compensi anche per le udienze

Avvocato: compensi anche per le udienze di mero rinvio All’avvocato d’ufficio spettano i compensi anche per le udienze di mero rinvio nel processo penale

Il diritto ai compensi per le udienze di rinvio

Al difensore d’ufficio spettano i compensi anche per le udienze di mero rinvio. Questa regola si applica anche nei casi in cui il rinvio sia stato disposto per la ricerca dell’imputato irreperibile. La presenza obbligatoria del difensore, infatti, comporta un’attività professionale che deve essere adeguatamente remunerata. Così la Cassazione, nella sentenza n. 4539/2025.

La vicenda

Nella vicenda, l’avvocato aveva chiesto al tribunale di Reggio Calabria, la liquidazione dei compensi e il rimborso delle spese in relazione all’attività difensiva d’ufficio svolta nell’interesse dell’imputato ammesso al gratuito patrocinio. Il tribunale rigettava la richiesta e, proposto ricorso in opposizione, anche questo veniva rigettato sul presupposto che il difensore avesse presenziato a quattro udienze di mero rinvio, che si erano rese necessarie per l’espletamento delle ricerche dell’imputato poi dichiarato irreperibile, e che erano escluse, in quanto tali, dalla liquidazione ai sensi dell’art. 12, comma 1, del D.M. n. 55/2014.

La questione approdava, quindi, in Cassazione, innanzi alla quale l’avvocato si doleva del rigetto dell’istanza di liquidazione onorari sul presupposto della mancanza di attività difensiva, senza, invece, considerare che nel processo penale vige il principio dell’obbligatorietà del diritto di difesa dalla quale discende l’obbligatorietà dell’attività difensiva, tanto più nel momento in cui il difensore sia nominato d’ufficio e quindi debba onorare un incarico avente natura pubblica, in virtù del quale è tenuto a presenziare anche alle udienze di mero rinvio, non celebrabili in assenza del difensore.

Compensi difensore d’ufficio

Per gli Ermellini, il motivo è fondato.

L’art. 117 d.P.R. n. 115 del 2002, premettono, stabilisce, infatti, al comma 1 che “L’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell’imputato o del condannato irreperibile sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalità previste dall’articolo 82”, ni virtù del quale “L’onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell’impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa”.

Lo stesso art. 12 del d.m. n. 55 del 2014, stabilisce che li compenso si liquida per fasi, intendendosi con ciò la fase di studio, ivi compresa l’attività investigativa, la fase introduttiva del giudizio, la fase istruttoria o dibattimentale e la fase decisionale.

Per cui proseguono i giudici, “nessuno sbarramento è, dunque, imposto dal legislatore in ordine alla liquidazione spettante al difensore d’ufficio di persona irreperibile in relazione alla natura delle specifiche attività svolte, ossia all’an della spettanza dei compensi, incidendo le specifiche attività svolte soltanto sulla valutazione del quantum della pretesa, come evincibile dal ridetto art. 82, che richiama per l’appunto l’impegno professionale profuso nello svolgimento dell’incarico”.

Il DM 55/2014

Con riguardo a questo specifico aspetto, inoltre, l’art. 12, secondo capoverso, del d.m. n. 55 del 2014, fornisce ulteriori precisazioni, allorché stabilisce che “Ai fini della liquidazione del compenso spettante per l’attività penale […] si tiene altresì conto del numero di udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all’espletamento delle attività medesime”, oltre naturalmente agli altri criteri specificati nella prima parte, ossia “delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della complessità del procedimento, della gravità e del numero delle imputazioni, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, dei contrasti giurisprudenziali, dell’autorità giudiziaria dinanzi cui si svolge la prestazione, della rilevanza patrimoniale, del numero dei documenti e degli atti da esaminare, della continuità dell’impegno anche in relazione alla frequenza di trasferimenti fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, nonché dell’esito ottenuto avuto anche riguardo alle conseguenze civili e alle condizioni finanziarie del cliente”.

Compensi anche per le udienze di mero rinvio

“Ciò comporta – affermano quindi da piazza Cavour – che la partecipazione ad udienze di mero rinvio non incide sull’esistenza del diritto al compenso, comunque dovuto ai sensi del terzo comma dell’art. 12 d.m. n. 55 del 2014, ma semmai sulla sola quantificazione dello stesso, in uno con gli ulteriori criteri meglio specificati nel comma 1 della predetta disposizione”.

Del resto, negli stessi termini si è già espressa la Cassazione, nell’interpretare li ridetto art. 12, comma 1, affermando, “che il tempo necessario per lo svolgimento della prestazione professionale rileva unicamente ai fini della quantificazione del compenso conseguentemente maturato, ma non può in alcun modo comportare che, in ragione della asserita brevità temporale di esecuzione della stessa, li compenso relativo possa essere addirittura negato (Cass., Sez. 6-2, 10/9/2020, n. 18791)”.

La decisione

Alla luce delle premesse svolte, dunque, ha errato il giudice di merito nel rigettare la pretesa liquidazione sul presupposto che le quattro udienze alle quali aveva partecipato il difensore fossero di mero rinvio, non soltanto perché non ha considerato che, nel processo penale, l’assistenza del difensore è sempre obbligatoria e che questi svolge attività anche solo con la sua necessaria presenza, ma anche perché, nella specie, i rinvii si erano resi necessari al fine di svolgere le ricerche dell’imputato irreperibile e attenevano, perciò, alla fase introduttiva del giudizio.

Peraltro, il giudice, concludono dalla S.C., avrebbe anche dovuto valutare quali ulteriori attività il difensore avesse avuto modo di compiere, anche tenendo conto del momento della nomina, se in udienza o fuori da essa.

In definitiva, il ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata cassata con rinvio.

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diritto di accesso

L’avvocato ha diritto di accesso alle intercettazioni La Cassazione rammenta che il difensore ha diritto di accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti le intercettazioni telefoniche e ambientali

Diritto di accesso alle intercettazioni

L’avvocato ha il diritto di accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti la registrazione delle conversazioni intercettate, soprattutto quando queste costituiscono la base per l’adozione di una misura cautelare. Questo quanto ribadito dalla sesta sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 6529/2025.

La vicenda giudiziaria

Nel caso in esame, a seguito del rigetto da parte del tribunale di Roma della richiesta di riesame proposta da un imputato avverso l’ordinanza del Gip che aveva applicato nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere, il difensore dell’uomo proponeva ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.

Il ricorso

In particolare, l’avvocato eccepiva la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen, e la nullità dell’ordinanza impugnata, e della stessa ordinanza genetica, in ragione della lesione del diritto di difesa conseguente all’intempestiva messa a disposizione dei supporti delle intercettazioni telefoniche e ambientali. L’udienza del procedimento di riesame veniva celebrata, infatti, senza che il difensore avesse avuto la possibilità di ascoltare le intercettazioni a causa dell’ingiustificato lasso di tempo decorso tra la concessione dell’autorizzazione da parte del pubblico ministero e l’effettiva messa a disposizione dei supporti.

Ciò, a suo avviso, avrebbe leso il diritto di difesa del ricorrente, pregiudicando l’accesso alla copia dei supporti informatici delle intercettazioni eseguite. La violazione del diritto di difesa comporterebbe, a causa dell’inutilizzabilità delle intercettazioni, l’integrale caducazione dell’ordinanza cautelare, che, sulle stesse, si fonda.

L’avvocato deduceva, inoltre, la nullità e l’inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto le stesse non erano state tempestivamente messe a disposizione della difesa.

Diritto di accesso alle intercettazioni

La Suprema Corte, esaminando il ricorso, ritiene che vada rigettato. Innanzitutto, dalla S.C. esaminano le norme e la giurisprudenza in materia e affermano che “la Corte costituzionale, con la sentenza n. 36 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 268 del codice di procedura penale, nella parte ni cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate”. In questa pronuncia la Consulta ha affermato che “l’ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non può essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria – e che – la tutela del diritto di difesa, in relazione ad una misura restrittiva della libertà personale già eseguita, impone che ai difensori sia riconosciuto il diritto incondizionato ad accedere, su loro istanza, alle registrazioni poste a base della richiesta del pubblico ministero”.

L’art. 293 comma 3 c.p.p.

L’art. 293, comma 3, cod. proc. pen., nella formulazione vigente, modificata dall’art. 3, comma 1, lett. g), d.lgs. 29 dicembre 2017 n. 216, continuano gli Ermellini, sancisce che “il difensore ha diritto di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate di cui all’articolo 291, comma 1. Ha in ogni caso diritto alla trasposizione, su supporto idoneo alla riproduzione dei dati, delle relative registrazioni”. In applicazione di questi principi, la giurisprudenza di legittimità, ha statuito che, “a seguito dell’adozione della misura cautelare, il difensore ha diritto di ottenere l’accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti la registrazione delle conversazioni captate, anche mediante l’ascolto delle tracce foniche, in vista del giudizio di riesame e senza che l’istanza debba essere ulteriormente circoscritta mediante l’indicazione dei RIT di riferimento (Sez. 6, n. 26447 del 14/04/2021; Sez. 3, n. 10951 del 17/01/2019)”.

Nullità a regime intermedio

Invero, “l’illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o dall’ingiustificata omissione o ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore detto ascolto, dà luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova che, pur non inficiando li risultato probatorio, ne impedisce l’utilizzo in fase cautelare (Sez. U, n. 20300 del 22/4/2010; Sez. 6, n. 26447 del 14/04/2021)”.

La decisione della Cassazione

Nel caso di specie, tuttavia, ritengono da piazza Cavour, il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione della disposizione di cui all’art. 293 cod. proc. pen., in quanto ha rilevato che il Pubblico Ministero ha autorizzato tempestivamente il difensore ad ottenere copia dei supporti informatici delle intercettazioni eseguite. Il difensore, peraltro, non ha chiarito perché, una volta autorizzato dal PM, non si sia recato prontamente presso la sede dell’ufficio, anche a mezzo di collaboratori delegati per l’incombente, e non già nel primo pomeriggio (atteso che l’udienza di riesame era fissata per il lunedì mattina successivo, il materiale informatico era copioso, e che vi era il rischio della chiusura pomeridiana dell’ufficio).

Infine, quanto alla nullità e inutilizzabilità delle intercettazioni, poiché non sono state tempestivamente messe a disposizione della difesa, anche in tal caso, il motivo è infondato, giacché “non è stato dimostrato il presupposto di tale eccezione, costituito dalla tardiva mesa a disposizione in favore del difensore dei supporti delle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite”.

Alla stregua di tali rilievi, il ricorso, pertanto, è rigettato.

 

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sospeso l'avvocato

Sospeso l’avvocato che chiama “parassiti” le controparti Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce che l'uso di espressioni esorbitanti e gratuitamente offensive non è aderente ai doveri di probità, dignità e decoro ai quali l'avvocato deve conformarsi

Espressioni offensive dell’avvocato

Sospeso l’avvocato che dà del “manipolo di cialtroni” e “parassiti sociali” alle controparti. Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 323/2024, pubblicata il 2 febbraio 2025, ha ritenuto, infatti, configurata la violazione di cui all’art. 52 Cdf, poichè “il diritto di sostenere le proprie ragioni non giustifica l’uso di espressioni esorbitanti e gratuitamente offensive, ispirate da un ardore espositivo che non può essere aderente ai doveri di probità, dignità e decoro ai quali l’avvocato deve comunque conformarsi”.

Sospeso l’avvocato: la vicenda

Nel caso di specie, l’avvocato era stato sanzionato dal Cdd del Veneto, a seguito di procedimento disciplinare, per una serie di violazioni deontologiche, con la sospensione dalla professione forense per 9 mesi.

In sede disciplinare, peraltro, l’avvocato aveva precisato che “Nessuna parola utilizzata – era – stata scelta in maniera casuale”. Inoltre, che “ogni espressione – era – stata soppesata ed impiegata nella consapevolezza del suo significato”.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

La decisione ribadisce l’importanza per gli avvocati di mantenere un comportamento rispettoso e conforme ai principi deontologici, anche in situazioni di conflitto. L’uso di un linguaggio offensivo non solo lede la dignità delle persone coinvolte, ma compromette anche l’integrità e il decoro della professione forense.

Tra l’altro, le giustificazioni addotte dall’incolpato, che ha fermamente rivendicato la “piena e lucida consapevolezza del significato delle espressioni usate”, non sono state valutate dal Cnf, neanche come “sincera resipiscenza, quanto piuttosto come un mero e strumentale espediente difensivo, inidoneo in quanto tale a supportare la richiesta di proscioglimento”.

Per cui, per il Consiglio, la valutazione operata dal Cdd merita piena condivisione e il ricorso è rigettato.

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esame avvocato 2024

Esame avvocato 2024: indicazioni e valutazioni prova orale Il ministero della Giustizia ha emanato verbale contenente l’individuazione e la condivisione dei criteri di valutazione relativi alla prova orale

Esame avvocato 2024

Con il verbale n. 3/2025, il Ministero della Giustizia ha emanato i criteri di svolgimento e di valutazione della prova orale per l’esame avvocato 2024.

Come si svolge la prova orale

La prova orale, rammenta innanzitutto via Arenula, è divisa in tre fasi ma va valutata nella sua unicità e deve svolgersi in unico contesto:

  • Prima fase: esame e discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in materia scelta preventivamente dal candidato tra le seguenti: diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo;
  • Seconda fase: discussione di brevi questioni che dimostrino le capacità argomentative e di analisi giuridica del candidato relative a tre materie, di cui una di diritto processuale, scelte preventivamente dal candidato tra le seguenti: diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo, diritto processuale civile, diritto processuale penale;
  • Terza fase: dimostrazione di conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

La valutazione della prova orale

Quanto alla valutazione della prova orale, il verbale conferma i criteri normativamente previsti:

a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione;

b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;

c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;

d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;

e) dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione e argomentazione.

A tali criteri può aggiungersi la capacità di sintesi dimostrata dal candidato.

Durata e punteggio complessivo

“Fermo il disposto dell’art. 9 del bando, che attribuisce alla sottocommissione il compito di determinare la durata complessiva della prova orale, può ritenersi ragionevole ed equo prevedere, oltre al termine di 30 minuti (dal momento della fine della dettatura del quesito) per l’esame preliminare del quesito della prima fase dell’orale, la previsione di un ulteriore termine per la esposizione di 60-70 minuti totali per tutte e tre le fasi”.

Complessivamente, dunque, la durata dovrebbe attestarsi “in non più di 90-100 minuti complessivi dalla fine della dettatura del quesito relativo alla prima fase”.

Il giudizio che contiene la dichiarazione di idoneità o di inidoneità alla professione di avvocato sarà espresso dopo l’ultima fase dell’orale.

Ai fini dell’abilitazione è necessario conseguire nelle prove orali il punteggio complessivo di 105. Non è possibile la compensazione con voti al di sotto del 18 in ciascuna materia orale.

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avvocati cassazionisti

Avvocati cassazionisti con le vecchie regole Approvato l'emendamento avvocati "cassazionisti" nel Milleproroghe che ha ricevuto il sì del Senato e sta per essere licenziato in via definitiva dalla Camera

Avvocati cassazionisti

Avvocati Cassazionisti con le vecchie regole. E’ stato approvato infatti l’emendamento al Milleproroghe che ha ricevuto il 13 febbraio 2025 il sì del Senato e che si appresta ad essere licenziato in via definitiva dalla Camera.

La proroga

Con l’emendamento “avvocati cassazionisti” viene prorogato di un ulteriore anno il regime transitorio per l’iscrizione nell’Albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori.

Si consente così di ottenere il titolo di “Cassazionista” a coloro che matureranno il requisito dei dodici anni di iscrizione entro il 2 febbraio 2026.

Il plauso dell’Aiga

In merito, l’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA) esprime grande soddisfazione. L’approvazione al Senato della Repubblica dell’emendamento al “Milleproroghe” per l’abilitazione dinnanzi alle giurisdizioni superiori, è stato infatti fortemente voluto dall’associazione.

“L’approvazione della proroga – afferma il presidente Foglieni – permetterà a tanti colleghi e colleghe di completare il proprio percorso professionale, frutto di sacrifici e passione”.

Riforma gratuito patrocinio: le proposte dell’AIGA Ecco le proposte dei giovani avvocati per una riforma organica del patrocinio a spese dello Stato

Riforma gratuito patrocinio

Riforma gratuito patrocinio: adeguamento del Testo Unico Spese di Giustizia dopo più di vent’anni dall’entrata in vigore, anche alla luce delle novità normative e degli orientamenti giurisprudenziali; ⁠uniformità dei requisiti soggettivi e oggettivi per ammissione e liquidazione, superando il “federalismo giudiziario”; ⁠digitalizzazione della procedura di liquidazione e previsione di termini perentori per emissione decreto di pagamento; ⁠compenso equo e stop alla liquidazione al di sotto dei parametri minimi. Va in quattro direzioni la proposta di riforma del patrocinio a spese dello Stato dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati (AIGA), presentata questa mattina nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati.

Piena effettività del gratuito patrocinio

“L’obiettivo è far fronte alle numerose criticità registrate in questi ultimi anni, che vanificano l’effettività sostanziale dell’istituto e si riverberano in modo negativo sui professionisti”, ha affermato Carlo Foglieni, presidente nazionale AIGA, per il quale si avverte la necessità “di potenziare le piante organiche degli uffici giudiziari territoriali, affinché le procedure di liquidazione siano evase con maggiore celerità ed efficienza. Questi interventi sono essenziali per garantire la piena effettività del patrocinio a spese dello Stato e per tutelare la dignità professionale degli avvocati”.

Gli interventi

L’onorevole Annarita Patriarca, Ufficio di Presidenza Camera dei Deputati, ha evidenziato nel suo indirizzo di saluto: “Il miglioramento della qualità del sistema giudiziario è una delle sfide più importanti per il presente e il futuro. L’incontro con AIGA è fondamentale per ascoltare le esperienze di chi ogni giorno lavora sul campo e per costruire insieme un percorso che porti a una giustizia più accessibile, giusta e pronta a rispondere alle esigenze della società”.

Alla conferenza stampa sono intervenuti numerosi parlamentari delle commissioni Giustizia di Senato e Camera dei Deputati, nonchè il coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense (OCF), Mario Scialla. Per AIGA sono intervenuti anche Anna Coppola, segretario Nazionale; Gaetano Fontana, coordinatore Dipartimento Giunta Nazionale Rapporti con il Parlamento; Giuseppe Mandarino, coordinatore Dipartimento Spese di Giustizia.

esami avvocati

Esami avvocati con le vecchie regole e voto più basso Soddisfazione dell'Aiga per il parere favorevole agli emendamenti del Milleproroghe riguardanti gli esami avvocati 2024

Emendamenti Milleproroghe

Esami avvocati con le vecchie regole e passaggio a un voto minimo più basso. Queste le novità del decreto Milleproroghe in dirittura d’arrivo al Senato, accolte dal plauso dell’AIGA. L’Associazione Italiana Giovani Avvocati, in una nota, infatti, “accoglie con profonda soddisfazione il parere favorevole espresso dalla commissione Affari Costituzionali del Senato agli emendamenti del “Decreto Milleproroghe” riguardanti l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, fortemente voluti dalla nostra Associazione”.

Proroga regime transitorio

“Con gli emendamenti – prosegue nella nota AIGA – si prevede la proroga del regime transitorio delle modalità di svolgimento dell’esame di abilitazione alla professione forense anche per l’anno 2025, confermando quelle adottate per le sessioni 2023 e 2024 e mantenendo la modalità speciale di svolgimento dell’esame che prevede una prova scritta (atto giudiziario) e un orale trifasico, già sperimentata con successo nella scorsa sessione.

Voto minimo

Positivo anche il cambiamento del voto minimo per la prova orale, che passa da 105 a 90, come richiesto dall’Associazione.

Stabilità delle modalità d’esame

“Si tratta di una conquista fondamentale per i giovani praticanti avvocati – afferma il presidente nazionale AIGA, Carlo Foglieni –. La stabilità delle modalità d’esame garantirà continuità, certezza e uniformità di trattamento tra i candidati delle diverse sessioni. Questo rappresenta un passo concreto verso la riforma dell’esame di abilitazione attualmente in discussione alla costituente dell’avvocatura istituita presso il Consiglio Nazionale Forense. Un sistema di accesso alla professione chiaro ed equo è essenziale per la crescita della nostra categoria”.

Per il presidente dei Giovani Avvocati, la proroga delle modalità dell’esame di abilitazione e il passaggio del voto minimo da 105 a 90 è un “risultato significativo, frutto di un impegno costante e della determinazione con cui AIGA ha portato avanti le istanze della giovane avvocatura, garantendo un futuro più solido e giusto per chi si affaccia alla professione legale”.

 

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avvocato cassazionista

Illecito spacciarsi per avvocato cassazionista senza iscrizione all’albo speciale Il Consiglio Nazionale Forense rammenta che è illecito fregiarsi del titolo di avvocato cassazionista senza essere iscritto nell'albo speciale

Avvocato cassazionista, albo speciale

Illecito fregiarsi del titolo di avvocato cassazionista senza essere iscritto nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. E’ quanto afferma il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 312/2024, pubblicata il 23 gennaio 2025 sul sito del Codice deontologico, rigettando il ricorso di un legale avverso la sanzione di 6 mesi di sospensione dall’esercizio della professione forense irrogata dal CDD di Palermo.

“La condotta dell’avvocato che utilizzi, nella carta intestata del proprio studio, il titolo di avvocato cassazionista pur non avendo mai effettivamente conseguito detto titolo, integra gli estremi della violazione prevista e sanzionata dall’art. 36 cdf” afferma quindi il CNF.

A nulla rileva, peraltro, “che lo stesso presenti tutti i requisiti formali e sostanziali per aver diritto al detto titolo e manchi soltanto la formale iscrizione”.

Riduzione della sanzione

Esclusa, altresì, la riduzione della sanzione disciplinare per l’incolpato che non mostra alcuna consapevolezza del proprio errore. “L’ammissione della propria responsabilità da parte dell’incolpato può essere valorizzata nell’ambito del complessivo giudizio relativo alla sua personalità ai fini della determinazione della giusta sanzione in senso più mite; attenuazione che invece deve escludersi ove, per converso, l’incolpato non mostri alcuna resipiscenza” aggiunge infatti il CNF, rigettando anche tale doglianza.

ausiliari del giudice

Ausiliari del giudice: incostituzionale la riduzione degli onorari Nel caso dei compensi agli ausiliari del giudice, la riduzione per le vacazioni successive alla prima è contraria alla Costituzione

Compensi ausiliari del giudice: la Consulta

In materia di onorari degli ausiliari del giudice, nel caso di compensi a tempo per l’attività prestata, il sistema di calcolo basato sulla vacazione, unità di misura pari a due ore di impegno del professionista, non può distinguere tra la prima vacazione e quelle successive. La riduzione per le vacazioni successive alla prima è contraria alla Costituzione. È quanto ha deciso la Consulta con la sentenza n. 16 del 2025, depositata ieri, con la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 4, secondo comma, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria), nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione.

La qlc

La questione era stata sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, che aveva censurato la norma perché l’entità «irrisoria» degli attuali onorari darebbe luogo ad un assetto normativo che sacrifica il diritto all’adeguata remunerazione del professionista e lede la garanzia dell’equo processo, non assicurando a tal fine la qualità minima della prestazione dell’ausiliare.

Normativa manifestamente irragionevole

Per la Corte la previsione normativa in oggetto è manifestamente irragionevole, in quanto impone una diversificazione dei compensi legati al susseguirsi delle vacazioni, peraltro già scarsamente remunerate, in un quadro di ormai sistematica omissione dell’onere di adeguamento periodico dei compensi.

Lo “scarto significativo” tra la prima vacazione e le successive – osserva il giudice delle leggi – accentua l’assoluta sproporzione tra l’entità del compenso da riconoscersi all’ausiliare e il valore della sua prestazione, pur nel legittimo scopo perseguito di contenimento dei costi del processo.

Istituto della vacazione e previsione tabellare

La Corte ha sottolineato che l’istituto della vacazione in realtà non è più normato, nella novellata disciplina degli onorari a tempo, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, ormai interamente affidata, insieme a quella degli onorari fissi e variabili, alla previsione tabellare.

Il giudice rimettente aveva censurato anche l’articolo 50, comma 3, del citato D.P.R. nella parte in cui prevede che le tabelle relative agli onorari a tempo individuino il compenso del professionista. La Corte ha dichiarato inammissibile tale questione per irrilevanza nel procedimento principale, rilevando che tale disposizione, pur formalmente in vigore, disciplinerà in concreto la materia solo a seguito dell’adozione del regolamento ministeriale introduttivo del nuovo sistema tabellare, di cui al comma 1 dello stesso articolo 50, adozione non ancora intervenuta.

illecito per l'avvocato

Illecito per l’avvocato che offende i membri del Cdd Scatta l'illecito deontologico per l'avvocato che usa espressioni sconvenienti ed offensive rivolte ai membri del CDD in una memoria difensiva

Avvocato offende CDD

Illecito per l’avvocato che offende i membri del CDD accusandoli di superficialità. “Configura – infatti – l’illecito di cui agli artt. 9 e 52 CDF da parte del difensore dell’incolpato l’aver utilizzato, in una memoria difensiva redatta nell’espletamento del mandato, espressioni sconvenienti e offensive rivolte ai membri del Consiglio Distrettuale di Disciplina accusati di ‘comportamento approssimativo e superficiale’, di una ‘posizione preconcetta’ e di una ‘forzata mancanza di obiettività’ verso l’incolpato, descrivendo inoltre come ‘sterili’ le deduzioni dell’Organo di Disciplina”. Così il Consiglio Distrettuale di Disciplina di Napoli nella decisione n. 19/2024 pubblicata il 9 febbraio 2025 sul sito del Codice deontologico.

No alla scriminante ex art. 598 c.p.

“Il principio di tutela del diritto di difesa non giustifica l’uso di espressioni denigratorie o lesive della dignità altrui, anche quando utilizzate nell’ambito di un atto difensivo” afferma infatti il Consiglio di disciplina.

La scriminante di cui all’art. 598 c.p., che esclude la punibilità per le espressioni offensive utilizzate in giudizio, invero, “si applica solo se tali espressioni riguardano l’oggetto diretto della controversia e risultano strettamente pertinenti alla difesa”.

La decisione

Nel caso di specie, la scriminante di cui all’art. 598 c.p. non è stata ritenuta sussistente poiché le affermazioni riguardavano valutazioni personali dei membri del Collegio e non elementi tecnici della controversia. Per cui, l’illecito per l’avvocato è confermato.

 

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