esimente putativa

Esimente putativa L’esimente putativa, o scriminante putativa, opera quando un soggetto compie un reato nella convinzione che ricorra una causa di giustificazione

Esimente putativa e cause di giustificazione

L’esimente putativa, disciplinata dal quarto comma dell’art. 59 del codice penale, ricorre quando la persona che commette un fatto che integra reato ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena.

In tal caso, dispone la norma, le suddette circostanze sono sempre valutate a favore di lui.

Ciò significa che l’esimente – cioè una causa di giustificazione – opera anche se in realtà non ricorre nel caso concreto, se il soggetto che agisce sia convinto della sua sussistenza.

Esclusione della punibilità: le scriminanti previste dal codice penale

Per comprendere meglio il funzionamento dell’esimente putativa, detta anche scriminante putativa, occorre chiarire quali sono le scriminanti previste dal codice penale.

Le scriminanti sono, in sostanza, cause di liceità della condotta. In altre parole, la commissione di un fatto che, normalmente, integrerebbe reato, non è considerata antigiuridica – e quindi non è punibile – quando sia accompagnata da determinate circostanze, individuate dagli artt. 50 e segg. del codice penale.

Consenso dell’avente diritto, legittima difesa e stato di necessità

Tra le cause di giustificazione previste dalla normativa rileva innanzitutto il consenso dell’avente diritto, ipotesi prevista dall’art. 50 c.p., che al riguardo dispone che non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne (si pensi al consenso necessario in ambito medico, ad esempio per una donazione di sangue, o al consenso immanente alla partecipazione ad attività sportive che prevedano contatto fisico).

L’art. 51 prevede invece le scriminanti dell’esercizio di un diritto (ad esempio, il diritto di cronaca, che può escludere reati come la diffamazione) o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità.

Escludono la punibilità del soggetto agente anche la legittima difesa (art. 52 c.p., secondo cui non è punibile “chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”) e lo stato di necessità, previsto come esimente dall’art. 54 (“non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”).

Infine, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi, nei casi previsti dall’art. 53 c.p.

Scriminante putativa ex art. 59 c.p. ed errore determinato da colpa

Ebbene, l’esimente putativa opera quando, pur non ricorrendo alcuna delle cause di giustificazione come quelle sopra indicate, il soggetto agente sia convinto che invece sussista una circostanza che escluda l’antigiuridicità – e quindi la punibilità – dell’azione che sta compiendo.

Tale erronea convinzione esclude il dolo, cioè non è possibile ritenere che il soggetto abbia avuto l’intenzione di compiere un reato. Ovviamente, perché la condotta sia giustificata occorre che ricorrano gli altri elementi previsti dalle norme che individuano le scriminanti. Ad esempio, nel caso in cui il soggetto ritenga di agire per legittima difesa, occorre l’attualità del pericolo di un’offesa ingiusta e la convinzione che vi sia necessità di difendere un diritto proprio o altrui (è il classico caso di chi reagisce perché ritiene di essere vittima di una rapina quando la minaccia, pur frutto di gioco o messinscena, sia talmente realistica da trarre ragionevolmente in inganno).

Va precisato, però, che l’art. 59 comma 4 prevede anche che “se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. In altre parole, se la valutazione del soggetto agente deriva da un suo errore determinato da colpa (ad esempio, una reazione di fronte a una pistola giocattolo facilmente riconoscibile), egli potrà essere punito a titolo di colpa.

avviso accertamento nullo

Avviso di accertamento nullo: sentenze recenti della Cassazione Breve rassegna giurisprudenziale delle più recenti pronunce di Corte di Cassazione aventi ad oggetto l’avviso di accertamento nullo

Sentenze Cassazione su avviso di accertamento nullo

L’avviso di accertamento nullo è costantemente oggetto di sentenze della Corte di Cassazione e degli organi giurisdizionali tributari.

In questa breve rassegna, analizzeremo alcune tra le più interessanti pronunce riguardanti l’avviso di accertamento nullo e gli ultimi orientamenti della giurisprudenza di settore su questo tema.

Avviso accertamento valido anche se non c’è il richiamo alla norma

In tema di motivazioni dell’atto di accertamento e di nullità dell’avviso per carenza dei requisiti essenziali, va segnalata l’ordinanza n. 1941/2024 della Corte di Cassazione, con cui la Suprema Corte ha ribadito che non è necessario che l’avviso di accertamento rechi anche la precisa indicazione della «norma di riferimento» in base alla quale l’ente impositore ha emesso l’avviso di accertamento, essendo invece sufficiente che tale atto esponga i presupposti fattuali e le ragioni di diritto che permettano al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa.

In ciò, la Cassazione ha ricordato che il DPR 600/73, all’art. 42 comma 2, indica come requisiti essenziali dell’avviso di accertamento l’indicazione dell’imponibile accertato, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta, della motivazione in relazione ai presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Per tale motivo, nel solco della precedente giurisprudenza di legittimità, con l’ordinanza in esame gli Ermellini hanno confermato che la nullità dell’avviso di accertamento non può mai dipendere, di per sé, dalla mancata indicazione della norma sulla quale esso si fonda, ma eventualmente dall’omessa indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo hanno determinato.

Nullità avviso accertamento e vizi di motivazione

La sentenza n. 2029/2024 della Cassazione, invece, riguarda un caso in cui l’atto di accertamento nullo per vizio di motivazione era stato adottato dalla società che gestisce il servizio di gestione dei rifiuti per conto del Comune.

A tal riguardo, la Suprema Corte ha sancito la nullità dell’avviso di accertamento per la tassa sui rifiuti che risulti privo di motivazione, sulla base del fatto che qualsiasi atto che contenga la richiesta di un’entrata avente natura pubblicistica (e quindi impositiva) è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento e quindi anche all’onere di motivazione.

La vicenda traeva origine dal ricorso in Cassazione proposto proprio dalla società concessionaria che aveva emesso gli avvisi di pagamento. Al riguardo, in linea con la sua consolidata giurisprudenza, la Corte ha chiarito che gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica.

Pertanto, la Corte ha confermato l’impugnata decisione della Commissione Tributaria competente, stabilendo il seguente principio di diritto: “qualsiasi atto, ancorché non ricompreso fra quelli di cui all’elencazione contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto avente ad oggetto la richiesta di un corrispettivo relativo ad una entrata di natura pubblicistica e, dunque, avente natura impositiva, è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento ed all’onere di motivazione di cui all’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente)”.

Cassazione 2024: avviso accertamento e autorizzazione indagini bancarie

Infine, con ordinanza n. 4853/2024 la Cassazione ha chiarito che non comporta nullità dell’avviso di accertamento la mancata allegazione all’atto dell’autorizzazione alle indagini bancarie.

All’origine del ricorso del contribuente contro l’Agenzia delle Entrate vi era l’avviso di accertamento con cui quest’ultima aveva recuperato presso di lui maggior reddito, a seguito di accertamenti bancari svolti nei suoi confronti.

La Commissione Tributaria Regionale competente accolse l’istanza del ricorrente, dichiarando la nullità dell’accertamento, “in considerazione dell’illegittimità dell’acquisizione dei dati bancari, poiché l’autorizzazione a tali indagini non era stata richiesta e non era stata allegata all’avviso di accertamento, in quanto elemento costitutivo del medesimo”.

La Corte di Cassazione, adita dall’ente impositore, si è espressa su entrambi gli aspetti sopraindicati, confermando i suoi precedenti orientamenti e ribaltando la sentenza dell’organo giurisdizionale territoriale.

Quanto alla mancata richiesta dell’autorizzazione alle indagini bancarie, gli Ermellini hanno evidenziato che tale mancanza “non implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio, in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal cod. proc. pen., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita”.

Quanto, invece, alla mancata allegazione di tale autorizzazione, ove la stessa sia stata richiesta e ottenuta, “non vi è neppure obbligo di allegazione della autorizzazione. Si è infatti affermato che l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7) cit., ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che (come sopra evidenziato, ndr) può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente”.