Cos’è la cartella clinica?
La cartella clinica è un documento sanitario ufficiale in cui vengono registrate tutte le informazioni relative al percorso di diagnosi, cura e trattamento di un paziente in una struttura ospedaliera.
Essa rappresenta una fonte di dati essenziale sia per il paziente che per il personale medico, ed è utilizzata per garantire la continuità assistenziale, la trasparenza e la tracciabilità delle cure.
Quali dati contiene
La cartella clinica include una serie di informazioni obbligatorie, tra cui:
- Dati anagrafici del paziente;
- Diagnosi iniziale e successive;
- Referti di esami diagnostici e strumentali (es. TAC, risonanza magnetica, analisi del sangue);
- Trattamenti terapeutici effettuati;
- Prescrizioni farmacologiche;
- Interventi chirurgici e relative procedure;
- Diario clinico (annotazioni giornaliere del personale medico);
- Consensi informati firmati dal paziente per specifici trattamenti;
- Eventuali complicanze e note di dimissione.
Come richiedere la cartella clinica
Il paziente ha diritto a richiedere una copia della propria cartella clinica ai sensi della normativa vigente (Legge 241/1990 sulla trasparenza amministrativa e Regolamento UE 2016/679 – GDPR).
Procedura di richiesta
- Domanda scritta da presentare all’ospedale o alla struttura sanitaria di riferimento;
- Documenti richiesti:
- Documento di identità valido del richiedente;
- Eventuale delega firmata, se richiesta da terzi (con allegata copia del documento del delegante e del delegato);
- Modalità di invio: la richiesta può essere effettuata di persona presso gli sportelli dedicati “Cartelle cliniche”, via PEC, via fax, o tramite raccomandata A/R;
- Tempi di rilascio: generalmente entro il termine massimo di 30 giorni dalla richiesta;
- Costi: alcune strutture sanitarie prevedono il pagamento di una quota per la riproduzione e l’invio del documento. In genere il costo è rappresentato infatti dai diritti di copia che variano anche in base al numero delle pagine della cartella e dalle spese di spedizione, se inviata a mezzo posta.
Privacy e protezione dei dati
Questo documento contiene dati sensibili soggetti a specifiche tutele ai sensi del GDPR (Regolamento UE 2016/679) e del Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003). Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha stabilito che:
- l’accesso alla stessa è riservato esclusivamente al paziente o a soggetti terzi autorizzati;
- le strutture sanitarie devono garantire la riservatezza e la sicurezza dei dati;
- la conservazione delle cartelle cliniche è obbligatoria per 10 anni dalla dimissione del paziente ( 121 D.Lgs. 42/2004).
Per maggiori dettagli leggi le Faq al Garante Privacy in materia di accesso alle cartelle cliniche ai sensi del GDRP.
Responsabilità sanitaria e cartella clinica
La cartella clinica ha una funzione determinante in caso di contenziosi per responsabilità medica.
Essa rappresenta un’importante prova documentale. In caso di errore medico, la cartella clinica è la principale fonte di prova.
Completezza e correttezza: ogni omissione o inesattezza nella compilazione può costituire elemento di responsabilità per il medico o la struttura sanitaria.
Giurisprudenza su cartella clinica
La giurisprudenza sul collegamento tra cartella clinica e responsabilità medica si è espressa in diverse occasioni.
Cassazione n. 11224/2024: L’assenza parziale o totale della documentazione sanitaria non può ricadere a discapito del paziente e, in certi casi, può indurre il giudice a riconoscere la responsabilità del medico.
Cassazione n. 16737/2024: In materia di responsabilità medica, un’inadeguata compilazione della cartella clinica da parte dei sanitari non può penalizzare il paziente sul piano probatorio. In base al principio di vicinanza della prova, se la dimostrazione diretta di un fatto risulta impossibile a causa della condotta della controparte, il paziente può avvalersi di presunzioni per sostenerne l’esistenza.
Cassazione civile n. 14261/2020: Le omissioni nella compilazione della cartella clinica da parte del medico possono consentire al paziente di ricorrere alla prova presuntiva, poiché un’incompleta documentazione non deve penalizzare chi ha diritto alla prestazione sanitaria. Tuttavia, la Cassazione chiarisce che questo principio non si applica automaticamente: la carenza della cartella clinica può provare il nesso di causalità solo se ne rende impossibile l’accertamento e se il medico ha comunque tenuto una condotta potenzialmente lesiva.
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