Il giurista risponde, Penale

Eccesso colposo di legittima difesa Quali sono i profili di intersecazione tra la fattispecie dell’eccesso colposo di legittima difesa, la provocazione e le concrete modalità operative del fatto illecito?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Matteo Castiglione e Federica Lavanga

 

La fattispecie dell’eccesso colposo ricorre qualora l’agente, minacciato da un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, abbia posto in essere la necessaria difesa del bene giuridico minacciato, ma, per errore determinato da colpa, abbia ecceduto rispetto alla necessaria proporzione tra difesa ed offesa. – Cass. I, 13 giugno 2023, n. 41552.

La fattispecie concreta posta al vaglio della Suprema Corte ha riguardato la configurabilità di un eccesso colposo di legittima difesa in luogo della fattispecie di tentato omicidio, reato per il quale il soggetto ricorrente è stato condannato sia in primo che in secondo grado, con rilevanti effetti sia sul piano qualificatorio che sanzionatorio.

Nello specifico, il caso storico ha riguardato un alterco intercorrente tra due condomini, sfociato poi per futili motivi nell’aggressione con arma da taglio dell’uno nei confronti dell’altro.

La difesa ha quindi eccepito i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa non teneva in considerazione la sussistenza o meno della causa di giustificazione della legittima difesa, ancorché nella forma dell’eccesso colposo, sulla scorte della relazione del consulente medico e della ricostruzione delle modalità esecutive degli atti lesivi.

Elemento collegato e prodromico all’azione reazionaria difensiva sarebbe inoltre stata la provocazione della persona offesa nei confronti dell’attuale condannato; secondo la difesa, i giudici di prime cure non avrebbero valorizzato i pregressi contrasti tra l’imputato e la persona offesa, contrassegnati anche da una violenta aggressione subita dall’imputato, elementi significativi del fatto che l’imputato, nell’occorso, avesse agito in uno stato d’ira, covato nel corso degli anni ed esploso in occasione di un ultimo, ed ennesimo, diverbio.

Il collegio adito della questione ha dichiarato inammissibile il ricorso, sulla scorta delle seguenti ragioni:

Relativamente alla sussistenza dell’attenuante della provocazione, la Corte ha richiamato le motivazioni della sentenza d’appello secondo cui la condotta dell’agente sarebbe stata preceduta da un acceso diverbio nel corso del quale ambedue i concorrenti si sarebbero rivolti reciproche accuse circa passati episodi, di tal che, l’esplosione della summenzionata ira, maturata nel corso del tempo, non sarebbe stata determinata da un fatto ingiusto altrui – come esplicitamente richiamato dalla norma codicistica relativa alle circostanze attenuanti – quanto piuttosto da un futile motivo.

Secondo giurisprudenza costante, infatti, il “fatto ingiusto altrui” ex art. 62, n. 2, c.p. deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale (così Cass. 2 dicembre 2013, n.47840).

Per ciò che concerne la configurabilità dell’eccesso colposo di legittima difesa, la Corte ha ricostruito l’istituto che ricorre quando l’agente, minacciato da un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, abbia posto in essere la necessaria difesa del bene giuridico minacciato, ma, per errore determinato da colpa, abbia ecceduto rispetto alla necessaria proporzione tra difesa ed offesa.

Da ciò ne consegue che i presupposti della fattispecie di cui all’art. 55 c.p. in relazione alla legittima difesa sono, da una parte, la sussistenza dei requisiti della causa di giustificazione e, dall’altra, il superamento solo colposo, e non volontario, del limite costituito dalla proporzione tra il bene giuridico minacciato dall’offesa altrui e quello leso dalla reazione difensiva.

L’accertamento compiuto in primo e secondo grado ha rilevato come la direzione dei colpi, frontali e non dal basso verso l’alto, fossero incompatibili con la ricostruzione offerta dall’imputato e con le modalità esecutive di un’azione difensiva; pertanto, ritenendo tali provvedimenti adeguatamente motivati, attendibili e scevri da qualsivoglia fallacia logico-giuridica, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cass. pen., sez. I, 24 settembre 1997, n. 8999;
Cass. pen., sez. I, 13 febbraio 2019, n. 9463
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