domiciliari per il marito

Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento La Cassazione conferma la misura degli arresti domiciliari al marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà

Arresti domiciliari

Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà perché sono ancora legati sentimentalmente. Così la prima sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 25002/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il tribunale di Caltanissetta con funzione di riesame rigettava la richiesta dell’imputato avverso l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 perché, essendo sottoposto alla misura della Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune per la durata di due anni, con l’ulteriore prescrizione del divieto di avvicinarsi a oltre i duecento metri alla moglie, in ogni luogo in questa si trovi, violava la misura, accompagnandosi alla predetta.

L’indagato ricorre in Cassazione contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, tenuto conto che la coniuge lo avrebbe avvicinato volontariamente, stante il perdurare del rapporto sentimentale tra i due, con il fine di aiutare perché affetto da patologia oncologica documentata.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è inammissibile sotto plurimi aspetti.

Intanto premettono i giudici, “in sede di riesame, non risultano contestati i gravi indizi di colpevolezza ma solo l’inadeguatezza della misura cautelare applicata con l’ordinanza genetica (ove il Tribunale chiarisce che il riesame proposto non specificava i motivi e che, all’udienza camerale, il difensore si era limitato a sottolineare l’inadeguatezza della misura cautelare applicata in considerazione della condotta della moglie). Con il ricorso, invece, se ne contesta la sussistenza”.
Orbene, sottolinea la S.C., “secondo la giurisprudenza di legittimità cui il Collegio aderisce, non è ammissibile prospettare, in sede di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale con funzione di riesame, questioni non devolute in ordine ai gravi indizi di colpevolezza (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, Gabbianelli, Rv. 282460 – 02)”.
In ogni caso, proseguono da piazza Cavour, “la motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi dell’ordinanza impugnata non è manifestamente illogica ma, anzi, esauriente e completa”. Il Tribunale, peraltro, esamina la deduzione circa il presunto carattere volontario della condotta della persona offesa, ne registra la presenza nell’occasione accertata nel palazzo di giustizia e in altra precedente occasione quando questa è stata trovata a bordo di un ciclomotore condotto da indagato. “L’ordinanza, con ragionamento non affetto da illogicità manifesta – concludono -, prende in considerazione lo stato di fatto, valuta le dinamiche interne alla coppia, descrivendole come non ancora sufficientemente delineate, alla stregua delle indagini svolte, quanto ai rapporti di forza tra le parti e, soprattutto, evidenzia che lo stesso indagato aveva ammesso di non aver mai rispettato la misura in atto, manifestando espresso e totale disinteresse rispetto all’osservanza degli obblighi impostigli”. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

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traffico influenze illecite

Traffico di influenze illecite Traffico di influenze illecite: come cambia l’articolo 326 bis c.p. in virtù della Riforma Nordio in vigore dal 25 agosto 2024

Traffico di influenze illecite: com’era e com’è ora

Il reato di traffico di influenze illecite, disciplinato dall’articolo 346 bis c.p., è stato modificato di recente dalla Legge Nordio, in vigore da domenica 25 agosto 2024.

Vediamo com’era formulato l’articolo 346 bis del codice penale e come è cambiato dopo l’entrata in vigore del testo di legge che ne ha rinnovato il contenuto.

Traffico di influenze illecite: art. 346-bis c.p. fino al 24 agosto 2024

L’art. 346 bis c.p nella versione vigente fino al 24 agosto 2024 punisce chiunque, al di fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione per l’esercizio della funzione, per atto contrario ai doveri d’ufficio, in atti giudiziari e in quelli contemplati dall’articolo 322 bis c.p, sfruttando o vantando relazioni esistenti o affermate con un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti contemplati dall’articolo 322 bis c.p fa dare o promettere indebitamente a se stesso o ad altri denaro o altre utilità come corrispettivo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all’articolo 322 bis c.p.

Il reato si configura anche quando il denaro o altra utilità venga erogato per remunerare il pubblico ufficiale o gli altri soggetti indicati in relazione all’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri.

La pena

La pena prevista in questi casi è della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.

La stessa pena è prevista nei confronti di chi indebitamente dà o promette denaro o altre utilità.

Nel caso in cui il soggetto che indebitamente fa dare o promettere per sé o altri denaro o altre utilità rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio la pena è aumentata.

Sono previsti aumenti di pena anche nei seguenti casi:

  • se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie;
  • se i fatti sono commessi per remunerare il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio o uno dei soggetti indicati nell’articolo 322 bis c.p in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio oppure in relazione all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.

Le pene sono invece diminuite in presenza di fatti di particolare tenuità.

La ratio del reato di traffico di influenze illecite

La norma si pone l’obiettivo di tutelare la pubblica amministrazione dal traffico illecito diretto o indiretto delle pubbliche funzioni.

Il traffico di influenze illecite è un reato di pericolo perché anticipa fortemente la tutela. Esso si consuma infatti nel momento in cui si da il denaro o si accetta la promessa della remunerazione per corrompere poi il funzionario pubblico.

Traffico di influenze illecite: novità della legge Nordio

Il reato di traffico di influenze illecito è stato inserito nel codice penale dalla legge Severino n. 120/2012. La legge n. 3/2019, meglio nota come “spazza corrotti” ha modificato il testo dell’articolo 346 bis c.p. In entrambi i casi il testo presentava un contenuto fortemente repressivo.

La legge Nordio, nel modificare il testo dell’articolo 346 bis c.p ha invece limitato le fattispecie ai casi più gravi, tenuto conto delle osservazioni della dottrina e delle evoluzioni giurisprudenziali.

Art. 346 bis c.p: cosa cambia

La legge conserva l’ipotesi della mediazione ed elimina quella della millanteria. In pratica affinché si configuri il reato è necessario l’utilizzo effettivo delle relazioni tra il mediatore e il pubblico ufficiale, le stesse non dovranno quindi essere solo vantate. Le stesse dovranno essere reali, non solo affermate.

L’utilità alternativa al denaro che il faccendiere promette deve avere natura economica. Sono esclusi altri tipi di vantaggi.

L’atto di farsi dare o promettere denaro o altro può avere due finalità:

  • remunerare il PU per le sue funzioni;
  • realizzare un’altra mediazione illecita.

Elevato infine a un anno e sei mesi il minimo edittale della pena.

Il testo dell’articolo 346-bis c.p. dal 25 agosto 2024

Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322-bis, utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, e’ punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi. 

Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. 

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica.

La pena e’ aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a se’ o ad altri, denaro o altra utilità economica riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio o una delle qualifiche di cui all’articolo 322-bis. 

La pena e’ altresì aumentata se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio”. 

 

Vuoi approfondire? Leggi anche l’articolo “Legge Nordio: in vigore dal 25 agosto

processo penale telematico

Processo penale telematico: nuove regole dal 30 settembre Processo penale telematico: dal 30 settembre in vigore le nuove specifiche tecniche per il deposito di atti e allegati

Dal 30 settembre efficaci le nuove specifiche tecniche

Novità in arrivo per il processo penale telematico. Emanate le specifiche tecniche previste dal comma 1 dell’art. 34 del DM n. 44/201, modificato dal DM n. 217/2023.

Il testo contiene 31 articoli, di questi gli articoli 15, 18, e 19 riguardano nello specifico il processo penale.

Processo penale telematico: requisiti dell’atto penale

L’articolo 15 delle specifiche tecniche prevede che l’atto penale da depositare in formato documento informatico debba essere in possesso di determinati requisiti. Esso deve essere:

  1. in formato PDF o PDF/A;
  2. privo di elementi attivi;
  3. il risultato della trasformazione di un documento testuale senza limiti per le operazioni di selezione e di copia di parti. Inammissibile la scansione di immagini;
  4. sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna;
  5. privo di protezione da password.

Per gli atti che le parti formano personalmente, se depositati come atto principale, è permessa la scansione di un documento analogico purché in bianco e nero e con una risoluzione pari a 200 DPI.

Il documento ha la struttura PAd-ES-BES o PAd-ES Part 3 o CAdES-BES.

Le firme digitali o elettroniche certificate vanno apposte nella modalità “firme elettroniche indipendenti” o parallele. Ogni soggetto deve quindi firmare il medesimo documento con propria chiave privata senza che rilevi l’ordine di apposizione.

Portale notizie di reato: trasmissione degli atti

Gli atti e i documenti da trasmettere in modalità telematica agli uffici del pubblico ministero da parte degli ufficiali e degli agenti della polizia giudiziaria relativi a notizie di reato avviene attraverso il PNR a cui si accede dall’indirizzo https://portalendr.giustizia.it/NdrWEB/home. 

L’art. 18 al comma 2 descrive la procedura di abilitazione dei referenti interni agli uffici del PM.

Il comma 3 descrive la procedura di abilitazione dei referenti del PNR degli uffici fonte.

Il comma 4 infine descrive la procedura di abilitazione degli operatori degli uffici fonte.

Gli atti in forma di documento informatico devono rispettare i requisiti sopra indicati nell’articolo 15, mentre gli allegati possono essere inviati nei formati indicati nell’articolo 16, validi anche per il processo civile.

Previsto un meccanismo di generazione della ricevuta di accettazione e la possibilità di visionare lo stato della comunicazione, come dettagliato dai commi 13 e 14 dell’articolo 18.

Trasmissione atti da parte di avvocati e praticanti

L’articolo 19 disciplina le modalità di trasmissione degli atti da parte dei soggetti abilitati esterni al procedimento penale. Devono intendersi come soggetti esterni coloro che sono iscritti al ReGIndE e che sono avvocati, praticanti a abilitati, avvocati di enti pubblici e funzionari di enti pubblici, questi ultimi limitatamente a coloro che appartengono all’Avvocatura di Stato.

Questi soggetti possono trasmettere gli atti in forma di documenti informatico (art. 15) e gli allegati nei formati indicati dall’articolo 16 mediante il PDP, a cui si accede dal seguente indirizzo https://pst.giustizia.it tramite l’area riservata.

La dimensione massima di ogni deposito relativa ad atti e allegati e di 60 MB per ogni file con un massimo di 600 MB per il deposito complessivo.

Processo penale telematico: esiti del deposito

Conclusa la trasmissione dell’atto nel rispetto dei requisiti indicati dai commi 3, 4, 5 e 6 di cui all’art. 19 il PDP, una volta conclusa la procedura, genera la ricevuta di accettazione del deposito, scaricabile in formato PDF e comunque a disposizione del difensore sul PDP.

Il difensore può verificare inoltre lo stato del deposito dalla sezione “consultazione depositi.”

Il deposito può restituire diversi esiti: inviato, in transito, accettato, in verifica, rifiutato, errore tecnico, in questi ultimi tre casi il sistema comunica che si è verificata un’anomalia bloccante.

Qualora sia necessario provvedere a un nuovo deposito il difensore viene informato tramite il messaggio di stato del deposito.

decreto carceri cosa prevede

Decreto carceri: in vigore la legge di conversione La legge di conversione del decreto carceri, che vuole rendere il carcere più umano e risolvere i problemi del sovraffollamento, è stata pubblicata in GU ed è in vigore dal 10 agosto 2024. Nel testo anche il rinvio del tribunale della famiglia

Decreto carceri: più agenti e misure per il sovraffollamento

La legge n. 112/2024 di conversione del decreto Carceri, dopo il sì definitivo della Camera sul ddl già approvato dal Senato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 10 agosto 2024.

Il testo prevede misure urgenti, soprattutto in ambito penitenziario e rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

Ecco le principali novità:

Assunzioni polizia penitenziaria

Il provvedimento prevede l’assunzione di 1000 unità (500 nel 2025 e 500 nel 2026) per rinforzare il corpo della polizia penitenziaria. Autorizza anche lo scorrimento delle graduatorie relative agli ultimi concorsi per funzionari e ispettori di polizia penitenziaria.

Incremento dei ruoli dirigenziali e indennità aggiuntiva

Il testo incrementa anche la dotazione organica dei dirigenti penitenziari. Nel corso dell’esame in Commissione è stata stabilita, con il nuovo articolo 2 bis, l’implementazione della dotazione organica del personale che fa parte della carriera dirigenziale penitenziaria del Ministero della Giustizia.

In sede referente è stato introdotto l’articolo 2 ter, che prevede un’indennità annua lorda, aggiuntiva per il personale del Comparto Funzioni Centrali dei ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Medici e istituti penitenziari

In base al nuovo art. 2 quater, i medici convenzionati che operano presso gli istituti penitenziari, fermo restando il rispetto degli accordi collettivi nazionali per quanto riguarda il servizio minimo in carcere, possono svolgere anche un altro incarico per il SSN, fino al completamento delle 38 ore a settimana.

Il nuovo art. 2 quinquies permette invece alle aziende e agli enti del SSN di avviare procedure concorsuali entro il 31 dicembre 2026 per assumere medici da destinare agli istituti penitenziari, stabilendo regole meno rigide di partecipazione.

Dati sanitari dei detenuti

Il nuovo articolo 6 bis prevede che il Ministero della Giustizia e quello della Salute condividano i dati sanitari dei detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze.

Misure per un “carcere più umano”

Durante l’esame in Commissione l’introduzione del nuovo art. 4 bis ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, per affrontare il grave problema del sovraffollamento.

Strutture residenziali

Il decreto istituisce inoltre un elenco di strutture residenziali in grado di accogliere i detenuti che devono reinserirsi socialmente una volta scontata la pena e che sono privi di abitazione e condizioni sociali, economiche e di salute in grado di consentirgli un sostentamento.

Colloqui telefonici

Il testo interviene sui benefici e sui trattamenti previsti per i detenuti. Un regolamento dovrà disciplinare l’incremento delle telefonate settimanali e mensili concesse. Nel frattempo si possono autorizzare colloqui telefonici in misura superiore a due al mese.

Reinserimento in società

Il decreto dedica particolare attenzione al reinserimento dei detenuti in società. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, prevede che il PM, prima di emettere l’ordine di esecuzione e dopo aver verificato l’esistenza di periodi di custodia cautelare o pena fungibile, trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza se il condannato ha 70 anni o più e se la pena residua che lo stesso deve espiare, tenuto conto delle detrazioni per la liberazione anticipata, è compresa tra i 2 e i 4 anni. Il tutto per disporre la detenzione domiciliare fino alla concessione di misure alternative. Procedura similare è prevista per i detenuti che si trovano agli arresti domiciliari per gravissime condizioni di salute.

Liberazione anticipata e benefici premiali

Il PM sarà tenuto a indicare nel dettaglio, all’interno dell’ordine di esecuzione della pena, le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. In questo modo il detenuto ha subito contezza del termine finale della pena da scontare. Nello stesso provvedimento il pm deve avvisare il condannato che la mancata partecipazione al processo di rieducazione comporterà la non applicazione delle detrazioni.

Il magistrato di sorveglianza sarà obbligato a verificare la presenza dei requisiti necessari per la concessione dei benefici premiali (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare o analoghi).

Servizio di volontariato

In sede di esame in Commissione è stato introdotto anche il nuovo art. 10 bis che prevede per il condannato che non offra garanzie di reinserimento lavorativo, la possibilità di svolgere un servizio di volontariato o di utilità sociale senza remunerazione.

Minori e tossicodipendenti nelle comunità

I minori e i tossicodipendenti verranno trasferiti dalle carceri alle comunità sia per porre rimedio al sovraffollamento carcerario che perché necessitano di cure particolari.

Niente giustizia riparativa al 41-bis

Per i detenuti  al 41 bis, il carcere destinato a terroristi e mafiosi, infine, nessun accesso alla giustizia riparativa.

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Come cambia il processo in Cassazione La legge di conversione del dl Infrastrutture che prevede interventi urgenti di interesse strategico e modifiche al processo penale è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 21 agosto 2024

Dl Infrastrutture, in vigore la legge che cambia il processo in Cassazione

Ecco come cambia il processo in Cassazione. Il decreto legge n. 89/2024 (recante disposizioni urgenti per le infrastrutture, gli investimenti di interesse strategico, il processo penale e lo sport) approvato dal Governo il 24 giugno scorso è stato convertito in legge il 5 agosto 2024 e la relativa legge di conversione n. 120/2024 e il testo coordinato sono stati pubblicati in Gazzetta il 20 agosto per entrare in vigore il 21 agosto 2024.

Vai al dossier della Camera sul Dl Infrastrutture

Ecco le principali novità:

Processo penale più efficiente

La nuova legge interviene sugli articoli 610 “Atti preliminari” e 611 “Procedimento” del codice di procedura penale per rendere il processo penale in Cassazione più efficiente, prevedendone l’applicazione ai ricorsi che verranno presentati dopo il 30 giugno 2024.

Stop alle udienze pubbliche

La prima modifica riguarda gli atti preliminari del ricorso in Cassazione e in particolare il comma 5 dell’articolo 610 c.p.c che in base alla nuova formulazione assume il seguente tenore: “Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dellarticolo 611”.

Stop quindi alle udienze pubbliche in questa fase del giudizio, il ricorso in Cassazione sarà deciso in Camera di Consiglio senza le parti e non più in udienza, fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 611 c.p.c

Termini ridotti

Dopo questo nuovo periodo il provvedimento aggiunge il seguente “Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima delludienza.”  Nei procedimenti da trattare in camera di consiglio il termine viene portato ad almeno 20 giorni prima dell’udienza.

Camera di consiglio

La modifica che interviene sull’art. 611 c.p.p che si occupa del procedimento in Camera di Consiglio, prevede invece l’aggiunta al comma 1 del periodo in grassetto: “La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare memorie di replica a tre giorni.” Ridotti quindi anche i termini per la presentazione di motivi nuovi e memorie.

Richieste irrevocabili

Il primo periodo del comma 1 ter è invece sostituito dal seguente: “Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127”.

Con questa modifica si riducono invece i termini per la richiesta di trattazione in pubblica udienza o per la richiesta di trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi previsti dal comma 1 bis alle lettere a) e b).

Soppresso infine il comma 1-quinquies che prevede i termini per la notifica o la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza nei procedimenti da trattare in Camera di Consiglio.

Infrastrutture di interesse strategico e sport

Quanto alle infrastrutture, il testo prevede diversi interventi sui settori di carattere strategico.

Si provvede a disciplinare l’aggiornamento dei piani economici e finanziari per le concessioni autostradali, si vuole garantire l’operatività tempestiva alla società che si occupa della costruzione del ponte sullo stretto di Messina, si razionalizzano compiti e funzioni dei commissari straordinari. Il decreto vuole dare un nuovo impulso al completamento delle opere della rete transeuropea dei trasporti, consentire l’avvio della operatività dell’Autorità per la laguna di Venezia, assicurare la realizzazione e il completamento delle opere stradali, idriche e delle ferrovie regionali, s accelerare gli interventi di bonifica nel sito di Cogoleto Stoppani, intervenire in materia di reperimento e stoccaggio della CO2 istituendo un comitato ad hoc, sostenere gli interventi strutturali della regione Liguria e il completamento del Polo universitario di Ingegneria e rafforza infine l’operatività della fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e dei teatri di Bari.

Il titolo II contiene le norme sugli investimenti di interesse strategico rappresentanti dagli investimenti nel Continente africano, dall’attuazione del Piano Mattei e dalla internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per quanto riguarda, infine, lo sport la nuova legge prevede la proroga di un anno della soppressione del vincolo relativo ai tesseramenti giovanili.

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pec efficace ufficio chiuso

Pec efficace anche se l’ufficio è chiuso La Cassazione chiarisce che l'invio via pec si considera efficace anche se l'ufficio è chiuso in base alla data di ricezione

Deposito telematico

Anche se l’ufficio è chiuso, l’invio via pec è da considerarsi efficace in base alla data di ricezione entro le 24 ore dalla scadenza, mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un termine perentorio, occorre tenere conto della conoscenza effettiva dell’atto che avviene nell’orario di apertura dell’ufficio al pubblico. Lo ha chiarito la seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 28067/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza di primo grado ritenendo superato il termine per il deposito della stessa.

L’imputato adiva la Cassazione denunciando, tra l’altro, inosservanza della legge processuale prevista a pena di decadenza (art. 606, comma 1, lett. c, ni riferimento agli artt. 585, comma 1, lett. a, cod. proc. pen. e 87 bis, comma 1, ultima parte del d.lgs. 150/2022), per avere la Corte di merito stimato intempestiva l’impugnazione della sentenza di primo grado, nonostante l’atto di appello fosse stato trasmesso a mezzo p.e.c., come consentito dall’art. 87 bis, cit., e pervenuto presso la Cancelleria del giudice a quo entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile per il deposito dell’impugnazione.

Il processo telematico

Per gli Ermellini, il ricorso è ammissibile e fondato giacchè iI giudice dell’impugnazione non ha tenuto conto del fatto che l’atto era stato trasmesso tempestivamente (a normativa vigente) dal difensore dell’imputato. Il processo telematico (non ancora completamente attuato), proseguono dalla S.C. “trova però già nella legislazione d’urgenza legata ai recenti eventi pandemici il suo archetipo attuativo: cessata l’efficacia della normativa emergenziale al 31 dicembre 2022, il legislatore è intervenuto con la legge 03 dicembre 2022, n. 199 (di conversione del d.l. n. 162/2022), introducendo il comma 6 -bis all’art. 87 d.lgs. n. 150/2022 che riproduce in sostanza la vecchia disciplina emergenziale sul deposito telematico degli atti e prevede che il deposito di essi si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento”. Per cui, “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”. E allo stato, “questa è la disciplina in vigore per li deposito degli atti, fino a quando non diventeranno concretamente operative le nuove disposizioni del processo penale telematico. L’art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022, a sua volta introdotto dall’art. 5 quinquies della legge n. 199/2022, al comma 1, stabilisce – infatti – che, fino a quando non diventeranno operative le disposizioni sul processo penale telematico ovvero fino a quando, prima di quel momento, non divenga possibile l’inserimento di quello specifico atto nel portale telematico (nel qual caso non sarà più consentito li deposito a mezzo PEC), per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell’articolo 87, comma 6 – bis, e da quelli individuati ai sensi del comma 6 – ter della medesima disposizione, «è consentito li deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Irrilevante l’apertura al pubblico dell’ufficio

L’appello spedito a mezzo p.e.c. entro le ore 24.00 del quindicesimo giorno dal deposito della sentenza accompagnata da motivazione contestuale doveva, pertanto, certamente ritenersi tempestivo. Nè può, in contrario, proseguono i giudici, ” esser considerato l’unico arresto in apparente, ma non effettivo, dissenso (Sez. 6, n. 8599 del 2/12/2021, dep. 2022, Rv. 283105, in motiv., sub 5. e 5.2., pag. 5 e ss.), che sembrerebbe valorizzare l’orario di apertura al pubblico dell’ufficio giudiziario”. Tale ultima sentenza si riferisce, infatti, “alla differente fattispecie processuale che mette in stretta sequenza connettiva, li termine utile per l’impugnazione incidentale nel sub-procedimento cautelare (le ore 24.00 del giorno ultimo) e il dies a quo di decorrenza del termine indicato al comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen. Tale ultima pronuncia prende in considerazione, infatti, ai fini della tempestività dell’istanza di riesame, la data e l’ora di ricezione telematica (le ore 24 dell’ultimo giorno utile dei dieci concessi dal legislatore processuale); mentre ai fini della tempestività della trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente (5 giorni) individua il dies a quo, in quello in cui la Cancelleria (secondo l’orario di apertura al pubblico, che solo in questo caso riprende a spiegare effetti procedimentali) ha preso lettura della comunicazione, inviata a mezzo p.e.c. in ora di chiusura al pubblico dell’ufficio”.

Si tratta di profili, si legge in motivazione, “che nell’ambito del sistema normativo delineato dal legislatore processuale sono connessi e complementari, nel senso che al deposito tempestivo della richiesta nella cancelleria del Tribunale consegue, di solito, la conoscenza dell’impugnazione da parte dello stesso Tribunale e, quindi, il decorso del termine previsto per la trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente; momenti che, tuttavia, possono non coincidere a seguito della entrata in vigore della legge n. 176 del 2020 (il cui principio ha poi trovato conferma nella disciplina attualmente vigente), giacché è possibile che l’istanza sia utilmente ‘trasmessa’ in un dato giorno (entro le ore 24, in orario di chiusura al pubblico dell’ufficio giudiziario), ma che della stessa l’ufficio venga obiettivamente a conoscenza il giorno successivo (quando l’ufficio si apre al rapporto col pubblico)”.

In tali casi, dunque, “il termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non può che decorrere da quando l’atto che innesca la sequenza procedimentale che il legislatore intende sollecitare è ‘conosciuto’, cioè dal momento in cui l’ufficio viene a conoscenza della richiesta di riesame. Diversamente, la reale estensione del termine perentorio (5 giorni) del sub-procedimento dipenderebbe da variabili rimesse alla mera volontà dell’istante, che trasmettendo l’atto per via telematica in orario in cui certamente l’ufficio non è aperto al pubblico (ad es. oltre le ore 20) provocherebbe la riduzione di un giorno del termine perentorio previsto dalla legge per la tempestiva trasmissione degli atti”.

Il principio di diritto

Il principio che orienta la fattispecie, conclude quindi la Cassazione, può pertanto essere declinato nei seguenti termini: “L’estensione oraria (ore 24.00) del termine utile per proporre impugnazione per via telematica spiega effetti in relazione all’attività ricettiva dell’amministrazione; mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un dato termine perentorio, per effetto della tempestiva presentazione dell’istanza, non può che tenersi conto della conoscenza effettiva dell’atto che innesca il procedimento e, dunque, dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio”.
Da qui, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

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omessa notifica fissazione udienza

Omessa notifica fissazione udienza: scatta la nullità La Cassazione ricorda che l'omessa notifica dell'avviso della fissazione dell'udienza integra una nullità di ordine generale

Mancata comunicazione udienza

L’omessa notifica dell’avviso della fissazione dell’udienza integra una nullità di ordine generale assoluta e insanabile. Così la prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 22266/2024 decidendo il ricorso di un condannato avverso l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza. 

La vicenda

L’uomo eccepiva la nullità del provvedimento per omessa notifica dell’avviso dell’udienza camerale (allo stesso e al difensore). La mancata conoscenza del procedimento, sosteneva, “avrebbe determinato l’assenza dell’interessato e del proprio difensore di fiducia, per come desumibile dal verbale di udienza”.
Per la Cassazione, il ricorso è fondato.

Il principio di diritto

Dall’esame della documentazione risultava effettivamente che l’udienza era stata tenuta nonostante l’omessa notifica del decreto di citazione al condannato e al suo difensore. “E’ stata preclusa al ricorrente – afferma quindi la S.C. – ogni difesa, in violazione del diritto al contraddittorio”.
Deve, pertanto, essere fatta applicazione del principio, consolidatosi per effetto dell’intervento delle Sezioni Unite, per cui «l’omessa notificazione dell’avviso della fissazione dell’udienza, in quanto equiparabile al
decreto di citazione nel procedimento ordinario e attinente all’intervento dell’interessato e alla sua assistenza tecnica, integra una nullità di ordine generale, assoluta e insanabile, dell’udienza e degli atti successivi, compresa l’ordinanza conclusiva, ai sensi del combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lett. C), e 179, comma 1, cod. proc. pen.» (tra le altre, Sez. U, n. 24630/2015, n. 2418/1998).

L’annullamento, concludono gli Ermellini, deve essere disposto con rinvio in adesione all’orientamento
più recente secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, ove li provvedimento impugnato sia affetto da nullità assoluta per violazione del contraddittorio, deve disporsi l’annullamento con rinvio, dovendosi applicare la regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 623, comma 1, lett. b) e 604, comma 4, cod. proc. pen., che prevede l’adozione di tale provvedimento qualora venga accertata una causa di nullità ex art. 179 cod. proc, pen.» (cfr., tra le altre, Cass. n. 14568 del 21/12/2021).

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phishing

Phishing: cos’è e come tutelarsi Phishing: truffa informatica che sfrutta le paure dei navigatori del web per rubare i dati e mettere in atto diversi illeciti penali

Phishing: cos’è

Il phishing è un attacco informatico che ha la finalità di rubare i dati e le informazioni personali dei navigatori di Internet.

Il phishing inganna psicologicamente l’utente, sfruttando i suoi timori, per sottrargli ad esempio i dati di accesso ai conti correnti o ai documenti di identità. Il criminale impiega poi questi dati per compiere illeciti penali, senza che la vittima se ne accorga, salvo nel momento in cui si sente accusare di condotte penalmente rilevanti.

Come si realizza

Il mezzo preferito per carpire le informazioni altrui è senza dubbio la posta elettronica.

In genere le e-mail presentano un logo o un indirizzo che richiama quello di enti od organizzazioni attendibili, come istituti di credito o servizi postali. Per rubare i dati le e-mail segnalano di solito l’esistenza di un problema di sicurezza relativo all’account della banca o della posta di cui la vittima è titolare. C’è quindi un invito a cliccare un link per la risoluzione del problema. L’utente è quindi portato a inserire i propri dati personali, che vengono immediatamente indirizzati sul sito falso del criminale. Una volta che l’utente entra nel sito del cracker subisce in genere anche un danno al proprio divella a causa di virus, trojan e malware.

Phishing: quali reati può configurare

Il phishing è quindi una condotta illecita che può realizzare diverse fattispecie criminose.

Il primo è il reato di sostituzione di persona contemplato dall’articolo 494 c.p. C’è poi l’accesso abusivo in un sistema informatico o telematico previsto e disciplinato dall’articolo 615 ter c.p. La condotta però può anche configurare il reato di falsificazione di comunicazione telematica di cui all’articolo 617 sexies c.p, la truffa di cui all’articolo 640 c.p o la frode informatica punito dall’articolo 640 ter c.p. L’articolo 167 del Codice in materia di protezione dei dati personali contenuto nel decreto legislativo n. 196/2003 e riformato per adeguare questo testo di legge al regolamento UE 2016/679 punisce infine il trattamento illecito di dati che prevede l’intervento del PM e del Garante Privacy.

Come tutelarsi

La prima strategia per evitare che i dati personali vengano rubati per commettere illeciti consiste nel prestare molta attenzione alla creazione dei datti, ma soprattutto al loro utilizzo e alla loro diffusione.

Occorre poi stare attenti al tono di email e SMS. Il phishing, come anticipato, sfrutta le paure degli utenti della rete, per cui tendono ad avere sempre un tono allarmistico.

Prima di aprire una e-mail è sempre bene controllate l’indirizzo del mittente. In genere è possibile rendersi conto subito che si tratta di indirizzi fasulli.  Questi indirizzi e-mail infatti spesso non contengono neppure il nome dell’ente o della banca che lo invia e, se lo contengono, presentano caratteri particolari, da cui è facile intuire che non sono ufficiali.

Una volta aperta la e-mail evitare di aprire qualsiasi link contenuto al suo interno. Per un controllo veloce è possibile passare il mouse sopra il link o inserirlo nella barra in cui si inserisce l’indirizzo del motore di ricerca.

Un altro aspetto molto importante da considerare è rappresentato dalla connessione. Meglio scegliere connessioni sicure ed evitare connessioni Wi-Fi sconosciute o senza password. Verificare inoltre la presenza del protocollo HTTPS e il nome del dominio.

Come sporgere denuncia

Le vittime del raggiro tramite il phishing che hanno subito il furto dei propri dati possono fare denuncia attraverso il servizio dedicato del sito Commissariato della Polizia di Stato.

Lo sportello per la sicurezza degli utenti del web può essere utilizzato per denunciare o segnalare tutta una serie di reati informatici come il phishing appunto, ma anche il cyberbullismo, il romance scam, la violazione del diritto d’autore, lo spamming, il cyberstalking, la pedofilia online, il cyberstalking e tante altre condotte criminali online.

La denuncia che viene inviata tramite questo sito è seguita dall’apertura di un fascicolo, che viene poi inviato alla Procura della Repubblica per poter procedere.

detenuto farsi sopracciglia

Il detenuto non può farsi le sopracciglia Il presunto diritto all'estetica è mero interesse di fatto privo di tutela vista la pericolosità dello strumento vietato in tutti gli istituti

Carcere duro

Non lede il diritto alla cura della persona negare al detenuto al carcere duro la possibilità di tenere delle pinzette per sopracciglia in metallo anzichè di plastica. Così la prima sezione penale della Cassazione con sentenza n. 22967/2024.

La vicenda

Nella vicenda, un detenuto presso la Casa Circondariale di Spoleto in regime di sorveglianza speciale ex art. 41 bis ord. pen., presentava reclamo avverso il diniego oppostogli per ragioni di sicurezza dal D.A.P. alla richiesta di acquistare una pinzetta per ciglia in metallo, in luogo di quella in plastica che gli era consentito di detenere.
Il magistrato di sorveglianza rigettava il reclamo «trattandosi di oggetto non consentito per ragioni di sicurezza e preso atto che non viene in evidenza la violazione di diritti».
Il difensore dell’uomo presentava reclamo ex art. 35 bis ord. pen., evidenziando che la giurisprudenza di merito aveva in più occasioni valutato positivamente la possibilità di consegnare ai soggetti ristretti in regime ex art. 41 bis ord. pen. pinzette in metallo.
Il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, tuttavia, rigettava il reclamo, rilevando che l’art. 6 della circolare D.A.P. .n 3676/1626 autorizzava l’uso di pinzette esclusivamente in plastica, ritenendo potenzialmente pericolose quelle in metallo, e ritenendo altresì che non venissero in rilievo né concreti pregiudizi al diritto alla salute nè irragionevoli disparità di trattamento, poiché le pinzette in metallo erano state ritirate a tutti i detenuti.

Il ricorso

La questione approdava innanzi al Palazzaccio, dove l’uomo, per il tramite del proprio difensore, si doleva della carenza di motivazione del provvedimento, “non essendo stata fornita risposta alle doglianze articolate in sede di reclamo, relative all’inefficacia dello strumento in plastica fornito dal’Amministrazione penitenziaria, «ritenuto insufficiente a sopperire alle esigenze di igiene personale», all’assenza di pericolosità dello strumento in metallo, soprattutto ove si consideri che ai detenuti è consentito detenere rasoi e forbicine, ed alla circostanza che in più occasioni la giurisprudenza di merito ha valutato positivamente la possibilità di consegnare ai soggetti ristretti al 41 bis pinzette in metallo”.

Diritto all’estetica privo di tutela

Per gli Ermellini, il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi. Intanto, premettono i giudici la circolare 2017 del DAP citata prevede espressamente che ai detenuti possono essere consegnate esclusivamente pinzette in plastica. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di statuire che “non è configurabile la lamentata violazione di legge per la lesione del diritto alla salute derivante dalla impossibilità di attendere ala cura della persona, mancando li potere dell’Amministrazione di limitare l’uso di tali strumenti non diversi da altri, parimenti pericolosi, ma pur tuttavia ammessi (cfr. Cass. n. 32947/2022).

Il provvedimento impugnato, proseguono da piazza Cavour, “non ha confuso il diritto alla salute con un presunto diritto alla estetica della persona. Si tratta, infatti, di un mero interesse di fatto, privo di tutela; invero, con l’impugnazione non si contesta che l’introduzione di tali strumenti è vietata, per ragioni di sicurezza, in tutti gli istituti; si tratta di una legittima misura precauzionale da cui non deriva alcuna lesione di diritti soggettivi”.

La decisione

Appare, quindi, evidente che, nel caso di specie, concludono dalla S.C., “non sussiste una situazione soggettiva tutelabile, né una concreta lesione di un diritto soggettivo e che quindi avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza non poteva essere proposto reclamo al Tribunale di sorveglianza e neppure ricorso per cassazione”.
Per cui il ricorso è inammissibile con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento oltre a versare 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.

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riforma penale nordio legge

Legge Nordio: in vigore dal 25 agosto In vigore dal 25 agosto la legge Nordio sulla giustizia che interviene sulle intercettazioni, elimina l’abuso d’ufficio e modifica l’informazione di garanzia

Legge Nordio in vigore dal 25 agosto 2024

La legge Nordio, il disegno di legge per la riforma della giustizia  presentato dal Ministro della giustizia Carlo Nordio é in vigore. La Camera ha approvato in via definitiva il testo nella mattinata di mercoledì 10 luglio 2024. Il testo (legge n. 114/2024) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 agosto per entrare in vigore il 25 agosto.

Dall’abuso d’ufficio alle intercettazioni: le novità

Il testo, che interviene sul codice penale, sul codice di procedura penale, sull’ordinamento giudiziario e su quello militare, abolisce il reato di abuso d’ufficio, modifica la disciplina sulle intercettazioni, limitando i poteri di pubblicazione e introduce importanti novità per quanto riguarda il reato di traffico di influenze illecite. Analizziamo le novità più significative della riforma Nordio.

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Eliminato il reato di abuso d’ufficio

L’eliminazione del reato di abuso d’ufficio contenuto nell’articolo 323 del Codice penale e commesso dai pubblici ufficiali o dai soggetti incaricati dello svolgimento di un pubblico servizio  rappresenta una delle modifiche più significative del disegno di legge, approvata dalla Camera diversi giorni prima dell’approvazione definitiva.

Modificato il reato di traffico di influenze illecite

Il reato contemplato dall’art. 346 bis c.p subisce delle restrizioni applicative, lo stesso viene limitato infatti alle condotte particolarmente gravi. La pena minima viene innalzata a un anno e sei mesi e le relazioni tra mediatore e pubblico ufficiale devono essere “utilizzate, non vantate. L’utilità data o promessa al posto del denaro infine deve essere solo economica.

Intercettazioni: limiti alla pubblicazione

Il testo prevede una maggiore tutela per le comunicazioni che intercorrono tra il difensore e l’imputato. L’autorità giudiziaria non potrà acquisire le comunicazioni tra i soggetti suddetti, fatta eccezione per la corrispondenza, a meno che non ritenga che si tratti di corpo del reato.

Introdotto il divieto di pubblicazione, anche solo di una parte del contenuto delle intercettazioni, qualora non venga riprodotto dal giudice all’interno della motivazione di un provvedimento giudiziale o impiegato nel dibattimento.

Impossibile infine il rilascio di copie delle intercettazioni quando non possono essere pubblicate, se la domanda proviene da un soggetto terzo rispetto al difensore e alle parti a meno che i risultati delle intercettazioni debbano essere utilizzati in un altro procedimento.

Informazione di garanzia

Nell’informazione di garanzia si dovrà descrivere il fatto in modo sommario, indicando data e luogo del reato. La pubblicazione sarà vietata fino a quando non saranno concluse le indagini preliminari e la notifica dovrà essere effettuata in modo da tutelare l’indagato da conseguenze improprie.

Interrogatorio preventivo rispetto alla misura cautelare

La persona sottoposta alle indagini verrà sottoposta all’interrogatorio preventivo nei casi in cui on sia necessario  adottare un provvedimento cautelare a sorpresa, al fine di garantire il principio del contraddittorio preventivo. Qualora si renda necessaria l’applicazione della misura cautelare in carcere durante lo svolgimento delle indagini preliminari la decisione dovrà essere adottata collegialmente.

Limiti all’appello del PM

La riforma prevede che il pubblico Ministero non possa appellare le sentenze di proscioglimento emesse in relazione a reati di “contenuta gravità”, come quelli individuati dall’art. 550 c.p.p per i quali è prevista la citazione diretta.

Ordinamento giudiziario e magistrati

In virtù della novità rappresentata dalla composizione collegiale del giudice per le indagini preliminari vengono modificate le tabelle infradistrettuali e i criteri per l’assegnazione degli affari penali.

Aumenta il numero dei magistrati destinati alle funzioni giudicanti di primo grado.

Per scongiurare il rischio di nullità per i processi i mafia e di terrorismo si recisa che il limite di età di 65 anni stabilito per i giudici popolari delle Corti di Assise si riferisce al momento in cui il giudice viene chiamato per prestare servizio all’interno del collegio.

Ordinamento militare

Con la riforma l’avanzamento di carriera dei militari non sarà ostacolato in caso di rinvio a giudizio ma solo se raggiunto da una sentenza di condanna di primo grado in quanto primo atto di condanna, purché non definitivo.