inps in videochiamata

INPS in videochiamata: come funziona il nuovo servizio dall’1 luglio Come funziona il nuovo servizio sperimentale INPS in videochiamata disponibile dal 1° luglio 2025: vantaggi, sedi coinvolte e come prenotare l’appuntamento online

INPS in videochiamata: servizio dall’1 luglio

INPS in videochiamata: dal 1° luglio 2025, l’INPS inaugura una fase sperimentale del servizio di videochiamata con i cittadini. L’iniziativa, come annunciato nel messaggio n. 1979/2025, rientra in un più ampio progetto di innovazione digitale pensato per semplificare l’accesso alle informazioni e alle pratiche, riducendo i tempi di attesa e gli spostamenti verso gli sportelli fisici.

La sperimentazione riguarderà inizialmente un numero selezionato di sedi e sportelli, con l’obiettivo di estendere progressivamente il servizio a tutto il territorio nazionale.

Cosa offre il nuovo servizio di videochiamata

La videochiamata INPS introduce un’interazione più diretta e completa rispetto alla tradizionale assistenza telefonica, permettendo di vedere e parlare con un operatore qualificato in tempo reale.

Tra i principali vantaggi del servizio:

  • Accessibilità totale: basta un dispositivo (PC, tablet, smartphone) con connessione internet e videocamera per collegarsi da qualsiasi luogo.

  • Appuntamenti strutturati: ogni sessione dura 20 minuti, con possibilità di estensione se necessario.

  • Riduzione dei tempi di attesa: il collegamento è rapido e senza code.

  • Facilità d’uso: la piattaforma è intuitiva e pensata anche per chi ha poca dimestichezza con il digitale.

  • Assistenza personalizzata: puoi parlare con un operatore specializzato su pensioni, NASpI, invalidità civile e altre pratiche.

  • Scambio sicuro di documenti: durante la chiamata puoi inviare o ricevere documenti ufficiali che verranno protocollati.

  • Chat integrata: una live chat testuale consente di scrivere eventuali domande.

  • Benefici ambientali: meno spostamenti significano minori emissioni di CO2.

Come prenotare la videochiamata

Per utilizzare la nuova modalità di assistenza è necessario prenotare un appuntamento nel giorno dedicato dalla sede INPS sperimentale.

Le modalità di prenotazione sono diverse:

  • Accedi al sito inps.it e usa la funzione “Prenota un appuntamento” nell’area MyINPS.

  • Utilizza l’app INPS Mobile nella sezione “Sportelli di sede”.

  • Chiama il Contact Center:

    • Numero gratuito da rete fissa: 803164

    • Da cellulare (a pagamento): 06164164

  • Rivolgiti direttamente agli sportelli di prima accoglienza delle sedi INPS.

Il giorno della videochiamata, troverai il link per avviare la sessione tra le notifiche della tua area personale MyINPS. Non è necessario installare software aggiuntivi.

Dove parte la sperimentazione

La sperimentazione coinvolge una selezione di sedi INPS che offrono giornate dedicate al servizio di videochiamata. L’elenco completo e aggiornato è disponibile sul portale istituzionale nella pagina dedicata agli sportelli in videochiamata.

Guide e assistenza

Per facilitare l’uso del nuovo servizio, l’INPS mette a disposizione (nella sezione “Sportelli di sede” e “Contatti” sul sito ufficiale):

  • Un tutorial PDF dettagliato consultabile online.

  • Un breve video di presentazione che spiega come prenotare e avviare la videochiamata.

naspi 2025

NASpI 2025: nuovo requisito contributivo per chi si dimette Dal 1° gennaio 2025 cambia l’accesso alla NASpI: introdotto un nuovo requisito contributivo per chi ha lasciato volontariamente un lavoro a tempo indeterminato. L'INPS chiarisce le modifiche apportate dalla legge di bilancio

Nuove regole NASpI 2025

La circolare INPS n. 98 del 2025 ha chiarito le modifiche apportate all’articolo 3 del d.lgs. n. 22/2015 dalla Legge di Bilancio 2025, introducendo un nuovo requisito contributivo per accedere alla NASpI, applicabile agli eventi di disoccupazione avvenuti dal 1° gennaio 2025.

NASpI dopo le dimissioni: servono 13 settimane di contributi

Chi ha interrotto volontariamente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (per dimissioni o risoluzione consensuale) nei 12 mesi precedenti alla nuova disoccupazione, dovrà dimostrare almeno 13 settimane di contribuzione maturate tra i due eventi per accedere alla NASpI.

Dimissioni escluse dalla nuova regola

Non tutte le cessazioni volontarie sono penalizzate. Restano escluse le ipotesi in cui il lavoratore ha diritto alla NASpI senza ulteriori requisiti contributivi, ovvero:

  • dimissioni per giusta causa;

  • dimissioni durante il periodo tutelato di maternità o paternità;

  • risoluzione consensuale avvenuta nell’ambito della procedura di conciliazione ex art. 7 legge n. 604/1966.

Che tipo di rapporti di lavoro sono coinvolti?

Il nuovo requisito si applica alle cessazioni volontarie da rapporti a tempo indeterminato. Tuttavia, la cessazione involontaria successiva, che dà titolo alla NASpI, può riferirsi a rapporti sia a tempo indeterminato che a tempo determinato.

Contributi validi per maturare il requisito NASpI

Sono ritenuti utili ai fini del calcolo delle 13 settimane:

  • i contributi obbligatori versati durante rapporti di lavoro subordinato;

  • i contributi figurativi per maternità obbligatoria se già iniziata con contribuzione attiva;

  • i congedi parentali indennizzati in costanza di lavoro;

  • i periodi di lavoro svolti all’estero in Paesi UE o convenzionati con l’Italia;

  • fino a 5 giorni l’anno di astensione per malattia dei figli sotto gli 8 anni;

  • eventuali settimane agricole, se comprese nel periodo tra la cessazione volontaria e quella involontaria, che sono anch’esse cumulabili.

Il calcolo dell’importo e della durata resta invariato

È importante sottolineare che il nuovo requisito introdotto riguarda solo l’accesso alla prestazione. La misura e la durata della NASpI non subiscono modifiche e continuano ad essere determinate secondo le regole previgenti.

indennità di discontinuità

Indennità di discontinuità: guida e istruzioni INPS Quali sono i nuovi requisiti, le modalità di accesso e le novità per l’indennità di discontinuità secondo la circolare INPS n.101/2025

Cos’è l’indennità di discontinuità (IDIS)

L’indennità di discontinuità (IDIS) è un sostegno economico introdotto dal D.lgs. n. 175/2023, rivolto ai lavoratori del settore spettacolo iscritti al Fondo Pensioni per i Lavoratori dello Spettacolo (FPLS). Fornisce un supporto durante i periodi di inattività lavorativa, anche per chi mantiene contratti in corso, a differenza della NASpI. 

Novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025

Con la Legge n. 207/2024, in vigore dal 1° gennaio 2025, sono state introdotte importanti modifiche:

  • Reddito massimo: il limite IRPEF annuo è stato rialzato a 30.000 €, da non superare nel periodo precedente; 

  • Requisito contributivo: il numero minimo di giornate accreditate al FPLS si riduce a 51, rispetto alle 60 originarie; 

  • Esclusione dell’obbligo formativo: non è più previsto l’obbligo di partecipazione a percorsi formativi per i richiedenti. 

Requisiti per accedere all’IDIS

Al momento della domanda, il richiedente deve:

  1. Essere cittadino UE o straniero con regolare permesso di soggiorno.

  2. Risiedere in Italia da almeno 12 mesi

  3. Avere reddito IRPEF entro 30.000 €

  4. Aver maturato minimo 51 giornate di contribuzione FPLS (esclusi trattamenti NASpI, ALAS, IDIS)

  5. Ottenere reddito lavorativo prevalentemente da attività FPLS .

  6. Non avere un contratto subordinato a tempo indeterminato nell’anno precedente (intermittente escluso)

  7. Non percepire pensioni dirette

Durata e importo dell’indennità

  • Durata: pari a un terzo delle giornate contributive accreditate nell’anno precedente, fino a un massimo di 312 giornate annue

  • Esclusione contributi: non si detraggono più i periodi già coperti da NASpI o altre indennità

  • Importo giornaliero: corrisposto al 60% del minimale contributivo INPS, senza superarlo

  • Riparametrazione: se le risorse insufficienti, l’INPS calcola l’indennità entro 30 giorni dopo il 30 settembre 

Modalità e tempistiche per la domanda

  • Scadenza: entro il 30 aprile di ogni anno (proroga al successivo giorno non festivo) per l’anno precedente

  • Presentazione: esclusivamente online, tramite sito INPS, patronati o Contact Center.

  • Decadenza: mancata presentazione entro la scadenza comporta decadenza dal beneficio

Cumulabilità con altre misure

L’IDIS non è cumulabile, nell’anno e nelle stesse giornate, con:

  • Indennità NASpI, NASpI anticipata, DIS-COLL, ALAS, ISCRO, DS Agricola, invalidità, maternità, malattia, infortunio, integrazioni salariali 

La circolare INPS 101/2025

La circolare INPS n. 101/2025 definisce le istruzioni per il corretto accesso e calcolo dell’indennità di discontinuità, alla luce delle recenti modifiche della legge di bilancio. Con una soglia reddituale più alta, giornate contributive ridotte e semplificazione formativa, la misura diventa più accessibile, garantendo un sostegno puntuale ai professionisti dello spettacolo.

Per evitare decadenze o errori, è fondamentale rispettare il termine del 30 aprile e verificare con cura i requisiti al momento della domanda.

somministrazione di lavoro

Somministrazione di lavoro: la guida Somministrazione di lavoro: cos’è, normativa, tipologie contrattuali, principali novità 2025, quando la somministrazione è irregolare

Cos’è la somministrazione di lavoro

La somministrazione di lavoro è una forma contrattuale regolata dal diritto del lavoro italiano che consente a un soggetto (agenzia per il lavoro) di assumere un lavoratore per poi “somministrarlo” a un’altra azienda. Questo modello è utilizzato per garantire flessibilità alle imprese e tutele ai lavoratori. La somministrazione di lavoro configura quindi un rapporto triangolare tra:

  • agenzia per il lavoro (somministratore), che assume il lavoratore;
  • lavoratore somministrato, assunto dall’agenzia;
  • impresa utilizzatrice, che ne utilizza le prestazioni lavorative.

L’impresa utilizzatrice non è il datore di lavoro in senso giuridico, ma esercita il potere direttivo e di controllo durante la prestazione.

Normativa di riferimento

Il contratto di somministrazione è regolato principalmente da:

  • Decreto legislativo  n. 81/2015, articoli 30-40;
  • Decreto legislativo n. 276/2003, per alcuni profili ancora vigenti;
  • Direttiva 2008/104/CE sul lavoro tramite agenzia interinale.

Le agenzie autorizzate devono essere iscritte nell’apposito albo dell’ANPAL e possono operare solo se accreditate.

Tipologie di contratto di somministrazione

Il contratto di somministrazione può essere:

1. A tempo determinato

È la forma più diffusa e ha una durata massima di 24 mesi presso lo stesso utilizzatore.

2. A tempo indeterminato (staff leasing)

Il lavoratore è assunto a tempo indeterminato dall’agenzia e messo a disposizione dell’utilizzatore per periodi anche lunghi, superiori ai 24 mesi. Questa forma è ammessa solo nei casi espressamente previsti dalla legge o dai contratti collettivi.

Somministrazione di lavoro: forma contratto

Il contratto di somministrazione deve essere:

  • stipulato per iscritto a pena di nullità;
  • deve contenere elementi essenziali come: identità delle parti, la durata, l’attività richiesta, la sede di lavoro, il livello contrattuale.

Anche il contratto di lavoro tra agenzia e lavoratore deve essere scritto e deve contenere:

  • le condizioni economiche e normative del rapporto di lavoro;
  • la previsione del diritto alla parità di trattamento del lavoratore in somministrazione rispetto agli altri dipendenti;
  • eventuali benefit (es. buoni pasto, premi aziendali).

Parità di trattamento e tutele del lavoratore

Il lavoratore in somministrazione, proprio in virtù del diritto alla parità di trattamnento, ha diritto alle medesime condizioni economiche e normative previste per i dipendenti diretti dell’impresa utilizzatrice (inclusi ferie, malattia, permessi, sicurezza sul lavoro, accesso alla mensa, ecc.).

Ha inoltre diritto alla:

  • formazione professionale da parte dell’agenzia;
  • indennità mensile di disponibilità (se a tempo indeterminato e non assegnato a missione);
  • copertura assicurativa INAIL e previdenziale INPS.

Somministrazione di lavoro: novità 2025 

Nel 2025 sono state apportate modifiche significative al contratto di somministrazione di lavoro ad opera del Decreto Lavoro 2024 (attuativo del PNRR), in particolare:

  • l’utilizzo di lavoratori somministrati a tempo indeterminato è contingentato: non possono superare il 20% dei dipendenti a tempo indeterminato dell’azienda utilizzatrice. Tuttavia, questa limitazione non si applica a categorie specifiche come i lavoratori in mobilità, i disoccupati da almeno sei mesi con sostegno al reddito e i lavoratori svantaggiati;
  • è stata eliminata la possibilità di impiegare lo stesso lavoratore somministrato a tempo determinato per periodi superiori a 24 mesi senza l’effetto di l’instaurare un contratto a tempo indeterminato con l’azienda utilizzatrice;
  • per i contratti a tempo determinato, inclusi quelli in somministrazione, è previsto un limite numerico complessivo: non possono eccedere il 30% dei lavoratori a tempo indeterminato dell’utilizzatore. Anche in questo caso, sono esenti da tale limite i lavoratori somministrati a tempo indeterminato, i disoccupati di lunga durata con ammortizzatori sociali e i lavoratori svantaggiati.

A partire dal 1° luglio 2025, inoltre, conclusa la fase transitoria, non è più possibile stipulare contratti di somministrazione di durata superiore ai 24 mesi. In caso contrario, si costituisce un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Somministrazione irregolare 

Se il contratto di somministrazione viene stipulato senza rispettare le condizioni previste dagli artt. 31, commi 1 e 2, 32 e 33, comma 1, lettere a), b), c) e d), del decreto legislativo n. 81/2021, la somministrazione risulta irregolare (art. 38 d.lgs. 81/2015). In questo caso, il lavoratore può chiedere la constitutio ex tunc del rapporto con l’utilizzatore, con assunzione diretta.

Leggi anche: Collegato Lavoro: cosa prevede

bonus giovani under 35

Bonus giovani under 35: come ottenerlo Bonus giovani under 35: in cosa consiste l'esonero contributo previsto dal decreto Coesione e come presentare domanda

Bonus giovani under 35

Bonus giovani under 35: dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 i datori di lavoro privati possono usufruire di un incentivo contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani che non abbiano mai avuto un contratto stabile. Lo ha previsto il decreto-legge n. 60/2024 (decreto Coesione) e le modalità operative sono state dettagliate nella circolare INPS n. 90 del 12 maggio 2025.

A partire dal 16 maggio 2025, è attivo il modulo telematico per richiedere l’agevolazione sul Portale delle Agevolazioni INPS (ex DiResCo), modificato dall’istituto a partire dal 18 giugno 2025 in conformità alle indicazioni del ministero del Lavoro.

A chi spetta il Bonus giovani 2025

L’incentivo, si ricorda, è rivolto a tutti i datori di lavoro privati (esclusi gli enti pubblici) che assumano, o trasformino un contratto da determinato a indeterminato, giovani che:

  • non abbiano ancora compiuto 35 anni alla data di assunzione;

  • non siano mai stati occupati con contratto a tempo indeterminato, in Italia o all’estero.

Quali sono i vantaggi per le imprese?

Il beneficio consiste in un esonero del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per un periodo massimo di 24 mesi, con un tetto mensile di 500 euro per lavoratore.

Per i datori di lavoro con sede in una delle regioni della Zona Economica Speciale (ZES) Unica per il Mezzogiorno – ovvero Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna – il limite dell’incentivo mensile sale a 650 euro per ciascun lavoratore assunto.

Requisito dell’incremento netto dell’occupazione

A seguito della pubblicazione da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, del decreto interministeriale 11 aprile 2025, che ha definito i criteri e le modalità attuative del Bonus giovani, sono state fornite nuove indicazioni ai fini della legittima fruizione dell’esonero contributivo.

Come richiesto, nello specifico, dalla Commissione europea, la fruizione del bonus, per le assunzioni/trasformazioni effettuate a decorrere dal 1° luglio 2025, è subordinata, come condizione di ammissibilità, al rispetto del requisito dell’incremento netto dell’occupazione.

Pertanto, l’INPS, con il messaggio n. 1935 del 18 giugno 2025, ha comunicato di aver aggiornato sia le procedure attuative che il modulo di domanda in aderenza alle indicazioni fornite.

Chi sono i lavoratori esclusi?

Non rientrano nell’ambito del Bonus:

  • i dirigenti;

  • i lavoratori domestici;

  • i rapporti di lavoro instaurati con contratto di apprendistato.

Come presentare la domanda

Per accedere all’incentivo, è necessario:

  1. accedere al Portale delle Agevolazioni INPS (ex DiResCo);

  2. compilare e inviare l’apposito modulo online disponibile dal 16 maggio 2025;

  3. seguire le istruzioni operative contenute nella circolare INPS n. 90/2025.

 

Leggi anche Decreto coesione: bonus under 35 e donne

dot INPS

DOT INPS: assistente virtuale per aziende e intermediari Come funziona DOT, l’assistente virtuale AI dell’INPS per aziende e intermediari, dove attivarlo e quali servizi consente di gestire in modo semplice e veloce

Cos’è DOT: assistente virtuale evoluto

L’INPS ha lanciato Desktop On Text (DOT), un assistente virtuale basato su intelligenza artificiale, pensato per supportare le aziende e gli intermediari nelle loro interazioni con i servizi dell’Istituto. DOT INPS, novità, comunicata con il messaggio n. 1872 del 13 giugno 2025, rappresenta un significativo passo avanti nel percorso di digitalizzazione dell’ente.

Principali funzionalità di DOT

DOT permette di utilizzare comandi vocali o testuali per aprire, cercare o eseguire funzioni all’interno del portale INPS. Possono essere attivate fineste dedicate e multiple contemporaneamente, rendendo l’esperienza utente fluida e personalizzabile. 

Tra le funzioni già attive:

  • Comunicazione bidirezionale dal Cassetto Previdenziale;

  • Ricerca e download dei moduli ufficiali;

  • Avvio di task guidati (“Smart‑Task”);

  • Accesso diretto alla sezione Imprese e Intermediari

A chi si rivolge

DOT è dedicato a:

  • aziende e Datori di lavoro;

  • consulenti del lavoro, commercialisti e altri intermediari abilitati;

  • associazioni di categoria

Come attivare l’assistente DOT

Due percorsi di accesso:

  1. Cassetto Previdenziale del Contribuente
    Effettua il login con SPID, CIE o CNS e clicca sull’icona DOT presente in basso a destra

  2. Portale INPS – Percorso: Imprese e Liberi Professionisti
    Vai su Esplora Imprese e Liberi ProfessionistiStrumenti, quindi clicca su Desktop Virtuale DOT

Perché usare DOT: vantaggi concreti

  • Rapidità: accesso immediato ai servizi, senza navigazione complessa;

  • Efficienza: task automatizzati e orientati alla semplificazione;

  • Versatilità: gestione multicanale delle finestre di servizio;

  • Flessibilità: supporto sia vocale sia testuale.

L’INPS ha pubblicato un video dimostrativo per mostrare in azione le potenzialità di DOT

Il percorso di innovazione digitale

DOT si inserisce in un processo di trasformazione digitale dell’INPS incentrato su AI, cloud e servizi mobili, volto a rendere più accessibili, intuitivi e automatizzati i servizi pubblici. 

Naspi

Naspi, ferie e riposi contano come giornate di lavoro effettivo La Cassazione chiarisce: per la Naspi valgono ferie e giorni retribuiti come lavoro effettivo. Anche le pause rientrano nel requisito dei 30 giorni

Naspi, il concetto di lavoro effettivo

La Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 15660/2025, ha precisato i criteri interpretativi relativi al requisito delle “trenta giornate di lavoro effettivo” richieste per l’accesso alla NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Secondo la Corte, non solo le giornate di effettiva attività lavorativa, ma anche quelle di ferie e riposi retribuiti contribuiscono al raggiungimento del requisito.

Ferie e pause retribuite: giorni da includere

I giudici hanno ribadito che le giornate in cui il lavoratore è in ferie o in pausa retribuita non interrompono il sinallagma contrattuale. Anche in assenza di attività materiale, l’obbligo retributivo e contributivo permane, rendendo queste giornate giuridicamente assimilabili al lavoro effettivo.

Tali momenti, infatti, sono considerati parte integrante e fisiologica del rapporto di lavoro, finalizzati alla tutela della salute e al recupero psico-fisico del dipendente.

Lavoro effettivo: interpretazione giuridica

La Cassazione ha chiarito che il concetto di “lavoro effettivo” non va interpretato in senso strettamente materiale, cioè come prestazione fisica resa, ma secondo un’accezione giuridica. Conta ogni giornata che dà diritto alla retribuzione e alla contribuzione, a prescindere dalla concreta attività lavorativa svolta.

Naspi: i principi di diritto fissati dalla Cassazione

Nel corpo della sentenza, la Suprema Corte ha espresso due importanti principi di diritto applicabili ai casi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025, in base all’art. 3, comma 1, lett. c), del D.lgs. 22/2015, nella versione anteriore alla riforma della legge n. 207/2024:

  • Sono valide ai fini della Naspi tutte le giornate che comportano retribuzione e contribuzione, comprese ferie e riposi;

  • Non vanno conteggiati i periodi di sospensione del rapporto per cause tutelate dalla legge, che vengono considerati “neutrali” nel computo dei 12 mesi precedenti l’inizio della disoccupazione.

Allegati

Rimborso spese legali

Rimborso spese legali negato al dipendente che si sceglie l’avvocato La Cassazione chiarisce: nessun rimborso delle spese legali per il dipendente comunale che sceglie da solo l'avvocato

Rimborso spese legali dipendenti pubblici

Con l’ordinanza n. 15279 depositata il 9 giugno 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di pubblico impiego contrattualizzato, affrontando il tema del rimborso delle spese legali sostenute da un dirigente di un ente locale assolto in sede penale per fatti connessi all’attività istituzionale.

La decisione

Secondo la Suprema Corte, l’amministrazione non è obbligata a sostenere o rimborsare i costi della difesa tecnica se il dipendente ha provveduto autonomamente a nominare un legale di fiducia, senza averne prima informato l’ente di appartenenza o limitandosi a comunicare successivamente la nomina.

La decisione afferma il principio per cui, nei rapporti di pubblico impiego, la copertura delle spese legali da parte dell’amministrazione richiede una preventiva condivisione della scelta del difensore, oppure la possibilità, per l’ente, di valutarne la congruità. In mancanza di tale condizione, ogni spesa resta a carico personale del dipendente, anche se poi assolto nel merito.

Questo orientamento risponde all’esigenza di garantire un corretto bilanciamento tra la tutela del dipendente pubblico e l’interesse dell’amministrazione a un controllo preventivo sulla spesa.

Il principio

La Suprema Corte in definitiva ha affermato che: «In tema di pubblico impiego contrattualizzato e di oneri di assistenza legale in conseguenza di fatti commessi dal dipendente di un ente locale nell’espletamento del servizio e in adempimento di obblighi di ufficio, l’amministrazione pubblica non è tenuta a rimborsarlo delle spese necessarie per assicurare la difesa legale, ove egli abbia unilateralmente provveduto alla scelta e alla nomina del legale di fiducia, senza la previa comunicazione all’amministrazione stessa, o qualora, dopo avere effettuato la nomina, si limiti a comunicarla al detto ente».

Allegati

bossing

Il bossing Bossing: cos’è, differenze con il mobbing, cosa dice la legge, le tutele per il lavoratore e e sentenze della Cassazione

Cos’è il bossing

Il bossing è una forma specifica di abuso sul luogo di lavoro, in cui le condotte vessatorie provengono direttamente da un superiore gerarchico. Si tratta di un fenomeno sempre più riconosciuto, spesso assimilato al mobbing, ma con caratteristiche e dinamiche proprie che lo rendono particolarmente insidioso e complesso da affrontare.

Il termine bossing deriva dall’inglese “boss” (capo) e si riferisce nello specifico a comportamenti ostili, sistematici e ripetuti nel tempo, messi in atto da parte di un datore di lavoro o superiore gerarchico nei confronti di un lavoratore subordinato.

Le finalità del bossing possono includere:

  • l’allontanamento del dipendente dall’ambiente lavorativo;
  • l’induzione alle dimissioni volontarie;
  • la svalutazione della persona o delle sue competenze;
  • l’esclusione sistematica dalle attività lavorative.

Differenze tra bossing e mobbing

Il mobbing è un comportamento persecutorio sul luogo di lavoro che può essere esercitato da colleghi, superiori o anche da subordinati. Il bossing, invece, è una sottospecie del mobbing, caratterizzata dall’origine verticale dell’azione, ossia dalla posizione di potere di chi la esercita.

Mobbing → può essere orizzontale, ascendente o discendente.
Bossing → è solo discendente e coinvolge sempre un superiore.

Esempi di bossing:

  • assegnazione di compiti dequalificanti o umilianti;
  • isolamento intenzionale del dipendente;
  • richieste impossibili o fuori orario;
  • continue critiche ingiustificate o umiliazioni pubbliche.

Cosa dice la legge sul bossing

L’ordinamento giuridico italiano non prevede un reato autonomo di “bossing”, così come non lo prevede per il mobbing. Tuttavia, le condotte riconducibili a tale fenomeno possono integrare illeciti civili e penali, tra cui:

  • violazione dell’art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore;
  • molestie morali sul luogo di lavoro, che possono essere riconosciute in sede giudiziaria;
  • reati come l’abuso d’ufficio, lesioni personali (art. 582 c.p.), maltrattamenti (art. 572 c.p.) e stalking (art. 612-bis c.p.), a seconda della topologia dei comportamenti.

Le tutele per il lavoratore vittima di bossing

Il lavoratore che subisce bossing ha diritto a una serie di strumenti giuridici di tutela:

1. Tutela in sede civile

Può agire per:

  • il risarcimento dei danni patrimoniali (perdita di reddito, cure mediche) e non patrimoniali (danno morale, biologico);
  • Ottenere la declaratoria di responsabilità del datore di lavoro per violazione dell’art. 2087 c.c.

2. Tutela in sede penale

Se i comportamenti costituiscono reato, è possibile presentare querela nei termini previsti. L’autorità giudiziaria , in questo modo, potrà avviare un procedimento penale contro il superiore.

3. Denuncia all’Ispettorato del lavoro

Il lavoratore può rivolgersi all’Ispettorato territoriale del lavoro, che ha competenza in materia di salute, sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro.

4. Intervento sindacale

I sindacati possono fornire assistenza nella documentazione delle molestie e nell’attivazione di procedure conciliative.

Come difendersi dal bossing

Se si decide di denunciare la condotta del superiore o di agire in sede civile per ottenere il risarcimento del danno è fondamentale raccogliere prove documentali e testimoniali delle condotte vessatorie:

  • email, messaggi, ordini di servizio anomali;
  • testimonianze di colleghi;
  • referti medici o relazioni psicologiche;
  • segnalazioni al medico competente o al RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza).

Per impostare una difesa e tutelare la propria posizione può essere utile rivolgersi invece a :

  • un avvocato giuslavorista esperto nei diritti dei lavoratori;
  • uno psicologo del lavoro o un medico del Servizio Sanitario;
  • un’associazione per la tutela dei lavoratori.

Giurisprudenza della Cassazione

Cassazione n. 35061/2021: confermata la condanna per bossing del datore di lavoro e del capufficio di una dipendente, anche se quest’ultima era stata vittima di vessazioni unicamente da parte del suo superiore gerarchico. La Suprema Corte ha ritenuto responsabile il datore di lavoro per la sua colpevole inerzia di fronte alle condotte persecutorie, evidenziando come le testimonianze avessero accertato una lesione che coinvolgeva sia gli obblighi contrattuali che i diritti fondamentali della lavoratrice, quali la salute e la dignità sul posto di lavoro, tutelati dalla Costituzione. Di conseguenza, l’ammontare del risarcimento per il danno biologico è stato raddoppiato per compensare la sofferenza morale derivante dalla lesione della dignità della dipendente nell’ambiente lavorativo.

Cassazione n. 2012/2017: non si può parlare di “bossing” e, di conseguenza, non sussiste alcun diritto al risarcimento, quando il comportamento del responsabile, pur manifestandosi in modi burberi, bruschi e rozzi, non sia specificamente diretto a un singolo lavoratore “preso di mira”, ma si estenda indistintamente a tutto il personale. In tali circostanze, tali modalità espressive rivelano unicamente un tratto caratteriale del soggetto, per quanto criticabile, senza alcuna intenzione di accanirsi contro un individuo in particolare.

Leggi anche: Il mobbing

lavoro pesante

Il lavoro pesante non è mobbing La Cassazione chiarisce che la mole di lavoro, anche intensa, non costituisce mobbing se rientra nei doveri noti del lavoratore

Mole di lavoro e mobbing

Il lavoro pesante non è mobbing. Con l’ordinanza n. 14890/2025, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che la gravosità delle mansioni assegnate a un lavoratore non integra automaticamente una condotta di mobbing o straining da parte del datore di lavoro, specialmente quando tali compiti rientrano nei doveri tipici della posizione ricoperta e sono noti al prestatore sin dall’instaurazione del rapporto.

Secondo i giudici di legittimità, è legittimo che un superiore imponga un’intensificazione dell’attività lavorativa se ciò è funzionale al perseguimento di obiettivi aziendali prefissati, a condizione che tale condotta non si traduca in atti persecutori, discriminatori o lesivi della dignità personale del dipendente.

Il potere direttivo non è di per sé abusivo

Nel caso esaminato, la Corte ha condiviso le conclusioni dei giudici di merito, che avevano rigettato le accuse di mobbing e straining mosse dal lavoratore. È stato affermato che l’organizzazione del lavoro, incluse le direttive impartite gerarchicamente, rientrava nell’alveo del potere organizzativo e direttivo del datore, esercitato in funzione dell’efficienza aziendale, senza intenti vessatori.

Tale orientamento conferma che il semplice disagio o affaticamento, anche significativo, non è sufficiente a integrare una condotta antigiuridica in assenza di specifici atti ritorsivi o di sistematica emarginazione.

L’onere della prova grava sul lavoratore

La Suprema Corte ha inoltre ribadito un principio cardine in materia di responsabilità datoriale: è il lavoratore che lamenta un danno alla salute a dover fornire la prova del pregiudizio subito, della nocività dell’ambiente di lavoro e del nesso causale tra tali elementi.

Solo al ricorrere di tale presupposto scatta in capo al datore l’obbligo di dimostrare di aver adottato tutte le misure prevenzionistiche idonee a tutelare l’integrità psico-fisica del dipendente, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

Nel caso in oggetto, tuttavia, il dipendente si è limitato a dedurre genericamente la sussistenza di un ambiente stressogeno, senza allegare né documentare elementi concreti e specifici a sostegno delle proprie doglianze. Ciò ha comportato il rigetto delle sue istanze in tutte le sedi di giudizio.

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