avvocato e grafologo

Avvocato e grafologo: c’è incompatibilità? Il parere del Consiglio Nazionale Forense sulla compatibilità tra la professione di avvocato e l'attività di grafologo

Compatibilità avvocato e grafologo

Avvocato e grafologo: il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con il parere n. 41/2024, ha fornito una chiara risposta al quesito posto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) di Perugia in merito alla compatibilità tra l’esercizio della professione di avvocato e l’attività libero-professionale di grafologo. La questione si inserisce nel quadro normativo delineato dall’articolo 18 della legge n. 247/2012, che disciplina le ipotesi di incompatibilità con l’iscrizione all’albo forense.

La normativa di riferimento

La professione di grafologo è regolamentata dalla legge n. 4/2013, che disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi. Secondo l’articolo 1, comma 2, di tale legge, queste professioni consistono in “attività economiche, anche organizzate, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del codice civile”.

La stessa legge prevede, all’articolo 3, che i professionisti esercenti tali attività possano costituire associazioni professionali di natura privatistica su base volontaria. Tuttavia, l’iscrizione a tali associazioni non configura un’iscrizione ad un albo professionale, come previsto dall’articolo 18, lettera a), della legge n. 247/2012.

Il parere del CNF

Richiamandosi al proprio precedente parere n. 36/2017, il CNF ha ribadito che l’attività di grafologo non comporta incompatibilità con la professione forense. Questo perché:

  1. Non si tratta di un’attività riservata a soggetti iscritti in albi o collegi: la professione di grafologo rientra tra quelle disciplinate dalla legge n. 4/2013, che regolamenta le professioni non organizzate in ordini o collegi.
  2. L’iscrizione a un’associazione professionale è facoltativa: il professionista può scegliere liberamente se aderire a un’associazione professionale, senza che tale scelta condizioni la legittimità dell’attività svolta.
  3. Non si integra una causa di incompatibilità ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 247/2012: l’iscrizione ad un’associazione professionale, non essendo equivalente a quella ad un albo professionale, non rientra tra le ipotesi di incompatibilità previste dalla normativa forense.

Avvocato e grafologo, nessuna incompatibilità

Il CNF ha dunque fornito una risposta positiva al quesito del COA di Perugia, chiarendo che un avvocato può esercitare anche l’attività di grafologo senza incorrere in incompatibilità. Tuttavia, rimangono ferme le altre cause di incompatibilità previste dall’articolo 18 della legge n. 247/2012, che devono essere rispettate.

concorso in magistratura

Concorso in magistratura: 350 posti, come partecipare Concorso in magistratura: pubblicato il decreto che bandisce il concorso per 350 magistrati ordinari, domande ammesse fino al 17 gennaio 2025

Concorso in magistratura: 350 Posti

Il Ministero della Giustizia ha bandito un concorso in magistratura per 350 posti da magistrato ordinario. La procedura è regolata dal Decreto Ministeriale del 10 dicembre 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 17 dicembre 2024.

Presentazione delle domande

I candidati possono inviare la domanda dalle ore 12:00 del 17 dicembre 2024 fino alle ore 12:00 del 17 gennaio 2025. La partecipazione avviene esclusivamente online tramite il portale del Ministero della Giustizia. Per l’accesso è necessario autenticarsi con SPID di secondo livello, Carta d’Identità Elettronica o CNS. La compilazione del modulo prevede il pagamento di un contributo di segreteria pari a 50 euro tramite PagoPA.

Requisiti di partecipazione

I candidati devono soddisfare i seguenti requisiti generali:

  • cittadinanza italiana e pieno esercizio dei diritti civili;
  • condotta morale incensurabile;
  • idoneità fisica all’impiego;
  • regolarità con gli obblighi di leva, se previsti;
  • non essere stati dichiarati inidonei per quattro concorsi precedenti.

Inoltre, è necessario possedere una laurea in giurisprudenza (corso di almeno quattro anni) o rientrare in specifiche categorie professionali, come magistrati onorari con sei anni di servizio, abilitati alla professione forense, o dipendenti pubblici con qualifiche dirigenziali.

Prove concorso in magistratura

Il concorso comprende una prova scritta e una prova orale.

Prova scritta concorso in magistratura

I candidati redigeranno tre elaborati su diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo, ciascuno della durata di otto ore.

Prova orale concorso in magistratura

L’esame orale include materie giuridiche come diritto civile, diritto penale, procedura civile, diritto costituzionale e comunitario. Inoltre, si verifica la conoscenza di una lingua straniera scelta tra inglese, francese, spagnolo e tedesco.

Graduatoria e comunicazioni

La graduatoria finale viene redatta in base ai punteggi delle prove. A parità di punteggio, prevalgono titoli di preferenza come la minore età anagrafica o il servizio lodevole nella pubblica amministrazione.

Il diario delle prove scritte sarà pubblicato l’11 marzo 2025 sulla Gazzetta Ufficiale e sul sito del Ministero della Giustizia. Eventuali aggiornamenti seguiranno le stesse modalità.

 

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società di avvocati

Società di avvocati: vietati gli investitori finanziari Società di avvocati: la Corte UE vieta la detenzione di quote da parte di investitori finanziari, la professione deve essere indipendente

Società di avvocati e investitori finanziari

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito l’importanza dell’indipendenza degli avvocati con una sentenza del 19 dicembre 2024. Nella causa C-295/23, la Corte ha stabilito che gli investitori finanziari non possono detenere partecipazioni in società di avvocati, sancendo un principio fondamentale per la tutela della professione forense.

La decisione mira infatti a proteggere l’integrità e l’indipendenza della professione legale, valori essenziali per garantire la fiducia dei clienti. Secondo la Corte, solo chi esercita la professione di avvocato può detenere quote in una società legale. Questa limitazione è giustificata da motivi imperativi di interesse generale, che prevalgono sulla libertà di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali.

 Società di avvocati tedesca e Ordine Forense di Monaco

La sentenza nasce da una controversia tra una società di avvocati tedesca e l’Ordine forense di Monaco. La società aveva ceduto il 51% delle proprie quote a un investitore austriaco non autorizzato a offrire servizi legali. L’Ordine di Monaco ha annullato l’iscrizione della società all’albo, sostenendo che solo i professionisti legali possono possedere quote di una società di avvocati in Germania. La società ha contestato la decisione, ritenendo il divieto contrario alla direttiva 2006/123/CE, che vieta requisiti discriminatori per l’accesso alle attività di servizi. La Corte UE però ha ritenuto la restrizione proporzionata e giustificata al fine di salvaguardare l’indipendenza professionale.

Indipendenza: tutela dei clienti e rispetto della deontologia

La Corte ha sottolineato che l’indipendenza è essenziale per garantire il rispetto degli obblighi deontologici e la tutela dei clienti. La presenza di investitori finanziari potrebbe compromettere queste prerogative. Interessi economici esterni rischiano di prevalere sugli interessi dei clienti, alterando la missione primaria dell’avvocato. Gli avvocati devono agire esclusivamente per il bene del cliente e rispettare il segreto professionale. L’ingresso di investitori puramente finanziari potrebbe mettere a rischio questi doveri.

Restrizioni: proporzionalità e non discriminazione

La Corte ha specificato anche che le restrizioni devono rispettare i principi di proporzionalità e non discriminazione. Le normative nazionali non possono discriminare società estere o basarsi sulla cittadinanza dei soci. Devono essere applicate in modo uniforme a tutti i soggetti che non siano avvocati. Inoltre, queste limitazioni devono essere proporzionate, ovvero strettamente necessarie a garantire l’obiettivo perseguito. Nonostante ciò, in questo caso, la Corte ha confermato che il divieto agli investitori finanziari è conforme al diritto dell’UE.

Stati Membri: quali implicazioni?

La sentenza avrà effetti significativi sui sistemi normativi nazionali. Paesi con regole più flessibili per le partecipazioni nelle società legali potrebbero doverle rivedere. L’obiettivo è evitare che soggetti esterni alla professione possano influenzare le decisioni operative delle società di avvocati. In Italia, la normativa già impone che i soci delle STP (società tra professionisti) siano iscritti agli albi professionali. Tuttavia, il dibattito sull’ammissione di soci finanziari è ancora acceso.

 

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doveri dell'avvocato

I doveri dell’avvocato Doveri dell’avvocato: previsti dalla disciplina dell’ordinamento della professione forense e dal Codice deontologico

Doveri dell’avvocato: le fonti normative

I doveri dell’avvocato sono molteplici. L’attività legale in Italia è infatti regolata da norme precise che definiscono non solo i diritti degli avvocati, ma anche i loro doveri professionali nei confronti dei clienti, della giustizia e della collettività. La Legge 247 del 2012 e il Codice Deontologico Forense rappresentano le principali fonti normative in materia di deontologia professionale e disciplinano i comportamenti degli avvocati. Questi testi normativi assicurano che la loro attività sia condotta con etica, trasparenza e rispetto delle regole.

In questo articolo, esploreremo in dettaglio i doveri dell’avvocato, analizzando gli aspetti principali della legge n. 247/2012 e del Codice Deontologico Forense, per comprendere l’influenza di questi testi sull’esercizio della professione legale e sulla tutela degli interessi dei clienti e della giustizia.

Doveri dell’avvocato nella Legge 247/2012

La Legge 247 del 2012 rappresenta una normativa fondamentale per la professione forense in Italia. Essa ha introdotto importanti novità in materia di formazione, accesso alla professione e disciplina dell’attività. La legge stabilisce i principi fondamentali che devono orientare l’operato dell’avvocato, tracciando un quadro normativo che bilancia i diritti della professione con i doveri nei confronti dei clienti, della giustizia e della collettività. Vediamo quali sono i doveri degli avvocati in base alla legge 247 del 2012.

Obbligo di lealtà e correttezza

La Legge 247 stabilisce che l’avvocato debba agire con lealtà e correttezza nei confronti del cliente, della controparte, dell’autorità giudiziaria e degli altri professionisti. Questo dovere implica che l’avvocato non possa adottare comportamenti fraudolenti, ingannevoli o dilatori. Il professionista deve evitare ogni azione che possa compromettere l’integrità del processo.

Obbligo di competenza professionale

L’avvocato è tenuto a esercitare la professione con competenza. La legge impone l’obbligo di mantenere una costante formazione professionale e di non assumere incarichi in materie di cui non ha adeguata conoscenza. La responsabilità di garantire un’assistenza legale adeguata al cliente è uno dei principali fondamenti della professione.

Obbligo di indipendenza

L’avvocato deve esercitare la professione in piena indipendenza, evitando conflitti di interesse e garantendo che la sua attività non sia influenzata da pressioni esterne. Questo principio è essenziale per tutelare l’autonomia dell’avvocato nella difesa dei diritti del cliente.

Obbligo di riservatezza

Uno dei doveri più importanti dell’avvocato è il rispetto del segreto professionale. La Legge 247 del 2012 stabilisce che l’avvocato debba mantenere riservate tutte le informazioni confidenziali acquisite durante l’esercizio della professione. Questa norma ha lo scopo di garantire la fiducia del cliente nell’avvocato e di tutelare i suoi diritti.

Obbligo di assistenza legale continuativa

L’avvocato ha l’obbligo di fornire un’assistenza legale continuativa al cliente, tenendo conto delle specifiche esigenze del caso. L’avvocato deve impegnarsi per risolvere le problematiche legali del cliente nel miglior modo possibile, rispettando i termini e le scadenze procedurali.

Obbligo di informazione al cliente

L’avvocato deve informare il cliente sull’evoluzione del caso e le possibili strategie da adottare, rendendo noto anche il possibile esito della causa e le eventuali implicazioni legali ed economiche.

Doveri dell’avvocato nel Codice deontologico forense

Il Codice Deontologico Forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense (CNF) e aggiornato periodicamente, è il documento che disciplina in modo dettagliato l’etica e la condotta degli avvocati italiani. Esso si integra con la Legge 247 del 2012 e rappresenta una guida di comportamento che l’avvocato deve rispettare quotidianamente. Esso definisce i doveri nei confronti del cliente e la parte assistita, dei terzi e delle controparti, ma anche nei confronti delle istituzioni giudiziarie e forensi, della collettività e  dei colleghi.

Vediamo quindi quali sono i principali doveri dell’avvocato previsti dal Codice Deontologico.

Incompatibilità

L’avvocato deve evitare di svolgere attività che siano incompatibili con la sua iscrizione all’albo. Non deve svolgere inoltre attività che possano contrastare clan i doveri di dignità, probità, decoro e indipendenza.

Dignità professionale

L’avvocato deve astenersi da comportamenti che possano danneggiare la dignità della professione, come il ricorso a tecniche aggressive, minacciose o disoneste. Il rispetto per la giustizia e per gli altri professionisti deve sempre prevalere.

Dovere di fedeltà

Il legale deve rispettare il mandato ricevuto e deve svolgere la sua attività tutelando l’interesse della parte e rispettando il ruolo costituzionale e sociale della attività difensiva.

Diligenza e competenza

L’avvocato deve esercitare l’attività con coscienza, diligenza e competenza per garantire la qualità della prestazione. A tal fine è tenuto anche al rispetto del dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua.

Segretezza e riservatezza

L’avvocato è tenuto al rispetto del segreto professionale nello svolgimento dell’attività stragiudiziale, giudiziale e di consulenza. Tali principi devono ispirare la sua condotta anche quando si rapporta con gli organi dell’informazione.

Adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi

Come tutti i lavoratori autonomi l’avvocato è tenuto a rispettare i vari adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi imposti dalla legge.

Lealtà e onestà professionale

L’avvocato è chiamato a comportarsi con lealtà verso tutti gli attori del processo: il cliente, la controparte, i giudici e gli altri professionisti. Deve evitare pratiche ingannevoli o dilatorie, agendo sempre con trasparenza.

Rispetto dell’autonomia del cliente

L’avvocato deve rispettare l’autonomia decisionale del cliente, consigliarlo in modo corretto e non forzarlo a prendere decisioni contro la sua volontà o interesse. L’assistenza legale deve sempre essere volta a tutelare gli interessi del cliente e a far rispettare i principi della giustizia.

Divieto di promesse di risultati

L’avvocato è tenuto a non può promettere o garantire l’esito positivo di una causa. Ogni causa porta con sé delle incertezze, e l’avvocato deve informare il cliente circa le probabilità di successo, ma non deve mai fare dichiarazioni che possano ingannarlo.

Obbligo di assistenza equa

Il Codice Deontologico impone che ogni avvocato, anche se incaricato in una causa in cui non vi è un interesse economico diretto, debba assicurare la migliore assistenza legale possibile, rispettando i principi di equità e giustizia.

Divieto di conflitto di interessi

L’avvocato deve evitare qualsiasi situazione di conflitto di interessi che potrebbe compromettere la sua imparzialità e la difesa dei diritti del cliente. In caso di conflitto, l’avvocato è obbligato a rinunciare all’incarico.

Obbligo di educazione e correttezza verso i colleghi

L’’avvocato deve mantenere rapporti di cortesia e rispetto con i colleghi e gli altri operatori del diritto. La concorrenza tra avvocati deve essere sana e improntata al principio della correttezza professionale, evitando comportamenti denigratori o sleali.

Mancato rispetto dei doveri dell’avvocato: conseguenze

Il mancato rispetto dei doveri professionali stabiliti dalla Legge 247 del 2012 e dal Codice Deontologico Forense può comportare sanzioni disciplinari per l’avvocato. Queste sanzioni vanno dal semplice  avvertimento alla radiazione dall’albo. Nei casi più gravi la sanzione disciplinare può essere aumentata.

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illecito deontologico

Illecito deontologico divulgare i nomi dei clienti Illecito deontologico diffondere nomi di clienti e parti assistite sul sito dello studio legale e nelle mail inviate con la newsletter

Illecito deontologico avvocato

Costituisce illecito deontologico la divulgazione dei nominativi dei clienti e delle parti assistite, anche dopo che il decreto Bersani ha abrogato le disposizioni che impedivano ai liberi professionisti di farsi pubblicità. E’ quindi vietato nelle informazioni rivolte al pubblico, come quelle pubblicate su un sito o inviate per mezzo di una newsletter, indicare i nominativi di clienti e parti assistite. L’avvocato deve infatti garantire la riservatezza del cliente. Questa condotta è espressione del decoro e della dignità della funzione sociale della professione forense. Lo ha chiaro il CNF nella sentenza n. 294/2024.

Nomi dei clienti e delle parti assistite su sito e mail

Nel gennaio e febbraio 2022, un avvocato pubblica sul sito del proprio studio legale e invia per mezzo della newsletter informazioni riguardanti operazioni seguite dal proprio studio. Nei comunicati vengono citati i nomi di clienti e dettagli delle operazioni. Un esposto anonimo inviato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) di Trento avvia il procedimento disciplinare nei suoi confronti contestandogli la violazione dell’art. 35 del Codice deontologico.

L’avvocato si difende sostenendo che le informazioni erano già di pubblico dominio, essendo state pubblicate da altri soggetti con il consenso delle parti coinvolte. Argomenta inoltre che l’art. 35, comma 8 è in realtà una specificazione del più generale dovere di riservatezza e non si applica a notizie già pubbliche.

Il CDD ritiene però sussistente la violazione dell’art. 35, comma 8 del CDF, che vieta agli avvocati di includere nelle informazioni al pubblico i nomi di clienti e assistiti. L’avvocato viene così sanzionato con l’avvertimento. Il divieto previsto dalla regola deontologica mira a proteggere la riservatezza, indipendentemente dalla precedente pubblicità dei dati.

Informazioni legittime se già pubblicate da terzi

L’avvocato presenta ricorso al CNF sostenendo la legittimità della divulgazione delle informazioni perché già pubblicate da terzi. Il ricorrente richiama inoltre la libertà di informazione professionale sancita dall’art. 17 del CDF, che consente la promozione dell’attività legale nel rispetto di trasparenza, correttezza e verità.

Illecito deontologico anche con consenso clienti

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) però respinge il ricorso dell’avvocato ricorrente, confermando la violazione dell’art. 35, comma 8 del Codice Deontologico Forense (NCDF). La norma vieta agli avvocati di pubblicizzare il nome dei propri clienti, anche se questi consentono. Prima del verdetto finale il CNF ci tiene ad esporre alcune considerazioni preliminari.

  • Il divieto esiste dal primo Codice Deontologico del 1997. Nonostante le successive riforme (Decreto Bersani 2006, Legge 247/2012, NCDF del 2014), il comma 8 è rimasto invariato, confermando obbligatorietà del divieto.
  • I moderni strumenti di comunicazione permettono agli avvocati di diffondere contenuti promozionali attraverso piattaforme non tradizionali, spesso a pagamento. Questo rischia di eludere il divieto, sfruttando canali non qualificati.
  • La pubblicazione contestata non si limita a informare, ma presenta anche contenuti promozionali. Lo scopo va oltre la semplice comunicazione.

L’avvocato ricorrente ha pubblicato sul sito web dello studio e inviato email tramite la newsletter contenenti il nome dei clienti assistiti. Lo stesso ha infatti riferito di aver assistito il Consorzio [AAA] in un leverage buyout e ha menzionato l’assistenza fornita ad altri clienti in concordati preventivi.

La comunicazione quindi non si è limitata a riprodurre articoli già pubblici. Ha invece avuto contenuti redatti ad hoc, con accenti promozionali e autocelebrativi, comportamento che integra pienamente la violazione dell’art. 35 NCDF.

Il CNF precisa che la norma tutela riservatezza, decoro e dignità della professione. La valenza pubblicistica dell’attività forense impone autonomia e prudenza nella comunicazione. Il consenso del cliente o la diffusione precedente tramite terzi non escludono il divieto. Il ricorso viene quindi respinto e la sanzione dell’avvertimento confermata.

 

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sospeso l'avvocato

Sospeso l’avvocato che non controlla la pec Il CNF sull'inadempimento al mandato e la responsabilità disciplinare per negligenza nel controllo della propria pec

Notifiche via pec “ignorate”

Può essere sospeso l’avvocato che non controlla la pec. “Costituisce – infatti – violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 cdf), come nel caso di negligente ovvero omessa verifica delle comunicazioni o notifiche ricevute nella propria casella di posta elettronica certificata”. Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 134/2024 confermando la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale inflitta a un avvocato dal Consiglio distrettuale di disciplina.

La vicenda

Nel caso di specie, il professionista non si era accorto della notifica PEC dell’opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era concluso nella contumacia dell’opposto. All’esito del procedimento disciplinare, il CDD gli infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale per otto mesi.

L’avvocato adiva il CNF lamentando che “avere ignorato la PEC di notifica, potrebbe al più comportare responsabilità civile ma, in assenza di specifica motivazione sulla trascuratezza degli interessi della parte assistita, non potrebbe comportare responsabilità disciplinare”.

La decisione

Per il CNF, il ricorso è infondato e pertanto va rigettato confermando la decisione assunta dal CDD, le cui motivazioni il Consiglio condivide anche con riguardo alla scelta della sanzione comminata. L’argomentare logico del ricorrente secondo il quale, la mancata visione della pec di notifica sarebbe stata “una mera svista” non convince il Collegio il quale ritiene invece che tale definizione rappresenti “un artificio linguistico dietro cui celare il comportamento negligente, documentalmente provato”.

Non verificare la PEC, “nella consapevolezza, anche solo per la vicenda in oggetto, del periodo nel quale potesse maturare un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, è circostanza che di per sé denota negligenza con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all’art. 26 comma 3” aggiunge il CNF. Si tratta, di una negligenza che nasce dal “disinteresse” nei confronti delle sorti del cliente, “ed è certamente rilevante e si pone al di sotto della diligenza media, proprio perché al ricorrente era chiaro che si sarebbe potuto trovare innanzi ad una opposizione e per tanto avrebbe dovuto usare il massimo della diligenza nella verifica di eventuali PEC. Tutto ciò configura – prosegue ancora il Consiglio – anche la violazione degli articoli 9,10 e 12 in quanto nella vicenda in oggetto il disvalore del comportamento negligente è fornito proprio dalla mancata costituzione nel giudizio di opposizione”.

Per cui, il ricorso è rigettato e la sanzione ritenuta congrua.

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notifiche avvocati

Notifiche avvocati: come si usa l’area web Notifiche avvocati: il D.lgs n. 164/2024 introduce importanti novità in materia di notifiche a mezzo pec in caso di fallimento della notifica

Notifiche avvocati: le modifiche del D.lgs. 164/2024

In materia di notifiche effettuate dall’avvocato il D.lgs n. 164/2024, che contiene il  correttivo più recente della Riforma Cartaria, apporta significative modifiche alla legge n. 53/94. In questo modo il decreto uniforma le notifiche in proprio degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari nei casi in cui il messaggio risulti impossibile da recapitare. Questo intervento è parte di un più ampio processo di informatizzazione del sistema giudiziario italiano finalizzato a renderlo più rapido ed efficiente. 

Novità articolo 3-ter legge n. 53/94

L’articolo 6 del D.lgs n. 164/2024 ha rivisto la disciplina delle notifiche tramite posta elettronica certificata (PEC), modificando i commi 2 e 3 dell’articolo 3-ter della legge n. 53/94.

Notifica fallita per causa imputabile al destinatario

Ora, quando una notifica via PEC non viene recapitata per cause imputabili al destinatario, l’atto è inserito in un’area riservata del Portale dei Servizi Telematici (PST) del Ministero della Giustizia “unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l’inserimento, all’interno di un’area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale.”

Il perfezionamento della notifica avviene al decimo giorno dall’inserimento nel portale, oppure il giorno in cui il destinatario accede all’area riservata, se precedente.

Notifica fallita per causa non imputabile al destinatario

Se invece il mancato recapito è dovuto a cause non imputabili al destinatario, la notifica deve essere eseguita con modalità tradizionali, dall’avvocato a mezzo posta o dall’ufficiale giudiziario in base a quanto previsto all’art. 137 c.p.c e seguenti. A questo scopo l’avvocato dichiara all’ufficiale giudiziario che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero che la notificazione a mezzo posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per la causa non imputabile al destinatario specificamente indicata.” 

Notifiche avvocati: le implicazioni delle modifiche

Queste modifiche rappresentano un passo significativo verso la digitalizzazione del sistema giuridico. Uniformando le procedure di notifica degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari, si semplificano i processi e si migliorano i tempi di gestione.

La creazione dell’area riservata sul Portale dei Servizi Telematici è un esempio di come la tecnologia possa essere utilizzata per ridurre gli ostacoli burocratici. Allo stesso tempo, essa è in grado anche di garantire il rispetto dei diritti del destinatario, con regole chiare e uniformi per il perfezionamento della notifica.

Con l’informatizzazione del processo civile, cresce anche la responsabilità degli avvocati nell’utilizzo degli strumenti digitali. Adeguarsi a queste novità è fondamentale per operare efficacemente nel contesto giuridico in continua evoluzione.

 

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avvocati

Avvocati: addio responsabilità per colpa lieve Responsabilità professionale avvocati: la proposta di legge Zanettin la limita a solo e alla colpa grave come per i magistrati

Responsabilità professionale avvocati: la pdl

Avvocati, addio responsabilità per colpa lieve? Il senatore Zanettin propone una modifica della responsabilità professionale avvocati intervenendo sull’articolo 3 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che regola la professione forense. Il disegno di legge, assegnato alla seconda Commissione permanente Giustizia il 28 novembre 2024, mira a uniformare il regime di responsabilità degli avvocati a quello dei magistrati, introducendo una limitazione della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave. 

Responsabilità professionale avvocati: il contesto attuale

La legge  n. 247/2012 non contiene disposizioni specifiche sulla responsabilità degli avvocati. La giurisprudenza prevalente stabilisce che l’avvocato risponda anche per colpa lieve, salvo in casi di problemi tecnici di particolare complessità. Questa regola lascia gli avvocati esposti a contestazioni, anche in situazioni di incertezza giuridica. Un problema crescente è l’aumento delle azioni legali contro gli avvocati, spesso legate a ricorsi dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione. Queste situazioni, dovute anche a errori interpretativi o mutamenti nella giurisprudenza, alimentano il contenzioso. I giudici, invece, operano in un regime diverso. La legge 13 aprile 1988, n. 117, limita infatti la responsabilità dei magistrati ai casi di dolo e colpa grave, escludendo errori di interpretazione del diritto.

Responsabilità limitata al dolo e alla colpa grave

Per questo il disegno di legge vuole equiparare la responsabilità degli avvocati a quella dei magistrati, aggiungendo un periodo al comma 2 dell’articolo 3 della legge n. 247 del 2012. Il testo prevede infatti che lavvocato risponda solo per dolo o colpa grave, escludendo la responsabilità per attività di interpretazione delle norme giuridiche.

Perché questa riforma è necessaria

La proposta si fonda su due considerazioni principali:

  • incertezza del diritto: l’avvocato opera in un contesto giuridico complesso e in continua evoluzione, simile a quello dei magistrati. Errori interpretativi possono derivare dalla mutevolezza degli orientamenti giurisprudenziali, non da negligenza;
  • riduzione del contenzioso: limitare la responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave potrebbe ridurre le azioni legali pretestuose contro gli avvocati, soprattutto in caso di ricorsi inammissibili.

Questa riforma mira quindi a uniformare il regime di responsabilità delle due principali categorie di operatori del diritto, avvocati e magistrati. Con la modifica si otterrebbe il riconoscimento del contesto di incertezza in cui entrambi operano e un passo avanti verso un sistema giuridico più equilibrato e in grado di garantire maggiore tutela professionale. Resta da vedere come sarà accolta soprattutto dagli operatori del settore.

 

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bollino blu

Bollino Blu avvocati per il rischio fiscale Il bollino blu per il rischio fiscale delle imprese sarà rilasciato da avvocati e commercialisti in possesso di determinati requisiti

Bollino blu rischio fiscale: ruolo centrale dei professionisti

Il bollino blu sulla certificazione del rischio fiscale delle imprese, comprese le PMI, sarà compito dei professionisti. Per questo il decreto del Mef del 12 novembre 2024 interviene per stabilire i requisiti degli avvocati e dei commercialisti abilitati a certificare il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale previsto dall’art. 4 comma 1 bis del dlgs n. 128/2015. La misura rientra nel regime di adempimento collaborativo che promuove la comunicazione e la cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente.

Professionisti: requisiti per l’iscrizione all’elenco

La certificazione potrà essere rilasciata da avvocati e commercialisti iscritti in un apposito elenco tenuto dal Consiglio Nazionale forense e dal Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili.

L’iscrizione al suddetto elenco potrà essere richiesta però solo dai professionisti iscritti all’albo professionale da più di cinque anni e in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2 del decreto. Tra questi il decreto menziona l’assenza di condanne definitive per determinati reati, l’assenza di cause di esclusione dalle procedure d’appalto previste dall’art. 94, comma 2 del dlgs n. 36/2023 e la mancanza di condizioni di ineleggibilità e decadenza previste dall’art. 2382 c.c.

Il professionista per iscriversi all’elenco che lo abilita alla certificazione deve essere in possesso anche di competenze specifiche e capacità professionali. Lo stesso deve essere aggiornato sulle recenti normative e prassi n materia di sistemi di controllo e gestione dei rischi, principi contabili applicati dall’incaricante nel periodo di certificazione e diritto tributario.

Completano il quadro dedicato all’elenco, i requisiti e le eventuali incompatibilità dei professionisti indicate negli articoli 3 e 4 del decreto.

Bollino Blu rischio fiscale PMI: finalità

Con l’apposizione del bollino blu gli avvocati e i commercialisti vengono così coinvolti in un sistema innovativo per la certificazione del rischio fiscale, che fa parte del Tax Control Framework (TCF). Un sistema che punta a ridurre l’evasione fiscale attraverso un dialogo costruttivo con l’amministrazione finanziaria e offre benefici concreti alle aziende certificate.

Il tutoraggio fiscale per le PMI sopra una soglia di 5,16 milioni di euro supervisionato da professionisti qualificati garantisce inoltre scudi contro sanzioni amministrative e penali, incentivando la trasparenza e il rispetto delle regole.

L’attività di certificazione

Il professionista, nel prepararsi all’attività di certificazione, deve documentare la propria iscrizione all’elenco, la sua affidabilità organizzativa e tecnica per adempiere l’incarico, l’eventuale presenza di rischi per la sua indipendenza e il possesso dei requisiti di onorabilità e indipendenza richiesti.

Per procedere al rilascio della certificazione il professionista deve attestare che il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali del soggetto che gli ha conferito l’incarico sia coerente con le linee guide previste dall’art. 4 comma 1 quater del dlgs n. 128/2015. A tal fine è tenuto a  svolgere tutta una serie di controlli, verifiche e valutazioni.

Bollino blu rischio fiscale: contenuto

La certificazione rilasciata dal professionista deve contenere soprattutto la dichiarazione che il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione controllo dei rischi fiscali risponde ai requisiti e alle linee guida previste dal dlgs.  n. 128/2015, ma anche la descrizione di eventuali carenze non significative per l’affidabilità del sistema e la sottoscrizione del certificatore. La certificazione è rilasciata al soggetto che ha conferito l’incarico e deve essere conservata per la durata di tre anni sia dal committente che dal professionista. Se durante il periodo della validità della certificazione si dovessero verificare modifiche organizzative tali da richiedere un aggiornamento del sistema sarà necessario produrre una nuova certificazione.

La certificazione infedele attestata la professionista sarà oggetto di comunicazione ai Consigli nazionali di competenza. Questi potranno così avviare sia procedimenti di sospensione o di cancellazione dell’iscrizione dall’elenco che il procedimento disciplinare.

 

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Concorso 400 magistrati: le prove orali Pubblicato il calendario delle prove orali previste dal concorso per 400 magistrati indetto nel 2023. Si parte dal 13 gennaio 2025

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E’ stato comunicato dall’Ufficio Concorsi della Direzione Generale dei Magistrati il calendario delle prove orali previste dal concorso per 400 Magistrati indetto con decreto ministeriale 9 ottobre 2023.

In base all’ordine di estrazione, le convocazioni cominceranno con i candidati relativi al distretto della Corte d’Appello di Torino per le sessioni in programma dal 13 al 16 gennaio 2025.

Successivamente, il calendario proseguirà con gli altri distretti, per concludersi con i candidati relativi alla Corte d’Appello dell’Aquila, nelle sessioni in programma dal 24 al 27 giugno 2025.

Con avviso del 19 novembre 2024 è stata inoltre pubblicata la scheda pratica sull’esercizio del diritto di accesso e di copia degli atti relativi alla procedura concorsuale.

Le modalità operative per procedere alla visione degli atti e al rilascio delle copie sono riportate nella comunicazione.

Tutti i dettagli sono disponibili nella SCHEDA DI SINTESI sul sito del ministero della Giustizia.

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