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Avvocati, stop attenuanti se manca consapevolezza dell’errore Il CNF esclude la riduzione della sanzione disciplinare per l’avvocato che non dimostra alcuna consapevolezza dell’errore; l’ammissione di responsabilità può valere solo se accompagnata da resipiscenza

consapevolezza dell'errore

Attenuanti se c’è consapevolezza dell’errore

Stop attenuanti per l’avvocato se non c’è consapevolezza dell’errore. Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 44/2025, pubblicata il 31 luglio sul sito del Codice deontologico, ha confermato la sospensione di sei mesi inflitta dall’organo distrettuale a un avvocato in seguito a false accuse penali nei confronti di colleghi, ribadendo principi chiave in tema di consapevolezza e responsabilità personale.

Il caso

Un avvocato del foro di Trapani aveva denunciato due colleghi (COA di Trapani e CDD di Palermo) per abuso d’ufficio, ritenendo il procedimento disciplinare avviato nei propri confronti un atto arbitrario. Tuttavia, il consiglio distrettuale accertò la falsità delle accuse e applicò la sospensione di sei mesi. Il ricorrente, poi condannato in sede penale per calunnia dal GIP, non mostrò alcuna resipiscenza nel ricorso al CNF.

Consapevolezza dell’errore, responsabilità e resipiscenza

Il CNF ha ribadito che la responsabilità disciplinare è provata non solo dalla presentazione delle false accuse, ma anche dalla loro consapevolezza, tipica di un avvocato, con l’intento di screditare i colleghi. Inoltre, l’assenza di una vera resipiscenza — sia nell’esposto sia nella memoria difensiva — ha reso inammissibile qualsiasi attenuazione della sanzione.

Ammissione della responsabilità e attenuanti personali

La sentenza sottolinea come l’ammissione di responsabilità possa entrare nel giudizio disciplinare solo se accompagnata da una sincera resipiscenza. L’assenza di chiara presa di coscienza del danno causato, infatti, impedisce l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite.