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Avvocati: oltraggio alla corte e libertà di espressione La Corte di Strasburgo ha precisato che, in tema di oltraggio alla corte, i giudici nazionali devono decidere garantendo un equilibrio tra la tutela dell’autorità giudiziaria e quella della libertà di espressione

Oltraggio alla corte e libertà di espressione

Il caso sottoposto all’esame della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardava una vicenda avvenuta in Croazia, nell’ambito della quale il ricorrente era stato multato per oltraggio alla corte. Rispetto a tale circostanza il destinatario della sanzione aveva adito la Cote di Strasburgo rilevando che tale multa “equivaleva a un’ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione”.

La decisione della Corte: bilanciamento tra ingerenza legittima e libertà di espressione

La Corte di Strasburgo ha deciso sul ricorso Pisanski c. Croazia n. 28794/2018, dichiarando il ricorso del cittadino croato ricevibile e ritenendo che vi era stata, da parte dello Stato, violazione dell’articolo 10 della Convenzione, a causa di un’ingerenza nella sua libertà di espressione.

In particolare, e per quanto qui rileva, la Corte ha anzitutto premesso che l’ingerenza contestata dal ricorrente era prescritta dalla legge e perseguisse lo scopo legittimo di preservare l’autorità della magistratura.

Ciò posto, la Corte è dunque passata a valutare se l’ingerenza in questione fosse necessaria e legittima in un sistema democratico, tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Ruolo degli avvocati

A tale scopo, la Corte si è rifatta ai principi e ai criteri generali elaborati dalla medesima in precedenti casi analoghi, quali, nella specie:

  • il ruolo degli avvocati, considerato cruciale per il funzionamento di una corretta amministrazione della giustizia e tale per cui gli stessi devono avere una certa libertà riguardo alle argomentazioni utilizzate in Tribunale, considerato il loro dovere di difendere i clienti con diligenza;
  • i Tribunali non sono immuni dalle critiche e anzi sono assoggettati a margini di tolleranza in questo senso più ampi rispetto ai comuni cittadini;
  • occorre fare una chiara distinzione tra critica e ‘insulto’ avendo in questo senso riguardo al caso concreto nel suo complesso, fermo restando che, se l’unico intento di qualsiasi forma di espressione è insultare un Tribunale o i suoi membri, una sanzione adeguata non costituirebbe, in linea di principio, una violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

Difesa del cliente

Ciò posto, la Corte ha esaminato il caso di specie, così come storicamente si era svolto. A tal riguardo, è stato evidenziato che occorreva avere riguardo al luogo, ovvero l’aula d’udienza, ove i fatti contestati si erano svolti, luogo pertanto naturalmente deputato alla difesa dei diritti del cliente. Con l’ulteriore implicazione che, contrariamente alle critiche espresse dai media, le osservazioni del ricorrente erano state fatte nell’ambito di una comunicazione interna tra lui, in qualità di avvocato, e la corte d’appello.

Inoltre, la Corte ha posto dei dubbi circa il fatto che le osservazioni del ricorrente, riguardando l’interpretazione del diritto interno, avessero quale unico intento quello d’insultare il Giudice.

Infine, sempre avuto riguardo al caso di specie, la Corte ha rilevato che il ricorso dell’avvocato, contenente le osservazioni controverse, era stato condiviso dal Tribunale distrettuale croato che aveva confermato l’opinione del legale secondo cui l’interpretazione dallo stesso criticata era effettivamente errata. Inoltre, non può, a giudizio della Corte, parimenti essere ignorato il fatto che, nell’ambito del procedimento disciplinare posto a carico del legale dinanzi all’Ordine degli avvocati croato in relazione a tali osservazioni, il ricorrente era stato dichiarato non colpevole.

La decisione

La Corte ha concluso il proprio esame rilevando che, sulla base di quanto sopra riferito, le ragioni addotte dai Tribunali nazionali per giustificare l’ingerenza nella libertà di espressione del ricorrente non erano “pertinenti e sufficienti”. Tali giudici non avevano basato la loro decisione sui criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, così come sopra sintetizzati, senza individuare pertanto il giusto equilibrio tra la necessità di tutelare l’autorità giudiziaria e la necessità di tutelare la libertà di espressione del ricorrente. Con la conseguenza che, poiché il ricorrente non era andato oltre i limiti della critica accettabile, l’ingerenza nel caso di specie, rispetto alla libertà di espressione, non era stata considerata dalla Corte “necessaria in una società democratica”.

comportamento corretto udienza

Avvocati: nessuna “smorfia” in udienza Il Tribunale di Milano ha adottato il nuovo Regolamento d’udienza per la Sezione IX civile, prescrivendo, tra l’altro, ai partecipanti: puntualità, cellulari spenti, abbigliamento adeguato

Fair play in udienza

Niente smorfie, vietato interrompere e anche tenere i cellulari accesi con la suoneria. Prescritti, invece, abbigliamento consono e rigorosa puntualità. Sono queste le linee guida adottate dalla nona sezione civile del tribunale di Milano, che si occupa di famiglia e minori, per indicare ai partecipanti all’udienza, dagli avvocati alle parti, il comportamento da corretto da tenere durante lo svolgimento della stessa.

Il regolamento, senz’altro mutuabile in tutte le controversie e nei vari tribunali, è stato adottato in considerazione del potere attribuito dalla legge al giudice di disporre quanto occorre affinché la trattazione della causa avvenga in modo ordinato e proficuo.

Infatti, nel testo si fa espressa menzione dell’art. 129 c.p.c. ove è contenuto il divieto, a coloro che intervengano nell’udienza, di fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo durante l’udienza; viene altresì fatto riferimento all’art. 89 c.p.c. il quale stabilisce che le parti e i loro difensori non possono usare espressioni sconvenienti o offensive.

Cosa prevede il Regolamento

Con le linee guida sottoscritte dalla presidente della sezione Anna Cattaneo e dalla consigliera dell’Ordine di Milano Giulia Sapi, che coordina la Commissione Persona, Famiglia e Minori, il tribunale ha adottato un vero e proprio decalogo, prescrivendo a coloro che partecipano all’udienza di adeguare il proprio comportamento a determinate regole, quali:

  • presentarsi con puntualità;
  • vestirsi in modo appropriato e decoroso;
  • tenere il cellulare spento o senza suoneria.

Vengono anche date indicazioni ai difensori e ai magistrati di arrivare all’udienza “preparati ed a conoscenza dei fatti di causa (…), avendo contezza delle posizioni delle rispettive parti, della documentazione già in atti e degli adempimenti che saranno svolti nella specifica udienza”.

Un’udienza “ordinata”

Il Regolamento dedica anche alcune prescrizioni alle modalità con cui deve essere gestita l’udienza.

In particolare, è precisato che spetta al giudice concedere la parola alle parti e ai difensori, che si impegnano ad utilizzare il tempo loro concesso, seguendo l’ordine processuale prescritto.

Sempre nel rispetto dei ‘tempi’ del processo, il regolamento prescrive altresì che “nessuno potrà interrompere o sovrapporsi ai difensori e alle parti durante la loro esposizione”.

Nella medesima direzione, è posto il divieto, durante l’esposizione dei difensori o delle parti, di “fare segni di approvazione o di disapprovazione e cagionare in qualsiasi modo disturbo né usare espressioni sconvenienti od offensive”.

Linguaggio chiaro e niente offese

In merito al linguaggio da adoperare durante l’udienza, le linee guida prescrivono, infine, che le argomentazioni rilevanti ai fini della decisione dovranno essere esposte “in modo chiaro, conciso e comprensibile”.  A tal riguardo, il giudice potrà intervenire ogni qualvolta “i toni” (offensivi, svalutativi, provocatori, e così via) contribuiscano ad alimentare il conflitto.

bandi assistenza cassa forense

Avvocati: i nuovi bandi di assistenza 2024 Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati agli iscritti e le graduatorie di due bandi del 2023

Bandi assistenza 2024 Cassa Forense

Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati ai propri iscritti, oltre alle graduatorie del premio “Marco Ubertini” 2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose.

I nuovi bandi 2024

In particolare, i tre bandi rientranti tra le prestazioni a sostegno della famiglia e della salute sono i seguenti:

  • Bando n. 2/2024 per l’assegnazione di borse di studio per orfani, titolari di pensione di reversibilità o indiretta, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 3/2024 per l’assegnazione di borse di studio in favore di studenti universitari, figli di iscritti alla Cassa, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 4/2024 per l’assegnazione di contributi per spese di ospitalità in case di riposo o istituti per anziani, malati cronici o lungodegenti, con termine di scadenza per l’invio della domanda, tramite raccomandata A/R o PEC, al 20/1/2025.

Graduatorie bandi 2023

Infine, nella stessa data sul sito internet della Cassa sono state pubblicate, nell’apposita area dedicata, le graduatorie del Premio “Marco Ubertini” n. 10/2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose, approvate dalla Giunta Esecutiva nella riunione del 5 giugno.

 

Per approfondimenti vai a tutti i bandi 2024 di Cassa Forense

equo compenso avvocati

Avvocati: equo compenso non retroattivo La Cassazione ha precisato che le norme sull’equo compenso professionale, in quanto successive alla convenzione oggetto di giudizio, non possono essere applicate retroattivamente

Crediti professionali avvocati

La vicenda che ci occupa prende avvio dal giudizio instaurato da uno studio legale per ottenere il pagamento, tramite 29 decreti ingiuntivi, dei crediti professionali allo stesso spettanti sulla base di una convenzione sottoscritta con un cliente. Il cliente si era opposto ed il Giudice di Pace adito aveva parzialmente accolto tale opposizione, ritenendo applicabile l’ultima convenzione sottoscritta dalle parti e “in ragione del pagamento stragiudiziale intervenuto, revocava i ventinove decreti ingiuntivi, considerando che l’importo versato per ciascuno di essi fosse superiore al dovuto”.

Avverso tale decisione lo studio legale aveva proposto appello dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il quale confermava gli esiti cui era giunto il Giudice di Pace.

Anche tale ultimo provvedimento giudiziario veniva impugnato dai legali dinanzi alla Corte di Cassazione.

Applicazione non retroattiva dell’equo compenso

La Corte di Cassazione, con ordinanza n.15407-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Nel presente esame, assume particolare rilievo il motivo d’impugnazione formulato dallo studio legale in ordine alla ritenuta nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento agli artt. 1341 c.c. e 13 bis legge n. 247 del 2012 “per non avere il Giudice di merito preliminarmente verificato la validità anche ai sensi dell’art. 13 bis, c.d. legge sull’equo compenso, della convenzione”.

La Corte ha ritenuto non fondata tale doglianza poiché “L’invocato art. 13-bis della legge n. 247 del 2012 è stato introdotto dal d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla l. 4 dicembre 2017, n. 172, quindi dopo la stipulazione della convenzione di cui trattasi – che entrambe le parti hanno indicato esser avvenuta nel 2013”.

Convenzioni compensi avvocati

Nella specie e per quanto qui rileva, la suddetta disposizione stabilisce che il compenso degli avvocati nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività esclusive di avvocato, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese suddette. La norma prevede altresì che si considerano vessatorie le clausole contenute nelle ripetute convenzioni che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.

Posto quanto sopra, il Giudice di legittimità ha concluso il proprio esame sul punto, affermando che la norma citata dal ricorrente “in quanto successiva alla convenzione di cui è causa, non poteva applicarsi retroattivamente. Né la norma introdotta dal d.l. n. 148 del 2017 ha valenza interpretativa, per farne discendere l’effetto dell’applicabilità retroattiva in mancanza dell’espressa previsione nel senso dell’interpretazione autentica e dei presupposti di incertezza applicativa di norme anteriori, che ne avrebbero giustificato l’adozione”.

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concorso giudici tributari

Giudici tributari: pubblicato il bando di concorso Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il concorso pubblico per esami per la copertura di 146 posti di magistrati tributari a tempo indeterminato. Domande entro il 7 luglio

Concorso 146 giudici tributari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 7.6.2024 è stato pubblicato il provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui è stato indetto l’atteso bando di concorso “per la copertura di complessivi centoquarantasei posti di giudici tributari, a tempo indeterminato”.

Chi può partecipare al concorso

L’art. 2 del bando individua i requisiti richiesti per poter accedere al concorso, tra i quali viene in rilievo il possesso, alla data di presentazione della domanda, “del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero del diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati”.

Come presentare domanda

La domanda di partecipazione al concorso deve essere inviata esclusivamente per via telematica; a tal proposito il candidato dovrà autenticarsi con SPID/CIE/CNS/eIDAS, mediante la compilazione del form di candidatura sul Portale unico del reclutamento «inPA», previa registrazione sullo stesso portale.

La domanda potrà essere presentata entro il 7 luglio 2024.

L’art. 3 del bando disciplina poi in maniera dettagliata il contenuto e le modalità di compilazione della domanda di partecipazione.

Le prove

L’art. 6 del bando disciplina le modalità di svolgimento della prova preselettiva, della quale verrà data comunicazione in GU 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» – n. 78 del 27 settembre 2024, nonché sul sito istituzionale del Mef.

La prova preselettiva

La prova preselettiva consiste nella soluzione di 75 quesiti a risposta multipla da risolvere nel tempo massimo di 60 minuti, nelle seguenti materie:

  • diritto civile (quindici quesiti);
  • diritto processuale civile (quindici quesiti);
  • diritto tributario (quindici quesiti);
  • diritto processuale tributario (quindici quesiti);
  • diritto commerciale (quindici quesiti).

Alla prova preselettiva verranno attribuiti i seguenti punteggi:

  • +1 punto per ogni risposta esatta;
  • -0,33 punti per ogni risposta errata o multipla;
  • 0 punti per ogni mancata risposta.

La prova scritta

Alla prova scritta è ammesso un numero di candidati pari a tre volte i posti messi a concorso. Accedono, altresì, alla prova scritta coloro che hanno riportato lo stesso punteggio dell’ultimo candidato che risulta ammesso.

La prova scritta consiste nello svolgimento di due elaborati, tra i seguenti:

  • elaborato teorico vertente sul diritto tributario;
  • elaborato teorico vertente sul diritto civile o commerciale;
  • prova teorico-pratica consistente nella redazione di una sentenza in materia tributaria.

Saranno ammessi alla prova orale i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a diciotto trentesimi in ciascun elaborato della prova scritta.

La prova orale

L’ultima prova concorsuale, ovvero quella orale, verte sulle seguenti materie:

  • diritto tributario e diritto processuale tributario;
  • diritto civile e diritto processuale civile;
  • diritto penale tributario;
  • diritto costituzionale e diritto amministrativo;
  • diritto commerciale;
  • diritto dell’Unione europea;
  • contabilità aziendale e bilancio;
  • elementi di informatica giuridica;
  • colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all’atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.

Conseguono l’idoneità i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a “sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale, e un giudizio di sufficienza nel colloquio nella lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva – tra prova scritta e prova orale – non inferiore a novanta punti. Non sono ammesse frazioni di punto”.

I titoli di preferenza del concorso giudici tributari

L’art. 12 individua, a parità di merito, quali sono i titoli di preferenza nel concorso per giudici tributari, tra cui rilevano i seguenti:

  • avere svolto, con esito positivo, l’ulteriore periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo ai sensi dell’art. 50, comma 1-quater, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • avere completato, con esito positivo, il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, pur non facendo parte dell’ufficio per il processo, ai sensi dell’art. 50, comma 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • aver svolto, con esito positivo, lo stage presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 73, comma 14, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
  • essere titolare o avere svolto incarichi di collaborazione conferiti da ANPAL Servizi S.p.a., in attuazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

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rivalutazione pensione avvocati

Avvocati: pensioni rivalutate del 5,4% Approvato dai ministeri l'adeguamento Istat 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense agli avvocati

Adeguamento Istat 2024

Il Ministero del Lavoro, di concerto con i Ministeri della Giustizia e dell’Economia e Finanze, ha approvato la rivalutazione ISTAT per il 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense, nella misura del 5,4%, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi rispetto al 2023, elaborata dall’ISTAT. Lo ha reso noto l’ente previdenziale degli avvocati con un comunicato pubblicato sul proprio sito.

Le altre rivalutazioni

Nella stessa misura del 5,4% saranno rivalutati il tetto reddituale e i coefficienti utili ai fini del calcolo delle pensioni, nonché gli importi dei contributi minimi nei seguenti termini:

  • contributo minimo soggettivo per il 2024: euro 3.355,00 (importo del 2023 = euro 3.185,00 maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).
  • contributo minimo integrativo per il 2024: euro 850,00 (importo del 2023 = euro 805,00, maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).

Pagamento contributi minimi

La Cassa ricorda, inoltre, che “è possibile generare e stampare i moduli di pagamento dei contributi minimi 2024 per le scadenze previste collegandosi al sito internet della Cassa Forense www.cassaforense.it tramite la sezione “Accessi riservati/posizione personale” e utilizzando i codici personali Pin e Meccanografico”.

Le prime tre rate, a titolo di acconto, saranno calcolate sulla base della contribuzione dell’anno 2023 non rivalutata, mentre la quarta rata, il 30 settembre, verrà determinata a saldo e includerà la rivalutazione ISTAT (+5,4%) e il contributo di maternità.

I contributi minimi, ad ogni modo, possono essere pagati in un’unica soluzione entro il 30 settembre, senza sanzioni.

Rivalutazione pensioni da giugno

Quanto alla rivalutazione delle pensioni, informa infine la Cassa, già dal mese di giugno saranno pagati i nuovi importi, unitamente agli arretrati maturati dal 1° gennaio 2024.

avvocato offende collega

L’avvocato non può dare dell’incapace al collega Il CNF ha affermato che qualora la discussione tra avvocati sconfini sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti

Apprezzamenti denigratori sull’attività del collega

Nel caso in esame un avvocato era stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Ancona per rispondere della violazione dell’art. 42 comma 1 del cdf, per avere espresso apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega tramite l’invio di un’e-mail, e per aver reiterato tali valutazioni anche nei propri scritti difensivi.

L’avvocato aveva, in particolare, utilizzato frasi del seguente tenore “P.S. Un consiglio: domani dia un’occhiata alle mie memorie 183 e se le riesce si vergogni”, ovvero aveva espresso la seguente affermazione, contenuta nella memoria difensiva dell’avvocato, secondo cui il collega “nei suoi scritti aveva riportato “tesi assurde” che dimostravano “palmari carenze sul piano tecnico giuridico”. Ascrivendo alla stessa “una condotta pregiudizievole ai propri clienti”.

All’esito del dibattimento, il Consiglio Distrettuale Disciplinare (CDD) di Ancona, aveva ritenuto integrata la responsabilità disciplinare dell’avvocato nei confronti del quale era stato avviato il procedimento, per gli addebiti allo stesso contestato, con irrogazione della sanzione dell’avvertimento nei suoi confronti.

Avverso tale decisione l’avvocato incolpato aveva proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF), chiedendo di dichiarare il suo proscioglimento e, per l’effetto, disporsi il non luogo a provvedimento disciplinare.

Il CNF conferma la decisione del CDD di Ancona

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 73-2024, ha rigettato il ricorso proposto.

In particolare, per quanto rileva nella presente sede, il CNF ha affermato che “gli apprezzamenti formulati dall’Avv. [RICORRENTE] sulla attività professionale della collega assumono, senz’altro, rilievo di natura denigratoria eccedendo il limite di compatibilità con le esigenze della dialettica processuale e dell’adempimento del mandato professionale né può essere invocato dal ricorrente il principio della riservatezza della corrispondenza atteso che il thema decidendum non riguarda in alcun modo ipotesi di trattative in corso fra le parti”.

Il CNF ha proseguito il proprio esame rilevando che “nel momento in cui la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte può, al limite, ammettersi l’asperità dei toni ma allorché la discussione sconfini sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti”.

Violazione art. 42, comma 1, Codice deontologico forense

Sulla scorta di quanto sopra riferito, Consiglio ha ritenuto pertanto integrata, nel caso di specie, la violazione dell’art. 42, comma 1, cdf, che vieta all’avvocato di esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega e, per l’effetto, ha confermato la sanzione dell’avvertimento a carico del ricorrente, condividendo le motivazioni espresse dal CDD di Ancona.

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compensi avvocato

Compensi avvocato: vale il domicilio del cliente comunitario Per le Sezioni Unite della Cassazione, se il cliente consumatore eccepisce la carenza di giurisdizione del giudice adito, invocando il domicilio in altro Stato membro, il giudice deve esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova

Foro per la richiesta di pagamento del compenso avvocati

Nel caso in esame, gli avvocati avevano convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano la loro cliente, una cittadina tedesca, per la richiesta di pagamento nei suoi confronti del compenso professionale agli stessi spettante in ragione dell’attività difensiva svolta in suo favore in sede civile e penale a seguito di un sinistro verificatosi su una pista da sci.

Il giudizio di merito si era concluso con l’individuazione della giurisdizione in capo al giudice italiano per la decisione della suddetta controversia.

Avverso tale decisione la cittadina tedesca aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.

La qualità di consumatore del cliente

La Corte di cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 15364-2024, ha accolto, per quanto qui rileva, il ricorso proposto dalla cliente e ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata.

In particolare, la Corte ha ripercorso la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, affermando che “ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 206 del 2005, nei rapporti tra avvocato e cliente quest’ultimo rivesta la qualità di consumatore”; rispetto a tale previsione normativa, la Corte ha tuttavia precisato che la stessa non comporta, ai fini dell’individuazione del giudice al quale spetta la giurisdizione sulle relative controversie, l’automatica applicabilità della regola secondo cui il giudice cui rivolgersi è quello della Stato in cui è domiciliato il consumatore. Da qui deriva, pertanto, l’esigenza d’individuare, sulla base della disciplina di riferimento, il giudice dotato della giurisdizione in relazione al caso specifico.

La Suprema Corte, dopo aver ripercorso il quadro normativo di riferimento, nonché la giurisprudenza europea formatasi sull’argomento, ha affermato il seguente principio di diritto “Qualora un consumatore, convenuto in giudizio da un professionista, si sia costituito in giudizio ed abbia eccepito tempestivamente la carenza di giurisdizione del giudice adito invocando la sua qualità di consumatore ed il suo domicilio in altro Stato membro, non è necessario che egli deduca espressamente ed immediatamente nelle sue difese l’eccezione relativa al fatto “che le attività del professionista siano dirette, con qualsiasi mezzo, presso lo Stato del suo domicilio” di cui all’art. 17 comma 1 lett. c) Reg. UE 1215/2012, dovendo il giudice esaminare la propria competenza internazionale in base agli elementi di prova risultanti oggettivamente dal fascicolo, ivi incluse le prove costituende, che devono essere ammesse, onde assicurare una verifica circa la ricorrenza degli elementi che fondano la competenza in favore della giurisdizione del luogo di domicilio del consumatore”.

Ciò posto ed in relazione al caso di specie, la Corte ha proseguito il proprio esame, rilevando che dalla missiva indirizzata alla ricorrente dai professionisti, “si ricava che il loro numero di telefono risulta sempre preceduto dal prefisso internazionale, e che la sigla ‘I’ precede il codice di avviamento postale”. Quanto al contenuto della missiva, poi, “nella stessa si riferisce che i mittenti rappresentano “…. alcune migliaia di clienti in Italia, quasi tutti provenienti dalla Germania.”. Tali elementi non erano stati presi in considerazione dalla sentenza impugnata la quale si era limitata a ritenere insussistente la contestazione formulata dalla cliente sulla base di un’erronea lettura dell’art. 345 c.p.c.

Giurisdizione del cliente comunitario

Infine, la Corte ha evidenziato che “il solo contenuto della citata missiva del 7/2/2011, con il riferimento all’elevato numero di clienti provenienti dalla Germania, offre la prova tranquillamente dell’indirizzamento all’estero dell’attività dei professionisti, e consente, unitamente agli altri elementi indiziari, di affermare la giurisdizione del giudice tedesco”.

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tirocini cassazione

Tirocinanti in Cassazione: pubblicato il bando Al via la selezione per 40 tirocinanti presso la procura generale della Corte di Cassazione. Per partecipare presentare domanda entro l'8 luglio

Tirocinio presso la procura della Cassazione

E’ stato pubblicato il bando per la selezione di 40 tirocinanti presso la procura generale della Cassazione ex articolo 73 del Dl 69/2013.

Il tirocinio si svolgerà a partire da ottobre e durerà sino ad aprile 2026 per una durata complessiva di 18 mesi.

Sono ammessi alla selezione i laureati e i laureandi in giurisprudenza, al di sotto dei trent’anni e con una media di esami di almeno 27/30, in determinate materie indicate dal bando, ovvero con un punteggio di laurea non inferiore a 105/110.

Il tirocinio non dà diritto a compensi nè determina il sorgere di un rapporto di lavoro o di obblighi previdenziali e assicurativi. Tuttavia, i partecipanti possono avere diritto all’assegnazione della borsa di studio prevista dai commi 8bis e 8ter dell’art. 73 del dl 69/2013.

La domanda

Per partecipare alla selezione occorre presentare domanda entro l’8 luglio prossimo, esclusivamente tramite la piattaforma predisposta dal ministero della Giustizia, cui si accede tramite Spid (https://tirociniformativi.giustizia.it/tirocini-formativi/).

Entro il 20 settembre sarà pubblicata la graduatoria definitiva unitamente alla comunicazione della data di inizio del tirocinio.

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fisco avvocati libero foro

Fisco difeso dagli avvocati del libero foro La Cassazione ha affermato che, con l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, si è passati dal patrocinio esclusivo dell’Avvocatura dello Stato, alla devoluzione della difesa anche ad avvocati del libero foro

Inammissibile l’appello presentato da avvocati del libero foro

Il caso in esame prende avvio dalla decisione adottata dalla Commissione tributaria della Lombardia con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate- Riscossione dinanzi alla stessa, in quanto presentato a mezzo di un difensore del libero foro.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, contestando, per quanto qui rileva, la sentenza della Commissione tributaria nella parte in cui la stessa aveva ritenuto che l’agente della riscossione non avrebbe potuto avvalersi del patrocinio di un avvocato del libero foro, stante quanto previsto dall’art. 4-nonies del d.l. n. 34/2019 e dal protocollo intercorso con l’Avvocatura generale dello Stato ove era stato stabilito che, per la difesa dinanzi alle Commissioni tributarie, l’ente avrebbe potuto stare in giudizio a mezzo di avvocati liberi professionisti.

La Cassazione ammette la possibilità di avvalersi di avvocati del libero foro

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 15365-2024, ha accolto il ricorso proposto dall’Agente della riscossione e ha cassato la sentenza impugnata, rinviando, per un nuovo giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia.

In particolare, la Corte ha rilevato che “con l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate- Riscossione (ADER) si è passati dalla previsione dell’integrale ed esclusiva devoluzione del suo patrocinio all’Avvocatura dello Stato (…) alla previsione di un patrocinio affidabile anche ad avvocati del libero foro; il legislatore, cioè, (…) ha delineato un sistema nel quale (…) in tutti i casi non espressamente riservati all’Avvocatura dello stato su base convenzionale, è consentito all’Agenzia delle Entrate- Riscossione di avvalersi anche di avvocati del libero Foro”.

Tale possibilità, ha precisato la Corte, avviene attraverso un meccanismo sostanzialmente automatico, posto che si deve ritenere che la costituzione in giudizio dell’ADER “a mezzo dell’Avvocatura dello Stato ovvero degli avvocati del libero Foro postuli necessariamente ed implicitamente la sussistenza dei relativi presupposti di legge, senza bisogno di allegare documenti o di fornire prove al riguardo”.

Agenzia Entrate-Riscossione difesa da avvocati del libero foro

L’interpretazione appena riferita, ha precisato il Giudice di legittimità, trova altresì conferma nel d.l. n. 34/2019, art. 4-nonies, che ha fornito nome d’interpretazione autentica in materia di difesa in giudizio dell’ADER. Inoltre, il protocollo d’intesa n. 36437/2017 tra l’Avvocatura dello Stato e l’Agenzia delle Entrate- Riscossione, ha previsto espressamente che l’ente possa stare in giudizio avvalendosi direttamente dei propri dipendenti o di avvocati del libero foro.

Alla luce del suddetto quadro normativo e giurisprudenziale, la Corte ha concluso il proprio esame ritenendo del tutto legittimo che l’Agenzia delle Entrate- Riscossione si sia avvalsa di un avvocato del libero foro nel proporre appello dinanzi alla Commissione tributaria.

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