gratuito patrocinio

Gratuito patrocinio: la guida Il gratuito patrocinio (patrocinio a spese dello Stato) è un istituto che permette ai soggetti meno abbienti di potersi difendere in giudizio

Cos’è il gratuito patrocinio

Il gratuito patrocinio, o patrocinio a spese dello Stato, è un istituto giuridico che consente alle persone che non hanno sufficienti risorse economiche di accedere alla giustizia, garantendo loro la possibilità di essere assistiti da un avvocato senza dover sostenere i costi delle spese legali. Questo beneficio viene concesso dallo Stato, che si fa carico delle spese per il patrocinio legale, tra cui onorari e altri costi necessari per la difesa. Il gratuito patrocinio consente quindi, a chi ha difficoltà economiche, di accedere alla giustizia, tutelando il diritto di difesa garantito dalla Costituzione italiana all’art. 24.

Disciplina del patrocinio a spese dello Stato

Il gratuito patrocinio è un’agevolazione che permette infatti, a chi ha un reddito basso, di essere assistito in giudizio da un avvocato senza dover sostenere le spese legali. Il DPR 115/2002, noto come “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”, disciplina le condizioni, i requisiti e le procedure per l’accesso a questo servizio.

A chi spetta il gratuito patrocinio

Il gratuito patrocinio spetta a tutti i cittadini italiani e agli stranieri residenti in Italia che si trovano in situazioni economiche disagiate. In particolare, il beneficio viene concesso a chi non è in grado di sostenere le spese per la difesa in un processo e il cui reddito non superi determinati limiti stabiliti dalla legge. Le condizioni per accedere al patrocinio sono basate principalmente sul reddito e sulla composizione del nucleo familiare.

Requisiti reddituali

I limiti di reddito sono adeguati in base alla variazione degli indici ISTAT con decreto del Ministero della Giustizia e del’Economia e delle Finanze. Tale limite è stabilito in relazione al reddito pro capite, tenendo conto anche del numero di componenti del nucleo familiare.

Nel calcolo del reddito, infatti, si tiene conto non solo di quello del richiedente, ma anche di quello di tutti i componenti del nucleo familiare, tranne in alcuni casi particolari come quando il processo riguarda diritti personali o conflitti all’interno del nucleo familiare.

Se il reddito supera la soglia stabilita, l’ammissione al gratuito patrocinio non è concessa. Nel caso in cui il richiedente abbia un patrimonio elevato, pur avendo un reddito inferiore alla soglia, il gratuito patrocinio potrebbe comunque essere negato.

Per l’anno 2024, il limite di reddito è di 12.838,01 (d.m. 10 maggio 2023 in GU n. 130 del 6 giugno 2023).

Altri casi di ammissione al patrocinio

Oltre ai requisiti di reddito, il DPR 115/2002 prevede che possano beneficiare del patrocinio gratuito:

  • le vittime di violenza domestica o di genere, che possono presentare domanda per ottenere assistenza legale gratuita, a prescindere dal reddito;
  • i minori stranieri non accompagnati e coinvolti in un procedimento giurisdizionale;
  • gli imputati in processi penali, che hanno diritto alla difesa d’ufficio se non possono permettersi un avvocato.

Procedimenti ammessi al gratuito patrocinio

Il gratuito patrocinio può essere richiesto in vari tipi di procedimenti legali:

  • penali: per difendersi in caso di accusa di reato;
  • civili: per cause civili, separazioni, divorzi, cause di famiglia o in ambito lavorativo.
  • amministrativi: in caso di controversie con enti pubblici;
  • processi contabili, tributari e negli affari di volontaria giurisdizione

Beneficiari e limitazioni

Il gratuito patrocinio può essere esteso a chiunque sia parte in un processo, ma ci sono alcune limitazioni. Per esempio, in ambito penale, il beneficio non viene concesso a chi ha già una condanna penale per determinati reati, come quelli legati alla mafia o al terrorismo, o se il processo riguarda un reato di grande gravità. In ambito civile, la domanda di gratuito patrocinio può essere rigettata se il processo è manifestamente infondato o se riguarda questioni di difficile risoluzione giuridica.  

Come richiedere il gratuito patrocinio

Per richiedere il gratuito patrocinio, è necessario seguire una procedura specifica.

La domanda deve essere presentata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del tribunale competente. È possibile richiedere l’assistenza di un avvocato per compilare correttamente la documentazione.

La domanda prevede la compilazione di moduli disponibili presso il Consiglio dell’ordine competente a cui allegare il documento di identità del richiedente. Il modulo presentato dal difensore richiede l’autentica da parte di questo soggetto della firma dell’istante.

Documentazione necessaria

Occorre fornire la copia dell’ultima dichiarazione dei redditi e, in alcuni casi, altri documenti che dimostrino la situazione economica del richiedente e del suo nucleo familiare.

Esame della domanda

Il Consiglio dell’Ordine verifica i requisiti economici e decide se concedere il patrocinio gratuito. La decisione viene comunicata al richiedente entro un periodo di tempo stabilito. In caso di rigetto la richiesta può essere fare richiesta al giudice competente per il giudizio.

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Antitrust Ryanair

Antitrust: Ryanair rimborserà i costi del check-in Chiusa dall'AGCM l'istruttoria nei confronti della compagnia irlandese che si è impegnata a rimborsare oltre un milione e mezzo di euro per i costi extra del check-in

L’Antitrust, L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha concluso l’istruttoria nei confronti di Ryanair D.A.C., risolvendo la questione con impegni concreti da parte della compagnia aerea. L’indagine era stata avviata per una presunta pratica commerciale scorretta in violazione del Codice del Consumo, in particolare riguardo alla mancanza di trasparenza sulle condizioni di check-in online e sull’aggravio di costi per il check-in in aeroporto. Lo rende noto l’Antitrust con un comunicato stampa pubblicato sul proprio sito.

Le contestazioni dell’Antitrust

Nel corso dell’istruttoria, l’AGCM aveva rilevato che le informazioni fornite da Ryanair sui costi e sulle condizioni di check-in online erano potenzialmente ingannevoli. In particolare, la compagnia non informava adeguatamente i consumatori sulla finestra temporale in cui il check-in online fosse disponibile gratuitamente e sugli eventuali costi aggiuntivi che si sarebbero applicati qualora il check-in fosse stato effettuato in aeroporto, superando il termine di scadenza per il check-in online.

Un ulteriore problema rilevato dall’Autorità riguardava l’opzione di prenotazione di un biglietto di andata e ritorno con il servizio di priorità e bagaglio a mano. Se l’utente selezionava questa opzione per una tratta, il sistema la estendeva automaticamente anche alla tratta di ritorno, senza consentire una selezione separata per ciascun volo.

Gli impegni di Ryanair e i rimborsi ai consumatori

Per risolvere la situazione, Ryanair ha preso impegni formali di risarcimento e modifica delle sue pratiche.

In particolare, la compagnia irlandese ha accettato di rimborsare interamente i consumatori che, tra il 2021 e il 2023, hanno sostenuto costi extra per il check-in in aeroporto, a causa della scarsa chiarezza sulle condizioni del check-in online. Ogni consumatore riceverà un rimborso di 55 euro, che corrisponde all’intero costo del check-in effettuato in aeroporto.

Inoltre, tutti i consumatori che, nel medesimo periodo, hanno effettuato una prenotazione di volo e poi hanno scelto di effettuare il check-in in aeroporto, pagando il supplemento, riceveranno un ristoro pari a 15 euro. In alternativa, potranno scegliere di ricevere un voucher del valore di 20 euro da utilizzare per l’acquisto di servizi Ryanair. Questo riguarda oltre 100.000 prenotazioni, e si stima che l’importo totale da rimborsare si aggiri intorno al milione e mezzo di euro.

Modifiche alle politiche di prenotazione e trasparenza

Oltre ai rimborsi, Ryanair si è impegnata a modificare la modalità di selezione dell’opzione priorità e bagaglio a mano. D’ora in poi, i consumatori avranno la possibilità di selezionare separatamente questo servizio per ciascun volo di andata e ritorno, con la visualizzazione del relativo prezzo unitario per ogni tratta, evitando così l’estensione automatica dell’opzione all’intero viaggio.

Inoltre, la compagnia ha promesso di aggiornare il sito web, l’app mobile e il testo delle email di conferma prenotazione, per garantire che i consumatori siano adeguatamente informati sulla finestra temporale in cui è possibile effettuare il check-in online gratuitamente e sugli eventuali costi relativi al check-in in aeroporto.

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fattura elettronica

Fattura elettronica: prova idonea per il decreto ingiuntivo La fattura elettronica potrà essere utilizzata per dimostrare il credito vantato e ottenere il decreto ingiuntivo dal giudice competente

Fattura elettronica: prova per il decreto ingiuntivo

La fattura elettronica costituirà una prova scritta idonea per richiedere e ottenere il rilascio del decreto ingiuntivo. Lo prevede il correttivo più recente della Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 164/2024), approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 29 ottobre 2024 e pubblicato in GU l’11 novembre 2024 per entrare in vigore il prossimo 26 novembre.

La fattura elettronica entra nell’art. 634 c.p.c.

I correttivi intervengono sull’articolo 634 c.p.c. La norma si occupa infatti delle prove scritte idonee a fondare la domanda per ottenere dal giudice competente il decreto ingiuntivo, atto che consente  di recuperare i crediti liquidi ed esigibili.

Dopo il primo periodo il correttivo aggiunge un secondo periodo nel quale dispone che i crediti per i quali sarà possibile ottenere l’ingiunzione di pagamento, potranno essere dimostrati anche con le fatture elettroniche trasmesse tramite il Sistema di interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate e istituito dal Ministero dell’economia e delle Finanze.

L’intervento correttivo equipara la fattura elettronica a quella cartacea annotata nelle scritture contabili. Si tratta di una novità molto rilevante perché l’articolo 634 c.p.c include tra le condizioni di ammissibilità per ottenere il decreto ingiuntivo, la prova scritta del credito.

La novità legislativa descritta è stata preceduta da alcuni importanti interventi giurisprudenziali. Diversi i giudici di merito hanno infatti emesso diversi decreti ingiuntivi sulla base delle fatture elettroniche prodotte come prova scritta dai creditori richiedenti.

Scritture contabili tenute con strumenti informatici

Questa novità sulle fatture elettroniche è in linea con le modifiche apportate anche al comma 2 dell’articolo 634 c.p.c.

La norma nella sua formulazione attuale dispone che: “Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture.” 

In base alla modifica contenuta nel correttivo la norma assumerà il seguente tenore:Per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano una attività commerciale e da lavoratori autonomi anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile nonché di quelle prescritte dalle leggi tributarie, purché tenute, anche con strumenti informatici, con losservanza delle norme stabilite dalla legge.”

 

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tutela del marchio

Tutela del marchio: risoluzione automatica per chi delocalizza A tutela del marchio di particolare interesse nazionale il decreto del 28 ottobre 2024 prevede il subentro del MIMIT e di imprese estere

Decreto del MIMIT: tutela del marchio

A tutela del marchio il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emanato il decreto del 28 ottobre 2024 contenente le “Disposizioni operative relative alle procedure di tutela dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 160 del 6 novembre 2024.

Intestazione al MIMIT e alle imprese che operano in Italia

Il decreto si occupa dei marchi di particolare interesse e valore nazionale per i quali il comma 2 dell’articolo 7 della legge n. 206/2023 prevede il subentro gratuito del MIMIT nella titolarità del marchio di quelle imprese che intendono cessare l’attività purché il marchio non sia stato ceduto dall’impresa licenziataria o che ne abbia la titolarità.

Ai sensi del co. 3 di detto articolo 7 il MIMIT può anche depositare la domanda di registrazione per i marchi inutilizzati da almeno cinque anni. Il co. 4 del suddetto art. 7 prevede infine che questi marchi possano essere anche utilizzati da imprese estere solo se hanno intenzione di trasferire in Italia le attività produttive collocate all’estero.

Subentro del Ministero o di un’impresa estera

Alla luce di queste previsioni il primo articolo del decreto prevede, a carico dell’impresa che voglia cessare l’attività, l’obbligo di redigere un progetto di cessazione, utilizzando un format appositamente predisposto.

Progetto che va poi trasmesso all’indirizzo pec della Direzione Generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l’innovazione, le PMI e il Made in Italy: DGIND@pec.mimit.gov.it.

Il decorso di tre mesi senza riscontro deve essere interpretato come manifestazione di non interesse a subentrare nel marchio. In caso contrario il Ministero dovrà avviare immediatamente i lavori con l’impresa.

Nel caso in cui l’interesse all’utilizzo del marchio provenga da un impresa estera la stessa dovrà presentare apposita richiesta e inviarla all’UMASI, l’ufficio a supporto delle imprese, al seguente indirizzo pec: umasi@pec.mise.gov.it

Risoluzione automatica se l’impresa delocalizza

L’articolo 2 del decreto prevede infine che “il contratto di licenza d’uso del  marchio si risolve qualora l’impresa licenziataria cessi  l’attività o delocalizzi gli stabilimenti produttivi al di fuori del territorio nazionale.”

Per consentire il monitoraggio del rispetto delle prescrizioni l’impresa licenziataria dovrà trasmettere una relazione ogni sei mesi all’UMASI, che potrà anche effettuare verifiche sugli stabilimenti presenti sul territorio nazionale dell’impresa licenziataria.

 

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società in accomandita semplice

Società in accomandita semplice Guida sulla società in accomandita semplice (s.a.s.): disciplina e vantaggi. La differenza tra soci accomandatari e soci accomandanti

Come funziona la società in accomandita semplice

La società in accomandita semplice è una tipologia di società di persone caratterizzata da una spiccata flessibilità organizzativa, unita ad alcuni aspetti tipici delle società di capitali, in primis la possibilità di parteciparvi con una limitazione della responsabilità patrimoniale.

Soci accomandatari e soci accomandanti

La principale caratteristica della s.a.s., infatti, è quella di prevedere due distinte categorie di soci (cfr. art. 2313 del codice civile):

  • i soci accomandatari, cui è riservata l’amministrazione della società, che rispondono illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali;
  • e i soci accomandanti, che non hanno alcun potere di gestione e rispondono delle obbligazioni sociali nei limiti della quota conferita.

Che differenza c’è tra socio accomandante e accomandatario

I soci accomandatari, quindi, hanno il potere di amministrazione della società, sia per l’attività ordinaria che straordinaria. La loro responsabilità illimitata nei confronti dei creditori sociali comporta che, nell’ipotesi in cui il capitale sociale non sia sufficiente per soddisfarli, questi ultimi hanno diritto di rivalersi sul patrimonio personale degli accomandatari (beneficium excussionis: i creditori devono sempre escutere prima il patrimonio sociale, e aggredire quello dei soci solo in caso di incapienza).

Inoltre, solo i soci accomandatari sono soggetti a fallimento, come disposto dall’art. 222 della Legge Fallimentare (R.D. n. 267/1942).

I soci accomandanti, invece, rispondono nei limiti della quota conferita. Va evidenziato, però, che se questi pongono in essere atti di amministrazione non autorizzati o ratificati dai soci accomandatari, contravvenendo al c.d. divieto di immistione, perdono il beneficio della limitazione di responsabilità e dunque rispondono delle obbligazioni sociali (tutte, comprese quelle pregresse) anche con il proprio patrimonio personale (senza, peraltro, acquisire con questo lo status di accomandatari e quindi permanendo esclusi dalla gestione della società).

Inoltre, gli accomandanti che violano il divieto di immistione possono essere esclusi dalla società e sono soggetti al fallimento al pari dei soci accomandatari.

Ai soci accomandatari spetta, di regola, anche il potere di rappresentanza, che può essere conferito anche al socio accomandante, ma solo per singoli affari e con procura speciale.

Che vantaggi ha una SAS

Tale configurazione dei ruoli societari vale a rendere la società in accomandita semplice un modello organizzativo flessibile, che può risultare attraente per chi intende reperire capitale senza compromettere il proprio potere gestionale (dal punto di vista dell’accomandatario) e, dall’altro lato, per chi intende cercare un guadagno, senza investire più della propria quota (dal punto di vista dell’accomandante).

Disciplina dell’art. 2313 codice civile

La società in accomandita semplice viene costituita con atto pubblico o scrittura privata autenticata; solo con la registrazione di tale atto nel Registro delle imprese avviene la formale costituzione della s.a.s. In mancanza di iscrizione, si crea una s.a.s. irregolare, la cui disciplina è analoga a quella della società in nome collettivo irregolare, pur permanendo la distinzione tra le due categorie di soci.

Nell’atto costitutivo deve essere espressamente indicato il tipo di società creata, i nominativi dei soci e la categoria a cui appartengono (accomandatari o accomandanti). Il numero minimo di soci è due, uno per categoria.

La disciplina della società in accomandita semplice non prevede un limite minimo di capitale. I conferimenti possono consistere in denaro, beni o prestazioni in favore della società.

La s.a.s. può avere ad oggetto anche un’attività commerciale, a differenza della società semplice e in analogia alla società in nome collettivo, la cui disciplina si applica alla s.a.s. per quanto non diversamente disposto dal codice civile.

Nella ragione sociale (il “nome” della società) deve necessariamente apparire il nome di uno dei soci accomandatari e il modello di società scelto (“s.a.s.”). Eccezionalmente, il socio accomandante può acconsentire all’inserimento del proprio nome nella ragione sociale, ma questo comporta per lui la perdita del beneficio della responsabilità limitata, analogamente a quanto più sopra esaminato.

Scioglimento della s.a.s.

La s.a.s. si estingue per i seguenti motivi:

  • volontà unanime dei soci
  • scadenza del termine
  • raggiungimento dell’oggetto
  • fallimento
  • sopravvenuta mancanza della pluralità di categorie dei soci, se non ricostituita entro sei mesi.

In tale ultimo caso, se a mancare è la categoria dei soci accomandatari, dev’essere nominato un amministratore temporaneo per compiere gli atti di ordinaria amministrazione.

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affitti brevi

Affitti brevi: IVA e fattura elettronica obbligatorie Affitti brevi: raggiunto l’accordo UE sul regime IVA, che riguarderà anche AIRBNB, obbligata dal 2030 a riscuotere e versare l’imposta

Accordo IVA UE

Per gli affitti brevi novità dall’Unione Europea in materia di Iva e fatturazione elettronica. Lo comunica il Consiglio Europeo, che informa di avere raggiunto un accordo (VIDA Vat in the digital age) sulle misure fiscali che riguarderanno anche le piattaforme digitali.

Il pacchetto IVA, sul quale è stato raggiunto un accordo dopo due anni di trattative, persegue l’obiettivo di contrastare le frodi e semplificare gli adempimenti delle piccole imprese e dei singoli prestatori di servizi.

L’accordo riguarda in particolare un regolamento, un regolamento di esecuzione e una direttiva.

Modifiche del sistema IVA: novità anche per le locazioni brevi

Questi tre atti modificheranno vari aspetti del sistema IVA.

  • Entro il 2030, gli obblighi di comunicazione IVA potranno essere assolti in modalità completamente digitale.
  • Le piattaforme online, compresa AIRBNB, dovranno pagare l’IVA sui servizi del contratto di locazione breve se i prestatori di servizi non addebiteranno l’imposta.
  • Più sportelli IVA e più efficienti per evitare registrazioni costose a carico delle imprese che operano in più Stati.

Comunicazioni digitali IVA:  e-fattura

L’attuale obbligo di presentazione degli elenchi riepilogativi di beni e servizi alienati alle imprese di altri Stati UE e soggetti a IVA verrà sostituito dalla comunicazione in tempo reale delle fatture elettroniche a fini IVA. Le varie amministrazioni fiscali degli Stati condivideranno i dati attraverso un sistema che sarà in grado di rilevare le operazioni fraudolente. Questo progetto verrà attuato in due fasi diverse. La sua introduzione avverrà nel 2030, la sua interoperabilità entro il 2035.

Locazioni brevi: obblighi IVA per le piattaforme

Al momento molte piattaforme online che prestano servizi non pagano l’IVA. Questo perché i singoli proprietari di appartamenti che li concedono a terzi con contratti di locazione breve, ignorano completamente gli obblighi fiscali o non conoscono i vari adempimenti da rispettare nei singoli paesi UE, soprattutto se soggetti privati od operanti con un regime speciale previsto in favore delle piccole imprese.

Questo crea una discrasia tra coloro che stipulano contratti di locazione breve in modo tradizionale e coloro che, invece, si affidano alle piattaforme.

In base alle nuove regole IVA, chi gestisce le piattaforme sarà responsabile della riscossione dell’Iva se i prestatori di servizi non adempiono (modello del prestatore presunto). La piattaforma quindi riscuoterà l’IVA dal cliente e poi la verserà alle autorità competenti.

Il regime di raccolta e di versamento dell’IVA da luglio 2028 sarà facoltativo, ma dal gennaio 2030 diventerà obbligatorio.

Sportello Unico registrazioni IVA

L’accordo estende l’utilizzo dello sportello unico non solo per le cessioni e prestazioni transfrontaliere, anche per le vendite tra le imprese e i consumatori di determinati prodotti, come l’energia elettrica o il gas, che vengono effettuate in uno Stato membro diverso dal proprio.

In questo modo più imprese potranno assolvere ai propri obblighi IVA tramite uno sportello unico e in un’unica lingua.

 

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contratto di vendita

Vendita: il giudice non può sostituirsi alla volontà delle parti La Cassazione chiarisce che il giudice deve procedere ad una valutazione sinergica dell'agire delle parti attraverso un'indagine globale e unitaria

Contratto di vendita

Nel contratto di vendita il giudice non può sostituirsi alla volontà delle parti. Il giudice deve, piuttosto, procedere alla valutazione sinergica del comportamento delle parti, attraverso un’indagine globale e unitaria dell’intero loro agire. Così la seconda sezione civile della Cassazione nell’ordinanza n. 26313/2024 esprimendosi su una vicenda relativa all’inadempimento di un contratto preliminare di vendita immobiliare e all’accertamento della legittimità del conseguente recesso dal contratto di una delle parti.

Il ricorso

Tra i vari motivi contestati innanzi al Palazzaccio c’è la violazione dei consolidati principi di ermeneutica giuridica da parte del giudice che, in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive e di recesso, al fine di stabilire se e quale condotta abbia influito sulla finalità economica complessiva del contratto, statuisca limitando l’indagine all’interesse di una sola parte al solo inadempimento dell’altra e alla sola anteriorità di questo rispetto all’altro inadempimento.

La decisione

Per la Cassazione, i motivi sono fondati. La Corte d’appello ha sì affermato di dover valutare la non
scarsa importanza dell’inadempimento della ricorrente, ma si è limitata a considerare il profilo del mancato pagamento della rata prevista, focalizzando su quest’unico elemento la sua indagine. In tal modo il giudice d’appello non ha considerato che “il giudice non può isolare singole condotte di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti, ma deve, invece, procedere ala valutazione sinergica del comportamento di questi ultimi, attraverso un’indagine globale e unitaria dell’intero loro
agire, anche con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell’inadempimento, perché l’unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta di ciascun contraente, ma esige un apprezzamento complessivo” (così Cass. n. 7649/2023).
La Corte d’appello avrebbe dunque dovuto considerare che la ricorrente aveva unicamente chiesto un rinvio del pagamento di una parte del prezzo, profilo che attiene all’esecuzione del contratto (cfr. Cass. n. 525/2020) e si era detta disponibile a versare tale somma entro la data fissata per la conclusione del contratto definitivo.
La sentenza impugnata va pertanto cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Potenza, che dovrà procedere alla valutazione globale del comportamento delle parti sopra indicata.

Allegati

manovra via la tassa

Manovra: via la tassa blocca processi, c’è l’emendamento L'Organismo Congressuale Forense plaude alla volontà dei parlamentari di cancellare con emendamento soppressivo la norma contenuta nella manovra di bilancio

Manovra 2025, emendamento al “blocca processi”

L’Organismo Congressuale Forense ribadendo la forte preoccupazione e indignazione per l’introduzione della disposizione, contenuta nell’articolo 105 del Disegno di legge di bilancio per il 2025, plaude dunque alla volontà espressa dai parlamentari di cancellare questa tassa “blocca processi”, con un emendamento soppressivo.
Fin da subito l’OCF si è adoperato “per sostenere e caldeggiare gli emendamenti che vanno nella direzione di sopprimere l’articolo 105, che si contrappone all’articolo 24 della Costituzione che garantisce il diritto di agire in giudizio senza subordinare tale diritto a condizioni di natura fiscale”.

caparra tipologie

Caparra: tipologie e disciplina Caparra confirmatoria e caparra penitenziale: che funzione hanno e qual è la disciplina. Differenze tra la caparra ed altri istituti affini

Cos’è la caparra e a cosa serve

Caparra, tipologie e disciplina: la caparra è una somma di denaro (o di altro bene fungibile) che viene consegnata al venditore per tutelarlo dall’eventuale successivo inadempimento dell’acquirente.

Il nostro ordinamento contempla due differenti tipologie di caparra, ognuna con una sua peculiare disciplina e funzione: la caparra confirmatoria (art. 1385 codice civile) e la caparra penitenziale (art. 1386 c.c.).

In questa breve guida esamineremo le caratteristiche di tali istituti e le differenze tra la caparra ed altri istituti affini, come l’acconto e la clausola penale.

Caparra confirmatoria

La caparra confirmatoria viene consegnata dall’acquirente al momento della conclusione del contratto e, come detto, tutela il venditore in ordine alla possibilità che l’acquirente non esegua la propria prestazione.

Una volta versata la caparra, quindi, si profilano due possibilità: che l’acquirente adempia o meno al proprio obbligo contrattuale.

Adempimento

Se questi paga effettivamente il prezzo del bene o servizio acquistato, il venditore è tenuto ad imputare la somma versata a titolo di caparra alla prestazione dovuta dall’acquirente (in sostanza, la caparra diviene un mero anticipo parziale del prezzo).

Se la prestazione dell’acquirente non consiste nel versamento di una somma di denaro, all’atto dell’adempimento da parte sua, il venditore è tenuto a restituirgli la caparra precedentemente versata (art. 1385 c.c., primo comma).

Inadempimento

Diversamente, in caso di mancato adempimento da parte dell’acquirente, il venditore può scegliere se recedere dal contratto o chiedere l’esecuzione o la risoluzione del contratto.

Nel primo caso, il venditore che esercita il recesso ha diritto di trattenere la caparra, ma così facendo rinuncia all’azione per il risarcimento del danno; in questo caso, in sostanza, la somma versata a titolo di caparra rappresenta la quantificazione forfettaria del danno da inadempimento, che le parti concordano alla conclusione del contratto.

Se invece il venditore agisce per l’esecuzione o per la risoluzione del contratto, allora dovrà domandare il risarcimento del danno secondo le regole generali, dimostrando innanzitutto l’esistenza del danno e il suo nesso causale con l’inadempimento. Ovviamente, questa strada può portare a una quantificazione del danno in misura superiore a quella rappresentata dalla caparra.

Può anche verificarsi, infine, che a dimostrarsi inadempiente sia il venditore: in tal caso, l’acquirente può recedere dal contratto ed esigere una somma pari al doppio della caparra precedentemente versata (art. 1385 c.c., secondo comma).

Caparra penitenziale

La caparra penitenziale, invece, segue una disciplina che prescinde dall’eventuale inadempimento di una parte.

Infatti, essa rappresenta sostanzialmente il corrispettivo del diritto di recesso (art. 1386 c.c., primo comma), valevole per una od entrambe le parti.

Se il recesso viene esercitato da chi ha versato la caparra all’altra parte, quest’ultima ha diritto di trattenere la somma versata. Viceversa, se a recedere è la parte che ha ricevuto la somma di denaro, questa dovrà restituire il doppio di tale somma a chi aveva versato la caparra.

Differenze tra caparra e altri istituti affini

Da ultimo, è opportuno segnalare brevemente le differenze tra la caparra ed altri istituti affini.

Acconto

Ad esempio, la caparra si differenzia dall’acconto perché quest’ultimo è una mera anticipazione parziale del prezzo pattuito, mentre la caparra, come abbiamo visto, svolge una funzione legata all’eventuale inadempimento (caparra confirmatoria) o all’esercizio del diritto di recesso (caparra penitenziale).

Clausola penale

Ancora diversa è la natura della clausola penale, che ha la funzione di predeterminare l’entità del risarcimento del danno in caso di inadempimento e che trova applicazione quando si chiede comunque l’esecuzione o la risoluzione del contratto, a differenza della caparra confirmatoria, che postula il recesso della parte che intende trattenerla.

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disposizioni anticipate di trattamento

Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) Cosa sono le DAT, come si fa il testamento biologico, chi è il fiduciario nel biotestamento e cos’è la Banca dati per le disposizioni anticipate di trattamento

Cosa si intende per disposizioni anticipate di trattamento

Le disposizioni anticipate di trattamento, o DAT, sono dichiarazioni di volontà in merito a trattamenti sanitari cui si desidera, o meno, essere sottoposti. Le DAT possono essere rilasciate volontariamente da un soggetto maggiorenne e capace di intendere e volere, in previsione dell’eventualità in cui successivamente ci si trovi in condizioni di non poter decidere consapevolmente o esprimere e comunicare le proprie volontà.

Come è evidente, si tratta di un istituto che riguarda aspetti molto delicati – al centro anche di dibattito politico – perché coinvolge profili etici come la libertà di autodeterminazione di ciascun individuo nella scelta relativa ai trattamenti terapeutici e agli accertamenti diagnostici cui sottoporsi in caso di necessità (si pensi ad esempio all’alimentazione artificiale).

Dove si registrano le DAT?

Le disposizioni anticipate di trattamento rappresentano il c.d. testamento biologico, o biotestamento, ed è opportuno che siano decise soltanto dopo che il soggetto abbia acquisito un’idonea informazione medica, ad esempio facendosi assistere nella stesura delle stesse da un proprio medico di fiducia.

Consenso informato DAT

A livello normativo, la materia del consenso informato e delle DAT è disciplinata dalla legge n. 219 del 2017, entrata in vigore dal 31 gennaio 2018.

In base a tale disciplina, le disposizioni anticipate di trattamento devono essere sottoscritte personalmente dal soggetto disponente ed essere rilasciate nelle seguenti modalità:

  • depositate in originale presso lo studio di un notaio, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata;
  • consegnate personalmente al personale preposto presso il proprio Comune di residenza (Ufficio di stato civile), presso le strutture sanitarie della Regione competente o presso l’Ufficio Consolare (per i cittadini residenti all’estero).

Nel caso di soggetti con particolari disabilità, le DAT possono essere rilasciate (e analogamente revocate) con l’utilizzo di tecnologie di registrazione, davanti a due testimoni, per poi essere depositate secondo quanto sopra esposto.

Il rilascio delle DAT è esente da tasse e imposte di bollo.

La Banca dati nazionale per il testamento biologico

Il notaio o il personale pubblico che raccoglie le dichiarazioni del testamento biologico è tenuto, previa raccolta del consenso dell’interessato, a trasmettere le stesse alla Banca Dati nazionale delle DAT, istituita presso il Ministero della salute e attiva 1° febbraio 2020. Alla registrazione consegue una notifica via mail all’indirizzo del disponente.

È importante evidenziare che, così come non ha un termine di scadenza di validità, il biotestamento può anche essere modificato o revocato in qualsiasi momento, con analoga dichiarazione del disponente. Allo stesso modo, il dichiarante può richiedere la cancellazione delle DAT dalla Banca dati nazionale.

L’accesso alla Banca dati è possibile con SPID o Carta Nazionale dei Servizi ed è riservato al disponente, al suo fiduciario (di cui si dirà oltre) e al medico che ha in cura il disponente – quando questi si trovi in situazioni di incapacità ad autodeterminarsi – e sia tenuto a sottoporlo a trattamenti sanitari o accertamenti diagnostici oggetto del biotestamento.

Biotestamento, chi è il fiduciario

Come accennato, una figura importante nell’ambito della disciplina delle disposizioni anticipate di trattamento è il fiduciario.

Quest’ultimo è il soggetto – necessariamente maggiorenne – che il disponente indica quale suo rappresentante nei rapporti con medici e strutture sanitarie, in merito a ciò che concerne le DAT e la loro osservanza.

In caso di nomina di un fiduciario, quest’ultimo deve sottoscrivere l’accettazione nell’atto stesso o con separato atto e produrre – così come il disponente – il proprio documento d’identità al pubblico ufficiale che riceve le dichiarazioni, oltre a sottoscrivere l’informativa per il trattamento dei dati personali.

Quando le DAT possono essere disattese

È importante evidenziare, infine, che le disposizioni contenute nel testamento biologico possono essere disattese, anche solo parzialmente, con l’accordo tra medico curante e fiduciario, quando appaiano palesemente incongrue con le condizioni del paziente o qualora siano sopravvenute terapie non prevedibili al momento della sottoscrizione delle DAT.

In caso di mancato accordo tra il medico e il fiduciario, la decisione spetta al giudice tutelare.