comportamento corretto udienza

Avvocati: nessuna “smorfia” in udienza Il Tribunale di Milano ha adottato il nuovo Regolamento d’udienza per la Sezione IX civile, prescrivendo, tra l’altro, ai partecipanti: puntualità, cellulari spenti, abbigliamento adeguato

Fair play in udienza

Niente smorfie, vietato interrompere e anche tenere i cellulari accesi con la suoneria. Prescritti, invece, abbigliamento consono e rigorosa puntualità. Sono queste le linee guida adottate dalla nona sezione civile del tribunale di Milano, che si occupa di famiglia e minori, per indicare ai partecipanti all’udienza, dagli avvocati alle parti, il comportamento da corretto da tenere durante lo svolgimento della stessa.

Il regolamento, senz’altro mutuabile in tutte le controversie e nei vari tribunali, è stato adottato in considerazione del potere attribuito dalla legge al giudice di disporre quanto occorre affinché la trattazione della causa avvenga in modo ordinato e proficuo.

Infatti, nel testo si fa espressa menzione dell’art. 129 c.p.c. ove è contenuto il divieto, a coloro che intervengano nell’udienza, di fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare in qualsiasi modo disturbo durante l’udienza; viene altresì fatto riferimento all’art. 89 c.p.c. il quale stabilisce che le parti e i loro difensori non possono usare espressioni sconvenienti o offensive.

Cosa prevede il Regolamento

Con le linee guida sottoscritte dalla presidente della sezione Anna Cattaneo e dalla consigliera dell’Ordine di Milano Giulia Sapi, che coordina la Commissione Persona, Famiglia e Minori, il tribunale ha adottato un vero e proprio decalogo, prescrivendo a coloro che partecipano all’udienza di adeguare il proprio comportamento a determinate regole, quali:

  • presentarsi con puntualità;
  • vestirsi in modo appropriato e decoroso;
  • tenere il cellulare spento o senza suoneria.

Vengono anche date indicazioni ai difensori e ai magistrati di arrivare all’udienza “preparati ed a conoscenza dei fatti di causa (…), avendo contezza delle posizioni delle rispettive parti, della documentazione già in atti e degli adempimenti che saranno svolti nella specifica udienza”.

Un’udienza “ordinata”

Il Regolamento dedica anche alcune prescrizioni alle modalità con cui deve essere gestita l’udienza.

In particolare, è precisato che spetta al giudice concedere la parola alle parti e ai difensori, che si impegnano ad utilizzare il tempo loro concesso, seguendo l’ordine processuale prescritto.

Sempre nel rispetto dei ‘tempi’ del processo, il regolamento prescrive altresì che “nessuno potrà interrompere o sovrapporsi ai difensori e alle parti durante la loro esposizione”.

Nella medesima direzione, è posto il divieto, durante l’esposizione dei difensori o delle parti, di “fare segni di approvazione o di disapprovazione e cagionare in qualsiasi modo disturbo né usare espressioni sconvenienti od offensive”.

Linguaggio chiaro e niente offese

In merito al linguaggio da adoperare durante l’udienza, le linee guida prescrivono, infine, che le argomentazioni rilevanti ai fini della decisione dovranno essere esposte “in modo chiaro, conciso e comprensibile”.  A tal riguardo, il giudice potrà intervenire ogni qualvolta “i toni” (offensivi, svalutativi, provocatori, e così via) contribuiscano ad alimentare il conflitto.

bandi assistenza cassa forense

Avvocati: i nuovi bandi di assistenza 2024 Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati agli iscritti e le graduatorie di due bandi del 2023

Bandi assistenza 2024 Cassa Forense

Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati ai propri iscritti, oltre alle graduatorie del premio “Marco Ubertini” 2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose.

I nuovi bandi 2024

In particolare, i tre bandi rientranti tra le prestazioni a sostegno della famiglia e della salute sono i seguenti:

  • Bando n. 2/2024 per l’assegnazione di borse di studio per orfani, titolari di pensione di reversibilità o indiretta, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 3/2024 per l’assegnazione di borse di studio in favore di studenti universitari, figli di iscritti alla Cassa, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 4/2024 per l’assegnazione di contributi per spese di ospitalità in case di riposo o istituti per anziani, malati cronici o lungodegenti, con termine di scadenza per l’invio della domanda, tramite raccomandata A/R o PEC, al 20/1/2025.

Graduatorie bandi 2023

Infine, nella stessa data sul sito internet della Cassa sono state pubblicate, nell’apposita area dedicata, le graduatorie del Premio “Marco Ubertini” n. 10/2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose, approvate dalla Giunta Esecutiva nella riunione del 5 giugno.

 

Per approfondimenti vai a tutti i bandi 2024 di Cassa Forense

equo compenso avvocati

Avvocati: equo compenso non retroattivo La Cassazione ha precisato che le norme sull’equo compenso professionale, in quanto successive alla convenzione oggetto di giudizio, non possono essere applicate retroattivamente

Crediti professionali avvocati

La vicenda che ci occupa prende avvio dal giudizio instaurato da uno studio legale per ottenere il pagamento, tramite 29 decreti ingiuntivi, dei crediti professionali allo stesso spettanti sulla base di una convenzione sottoscritta con un cliente. Il cliente si era opposto ed il Giudice di Pace adito aveva parzialmente accolto tale opposizione, ritenendo applicabile l’ultima convenzione sottoscritta dalle parti e “in ragione del pagamento stragiudiziale intervenuto, revocava i ventinove decreti ingiuntivi, considerando che l’importo versato per ciascuno di essi fosse superiore al dovuto”.

Avverso tale decisione lo studio legale aveva proposto appello dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il quale confermava gli esiti cui era giunto il Giudice di Pace.

Anche tale ultimo provvedimento giudiziario veniva impugnato dai legali dinanzi alla Corte di Cassazione.

Applicazione non retroattiva dell’equo compenso

La Corte di Cassazione, con ordinanza n.15407-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Nel presente esame, assume particolare rilievo il motivo d’impugnazione formulato dallo studio legale in ordine alla ritenuta nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento agli artt. 1341 c.c. e 13 bis legge n. 247 del 2012 “per non avere il Giudice di merito preliminarmente verificato la validità anche ai sensi dell’art. 13 bis, c.d. legge sull’equo compenso, della convenzione”.

La Corte ha ritenuto non fondata tale doglianza poiché “L’invocato art. 13-bis della legge n. 247 del 2012 è stato introdotto dal d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla l. 4 dicembre 2017, n. 172, quindi dopo la stipulazione della convenzione di cui trattasi – che entrambe le parti hanno indicato esser avvenuta nel 2013”.

Convenzioni compensi avvocati

Nella specie e per quanto qui rileva, la suddetta disposizione stabilisce che il compenso degli avvocati nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività esclusive di avvocato, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese suddette. La norma prevede altresì che si considerano vessatorie le clausole contenute nelle ripetute convenzioni che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.

Posto quanto sopra, il Giudice di legittimità ha concluso il proprio esame sul punto, affermando che la norma citata dal ricorrente “in quanto successiva alla convenzione di cui è causa, non poteva applicarsi retroattivamente. Né la norma introdotta dal d.l. n. 148 del 2017 ha valenza interpretativa, per farne discendere l’effetto dell’applicabilità retroattiva in mancanza dell’espressa previsione nel senso dell’interpretazione autentica e dei presupposti di incertezza applicativa di norme anteriori, che ne avrebbero giustificato l’adozione”.

Leggi anche Equo compenso avvocati: norma in Gazzetta

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concorso giudici tributari

Giudici tributari: pubblicato il bando di concorso Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il concorso pubblico per esami per la copertura di 146 posti di magistrati tributari a tempo indeterminato. Domande entro il 7 luglio

Concorso 146 giudici tributari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 7.6.2024 è stato pubblicato il provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui è stato indetto l’atteso bando di concorso “per la copertura di complessivi centoquarantasei posti di giudici tributari, a tempo indeterminato”.

Chi può partecipare al concorso

L’art. 2 del bando individua i requisiti richiesti per poter accedere al concorso, tra i quali viene in rilievo il possesso, alla data di presentazione della domanda, “del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero del diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati”.

Come presentare domanda

La domanda di partecipazione al concorso deve essere inviata esclusivamente per via telematica; a tal proposito il candidato dovrà autenticarsi con SPID/CIE/CNS/eIDAS, mediante la compilazione del form di candidatura sul Portale unico del reclutamento «inPA», previa registrazione sullo stesso portale.

La domanda potrà essere presentata entro il 7 luglio 2024.

L’art. 3 del bando disciplina poi in maniera dettagliata il contenuto e le modalità di compilazione della domanda di partecipazione.

Le prove

L’art. 6 del bando disciplina le modalità di svolgimento della prova preselettiva, della quale verrà data comunicazione in GU 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» – n. 78 del 27 settembre 2024, nonché sul sito istituzionale del Mef.

La prova preselettiva

La prova preselettiva consiste nella soluzione di 75 quesiti a risposta multipla da risolvere nel tempo massimo di 60 minuti, nelle seguenti materie:

  • diritto civile (quindici quesiti);
  • diritto processuale civile (quindici quesiti);
  • diritto tributario (quindici quesiti);
  • diritto processuale tributario (quindici quesiti);
  • diritto commerciale (quindici quesiti).

Alla prova preselettiva verranno attribuiti i seguenti punteggi:

  • +1 punto per ogni risposta esatta;
  • -0,33 punti per ogni risposta errata o multipla;
  • 0 punti per ogni mancata risposta.

La prova scritta

Alla prova scritta è ammesso un numero di candidati pari a tre volte i posti messi a concorso. Accedono, altresì, alla prova scritta coloro che hanno riportato lo stesso punteggio dell’ultimo candidato che risulta ammesso.

La prova scritta consiste nello svolgimento di due elaborati, tra i seguenti:

  • elaborato teorico vertente sul diritto tributario;
  • elaborato teorico vertente sul diritto civile o commerciale;
  • prova teorico-pratica consistente nella redazione di una sentenza in materia tributaria.

Saranno ammessi alla prova orale i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a diciotto trentesimi in ciascun elaborato della prova scritta.

La prova orale

L’ultima prova concorsuale, ovvero quella orale, verte sulle seguenti materie:

  • diritto tributario e diritto processuale tributario;
  • diritto civile e diritto processuale civile;
  • diritto penale tributario;
  • diritto costituzionale e diritto amministrativo;
  • diritto commerciale;
  • diritto dell’Unione europea;
  • contabilità aziendale e bilancio;
  • elementi di informatica giuridica;
  • colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all’atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.

Conseguono l’idoneità i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a “sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale, e un giudizio di sufficienza nel colloquio nella lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva – tra prova scritta e prova orale – non inferiore a novanta punti. Non sono ammesse frazioni di punto”.

I titoli di preferenza del concorso giudici tributari

L’art. 12 individua, a parità di merito, quali sono i titoli di preferenza nel concorso per giudici tributari, tra cui rilevano i seguenti:

  • avere svolto, con esito positivo, l’ulteriore periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo ai sensi dell’art. 50, comma 1-quater, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • avere completato, con esito positivo, il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, pur non facendo parte dell’ufficio per il processo, ai sensi dell’art. 50, comma 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • aver svolto, con esito positivo, lo stage presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 73, comma 14, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
  • essere titolare o avere svolto incarichi di collaborazione conferiti da ANPAL Servizi S.p.a., in attuazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

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avvocato offende collega

L’avvocato non può dare dell’incapace al collega Il CNF ha affermato che qualora la discussione tra avvocati sconfini sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti

Apprezzamenti denigratori sull’attività del collega

Nel caso in esame un avvocato era stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Ancona per rispondere della violazione dell’art. 42 comma 1 del cdf, per avere espresso apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega tramite l’invio di un’e-mail, e per aver reiterato tali valutazioni anche nei propri scritti difensivi.

L’avvocato aveva, in particolare, utilizzato frasi del seguente tenore “P.S. Un consiglio: domani dia un’occhiata alle mie memorie 183 e se le riesce si vergogni”, ovvero aveva espresso la seguente affermazione, contenuta nella memoria difensiva dell’avvocato, secondo cui il collega “nei suoi scritti aveva riportato “tesi assurde” che dimostravano “palmari carenze sul piano tecnico giuridico”. Ascrivendo alla stessa “una condotta pregiudizievole ai propri clienti”.

All’esito del dibattimento, il Consiglio Distrettuale Disciplinare (CDD) di Ancona, aveva ritenuto integrata la responsabilità disciplinare dell’avvocato nei confronti del quale era stato avviato il procedimento, per gli addebiti allo stesso contestato, con irrogazione della sanzione dell’avvertimento nei suoi confronti.

Avverso tale decisione l’avvocato incolpato aveva proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF), chiedendo di dichiarare il suo proscioglimento e, per l’effetto, disporsi il non luogo a provvedimento disciplinare.

Il CNF conferma la decisione del CDD di Ancona

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 73-2024, ha rigettato il ricorso proposto.

In particolare, per quanto rileva nella presente sede, il CNF ha affermato che “gli apprezzamenti formulati dall’Avv. [RICORRENTE] sulla attività professionale della collega assumono, senz’altro, rilievo di natura denigratoria eccedendo il limite di compatibilità con le esigenze della dialettica processuale e dell’adempimento del mandato professionale né può essere invocato dal ricorrente il principio della riservatezza della corrispondenza atteso che il thema decidendum non riguarda in alcun modo ipotesi di trattative in corso fra le parti”.

Il CNF ha proseguito il proprio esame rilevando che “nel momento in cui la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte può, al limite, ammettersi l’asperità dei toni ma allorché la discussione sconfini sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti”.

Violazione art. 42, comma 1, Codice deontologico forense

Sulla scorta di quanto sopra riferito, Consiglio ha ritenuto pertanto integrata, nel caso di specie, la violazione dell’art. 42, comma 1, cdf, che vieta all’avvocato di esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega e, per l’effetto, ha confermato la sanzione dell’avvertimento a carico del ricorrente, condividendo le motivazioni espresse dal CDD di Ancona.

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tirocini cassazione

Tirocinanti in Cassazione: pubblicato il bando Al via la selezione per 40 tirocinanti presso la procura generale della Corte di Cassazione. Per partecipare presentare domanda entro l'8 luglio

Tirocinio presso la procura della Cassazione

E’ stato pubblicato il bando per la selezione di 40 tirocinanti presso la procura generale della Cassazione ex articolo 73 del Dl 69/2013.

Il tirocinio si svolgerà a partire da ottobre e durerà sino ad aprile 2026 per una durata complessiva di 18 mesi.

Sono ammessi alla selezione i laureati e i laureandi in giurisprudenza, al di sotto dei trent’anni e con una media di esami di almeno 27/30, in determinate materie indicate dal bando, ovvero con un punteggio di laurea non inferiore a 105/110.

Il tirocinio non dà diritto a compensi nè determina il sorgere di un rapporto di lavoro o di obblighi previdenziali e assicurativi. Tuttavia, i partecipanti possono avere diritto all’assegnazione della borsa di studio prevista dai commi 8bis e 8ter dell’art. 73 del dl 69/2013.

La domanda

Per partecipare alla selezione occorre presentare domanda entro l’8 luglio prossimo, esclusivamente tramite la piattaforma predisposta dal ministero della Giustizia, cui si accede tramite Spid (https://tirociniformativi.giustizia.it/tirocini-formativi/).

Entro il 20 settembre sarà pubblicata la graduatoria definitiva unitamente alla comunicazione della data di inizio del tirocinio.

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fisco avvocati libero foro

Fisco difeso dagli avvocati del libero foro La Cassazione ha affermato che, con l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, si è passati dal patrocinio esclusivo dell’Avvocatura dello Stato, alla devoluzione della difesa anche ad avvocati del libero foro

Inammissibile l’appello presentato da avvocati del libero foro

Il caso in esame prende avvio dalla decisione adottata dalla Commissione tributaria della Lombardia con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate- Riscossione dinanzi alla stessa, in quanto presentato a mezzo di un difensore del libero foro.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione, contestando, per quanto qui rileva, la sentenza della Commissione tributaria nella parte in cui la stessa aveva ritenuto che l’agente della riscossione non avrebbe potuto avvalersi del patrocinio di un avvocato del libero foro, stante quanto previsto dall’art. 4-nonies del d.l. n. 34/2019 e dal protocollo intercorso con l’Avvocatura generale dello Stato ove era stato stabilito che, per la difesa dinanzi alle Commissioni tributarie, l’ente avrebbe potuto stare in giudizio a mezzo di avvocati liberi professionisti.

La Cassazione ammette la possibilità di avvalersi di avvocati del libero foro

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 15365-2024, ha accolto il ricorso proposto dall’Agente della riscossione e ha cassato la sentenza impugnata, rinviando, per un nuovo giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia.

In particolare, la Corte ha rilevato che “con l’istituzione dell’Agenzia delle Entrate- Riscossione (ADER) si è passati dalla previsione dell’integrale ed esclusiva devoluzione del suo patrocinio all’Avvocatura dello Stato (…) alla previsione di un patrocinio affidabile anche ad avvocati del libero foro; il legislatore, cioè, (…) ha delineato un sistema nel quale (…) in tutti i casi non espressamente riservati all’Avvocatura dello stato su base convenzionale, è consentito all’Agenzia delle Entrate- Riscossione di avvalersi anche di avvocati del libero Foro”.

Tale possibilità, ha precisato la Corte, avviene attraverso un meccanismo sostanzialmente automatico, posto che si deve ritenere che la costituzione in giudizio dell’ADER “a mezzo dell’Avvocatura dello Stato ovvero degli avvocati del libero Foro postuli necessariamente ed implicitamente la sussistenza dei relativi presupposti di legge, senza bisogno di allegare documenti o di fornire prove al riguardo”.

Agenzia Entrate-Riscossione difesa da avvocati del libero foro

L’interpretazione appena riferita, ha precisato il Giudice di legittimità, trova altresì conferma nel d.l. n. 34/2019, art. 4-nonies, che ha fornito nome d’interpretazione autentica in materia di difesa in giudizio dell’ADER. Inoltre, il protocollo d’intesa n. 36437/2017 tra l’Avvocatura dello Stato e l’Agenzia delle Entrate- Riscossione, ha previsto espressamente che l’ente possa stare in giudizio avvalendosi direttamente dei propri dipendenti o di avvocati del libero foro.

Alla luce del suddetto quadro normativo e giurisprudenziale, la Corte ha concluso il proprio esame ritenendo del tutto legittimo che l’Agenzia delle Entrate- Riscossione si sia avvalsa di un avvocato del libero foro nel proporre appello dinanzi alla Commissione tributaria.

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crisi impresa banche dati convenzioni

Crisi d’impresa: accesso agli uffici giudiziari Pubblicato il provvedimento 31 maggio 2024 del Ministero della Giustizia che attesta la funzionalità del collegamento telematico con la Agenzia delle entrate, l'INPS ed il Registro delle imprese

Crisi d’impresa: le Convenzioni per l’accesso alle banche dati

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 128 del 3.6.2024 il provvedimento adottato dal Ministero della Giustizia e recante “Convenzioni per l’accesso alle banche dati contenenti le informazioni utili per la gestione della crisi d’impresa e dell’insolvenza”

L’accesso alle banche dati in tema di crisi d’impresa

Il sopramenzionato provvedimento si occupa dell’accesso alle banche dati contenenti le informazioni utili per la gestione della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Nel provvedimento in questione viene dato atto che lo stesso è stato adottato sulla base di quanto previsto dall’articolo 367, comma 5 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.

Inoltre, il provvedimento mette in luce come, allo stato attuale, “l’Agenzia delle entrate, INPS e Registro delle imprese non dispongono dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa di cui al Codice dell’amministrazione digitale” e che, a causa di tale situazione “si è resa necessaria la stipulazione di apposite convenzioni finalizzate alla fruibilità dei dati informatici”.

Ciò posto, il provvedimento cita le convenzioni stipulate, in data 20 maggio 2024, con l’Agenzia delle entrate, in data 24 maggio 2024, con l’INPS ed in data 27 maggio 2024 con il Registro delle imprese.

Il Ministero ha riferito che il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole in data 22 febbraio 2024 in ordine alle suddette convenzioni.

Parere favorevole del Garante

In particolare, il Garante della privacy ha precisato, in merito ai flussi di dati personali effettuati via PEC, di poter esprimere parere favorevole a condizione che:

1) nello schema di convenzione tra Ministero della giustizia e Agenzia delle entrate, sia previsto che i messaggi con i relativi allegati, unitamente ai relativi metadati e alle ricevute di accettazione e di consegna, siano conservati con modalità adeguate a garantire integrità e riservatezza, nonché per un periodo massimo (da individuarsi nello schema) proporzionato rispetto alle finalità per le quali tali dati personali debbano essere trattati;

2) nello schema di convenzione tra Ministero della giustizia e Agenzia delle entrate sia previsto che l’accesso alle informazioni sia effettuato da responsabili del trattamento e da persone autorizzate specificamente designate e destinatarie di apposite istruzioni;

3) nello schema di convenzione tra Ministero della giustizia e INPS, sia previsto che gli allegati al messaggio PEC inviato dall’INPS siano sottoposti a cifratura;

4) nello schema di convenzione tra Ministero della giustizia e INPS, sia previsto che i messaggi siano conservati, unitamente ai relativi metadati e alle ricevute di accettazione e di consegna, con modalità adeguate a garantire integrità e riservatezza, nonché per un periodo massimo (da individuarsi nello schema) proporzionato rispetto alle finalità per le quali tali dati personali debbano essere trattati.

 

 

 

mediazione faq avvocatura

Mediazione: “la quiete dopo la tempesta” Il ministero della Giustizia annuncia l'incontro con l'avvocatura dopo la bufera sulle faq relative alla mediazione e pubblica le nuove

Mediazione, riunione ministero- avvocatura

“Al contrario di quanto rappresentato mediaticamente, in materia di mediazione già lo scorso giovedì è avvenuta in via Arenula una riunione tra i vertici del Gabinetto del Ministero della Giustizia, gli uffici tecnici competenti, il presidente dell’Ocf e delegati Cnf specializzati sul tema”. Così in una nota via Arenula, annunciando la pubblicazione di nuove faq relative alla mediazione.

Le faq incriminate

Tutto ciò dopo la “bufera” scatenata dopo la pubblicazione sul sito del ministero della giustizia di alcune faq sugli organismi di mediazione. Nella sostanza, alcune risposte relative al decreto 150/2023, dipingevano un quadro a tinte fosche, regole che, secondo gli avvocati, potevano anche portare ad una “sospensione delle attività” degli organismi di mediazione e paralizzare l’intero procedimento “in danno dei cittadini”.

A lanciare l’allarme è stato l’OCF, che in una nota parlava di “sconcerto” per la previsione che l’avvocato “il quale intenda divenire responsabile di un organismo debba dimostrare di possedere la qualifica di mediatore, nonostante il chiaro disposto dell’art 16, comma 4-bis, del D. Lgs. 28/2010 secondo il quale gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori”. Ma non solo. Si lamentava “il rischio di una complessiva privatizzazione della mediazione”, derivante da un’altra Faq, per la quale non potrebbe essere nominato responsabile dell’organismo il presidente del Consiglio dell’Ordine o un consigliere, “in danno della parità di trattamento tra Organismi pubblici e privati e della libera scelta per i cittadini di rivolgersi agli uni o agli altri”.

Da qui la richiesta al ministero di una “immediata revoca delle faq” quanto meno relativamente alle parti “censurate” e l’apertura di un confronto con le rappresentanze dell’avvocatura.

Tutto è bene …

E via Arenula, “in spirito di collaborazione” si è dimostrata disponibile a chiarire i punti delle faq sulla mediazione “considerati problematici dall’Avvocatura”. Come “unanimemente concordato nella riunione – ha affermato dunque il ministero – saranno pubblicate nuove Faq, per specificare ulteriormente i punti controversi e venire incontro alle esigenze rappresentate”.

Le nuove faq

Nella stessa giornata del 3 giugno sono state modificate, quindi, le risposte, andando incontro alle richieste dei legali. Nello specifico, tra l’altro: cade l’incompatibilità tra l’incarico di responsabile dell’organismo e quella di consigliere dell’Ordine degli avvocati e viene eliminato il passaggio che stabiliva che laddove l’organismo di mediazione fosse costituito da una fondazione creata dal COA non potesse avere sede nei locali dati dal tribunale all’ordine stesso; è stato precisato inoltre che l’ente istituente e l’organismo di mediazione possono avere unico bilancio.

Rimane il nodo della scadenza per l’iscrizione nel registro fissata al 15 agosto prossimo. L’avvocatura ha chiesto la proroga ma pesano sul rinvio i vincoli del PNRR.

Le nuove faq sul sito del ministero

incompetenza avvocati

L’avvocato incompetente viola il codice deontologico Il CNF conferma la decisione del CDD di Bologna, che ha sanzionato due avvocati, colpevoli di aver accettato un incarico senza avere la necessaria competenza

Illecito disciplinare avvocati

La sentenza n. 23-2024 del Consiglio Nazionale Forense ribadisce l’importanza del rispetto delle norme deontologiche nell’esercizio della professione forense, sottolineando come la richiesta di compensi non concordati e l’accaparramento di clientela tramite terzi siano pratiche inaccettabili. La decisione del CNF conferma però e soprattutto che gli avvocati devono operare con trasparenza, competenza e nel rispetto degli accordi stabiliti con i clienti e i terzi coinvolti.

Il procedimento che si conclude con la sentenza del CNF nasce dalla richiesta di opinamento della parcella di due avvocati relativa ad alcune prestazioni legali fornite in favore di un loro “assistito”. Quest’ultimo avrebbe incaricato gli avvocati di promuovere un’azione legale contro una Banca per un contratto di mutuo ritenuto usurario. Alla fine della causa, gli avvocati avevano inviato al cliente una nota pro-forma di € 14.170,17.

L’assistito si opponeva alla richiesta e chiedeva che la sua difesa fosse considerata anche come esposto contro i suoi avvocati. Egli dichiarava di non ricordare di aver mai incontrato gli avvocati personalmente, ma solo un loro collaboratore. Inoltre, sosteneva di non aver mai ricevuto copia dell’atto di citazione né informazioni sullo stato della causa, salvo la notizia della sentenza sfavorevole. Alcune informazioni le aveva ottenute solo tramite un’impiegata della società che aveva eseguito l’analisi contabile del rapporto con la banca e che aveva suggerito gli avvocati.

Incompetenza sanzionata dal codice deontologico forense

Il Consiglio di Distrettuale di Disciplina di Bologna avviava un procedimento disciplinare contro gli avvocati contestando loro tre violazioni:

  1. violazione dell’art. 9 del Codice Deontologico Forense: per aver richiesto al cliente una somma superiore a quella pattuita con la società di analisi contabile;
  2. violazione dell’art. 19 del Codice Deontologico Forense: per accaparramento di clientela tramite la stipula di un contratto con la società, impegnandosi a retrocedere alla stessa una percentuale dei compensi professionali.
  3. violazione dell’art. 12 del Codice Deontologico Forense: per mancanza di adeguata competenza tecnica nel patrocinare l’assistito nel giudizio contro la Banca.

Il CDD di Bologna, esaminati i documenti e sentite le testimonianze, riteneva provate tutte le condotte contestate. In particolare:

  • gli avvocati avevano richiesto al cliente somme diverse e maggiori rispetto a quelle stabilite con la società;
  • avevano sottoscritto un accordo con la società che prevedeva una retrocessione dei compensi e la limitazione dell’indipendenza professionale;
  • non avevano prodotto in giudizio la documentazione necessaria a sostenere le domande, mancando quindi di competenza. 

Il CDD di Bologna infliggeva la sospensione di due mesi dall’esercizio della professione per un avvocato e la censura per l’altro difensore.

Corrette le sanzioni irrogate

Gli avvocati presentavano ricorso al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo l’annullamento o la riduzione delle sanzioni. Nelle memorie difensive, essi sostenevano:

  • l’assenza di un accordo per la determinazione del compenso con il cliente.
  • la revoca del mandato da parte dell’“assistito”che aveva fatto venir meno la copertura assicurativa prevista in caso di esito sfavorevole della causa;
  • l’assenza di un rapporto che potesse configurare il divieto di accaparramento di clientela, poiché la società era un semplice terzo che offriva servizi di supporto;
  • la correttezza e completezza della documentazione presentata a sostegno della causa.

Il CNF, esaminati i fatti e le memorie difensive, confermava in gran parte la decisione del CDD di Bologna. In particolare, il CNF riteneva che:

  • la richiesta di somme superiori a quelle concordate con la società costituisse una violazione del dovere di lealtà e correttezza;
  • la convenzione con la società che prevedeva la retrocessione di parte dei compensi, violasse il divieto di accaparramento di clientela;
  • la mancata produzione della documentazione necessaria in giudizio fosse un errore elementare, indicativo di mancanza di competenza. 

Confermata quindi la responsabilità degli avvocati e le sanzioni irrogate dal CDD.

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