Penale

Circonvenzione di incapace e prova del reato Nel reato di circonvenzione di incapace la prova deve vertere sull’attività di induzione ai danni della persona offesa, approfittando della sua debolezza psicologica

circonvenzione di incapace

Il reato di circonvenzione di incapace

Il reato di circonvenzione di incapace è disciplinato dall’art. 643 del codice penale, che punisce chiunque abusa dell’inesperienza di un minore o della debolezza psichica di un soggetto per indurlo a compiere un atto, per questi dannoso, al fine di procurarsi (o procurare a qualcun altro) un profitto.

In questa breve guida analizzeremo presupposti ed elementi del reato e, in particolare, quale sia in tema di circonvenzione di incapace la prova da raggiungere per considerare integrato il reato.

Art. 643 c.p. cosa si intende per deficienza psichica

È importante evidenziare, innanzitutto, che lo stato psichico della persona offesa non deve necessariamente integrare una malattia, né aver precedentemente comportato l’interdizione o inabilitazione della stessa. È sufficiente che la debolezza psichica ponga quest’ultima in condizioni tali da subire l’abuso o la pressione da parte del soggetto agente.

Al riguardo, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che, perché si abbia circonvenzione di incapace, non occorre che la vittima versi in stato di incapacità di intendere e di volere, ma è sufficiente un’alterazione dello stato psichico che ne affievolisca le capacità critiche (Cass. pen., sent. n. 480/2024).

La minorazione psichica, quindi, si sostanzia in una “compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione” (Cass., sent. n. 24192/2010).

A titolo di esempio, quindi, si può pensare alle diminuite capacità di discernimento di una persona anziana nei confronti di un soggetto che intenda raggirarla per ottenere un vantaggio, solitamente patrimoniale.

L’induzione e l’abuso nella circonvenzione di incapace

Quanto agli elementi oggettivi del reato, la circonvenzione di incapace prevede un’attività di induzione, da parte del soggetto agente, a compiere un atto per sé (o per altri) dannoso. La Suprema Corte ha chiarito che integra induzione “un’apprezzabile attività di pressione morale e di persuasione”.

L’abuso, invece, trova origine nella consapevolezza dello stato di debolezza della persona offesa e si sostanzia in un’attività che sfrutti tale vulnerabilità per ottenere un profitto.

Circonvenzione di incapace e prova: Cassazione

Quanto alla prova della circonvenzione di incapace, il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il convincimento del giudice circa la prova dell’attività di induzione, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 643 c.p., “ben può essere fondato su elementi indiretti e indiziari, cioè risultare da elementi precisi e concordanti come la natura degli atti compiuti e il pregiudizio da essi derivante” (v., da ultimo, Cass. Pen., sent. n. 14863/2023).

In tema di circonvenzione di incapace e prova della debolezza psichica, inoltre, la citata sentenza della Suprema Corte n. 480/2024, ha evidenziato che tale condizione può essere desunta, ad esempio, dalle conclusioni di una consulenza tecnica sulla persona offesa che evidenzi che la stessa versa in una condizione di fragilità psichica tale da rendere possibile l’intervento suggestivo di un terzo (si pensi ad un anziano che, rimasto solo, riponga eccessiva fiducia in una persona che in realtà lo accudisce per trarne un profitto, inducendolo a compiere atti di diminuzione del proprio patrimonio).

La prova della circonvenzione di incapace, pertanto, ben può tendere alla dimostrazione, da un lato,  della minorazione psichica (che, si ribadisce, non deve necessariamente integrare uno stato patologico, ma anche soltanto consistere nella compromissione delle capacità di valutazione critica da parte della persona offesa); dall’altro lato, dell’attività di induzione e di abuso, come sopra meglio specificate, da parte del soggetto agente, oltre alla prova del danno cagionato alla persona offesa e del profitto ottenuto dall’agente.

In conclusione, va ricordato che l’art. 643 c.p. prevede, una volta che sia raggiunta per la circonvenzione di incapace la prova del reato, la pena della reclusione da due a sei anni e del pagamento di una multa da euro 206 a euro 2.065.

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