processo esecutivo

Il processo esecutivo Il processo esecutivo: guida generale alla fase del processo finalizzata al recupero coattivo di quanto spettante al creditore

Processo esecutivo: definizione e disciplina

Il processo esecutivo è un procedimento che permette al creditore di ottenere coattivamente quanto spettante. Esso si basa su un titolo esecutivo, che può essere rappresentato da una sentenza, da un decreto ingiuntivo, da un accordo di mediazione e non solo. La sua disciplina è contenuta negli articoli 474-632 del Codice di Procedura Civile, aggiornati di recente dal correttivo della riforma Cartabia, in vigore dal 26 novembre 2024.

Presupposti del processo esecutivo

Per avviare il processo esecutivo, occorrono determinati presupposti.

– Un titolo esecutivo (art. 474 c.p.c) rappresentato da una serie di documenti che attestano l’esistenza del diritto, come sentenze, decreti ingiuntivi e atti notarili, che attribuiscano al creditore il diritto di agire in via esecutiva. La nuova formulazione dell’art. 475 c.p.c consente il rilascio del titolo esecutivo necessario ad avviare l’esecuzione anche come duplicato informatico. Ne consegue che, anche ai fini della notifica, possa essere rilasciato il duplicato informatico, in quanto equivalente alla consegna di copia conforme all’originale.

– Un precetto (art. 480 c.p.c) ossia un atto formale con cui il creditore intima al debitore di adempiere entro un termine perentorio. L’atto, in base alla riforma più recente, può anche indicare un indirizzo pec o un domicilio digitale speciale in alternativa alla residenza o al domicilio fiscale eletto.

– Il mancato adempimento, questo perchè, solo se il debitore non paga entro il termine indicato nel precetto il creditore può procedere all’esecuzione forzata.

Tipologie di esecuzione forzata

Il processo esecutivo si articola in tre principali tipologie. E’ importante però precisare che, nell’ottica della digitalizzazione del processo esecutivo, il fascicolo dell’esecuzione che viene formato dal cancelliere, è oggi di tipo informatico. Ma vediamo quali sono le procedure esecutive previste dal codice di procedura civile.

Esecuzione per espropriazione

L’esecuzione per espropriazione forzata risponde ad alcune regole generali (art. 483- 512 c.p.c) e ad altre più specifiche dedicate alle varie tipologie che si vanno a descrivere.

Espropriazione mobiliare (artt. 513-542 c.p.c): si realizza sui beni mobili del debitore. Non tutti i beni del debitore però sono pignorabili. Ve ne sono alcuni infatti assolutamente impignorabili, come l’anello nunziale, i letti, i vestiti e la biancheria, perchè necessari al debitore e alla sua famiglia. Altri beni mobili sono invece relativamente impignorabili, come le attrezzature necessarie alla coltivazione del fondo, che il giudice può escludere dal pignoramento su richiesta del debitore e sentito il creditore.

Espropriazione presso terzi (artt. 543-554 c.p.c): colpisce crediti o beni del debitore presso terzi, come lo stipendio o il conto corrente o beni del debitore che sono in possesso di terzi. Anche in questo caso, la legge pone dei limiti in relazione alla pignorabilità di alcuni beni o crediti. Non possono essere pignorati ad esempio i crediti alimentari (a meno la causa non riguardi gli alimenti), e i crediti che riguardano sussidi di grazia o di sostentamento per i poveri. Sono invece pignorabili, nella misura stabilita dal presidente del tribunale o da un giudice delegato, i crediti per stipendi, salari e indennità relative al rapporto di lavoro.

Espropriazione immobiliare (artt. 555-598 c.p.c): riguarda i beni immobili del debitore, che viene costituito custode dell’immobile, salvo eccezioni, senza alcun diritto a un compenso e senza che lo stesso possa disporre e godere dei suoi beni liberamente. Da segnalare anche l’espropriazione immobiliare di beni indivisi (artt. 599-601) e quella contro il terzo proprietario (artt. 602 – 604).

Esecuzione per consegna o rilascio

Disciplinata dagli artt. 605-611c.p.c, consente al creditore di ottenere la consegna di beni mobili o il rilascio di immobili.  Per questa procedura la legge dispone che il precetto debba contenere la descrizione sommaria dei beni. L’esecuzione per consegna presuppone la notifica di un avviso con cui l’ufficiale giudiziario comunica alla parte, almeno 10 giorni prima, che è tenuta a rilasciare l’immobile, così come l’ora e il giorno in cui procederà.

Esecuzione degli obblighi di fare o non fare

Gli articoli 612-614 c.p.c regolano l’esecuzione forzata di obblighi contrattuali o giudiziali non patrimoniali. La procedura prevede che il giudice dell’esecuzione, su ricorso del creditore, stabilisca le modalità dell’esecuzione e che, con ordinanza, designi l’ufficiale giudiziario addetto alla procedura e le persone che devono procedere alla realizzazione dell’opera o alla distruzione di quella che è stata realizzata.

Fasi del processo esecutivo

Il processo esecutivo si svolge in diverse fasi. Analizziamole distintamente.

Avvio del procedimento

Il processo esecutivo viene avviato con la notifica del precetto da parte del creditore al debitore, per intimargli il pagamento entro un termine prestabilito. Decorso questo termine, se il debitore risulta inadempiente il creditore può avviare il pignoramento, al fine di individuare i beni del debitore da sottoporre a esecuzione.

Intervento dei creditori

Al procedimento esecutivo avviato dal creditore procedente possono prendere parte altri creditori. L’art. 499 c.p.c disciplina i requisiti per l’intervento, stabilendo che possono intervenire i titolari di un credito fondato su un titolo esecutivo, coloro che hanno eseguito un sequestro e i creditori pignoratizi il cui diritto risulta da pubblici registri o da scritture contabili.

Vendita dei beni

La vendita dei beni pignorati viene eseguita in modi diversi a seconda che siano beni mobili o immobili.

La vendita mobiliare, disciplinata dagli articoli 530-538 c.p.c prevede diverse procedure come la vendita senza incanto, a mezzo commissario e all’incanto. Il giudice dell’esecuzione, se la vendita deve essere fatta all’incanto, può affidarne l’esecuzione a un cancelliere, a un ufficiale giudiziario, a un istituto autorizzato, a un notaio, ma anche a un avvocato o a un commercialista.

La vendita immobiliare, disciplinata dagli articoli 569-587 c.p.c, può avvenire mediante asta giudiziaria o nella forma della vendita diretta, come previsto dall’articolo 568 c.p.c, su istanza del debitore a un prezzo inferiore a quello indicato nella relazione di stima. L’ultimo correttivo ha sancito la decadenza dell’aggiudicatario, con incameramento della cauzione e nuovo incanto, in caso di mancato versamento prezzo e di mancata dichiarazione di cui all’art. 585 c.p.c. Il tutto al fine di consentire controlli previsti dalla normativa antiriciclaggio.

Distribuzione del ricavato

Il giudice dell’esecuzione distribuisce il ricavato tra i creditori in base a quanto stabilito in generale  dagli articoli 510-512 c.p.c. La distribuzione del ricavato della vendita risulta particolarmente semplice quando la procedura viene avviata e proseguita da un solo creditore. La procedura risulta invece più complessa quando i creditori che prendono parte all’esecuzione forzata sono diversi. In questi casi infatti è necessario prendere in considerazione le cause legittime di prelazione, previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori senza titolo esecutivo, i cui crediti non sono stati riconosciuti dal debitore.

Opposizioni nel Processo Esecutivo

Il debitore e i terzi, in quanto soggetti “aggrediti” dall’esecuzione, possono proporre due diversi tipi di opposizione per tutelare i propri diritti.

Opposizione allesecuzione (artt. 615-616 c.p.c) per contestare il diritto del creditore di procedere all’esecuzione. Questa opposizione si propone con atto di citazione se l’esecuzione non è ancora iniziata, con ricorso quando è già iniziata.

Opposizione agli atti esecutivi (artt. 617-618 c.p.c) per denunciare i vizi formali degli atti del processo esecutivo. Per contestare la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si procede con atto di citazione. Si procede invece con ricorso se non è stato possibile procedere a dette contestazioni prima dell’inizio dell’esecuzione.

L’ultimo correttivo della Riforma Cartabia, al fine di velocizzare la trattazione delle opposizioni esecutive, ha sancito la riduzione delle metà dei termini per la costituzione dell’attore, del convenuto, per le verifiche preliminari del giudice e per il deposito delle memorie integrative delle parti.

Sospensione e estinzione del processo esecutivo

Come il processo di cognizione, anche quello esecutivo va incontro alla sospensione e all’interruzione.

Sospensione (artt. 623- 628 c.p.c): il giudice sospende il processo in presenza di un’opposizione all’esecuzione o su istanza dei creditori. In presenza di una sospensione del processo esecutivo non è consentito compiere alcun atto esecutivo, a meno che non sia lo stesso giudice dell’esecuzione a disporlo.

Estinzione (artt. 629-632 c.p.c): il processo esecutivo si estingue:

  • per rinuncia del creditore e dei creditori intervenuti;
  • per mancata comparizione delle parti a due udienze successive fissate dal giudice dell’esecuzione;
  • per mancato proseguimento o riassunzione nei termini stabiliti dalla legge;
  • per omessa pubblicazione sul portale delle vendite, a meno che la pubblicità non sia stata possibile per malfunzionamento dei sistemi informatici.

 

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ai act

Intelligenza artificiale: in vigore i divieti dell’Europa AI ACT: in vigore dal 2 febbraio i divieti per i sistemi di intelligenza artificiale, mancano atti linee guida e impianto di governance

AI Act:  divieti in vigore ma normativa incompleta

Dal 2 febbraio 2025 sono in vigore i divieti previsti dall’AI Act, il regolamento dell’Unione Europea sull’intelligenza artificiale. Questo rappresenta un primo passo verso una regolamentazione completa. Nei mesi e anni a venire sarà essenziale completare il quadro normativo e istituzionale, oltre a fornire un supporto adeguato agli operatori del settore per assicurare una corretta applicazione del regolamento.

Cosa stabilisce l’AI Act

L’AI Act costituisce il primo tentativo di regolare l’intelligenza artificiale. Il regolamento adotta un approccio basato sul rischio: quanto maggiore è il rischio di violazione dei diritti umani da parte di un sistema IA, tanto più rigorosi sono i requisiti e gli obblighi imposti.

Il regolamento include una serie di divieti riguardanti l’impiego dell’IA in specifici contesti, come ad esempio:

  • Sistemi di IA che manipolano il comportamento umano o sfruttano le vulnerabilità;
  • Sistemi di IA che classificano le persone in base a caratteristiche sensibili;
  • Sistemi di IA che effettuano riconoscimento facciale in tempo reale in spazi pubblici (salvo alcune eccezioni);
  • Sistemi di IA che valutano il rischio di reati basandosi esclusivamente su profilazioni.

Cosa manca per completare la normativa

Nonostante l’entrata in vigore dei primi divieti, l’AI Act rimane incompleto. Mancano all’appello circa 60 provvedimenti attuativi, tra cui atti esecutivi, atti delegati e linee guida della Commissione. Questi provvedimenti sono necessari per chiarire e specificare le disposizioni del regolamento e offrire indicazioni pratiche agli operatori del settore.

Inoltre, la struttura di governance dell’AI Act non è ancora stata completamente definita, né a livello europeo né nazionale. A livello europeo, l’AI Office è stato formalmente istituito, ma i suoi componenti e sottostrutture sono ancora da definire. A livello nazionale, i singoli Stati membri dovranno istituire proprie autorità nazionali che avranno un ruolo cruciale nella sorveglianza e nell’applicazione del regolamento.

I prossimi passi per implementare l’AI Act

La tabella di marcia dell’AI Act prevede diverse fasi nei prossimi mesi e anni.

Entro il 2 maggio 2025, l’AI Office dovrà elaborare codici di buone pratiche per l’attuazione dei modelli IA generali.

Entro il 2 agosto 2025, gli Stati membri dovranno designare o istituire le autorità nazionali di governance.

Entro il 2 febbraio 2026, la Commissione UE dovrà emanare atti esecutivi per creare piani di monitoraggio post-commercializzazione dei sistemi IA ad alto rischio.

L’applicazione completa del regolamento, inclusi obblighi e sanzioni, è prevista entro il 2 agosto 2026. Entro tale data, gli Stati membri dovranno aver definito criteri per l’applicazione delle sanzioni e altre misure esecutive.

 

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sfratto per finita locazione

Sfratto per finita locazione Sfratto per finita locazione: normativa, procedimento, differenze rispetto alla intimazione di licenza e giurisprudenza

Cos’è lo sfratto per finita locazione

Lo sfratto per finita locazione è un procedimento giudiziario disciplinato dagli articoli 657 e seguenti del Codice di procedura civile, che consente al locatore di ottenere la riconsegna dell’immobile alla scadenza del contratto di locazione. Questo strumento è utilizzato quando l’inquilino, pur essendo giunto a termine il contratto, non rilascia spontaneamente l’immobile.

Lo scopo della procedura è quello di tutelare il proprietario, consentendogli di recuperare rapidamente la disponibilità del bene senza dover avviare una lunga causa ordinaria.

Procedimento di sfratto per finita locazione

Il procedimento di sfratto per finita locazione segue precise fasi

  1. Intimazione di sfratto: per prima cosa il locatore, con l’assistenza di un avvocato, deve notificare all’inquilino un atto di intimazione di sfratto per finita locazione, accompagnato dalla citazione per la convalida dinanzi al Tribunale competente.
  2. Udienza di convalida: il giudice fissa quindi un’udienza, alla quale l’inquilino può:
  • non presentarsi: in questo caso, il giudice convalida lo sfratto e dispone l’ordine di rilascio dell’immobile;
  • opporsi: in presenza di motivi validi. In questo caso il giudice fissa un’udienza di discussione.
  1. Esecuzione dello sfratto: se l’inquilino non libera spontaneamente l’immobile dopo che il giudice ha convalidato lo sfratto e disposto il rilascio entro un preciso termine, il locatore può procedere con l’esecuzione forzata tramite ufficiale giudiziario.

Opposizione dell’intimato

L’inquilino può opporsi all’intimazione di sfratto presentando delle eccezioni valide, tra cui:

  • la nullità della notifica dell’intimazione di sfratto;
  • la proroga legale del contratto;
  • vizi del contratto di locazione;
  • il pagamento di somme arretrate prima dell’udienza (nel caso di cumulo con lo sfratto per morosità). Se il giudice ritiene fondate le motivazioni dell’opposizione, può disporre il rigetto della domanda di sfratto o la concessione di un termine di grazia all’inquilino.

Differenza tra sfratto e intimazione di licenza

Lo sfratto per finita locazione e l’intimazione di licenza per finita locazione sono due istituti simili, ma con una differenza sostanziale.

  • Lo sfratto per finita locazione si attiva dopo la scadenza del contratto, quando l’inquilino rifiuta di lasciare l’
  • L’intimazione di licenza per finita locazione invece viene notificata prima della scadenza del contratto, avvertendo l’inquilino dell’obbligo di lasciare l’immobile alla fine del contratto.

Giurisprudenza sullo sfratto per finita locazione

La giurisprudenza ha più volte chiarito gli aspetti fondamentali dello sfratto per finita locazione.

  • Tribunale di Brescia 18.03.2024: a seguito della riforma Cartabia, la procedura di convalida di sfratto ex art. 657 c.p.c. si applica anche ai contratti di comodato di immobili e di affitto d’ Il giudice ha chiarito che tale procedura non è limitata ai soli contratti di comodato con durata predefinita, ma vale anche per quelli senza termine (precari), in cui la scadenza coincide con la richiesta di restituzione ex art. 1810 c.c. Di conseguenza, è stata respinta l’opposizione del comodatario, che sosteneva l’inapplicabilità dell’art. 657 c.p.c. al suo caso e chiedeva l’applicazione del rito del lavoro ex art. 447-bis c.p.c.
  • Cassazione n. 5955/2023: nel procedimento di convalida di sfratto, l’opposizione dell’intimato ai sensi dell’art. 665 c.p.c. pone fine alla fase sommaria e avvia un nuovo giudizio ordinario. In questo contesto, il locatore può modificare la causa della domanda, mentre il conduttore può sollevare nuove eccezioni e presentare domanda riconvenzionale.
  • Cassazione n. 14624/2017: Un provvedimento di convalida di licenza o di sfratto, emesso senza i presupposti di legge, deve essere impugnato con appello, poiché ha natura decisoria e valore sostanziale di sentenza. La rimessione al giudice di primo grado è possibile solo nei casi previsti dagli artt. 353 e 354 c.p.c. Questo principio vale anche quando la citazione iniziale è nulla per mancato rispetto del termine di comparizione e il giudizio si è svolto in contumacia. In tale ipotesi, non si configura né la nullità della notifica né altre cause di rimessione. Il giudice d’appello deve quindi decidere nel merito, rinnovando gli accertamenti e consentendo al convenuto di esercitare le facoltà processuali precluse in primo grado.

 

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sequestro conservativo

Sequestro conservativo: una guida pratica Il sequestro conservativo nel codice di procedura civile: disciplina, presupposti, effetti,  cauzione, revoca e conversione

Cos’è il sequestro conservativo e come funziona

Il sequestro conservativo è una misura cautelare disciplinata dall’art. 671 del codice di procedura civile. Esso ha la finalità di garantire la soddisfazione del credito del ricorrente, impedendo che il debitore possa sottrarre o disperdere i propri beni, rendendo inefficace un’eventuale futura esecuzione forzata. Questa misura cautelare può riguardare beni mobili, immobili o crediti, e viene disposto dal giudice su richiesta del creditore, quando vi sia il fondato timore che il debitore possa compiere atti di disposizione pregiudizievoli per il soddisfacimento del credito.

Sequestro conservativo su beni mobili e su beni immobili

Il sequestro conservativo sui beni mobili e sui crediti si realizza ai sensi dell’art. 678 c.p.c in base alle norme del pignoramento presso il debitore o presso terzi. Il sequestro conservativo sugli immobili invece, in base a quanto previsto dall’art. 679 c.p.c si esegue con la trascrizione del provvedimento presso l’ufficio del conservatore dei registri immobiliari nel luogo in cui si trovano i beni.

I presupposti per il sequestro conservativo

Affinché il giudice possa concedere questa misura cautelare, devono sussistere due presupposti fondamentali:

  • fumus boni iuris: il creditore deve dimostrare l’esistenza di un credito fondato e non manifestamente infondato;
  • periculum in mora: vi deve essere il concreto rischio che il debitore possa alienare, occultare o disperdere i propri beni, pregiudicando il soddisfacimento del credito.

La richiesta deve essere presentata al giudice competente con un ricorso motivato e corredato delle prove necessarie.

Gli effetti del sequestro conservativo

Il sequestro conservativo produce effetti immediati sui beni del debitore:

  • indisponibilità dei beni: il debitore non può disporre dei beni sequestrati, ossia venderli, donarli o ipotecarli;
  • tutela del creditore: il creditore ottiene una garanzia sulla possibilità di soddisfare il proprio credito al termine del giudizio.

Esso si converte automaticamente in pignoramento nel momento in cui il creditore ottiene una sentenza di condanna nei confronti del debitore.

Cauzione art. 669 undecies c.p.c.

L’art. 669-undecies c.p.c. prevede che il giudice, con il provvedimento di accoglimento, conferma o modifica del provvedimento cautelare, possa imporre all’istante una cauzione, per l’eventuale risarcimento del danno, dopo aver valutato ogni circostanza.  La cauzione bilancia il rischio che il diritto tutelato provvisoriamente non venga poi confermato nel merito. In questo modo si garantisce l’equilibrio per eventuali danni. Il giudice, con potere discrezionale, ne decide imposizione, importo e modalità, sia al momento della concessione che in caso di modifica del provvedimento.

Revoca e conversione del sequestro conservativo

Il sequestro conservativo può essere revocato o convertito in altre misure.

La revoca può essere richiesta dal debitore se vengono meno i presupposti della misura, dimostrando che il periculum in mora non sussiste più.

La conversione invece si verifica se il creditore ottiene una sentenza di condanna nei confronti del debitore. In questo caso la misura cautelare si trasforma automaticamente in pignoramento, consentendo al creditore di procedere all’esecuzione forzata.

 

 

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sfratto per morosità

Sfratto per morosità: guida e modello Cos’è lo sfratto per morosità, come è disciplinato qual è la procedura che consente al locatore di recuperare l’immobile e modello di sfratto

Cos’è lo sfratto per morosità

Lo sfratto per morosità, disciplinato dall’articolo 658 del codice di procedura civile (c.p.c), è una procedura legale che consente al locatore di recuperare l’immobile concesso in locazione qualora il conduttore non paghi i canoni pattuiti. Si tratta di uno strumento rapido e diretto, pensato per tutelare i proprietari di immobili.

Lo sfratto per morosità è un procedimento giudiziario che il locatore può avviare nei confronti del conduttore inadempiente. La morosità si verifica quando l’inquilino non paga il canone di locazione o le spese accessorie previste dal contratto, rendendo possibile il ricorso a questo rimedio per ottenere il rilascio dell’immobile.

Quando si può sfrattare l’inquilino moroso?

Il locatore può richiedere lo sfratto per morosità quando:

  • l’inquilino non paga uno o più canoni di locazione: il ritardo o l’omissione dei pagamenti costituisce morosità, salvo diverse previsioni contrattuali;
  • non vengono versate le spese condominiali o accessorie se specificatamente previste nel contratto.

In genere, il contratto di locazione stabilisce un termine massimo di ritardo tollerabile prima di considerare il conduttore inadempiente.

Chi può agire per lo sfratto?

Lo sfratto per morosità può essere richiesto:

  • dal proprietario dell’immobile;
  • dall’usufruttuario o titolare di altri diritti reali di godimento;
  • dal procuratore legale autorizzato ad agire in nome e per conto del locatore.

Cosa può fare l’inquilino intimato?

Il conduttore che riceve l’intimazione di sfratto ha diverse possibilità.

  • Contestare il provvedimento dimostrando, ad esempio, di aver pagato i canoni richiesti o sollevando altre eccezioni.
  • Sanare la morosità, ossia pagare tutte le somme dovute (canoni arretrati, interessi e spese legali) prima dell’udienza, evitando lo sfratto.
  • Rilasciare spontaneamente limmobile per evitare di dover sostenere ulteriori costi giudiziari e procedurali.

La convalida dello sfratto

L’articolo 658 CPC prevede che, in assenza di opposizione da parte del conduttore, il giudice possa emettere un provvedimento di convalida dello sfratto.

Questo provvedimento ha la stessa efficacia di una sentenza e consente al locatore di avviare l’esecuzione forzata per ottenere il rilascio dell’immobile.

Esecuzione dello sfratto

Se il conduttore non lascia spontaneamente l’immobile, il locatore può procedere con l’esecuzione forzata, che prevede determinati passaggi

Prima di tutto il locatore deve chiedere al giudice un titolo esecutivo per la liberazione dell’immobile.

In seguito interviene  l’ufficiale giudiziario, per notificare al conduttore l’avviso di rilascio.

Per ottenere infine il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, l’ufficiale giudiziario può avvalersi della forza pubblica, se il conduttore non collabora e si oppone al provvedimento.

Giurisprudenza sullo sfratto per morosità

Di seguito alcune massime della Cassazione sullo sfratto per morosità:

  • Cassazione civile n. 17582/2015: nel procedimento di sfratto per morosità, la conferma da parte del locatore della persistenza della morosità è requisito essenziale per la convalida.
  • Cassazione civile n. 3629/2018: dopo la convalida di sfratto, l’assenza dell’intimato o del suo difensore per forza maggiore può derivare da un malore, se improvviso e imprevedibile. Il giudice, con valutazione di fatto insindacabile se motivata, deve accertare il nesso tra la malattia e la mancata comparizione.
  • Cassazione civile sez. un. n. 25478/2021: se un’esecuzione forzata si basa su un titolo giudiziale non definitivo poi annullato, l’opposizione va dichiarata con provvedimento di cessata materia del contendere. Le spese sono assegnate secondo la soccombenza virtuale, valutata sui motivi iniziali dell’opposizione.

Modello di intimazione di sfratto per morosità

Ecco un esempio pratico di atto di intimazione:

Tribunale di [Luogo]
Atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per convalida

Il Sig./La Sig.ra [Nome e Cognome del Locatore], residente in [Indirizzo], rappresentato/a e difeso/a dall’Avv. [Nome e Cognome], con studio in [Indirizzo], espone quanto segue:

Premesso che:

  1. In data [data], le parti hanno stipulato un contratto di locazione per l’immobile sito in [indirizzo], registrato presso [Ufficio].
  2. Il conduttore, Sig./Sig.ra [Nome e Cognome], ha omesso il pagamento dei canoni di locazione per i mesi di [elenco mesi] per un importo complessivo di € [importo], oltre alle spese accessorie pari a € [importo].

Chiede:

  1. Di intimare al Sig./Sig.ra [Nome del Conduttore] di rilasciare l’immobile entro [data].
  2. Di fissare udienza per la convalida dello sfratto.
  3. Di condannare il conduttore al pagamento delle somme arretrate, oltre interessi e spese legali.

Data e luogo,
Il Locatore
[Firma]

 

 

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organismo incompetente mediazione

Organismo incompetente mediazione: l’accordo salva il giudizio Organismo incompetente mediazione: la domanda è improcedibile, solo se le parti si accordano per un’altra sede il giudizio è salvo

Organismo incompetente mediazione

La sentenza emessa dal Tribunale di Vasto, giudice Fabrizio Pasquale, l’11 dicembre 2024 ha dichiarato improcedibile la domanda di risarcimento danni presentata contro un geometra a causa dell’incompetenza territoriale dell’organismo di mediazione adito. Nel decidere la questione di rito il tribunale sottolinea l’importanza di rispettare i criteri di competenza territoriale nella scelta dellorganismo di mediazione, pena l’improcedibilità dell’azione giudiziale. L’attore, avendo presentato l’istanza a un organismo incompetente, ha visto infatti rigettata la propria richiesta senza poter entrare nel merito. Solo l’accordo tra le partirebbe potuto salvare il giudizio.

Richiesta risarcitoria per responsabilità professionale

L’attore ha convenuto in giudizio il geometra incaricato della redazione di un frazionamento catastale, ritenuto responsabile di errori tecnici che avrebbero causato lesito sfavorevole di un altro contenzioso civile in cui l’attore era coinvolto. In particolare, l’attore ha richiesto un risarcimento danni di 60.000 euro, sostenendo che la perizia errata del geometra avesse influenzato negativamente le decisioni nei giudizi civili contro altri eredi in una controversia possessoria. Il convenuto ha contestato ogni addebito, chiedendo il rigetto della domanda.

Eccezione di improcedibilità

Alla prima udienza il geometra ha sollevato uneccezione preliminare di improcedibilità della domanda, sostenendo che il tentativo di mediazione obbligatorio era stato svolto dinanzi a un organismo territorialmente incompetente, in violazione dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010.

Il giudice ha quindi limitato il dibattito alla sola questione preliminare relativa alla validità della mediazione e ha fissato un’udienza per decidere su tale punto.

Competenza territoriale organismo di mediazione

Dalla documentazione è emerso che l’attore aveva avviato la mediazione presso lorganismo della Camera di Commercio di Chieti-Pescara, con sede a Pescara. Tuttavia, il giudice ha sottolineato che:

  • il foro competente per la controversia era il Tribunale di Vasto;
  • l’organismo di mediazione avrebbe dovuto avere una sede nel circondario del tribunale territorialmente competente;
  • il D.Lgs. n. 28/2010 prevede che la mediazione sia effettuata presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente, salvo accordo tra le parti, che in questo caso non era stato raggiunto.

Ne è derivata la conclusione che la procedura di mediazione era stata svolta in violazione della legge e non poteva considerarsi valida ai fini della procedibilità della domanda.

Dichiarazione di improcedibilità: conseguenze

Secondo la giurisprudenza prevalente, la presentazione della domanda di mediazione a un organismo territorialmente incompetente comporta limprocedibilità dellazione giudiziale, poiché la condizione di procedibilità non può considerarsi soddisfatta.

Il Tribunale ha respinto le argomentazioni dellattore, il quale sosteneva che il giudice avrebbe dovuto concedere un termine per ripetere la mediazione. Infatti, con la Riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022), è stata abrogata la possibilità per il giudice di assegnare un nuovo termine per la mediazione in caso di irregolarità.

Il Tribunale di Vasto ha quindi deciso di dichiarare improcedibile la domanda dell’attore.

 

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Allegati

querela di falso

Querela di falso Cos’è e quali sono i presupposti della querela di falso, istituto disciplinato dagli articoli 221 e seguenti del codice di procedura civile

Querela di falso: cos’è

La querela di falso è un istituto disciplinato dagli articoli 221 e seguenti del Codice di Procedura Civile, che consente di contestare l’autenticità o la veridicità di un documento pubblico o di una scrittura privata autenticata. È uno strumento giuridico fondamentale per garantire la correttezza e la trasparenza nel processo civile, tutelando le parti da eventuali abusi.

Si tratta di una procedura specifica che mira a dimostrare che un documento è stato alterato, falsificato o non corrisponde alla realtà.

Questo strumento può essere attivato sia in via incidentale (nel corso di un processo già pendente) sia in via principale (con un procedimento autonomo).

Presupposti della querela di falso

Per proporre questo tipo di querela è necessario che:

  • il documento abbia rilevanza probatoria: la contestazione deve riguardare cioè un documento che potrebbe incidere sull’esito del giudizio;
  • esista un interesse concreto: chi propone la querela deve avere un interesse legittimo e attuale nel contestare il documento;
  • non sia già intervenuta una pronuncia sullautenticità: il documento non deve essere stato già dichiarato valido o invalido in un procedimento precedente.

La normativa di riferimento

Gli articoli 221-227 c.p.c disciplinano dettagliatamente la querela di falso. Vediamo cosa prevedono in breve le norme più importanti.

Art. 221 c.p.c: stabilisce che la querela di falso possa essere proposta in via principale o incidentale e dispone che la stessa, a pena di nullità, debba contenere l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità.

Art. 222 c.p.c: regola le modalità di proposizione in via incidentale, prevedendo che il giudice, in presenza di un documento da utilizzare in causa, autorizzi la presentazione della querela e proceda all’ammissione dei mezzi istruttori stabilendo tempi e modi della loro assunzione.

Art. 223 c.p.c: si occupa del processo verbale di deposito nell’ambito dell’udienza in cui viene presentata la querela e ne definisce il contenuto.

Art. 225 c.p.c: disciplina la competenza, stabilendo che sulla querela di falso si debba pronunciare il Tribunale in composizione monocratica e sancisce che il giudice possa trattenere la causa in decisione in relazione alla querela, disponendo la continuazione della trattazione nel merito sulle domande che non dipendono dal documento oggetto di contestazione.

Art. 227 c.p.c:  stabilisce che le sentenze che decidono sulla querela di falso abbiano esecuzione dopo il passaggio in giudicato e che, se non la promuovono le parti, la stessa venga promossa dal Pubblico Ministero.

Giurisprudenza sulla querela di falso

La giurisprudenza ha più volte chiarito importanti aspetti della querela di falso.

Cassazione civile n. 2152/2021:

Il giudizio di verificazione di scrittura privata e la querela di falso hanno natura diversa: il primo accerta l’autenticità della sottoscrizione, mentre la seconda può riguardare anche la genuinità del contenuto del documento. La proposizione della querela di falso è preclusa solo se il giudizio di verificazione si è concluso con una sentenza definitiva che accerti l’autenticità della sottoscrizione, salvo il caso in cui la querela riguardi aspetti ideologici del documento. Se la querela è ammessa nonostante la preclusione, il giudicato del giudizio di verificazione prevale su quello del giudizio di falso.

Cassazione civile n. 12118/2020:

Nel proporre querela di falso, è possibile utilizzare qualsiasi mezzo di prova ordinario, comprese le presunzioni. Questo vale soprattutto nei casi in cui non venga contestata l’autenticità della sottoscrizione, ma si denunci il riempimento del documento senza accordo (“absque pactis”), mettendo in dubbio il legame tra il contenuto del testo e il suo autore.

Cassazione civile n. 12035/2017:

In caso di querela di falso proposta incidentalmente, dopo la decisione sul falso, il giudizio di merito, sospeso per legge, deve riprendere. Tuttavia, se la sentenza sul falso viene impugnata, il giudice può disporre la sospensione del giudizio di merito ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.c. Questo perché tra il processo sul falso e il merito esiste un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, previsto dall’art. 225, comma 2, c.p.c. In assenza di norme che impongano la sospensione fino al giudicato, si applica la sospensione facoltativa se ne ricorrono le condizioni.

Cassazione civile n. 19727/2003:

Il sequestro e il verbale di deposito del documento oggetto di querela di falso sono rimessi alla discrezionalità del giudice. Questi provvedimenti possono essere adottati se ritenuti necessari in base alle specificità del caso, senza che la legge preveda sanzioni di nullità per la loro omissione. Tali misure hanno una funzione ordinatoria, finalizzata alla risoluzione della controversia.

 

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invalidità

Invalidità: nuove regole per le visite di revisione INPS L'istituto chiarisce le nuove regole in materia di accertamento e revisione dell'invalidità alla luce della legge di bilancio 2025

Visite revisione INPS: cambiano le regole

Invalidità, cambiano le regole per le viste di revisione INPS. La legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Legge di Bilancio 2025), ha introdotto modifiche rilevanti nel processo di accertamento della disabilità. Con il messaggio n. 188/2025 l’Istituto nazionale di Previdenza Sociale ha fornito importanti chiarimenti in relazione alle procedure per l’accertamento delle disabilità e dell’invalidità previdenziale.

Le nuove regole, valide sul piano nazionale, si applicano anche alle nove provincie in cui è in fase di sperimentazione la valutazione base.

La semplificazione punta a ridurre i disagi per i cittadini e a ottimizzare i tempi degli accertamenti.

Visite revisione INPS patologie oncologiche

Dal 1° gennaio 2025 e per tutto l’anno, gli accertamenti di revisione per patologie oncologiche si baseranno prioritariamente sulla documentazione sanitaria disponibile. L’interessato riceverà una comunicazione e dovrà fornire i documenti necessari nel termine di 40 giorni. Se la documentazione medica fornita risulterà completa, la Commissione medica potrà concludere l’accertamento senza sottoporre il richiedente a visita diretta. Gli interessati possono tuttavia  chiedere di essere sottoposti a una visita diretta, inviando specifica richiesta tramite posta elettronica.

Revisione patologie non oncologiche

Per i soggetti che risultano affetti da patologie non oncologiche, per tutto il 2025 varranno invece le regole di valutazione in vigore.

Semplificazione per accertamenti multipli

Il messaggio INPS informa che sono state semplificate anche le procedure per le visite di accertamento dell’invalidità civile, cecità, sordità e disabilità.

Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, l’INPS dovrà effettuare accertamenti sanitari in un’unica visita quando vengono presentate istanze simultanee per diversi benefici assistenziali e previdenziali. Le commissioni mediche, in questi casi, potranno integrare la propria composizione al fine di garantire un accertamento completo della condizione del richiedente.

Questo approccio dovrò essere seguito anche per le visite di revisione programmate entro l’anno, a condizione che non vi siano più di tre mesi tra due accertamenti.

 

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arbitro assicurativo

Arbitro assicurativo per le liti Arbitro assicurativo: istituito con il Decreto n. 215/2024 l’organismo che dovrà risolvere in via stragiudiziale alcune controversie assicurative

Arbitro Assicurativo per la risoluzione stragiudiziale

Dal 24 gennaio 2025 è in vigore il Decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) n. 215 del 6 novembre 2024. Il provvedimento dei occupa della risoluzione stragiudiziale delle controversie derivanti da contratti assicurativi.

Cosa prevede il regolamento

Il regolamento stabilisce le modalità di gestione delle controversie tra clienti e operatori assicurativi. Definisce inoltre la composizione degli organi decisionali e i tipi di controversie trattate. L’IVASS dovrà adottare nel giro di qualche mese le disposizioni tecniche e operative necessarie per il funzionamento dell’Arbitro Assicurativo. L’operatività dell’Arbitro sarà ufficializzata con un provvedimento IVASS che verrà pubblicato sul sito istituzionale.

Istituzione dell’Arbitro Assicurativo

L’Arbitro Assicurativo sarà gestito dall’IVASS e avrà competenza obbligatoria per le imprese assicurative e gli intermediari iscritti agli albi. Gli operatori in regime di libera prestazione di servizi potranno aderire volontariamente.

Competenza dell’Arbitro assicurativo

L’Arbitro si occuperà delle controversie relative ai contratti assicurativi entro determinati limiti economici:

  • contratti vita con prestazioni in caso di decesso: fino a 300.000 euro;
  • altri contratti vita: fino a 150.000 euro;
  • risarcimento diretto per responsabilità civile: fino a 2.500 euro;
  • altre controversie danni: fino a 25.000 euro.

Sono escluse le controversie che rientrano nella competenza del Fondo di Garanzia per le Vittime della Caccia e della Strada e quelle della CONSAP.

Composizione e funzionamento

L’Arbitro sarà organizzato in collegi di cinque membri, nominati dall’IVASS, tra rappresentanti dell’istituto, delle associazioni di categoria e dei consumatori. Il collegio opererà con il supporto di una segreteria tecnica.

Procedura stragiudiziale di risoluzione

Il procedimento sarà documentale e si potrà attivare dopo un reclamo all’impresa o all’intermediario. Se il reclamo non verrà risolto nei termini previsti o non sarà soddisfacente, il cliente potrà presentare ricorso entro dodici mesi. Il processo si svolgerà telematicamente e il collegio dovrà decidere entro 90 giorni, prorogabili una sola volta per casi complessi. Le decisioni saranno vincolanti e dovranno essere eseguite entro 30 giorni. In caso di inadempienza, l’IVASS pubblicherà il nome dell’impresa o dell’intermediario sul proprio sito.

 

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litisconsorzio necessario

Litisconsorzio necessario Il litisconsorzio necessario nell'art. 102 c.p.c definizione, applicazioni e differenza con il litisconsorzio facoltativo

Cos’è il litisconsorzio necessario

Il litisconsorzio necessario, disciplinato dall’art. 102 del codice di procedura civile, rappresenta uno degli istituti centrali per garantire il contraddittorio nei processi civili in cui siano coinvolte più parti. Questo istituto prevede la partecipazione obbligatoria di una pluralità di soggetti al processo quando la decisione non può essere utilmente adottata in loro assenza.

L’art. 102 del codice di procedura civile

L’art. 102 c.p.c. stabilisce che, qualora la decisione della causa non possa essere adottata senza la presenza di tutti i soggetti interessati, questi ultimi devono agire o essere convenuti nello stesso processo. Il litisconsorzio necessario nasce, quindi, dall’esigenza di tutelare l’integrità del giudizio e di evitare che una decisione possa risultare inefficace o pregiudizievole per i diritti di soggetti assenti. Il fondamento di tale istituto risiede nel principio del contraddittorio, sancito dall’art. 111 della Costituzione italiana, e nell’unità del rapporto giuridico controverso. È applicabile principalmente nei casi in cui vi sia un rapporto giuridico plurisoggettivo, ossia un vincolo indissolubile tra più soggetti rispetto al diritto controverso.

Quando è necessaria l’integrazione del contraddittorio

L’integrazione del contraddittorio è prevista dall’art. 102 c.p.c. nei casi in cui il giudizio sia iniziato senza la partecipazione di tutti i soggetti necessari. In tali situazioni, il giudice deve ordinare l’integrazione, indicando un termine perentorio entro il quale le parti mancanti devono essere chiamate in causa. Se l’integrazione non avviene nei termini indicati, il processo è dichiarato nullo, in quanto la decisione sarebbe inefficace o potenzialmente lesiva dei diritti degli interessati non coinvolti.

Esempi di litisconsorzio necessario si riscontrano:

  • nelle cause successorie, quando si discute della validità del testamento o della divisione dell’eredità, dove tutti i coeredi devono partecipare al giudizio;
  • nelle controversie relative a beni indivisi, in cui è indispensabile la presenza di tutti i comproprietari;
  • nei procedimenti concernenti rapporti obbligatori solidali o indivisibili, che coinvolgono più soggetti legati dallo stesso vincolo giuridico.

Differenza tra litisconsorzio necessario e litisconsorzio facoltativo

È importante distinguere il litisconsorzio necessario dal litisconsorzio facoltativo, regolato dall’art. 103 c.p.c.

Il primo implica la partecipazione obbligatoria di tutti i soggetti interessati al rapporto giuridico controverso; il secondo, invece, consente una partecipazione opzionale di più parti al processo, senza che ciò sia indispensabile per la validità del giudizio.

La differenza principale risiede quindi nella natura del rapporto giuridico:

  1. Litisconsorzio necessario: il rapporto giuridico controverso è unico e inscindibile, tale da richiedere la presenza di tutte le parti per garantire una decisione efficace e legittima.
  2. Litisconsorzio facoltativo: la pluralità di parti deriva dalla possibilità di trattare più controversie connesse nello stesso processo per motivi di economia processuale o per evitare decisioni potenzialmente contraddittorie. Il litisconsorzio facoltativo può verificarsi ad esempio in una causa contro più debitori solidali, in cui l’attore può scegliere di convenire in giudizio uno o più debitori, senza che sia necessario coinvolgerli tutti.

 

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