Penale

Recidiva: il giudice deve motivare specificamente La Cassazione ricorda che in tema di recidiva è richiesta al giudice una specifica motivazione e in tal caso è escluso il sindacato di legittimità

recidiva

Recidiva

In materia di recidiva è richiesta al giudice un specifica motivazione. Lo ha ricordato la seconda sezione penale nella sentenza n. 19125/2024 dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte di appello di Firenze, confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto un uomo responsabile dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 5 comma 9 D.Lgs. n. 231/2007 (ora art. 493-ter cod. pen.) e 110- 482 cod. pen. aggravati da recidiva reiterata.

L’uomo mediante il proprio difensore adisce la Cassazione, lamentando violazione di legge penale in relazione al riconoscimento della recidiva, in quanto la Corte di appello si era limitata ad evidenziare l’esistenza di precedenti penali dell’imputato, specifici e vicini nel tempo, non spiegando in alcun modo per quali ragioni la condotta avrebbe dovuto essere ritenuta di un’offensività tale da dover ritenere la pericolosità del soggetto aumentata in raffronto con i suddetti precedenti penali.

Ricorso inammissibile

Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile. Il giudice territoriale infatti ha fornito congrua ed esaustiva motivazione evidenziando che il numero e la specificità dei precedenti del ricorrente non apparivano “una ricaduta occasionale bensì un pervicace percorso criminale intrapreso dall’imputato nel lontano 1985”.

Trattasi, pertanto, di motivazione logica, sulla quale non è ammesso il sindacato di legittimità.

Per cui il ricorso è inammissibile e il ricorrente condannato anche al pagamento di 3mila euro a favore della Cassa delle ammende.

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