accesso alle informazioni complete del paziente riduce notevolmente il rischio di errore medico.

FSE 2.0: come si attiva

La procedura di attivazione del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 è molto semplice e completamente gratuita. Ci sono tre modalità distinte di attivazione:

E’ necessario però essere in possesso dello SPID o della CIE.

Come opporsi

In considerazione della natura dei dati contenuti nel fascicolo sanitario si ricorda infine che da lunedì 22 aprile 2024 fino al 30 giugno 2024 il cittadino può opporsi, come chiarito nel sito del Ministero della Salute “allinserimento automatico nel fascicolo dei dati e documenti sanitari generati da eventi clinici riferiti alle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale prima del 19 maggio 2020”. 

Tutti i dettagli della procedura da seguire sono presenti sul sito “Sistema Tessera sanitaria”.

proroga concessioni balneari bolkestein

Concessioni balneari: la proroga viola la Bolkestein La Consulta dichiara illegittima costituzionalmente la proroga delle concessioni balneari nella regione siciliana, in quanto in violazione della direttiva Bolkestein

Proroga concessioni balneari

La proroga delle concessioni balneari nella regione siciliana è illegittima per violazione della direttiva Bolkestein. La Consulta, con la sentenza n. 109-2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di cui all’art. 36 della legge della Regione Siciliana n. 2 del 2023 (Legge di stabilità regionale 2023-2025), che hanno previsto la proroga al 30 aprile 2023 del termine per la presentazione delle domande di rinnovo delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo (cosiddette concessioni balneari), nonché la proroga alla stessa data del termine per la conferma, in forma telematica, dell’interesse alla utilizzazione del demanio marittimo.

La questione di legittimità costituzionale

La questione era stata promossa dal Governo, che rimproverava al legislatore siciliano di aver ecceduto dalle competenze ad esso riservate dagli artt. 14 e 17 dello statuto di autonomia e violato l’art. 117, primo comma, Cost., che vincola anche il legislatore regionale all’osservanza degli obblighi derivanti dall’Unione europea assunti dall’Italia.

Nel ricorso si lamentava, in particolare, la violazione delle previsioni dell’art. 12 della direttiva Bolkestein n. 2006/123/CE, nota anche come “direttiva servizi”, che impone agli Stati membri dell’UE, con efficacia diretta, di mettere a gara le concessioni demaniali in scadenza, vietando il ricorso alle proroghe automatiche ex lege. Il differimento al 30 aprile 2023 del termine, secondo il Governo, “corrobora la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033”, pur avendo la legge statale n. 118/2022 abrogato, per incompatibilità con l’ordinamento unionale, i commi 682 e 683 dell’art. 1 della legge n. 145 del 2018, che prolungavano la proroga fino a quella data, e nonostante le sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e n. 18 del 2021, nonché quella della Corte di giustizia dell’Unione europea 20 marzo 2023, in causa C-348/22, Autorità Garante della concorrenza e del mercato, che ha ribadito la contrarietà al diritto UE dei rinnovi automatici delle concessioni aventi ad oggetto l’occupazione del demanio marittimo italiano.

La decisione della Corte Costituzionale

In motivazione, il giudice delle leggi ha sottolineato che le norme siciliane impugnate perpetuano, limitatamente al territorio della Regione Siciliana, il sistema delle proroghe automatiche delle concessioni, più volte giudicato illegittimo dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea e oggetto di disapplicazione da parte della giurisprudenza amministrativa.

In questo modo, ha precisato la Corte, “le norme in questione si pongono in contrasto con l’art. 12 della direttiva Bolkestein, e quindi con l’art. 117, primo comma, Cost.”. Nel sottolineare che “il differimento dei termini previsto nelle norme impugnate dal Governo non si riferisce alla vera e propria proroga delle concessioni demaniali fino al 2033, che trova origine nella legge regionale n. 24 del 2019, ma solo alla presentazione delle domande di proroga – la Consulta ha altresì rilevato – in linea con le censure governative, che la rinnovazione anche della possibilità di presentazione delle domande ‘finisce con l’incidere sul regime di durata dei rapporti in corso, perpetuandone il mantenimento e quindi rafforza, in contrasto con i principi del diritto UE sulla concorrenza, la barriera in entrata per nuovi operatori economici potenzialmente interessati alla utilizzazione, a fini imprenditoriali, delle aree del demanio marittimo'”.

Allegati

accesso atti cliente avvocato

Il cliente può accedere agli atti che riguardano l’avvocato L’accesso “difensivo” costituisce una fattispecie ostensiva connotata dall’onere di dimostrare la necessità della conoscenza dell’atto rispetto alla tutela della propria posizione

Rigetto istanza di accesso agli atti

Nel caso in esame, il Coniglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma aveva dichiarato inammissibile l’istanza di accesso agli atti avanzata da una cliente, nell’ambito del procedimento disciplinare a carico del proprio avvocato. In particolare. l’accesso era stato chiesto poiché il cliente aveva dei dubbi sulla legittimità dei compensi professionali richiesti.

La richiesta di accesso agli atti veniva nella specie respinta in quanto la stessa era stata ritenuta esplorativa, non essendo specificato il rapporto tra i documenti oggetto di accesso agli atti e le ragioni di difensive, ponendosi pertanto in contrasto con il diritto alla tutela della riservatezza di soggetti terzi.

La cliente aveva impugnato la decisione del CdO di Roma, chiedendo l’annullamento del rigetto.

L’interesse conoscitivo di carattere “difensivo”

Il Tar Lazio, con sentenza n. 9314/2024, ha ritenuto che, nel caso di specie, venisse in rilievo un’ipotesi di accesso difensivo, come tale ammissibile.

In particolare, il Tar, ripercorrendo la giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto, ha affermato che “l’accesso “difensivo” costituisce una fattispecie ostensiva idonea a superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi, ma al contempo è connotata dall’onere stringente di dovere dimostrare la ‘necessità’ della conoscenza dell’atto o la sua ‘stretta indispensabilità’, nei casi in cui l’accesso riguarda dati sensibili o giudiziari”.

Inoltre “la necessità (…) della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio”.

Valutazione ammissibilità

In relazione a quanto sopra, il Tar ha altresì specificato che la Pubblica Amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto in sede d’impugnazione non devono svolgere ex ante alcuna valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto, poiché un simile apprezzamento compete solo all’autorità giudiziaria investita della questione, salvo il caso di un’evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990. Resta in ogni caso fermo l’obbligo di puntuale motivazione a carico del richiedente, anche al fine di dimostrare il suddetto nesso cauale.

Applicando i suddetti principi giurisprudenziali al caso di specie, il Tar ha ritenuto che la richiesta di accesso agli atti formulata dalla cliente e volta ad ottenere copia di tutti gli atti, le delibere e i verbali relativi ai procedimenti disciplinari a carico dell’avvocato doveva essere (parzialmente) accolta.

Interesse diretto e concreto

Rispetto a tali documenti, ha proseguito il Tar, “la ricorrente ha rappresentato di avere un interesse diretto, concreto e attuale alla loro ostensione, connesso alla controversia (…) in merito alla debenza di taluni compensi professionali, sfociata in due procedimenti contenziosi allo stato pendenti”; per tali documenti sussiste dunque un nesso di strumentalità con la situazione finale che l’istante intende tutelare.

Per quanto infine attiene alla tutela della riservatezza dell’avvocato, deve ritenersi che, nel bilanciamento di interessi contrapposti, prevalga nel caso di specie il diritto dell’istante all’ostensione dei documenti richiesti per la tutela della propria posizione giuridica.

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Danno ambientale: l’ignoranza non salva L’ignoranza delle condizioni oggettive di inquinamento in cui versa il bene non esclude la responsabilità di chi ne è successivamente divenuto proprietario

Interventi di messa in sicurezza

Il caso in esame prende avvio dalla richiesta avanzata al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con cui il ricorrente aveva domandato l’annullamento di un decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con cui venivano prescritti alcuni interventi di messa in sicurezza di un sito di interesse nazionale. In particolare, il Ministero aveva intimato la realizzazione di alcuni interventi di messa in sicurezza delle acque di falda contaminata, oltre che la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti che erano presenti in precedenza sul piazzale oggetto dell’intervento di impermeabilizzazione.

Il TAR aveva concluso il proprio esame dichiarando il ricorso ed i motivi aggiunti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

Il privato interessato aveva impugnato tale decisione dinanzi al Consiglio di Stato.

Il principio “chi inquina paga”

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4298/2024, ha accolto l’appello proposto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., ha accertato l’illegittimità degli atti gravati con il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti.

Il Giudice amministrativo si è anzitutto soffermato sull’asserita insussistenza, affermata dal privato, dell’obbligo della società a partecipare alla bonifica dell’area da lei acquistata.

Rispetto a tale contestazione, il Consiglio di Stato ha ricordato il principio generale, di derivazione europea, in tema di responsabilità per danno ambientale, secondo cui “chi inquina paga”.

Nella specie, il Consiglio ha descritto gli elementi sulla base dei quali è possibile, a livello europeo, attribuire una responsabilità per danno ambientale al proprietario dell’area inquinata.

La giurisprudenza a tutela dell’ambiente

A tal proposito il Consiglio di Stato ha ricordato la giurisprudenza amministrativa che, in applicazione del diritto europeo, si è formata sul punto e ha incentrato la tutela dell’ambiente “intorno al fondamentale cardine della responsabilità del proprietario in chiave dinamica, ossia nel senso di ritenere responsabile degli oneri di bonifica e di riduzione in pristino anche il soggetto non direttamente responsabile della produzione del rifiuto, il quale sia tuttavia divenuto proprietario e detentore dell’area o del sito in cui è presente, per esservi stato in precedenza depositato, stoccato o anche semplicemente abbandonato, il rifiuto in questione. La responsabilità del proprietario del sito, in tal caso, non rinviene necessariamente la propria causa nel cd. fattore della produzione, bensì anche, eventualmente, in quello della detenzione o del possesso (..) dell’area sulla quale è oggettivamente presente il rifiuto”.

Ad ogni modo, ha spiegato il Giudice amministrativo, la responsabilità è ascrivibile al proprietario secondo i canoni, di derivazione nazionale, della responsabilità per il proprio fatto personale colpevole.

L’ignoranza non esclude la responsabilità

Nella medesima ottica di ricostruzione della responsabilità per danno ambientale, il Consiglio di Stato ha altresì rilevato che “l’ignoranza delle condizioni oggettive di inquinamento in cui versa il bene non esclude la responsabilità di chi ne è successivamente divenuto proprietario”.

In particolare, per quanto qui rileva, il Giudice amministrativo ha spiegato che la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore non dei rifiuti inquinanti ma del bene immobile inquinato.

Per le finalità perseguite dal diritto comunitario, quindi, è sufficiente distinguere il soggetto che ha prodotto i rifiuti dal soggetto che ne abbia materialmente acquisito la detenzione o la disponibilità giuridica senza necessità di indagare sulla natura del titolo giuridico sottostante. Per la disciplina comunitaria, infatti, i costi “della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o ancora dai detentori precedenti dei rifiuti”.